Trasferimento e smarrimento

Gentili dottori,

Da qualche settimana mi sono trasferita in una nuova città per lavoro, il mio primo lavoro, affrontando per la prima volta l'esperienza di vivere completamente da sola.

Nonostante il lavoro sia davvero ben retribuito, attinente ai miei studi e i colleghi assolutamente simpatici e disponibili (almeno per ora), mi sento costantemente inquieta.

La città non mi entusiasma affatto, anzi non mi piace proprio.
Sono uscita qualche volta con delle mie colleghe, ma sento profondamente la mancanza di casa.

A questa mancanza sì aggiungono due questioni:
1) non considero questo lavoro come definitivo, aspiro a qualcosa di meglio e sono in attesa di sapere se ho superato altri concorsi pubblici.
Tali concorsi implicano una mole di studio notevole.
Temo di non riuscire a conciliare lavoro, studio ed economia domestica.
Inoltre, dopo un lungo periodo di blocco nello studio a seguito della laurea (rispetto al quale ho intrapreso un percorso psicologico di mesi, poi interrotto perché stavo meglio), ero riuscita a riprendere proficuamente.
Ora mi sento di nuovo in stallo, procrastino o leggo senza concludere nulla.

2) prima di trasferirmi, frequentavo un ragazzo da circa 5 mesi.
Lui mi piace, ma nel momento in cui ho affrontato la fatidica questione "noi cosa siamo", ha risposto che non se la sente di instaurare una relazione a distanza perché, a suo dire, una relazione va vissuta assiduamente e vedendosi di frequente.
Inutile dire che ci sono rimasta malissimo e ho accusato molto il colpo.
Capisco che ci separino mille chilometri, ma i mezzi di comunicazione e di trasporto consentono dei privilegi inimmaginabili nel coltivare una relazione, seppur a distanza.
Dopo aver vissuto una pessima precedente relazione, pensavo di aver trovato la persona giusta.
Un ragazzo gentile, rispettoso dei confini, supportante e presente.
Nonostante alcuni dubbi circa la sua personalità- come il suo essere poco affettuoso e chiuso - credevo che le cose stessero finalmente prendendo la giusta piega.
Lì per lì, gli avevo comunicato che preferivo chiudere ogni comunicazione fra di noi, visto il suo disinteresse a impegnarsi con me, ma devo ammettere che non ho avuto il coraggio di mantenere ferma la mia decisione, sopraffatta dalla paura del trasferimento e di ciò che mi sarebbe aspettato.
Motivo per cui continuiamo a sentirci ogni giorno, con lunghe chiamate o videochiamate e ci vedremo non appena tornerò nella mia regione per le ferie estive.

Morale della favola: sento che non c'è un solo aspetto della mia vita su cui ho il controllo.
Nuovo e primo lavoro, vivere da sola, città sconosciuta, nessun amico, nessuna relazione, ansia costante, totale incertezza circa il mio futuro lavorativo e la necessità di ricominciare a studiare.

Cosa posso fare per sentirmi meglio e più stabile?

Grazie in anticipo per un'eventuale risposta.

Saluti
Dr.ssa Elisabetta Carbone Psicologo, Sessuologo 251 10
Grazie per aver condiviso con così tanta chiarezza e sensibilità questo momento così delicato della sua vita. Ciò che descrive è una tempesta perfetta: una serie di cambiamenti significativi che si sommano e si intrecciano, rendendo difficile trovare un punto d’appoggio stabile.

Trasferirsi in una nuova città, iniziare un primo lavoro, vivere da sola, riprendere lo studio dopo un periodo di blocco e affrontare una delusione affettiva sono eventi che, presi singolarmente, possono generare stress e ansia. Quando avvengono tutti insieme, è assolutamente normale sentirsi sopraffatti, disorientati e in uno stato di inquietudine costante.

Il senso di perdita che avverte, della sua casa, dei punti di riferimento, della routine, della relazione, è una risposta umana e comprensibile. Sta affrontando un passaggio importante verso l’età adulta, con tutte le sue responsabilità, ambivalenze e fatiche. E questo richiede tempo, adattamento, e spesso anche un supporto psicologico.

L'ansia non è segno di debolezza, ma spesso è un campanello d’allarme: ci segnala che stiamo affrontando troppo da soli, o troppo in fretta. Si conceda il diritto di non essere immediatamente funzionale in tutto.

La procrastinazione nello studio potrebbe essere una forma di blocco emotivo, non necessariamente legata alla mancanza di volontà, ma piuttosto al carico interno che sta gestendo. Potrebbe essere utile recuperare il percorso psicologico già intrapreso, magari con un focus mirato a questa nuova fase di vita.

La relazione sospesa con questo ragazzo sembra essere rimasta in una zona grigia: né chiusa né veramente definita. Talvolta, in momenti di transizione, ci aggrappiamo a ciò che conosciamo per sentirci meno soli. Le consiglio di esplorare a fondo cosa desidera realmente da questa relazione e se questa forma di contatto la sostiene o la trattiene.

Il senso di instabilità che avverte non è necessariamente un segno che qualcosa non va , ma può essere un indicatore del fatto che è in un momento di transizione. E le transizioni, per definizione, sono fasi caotiche e incerte.

Potrebbe iniziare dando piccole strutture alla sua giornata, definendo degli obiettivi realistici e sostenibili. Coltivare abitudini semplici (un pasto regolare, una passeggiata quotidiana o un orario fisso per lo studio) può aiutare il sistema nervoso a sentirsi più al sicuro. E soprattutto, valuti senza esitazioni la possibilità di tornare in terapia: non per riparare qualcosa, ma per accompagnarsi in un momento in cui ogni equilibrio è stato messo in discussione.

Un caro saluto,

Dott.ssa Elisabetta Carbone
Psicologa sistemico relazionale | Sessuologa clinica |
psicologa@elisabettacarbone.it | 351.777.9483

Segnala un abuso allo Staff
Risposta utile
Contatta lo specialista e prenota una visita
Utente
Utente
Gentile dott.ssa Carbone,
La ringrazio per la risposta.
A distanza di più di un mese, posso dire che alcuni aspetti più che migliorati si sono semplicemente "stabilizzati", altri si sono acuiti.
La relazione con quel ragazzo si è conclusa. Lui non voleva impegnarsi e io ero stanca di indugiare e sperare che qualcosa sarebbe cambiato. È come se avessi rimandato il momento in cui avrei dovuto affrontare questo dolore, però ora mi tocca viverlo a pieno.
Il lavoro procede e si affaccia anche qualche amicizia. Rimane comunque davvero difficile questo periodo.
La città continua a non piacermi, davvero per nulla. Anzi, più la conosco e meno mi piace.
Il punto è che vorrei sfruttare i concorsi imminenti per rientrare a casa, ma si è innescato una sorta di loop: sono triste perché sono in una città che non mi piace, con una bella delusione amorosa da affrontare, e quindi sono svogliata, sopraffatta dalle emozioni e non riesco a studiare; ma studiare è necessario per poter tornare a vivere dove desidero. Qui non voglio mettere radici, però al contempo penso che, al di là della mia famiglia e qualche amico, non ho granché nella mia terra d'origine. Quantomeno è un luogo che, in mezzo a mille contraddizioni, amo e mi fa stare bene.
Sento che non posso permettermi di crollare perché sono da sola.
Non riesco ancora a organizzare la mia giornata in modo proficuo e questo mi butta giù profondamente.
Segnala un abuso allo Staff
Dr.ssa Elisabetta Carbone Psicologo, Sessuologo 251 10
Carissima la ringrazio per l'aggiornamento.

Sta vivendo un momento di grandi transizioni, partendo proprio dalla fine della relazione. Non è raro, quando si affrontano tanti cambiamenti tutti assieme, sentirsi in una sorta di "circolo vizioso" tra fatica emotiva e mancanza di energia per portare avanti i propri obiettivi.

Sottolineo però che dalle sue parole emerge la capacità di riconoscere cosa non le fa stare bene, dato che ha interrotto un rapporto che non la valorizzava e riesce a vedere il legame tra umore e organizzazione quotidiana. Sono risorse importanti, che possono essere coltivate.

In questo momento potrebbe esserle utile darsi il permesso di non affrontare tutto da sola: un percorso di supporto psicologico potrebbe aiutarla a trasformare questo periodo di stallo in un’occasione per riorganizzare le sue priorità, ritrovare motivazione e costruire strumenti concreti per gestire lo studio e il vissuto emotivo.

La fatica che vive nell’adattarsi ad una città che non sente sua non va negato, ma può diventare spunto per ridefinire cosa desidera per sé e come prendersene cura passo dopo passo, senza sentirsi costretta a tenere tutto in piedi da sola.

Un caro saluto,
Dr. Elisabetta Carbone

Dott.ssa Elisabetta Carbone
Psicologa sistemico relazionale | Sessuologa clinica |
psicologa@elisabettacarbone.it | 351.777.9483

Segnala un abuso allo Staff
Risposta utile

Consulti su problemi relazionali

Altri consulti in psicologia