Pressioni per fare testamento

Buongiorno,
incomincia a diventare difficile la relazione con mio marito.
Non mi fido più di lui e sono caduta anche in paura.

Siamo sposati da 5 anni.
Lui era vedovo con 4 figli.
Io ho cercato sempre di essere presente con tutti e dare affetto ed aiuto a tutti.
Quando ci sposammo il tema figlio nostro fu stroncato da lui con un: "abbiamo già 4 figli".
I 4 figli non mi considerano come una mamma ma come una amica e io non ho mai cercato di prendere il ruolo della madre genetica.

La cosa strana all'inizio fu che tutto quello che il padre faceva a me doveva essere fatto a loro 2 volte tanto.
Io ci sono passata sopra senza fare mai commenti anche perché pensavo che comunque i bambini avevano subito il trauma della morte della mamma.
Più passa il tempo però più la cosa si intensifica e mi pare anche assurda anche perché i ragazzi sono oramai adulti (la prima ha 24 anni).

Ho chiesto di andare due giorni al mare da soli mio marito e io ed è stato un dramma.
Lui moriva dai sensi di colpa, ha mandato 70 foto ai figli chiamandoli frequentemente e dicendo che la prossima volta sarebbero venuti anche loro.
Mi ha regalato una maglietta ma naturalmente l'ha comprata anche ai figli.

La situazione è degenerata domenica scorsa quando mi ha chiesto per l'ennesima volta di fare testamento.
Ci ha provato già 5 volte ed io gli ho detto che per ora io non mi sento di fare testamento ma lui può benissimo intestare tutti i suoi beni ai figli e sono pronta a firmare per accettare la cosa.
Ma domenica scorsa è stato diverso.
Con una aggressività controllata mi ha detto che tutto quello che ho io deve andare ai suoi figli.
Alla mia risposta che il suo tono mi spaventava ha detto che io non sono una buona moglie e la nostra relazione è un fallimento.

La cosa mi sconvolge.
Ci sono rimasta male.
Ho capito che lui non mi ama ma mi ha usato per i suoi figli. Ora mi tocca prendere le conseguenze e fuggire a gambe levate.

Voi che ne pensate?
Grazie
Dr.ssa Elisa Scuderi Psicologo 114 2
Gentile Utente,
quello che racconta trasmette un vissuto profondo di disillusione, solitudine e forse anche di smarrimento rispetto a una relazione in cui ha dato molto (in termini di presenza, affetto, adattamento) e da cui oggi sembra ricevere risposte fredde, sbilanciate, talvolta svalutanti.

È interessante notare come lei abbia rinunciato fin dall'inizio a un desiderio importante (quello di un figlio proprio) senza che ci fosse un reale confronto. Questo passaggio è delicato: quanto ha potuto, allora, contattare e legittimare il suo desiderio? Quanto, invece, ha imparato nel tempo a zittirlo, per "far funzionare" qualcosa che sembrava già definito?

Un altro elemento importante riguarda la figura di suo marito: un uomo che, forse per senso di colpa o per paura di perdere il ruolo di "padre ideale", continua a mettere i figli (ormai adulti) in una posizione di centralità assoluta, anche a costo di svalutare il rapporto con lei.

Ma la domanda qui potrebbe essere: cosa sostiene ancora oggi questo equilibrio sbilanciato? E soprattutto: cosa lo ha tenuto in piedi fino ad ora, nonostante la sua crescente sofferenza?

Mi colpisce in particolare quel suo passaggio: "ho capito che lui non mi ama ma mi ha usato per i suoi figli". È una frase densa, che porta con sé una ferita, forse non nuova, legata al sentirsi considerata più come una funzione che come una persona.

Mi chiedo: in quali momenti, all'inizio della vostra relazione, ha sentito davvero di essere vista? Quando, invece, ha iniziato a sentire che il suo valore veniva messo in secondo piano rispetto a un "equilibrio familiare" che sembrava già scritto e immutabile?

Il nodo del testamento sembra aprire una crepa che va oltre il tema economico. Si è sentita oggetto di un dovere, di un obbligo che non lascia spazio al suo desiderio, alla sua volontà. Che posto ha avuto, finora, la sua voce? E quanta libertà ha avuto, nella coppia, di porre dei limiti senza sentirsi colpevole?

Cosa rappresenta oggi per lei l’idea di "una buona moglie"? E chi l’ha definita così, questa idea? È qualcosa che la nutre, o qualcosa che la consuma?

Le relazioni non falliscono nel momento in cui mostrano la loro complessità, ma quando smettiamo di ascoltare cosa ci stanno dicendo di noi, dei nostri bisogni, della nostra storia.

Forse ora non si tratta di decidere cosa fare, ma di capire fino in fondo cosa le sta succedendo, e cosa questo tempo così difficile può ancora insegnarle su di sé, sulle sue forze, sul suo diritto di essere al centro della propria vita.

Se sente che queste domande la toccano, forse può essere utile iniziare ad esplorarle con uno spazio dedicato, accogliente, che le permetta di orientarsi con maggiore chiarezza.

Spero che queste riflessioni possano esserle utili.

Resto a disposizione, un caro saluto
E.S. 

Dott.ssa Elisa Scuderi
Psicologa | A Genova e online
📧 elisascuderi.ge@gmail.com
3774810243
www.psicologoagenova.wordpress.com

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Grazie della risposta dottoressa. Mi è stata di aiuto a riflettere. Lavorerò concentrandomi su me stessa e prenderò le necessarie conseguenze di quello che sto vivendo
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