Trauma psicologico neonato

Sono diventata mamma da circa 10 mesi di un bimbo che adoro.
Quando è nato non sono riuscita ad attaccarlo al seno nonostante l’aiuto di diverse ostetriche e quindi abbiamo iniziato con il latte artificiale.
Quando aveva circa un mese ci siamo accorti che si scolava tutto il biberon in un paio di minuti (anche 150 ml tutto insieme) la nostra pediatra (anziana e un po’ vecchia scuola) ci ha suggerito di fargli fare delle pause durante la poppata per permettere una migliore digestione (anche se il bimbo non aveva problemi non rigurgitava né aveva dolori di pancia).
Abbiamo iniziato a fargli fare queste pause ma chiaramente il bambino piangeva perché veniva staccato dal biberon mentre lui aveva ancora fame, per tenerlo tranquillo in quei pochi minuti di pausa gli facevo ciucciare un pochino il dito per calmarlo.
Questa storia è andata avanti un mesetto quando poi non ce la facevo a sentirlo piangere e allora ho smesso di fargli fare le pause e ho cambiato pediatra.
Adesso sto leggendo molto sull’attaccamento sicuro/insicuro che si può generare tra un bimbo e il suo genitore, ne ho anche parlato con una mia amica che sta studiando psicologia.
Lei sostiene che quello che abbiamo fatto in buona fede ha generato frustrazione nel bambino e un possibile trauma derivante dalla mancata o ritardata soddisfazione dei suoi bisogni primari.
Questa cosa mi ha gettato nello sconforto perché io cerco di essere veramente molto attenta si suoi bisogni, ad esempio quando piange perché non vuole stare sul passeggino io lo prendo sempre in braccio anche se tutti (mia mamma mio papà mio marito) mi dicono di lasciarlo giù perché si deve abituare.
La mia domanda è veramente ho creato un trauma in mio figlio e ho compromesso la sua fiducia nei miei confronti e quindi un attaccamento sicuro?
Grazie a chi vorrà rispondere
Dr.ssa Elisa Scuderi Psicologo 114 2
Gentile mamma,
la sua domanda tocca un nodo profondo e delicato, che riguarda non solo il legame con suo figlio, ma anche il modo in cui lei si percepisce nel suo ruolo genitoriale.

Il fatto che si stia interrogando con tanta lucidità e sensibilità su quanto vissuto nei primi mesi di vita del suo bambino è già di per sé un segnale importante: ci parla di una madre presente, coinvolta, che si pone domande difficili pur di comprendere meglio.

È vero, nei primi mesi di vita ogni piccolo gesto contribuisce alla costruzione di una relazione. Ma è altrettanto vero che non si tratta di attimi isolati, bensì di un filo continuo, fatto di presenza emotiva, riparazioni, ascolto, contatto.
Si chiede se un mese di pause forzate al biberon possa aver generato un trauma. Potrebbe allora chiedersi anche: quanta disponibilità affettiva ho mostrato ogni volta che lui ha cercato i miei occhi, il mio abbraccio, la mia voce? Quante volte sono riuscita a consolarlo, a leggerlo, ad esserci?

Quando si è madri per la prima volta, si naviga tra indicazioni spesso contraddittorie, tra il bisogno di fare bene e il timore costante di sbagliare. È faticoso. Ed è comprensibile che in quella fase lei si sia affidata, cercando di fare il meglio con gli strumenti che aveva.

Forse la domanda più profonda oggi è: riesco a perdonarmi per non essere stata perfetta? Posso iniziare a guardare il mio legame con lui non solo come qualcosa da non rovinare, ma come qualcosa che si costruisce e si ripara ogni giorno, con i gesti, con il tempo, con la presenza?

Ogni madre ha una storia. E ogni legame ha le sue imperfezioni. Ma è proprio lì, nelle crepe, che spesso nasce l’autenticità di un attaccamento solido.

Se sente che queste domande continuano a toccarla da vicino, può essere prezioso avere uno spazio in cui esplorarle. Un percorso di supporto genitoriale può rappresentare un luogo sicuro dove poter rileggere con più chiarezza ciò che sta cercando così faticosamente di proteggere: il legame con suo figlio e con sé stessa.

Spero che queste riflessioni possano esserle utili.

Resto a disposizione, un caro saluto
E.S. 

Dott.ssa Elisa Scuderi
Psicologa | A Genova e online
📧 elisascuderi.ge@gmail.com
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www.psicologoagenova.wordpress.com

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La ringrazio davvero per la sua risposta. Ha proprio ragione, una neo mamma naviga a vista. Tra parenti che ti dicono cosa fare, tu che sei inesperta e dottori che a volte sbagliano anche loro. Una cosa posso dirmela, ci sono sempre stata per lui. Contro tutti lo tiravo fuori dalla carrozzina per non lasciarlo piangere (non penso che debba abituarsi alla carrozzina o al passeggino sentendosi abbandonato lì) oppure all’inizio aveva paura di fare il bagnetto, mia madre mi diceva vabbè faglielo veloce poi si abituerà , beh non l’ho immerso finché non era pronto (comprando milioni di salviette umidificate nel frattempo). Penso di esserci stata per lui. Però certo l’errore del biberon ritengo che sia grave perché va a toccare un bisogno essenziale per la sopravvivenza. Per questo non riesco a perdonarmelo.
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Dr.ssa Elisa Scuderi Psicologo 114 2
È comprensibile, e profondamente umano, che ci siano episodi che continuano a bruciare, soprattutto quando toccano qualcosa di così essenziale come il nutrimento. Ma ciò che emerge con chiarezza dalle sue parole, e che vale la pena fermarsi ad accogliere, è il filo costante della sua presenza: lei c’era. E non in modo impersonale o meccanico. C’era con il corpo, con la vicinanza, con la scelta consapevole di proteggere suo figlio anche quando tutto intorno le diceva il contrario.

È importante sapere che per un neonato, più ancora del latte, il nutrimento primario è la relazione. È la voce che lo calma, le braccia che lo sollevano, lo sguardo che risponde al suo. E lei questo lo ha fatto, e continua a farlo. Non ha lasciato che piangesse da solo nel passeggino. Non ha immerso il suo corpo nella paura del bagnetto, ha aspettato che fosse pronto. Questo è attaccamento. Questo è contatto sicuro.

Il gesto del biberon, per quanto oggi possa apparirle doloroso, non definisce il legame. È solo un frammento. E quel frammento, da quanto racconta, è stato anche circondato da tentativi sinceri, da gesti riparativi, da una capacità di ascoltare e di scegliere diversamente nel tempo.

A volte, il perdono verso di sé passa proprio da uno sguardo più ampio: riesco a vedere tutta la relazione, oltre all’errore? Riesco a sentire che mio figlio, ogni giorno, mi guarda come la sua base sicura, anche se in un mese di vita ho seguito un consiglio che oggi non rifarei?

Le insicurezze genitoriali sono naturali, ed interrogarsi sul percorso che si sta facendo in quanto neo genitore è un elemento importante. Certe volte affrontare questi cambiamenti con accanto un professionista può aiutare a placare quelle incertezze: lo vedo ogni giorno nel mio lavoro, il supporto genitoriale non serve a insegnare ai genitori ad essere perfetti, ma ad offrire loro uno spazio in cui possano sentirsi visti, compresi e sostenuti mentre crescono insieme ai loro figli.

I genitori non sono perfetti, ma i bambini non hanno bisogno di perfezione. Hanno bisogno di una presenza che si adatta, che sente, che ripara.
E da come parla, sembra proprio che suo figlio questa presenza ce l’abbia.

Resto a disposizione, un caro saluto
E.S. 

Dott.ssa Elisa Scuderi
Psicologa | A Genova e online
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