Vorrei andare via dal mio paese ma sono in una situazione complessa e non so cosa fare

Salve a tutti dottori, sono un ragazzo di 27 anni e sono al bivio di una scelta molto pesante.

Sono anni che vorrei andare via di casa ed in generale dal mio paesino, perché vorrei fare esperienza lontano dalla mia famiglia e dal mio contesto che mi ha sempre logorato e lo fa tutt'oggi, infatti ogni volta che mi allontano dal mio paese sto meglio, mentre qui mi sento costantemente bloccato; ed anche in casa mi trattano tutt'oggi come un bambino.

Ora la questione è che da qualche mese ho intrapreso un corso in un ambito che mi piace, dopo il corso farò un tirocinio con possibilità di assunzione in un'azienda delle mie zone, ma il problema nasce proprio qui.

Ho parlato con il gestore del corso (che mi invierà all'azienda) spiegandogli la situazione e devo dire che lui ci è rimasto un po', ma ha compreso i miei desideri... Ma la situazione è questa, perché lui chiaramente fa di tutto per immettere i giovani nel mondo del lavoro tramite corsi/tirocini formativi.

Quindi il tirocinio dovrei farlo obbligatoriamente, ma il punto è che non so cosa dire all'amministratore dell'azienda il giorno in cui farò il colloquio pre-tirocinio... Più che altro perderei appunto un'opportunità perché l'azienda è collegata tramite questo corso, mentre se andassi fuori regione (dove vorrei andare) le aziende non mi conoscerebbero.

Quindi sto abbastanza male per questo e sono totalmente confuso, ai miei genitori non ho detto niente perché altrimenti litigheremmo pesantemente, quindi non so nemmeno a chi chiedere consigli e quindi l'ho fatto qui.
Dr.ssa Elisabetta Carbone Psicologo, Sessuologo 251 10
Buongiorno,

quello che racconti non è solo un dilemma pratico, ma un vero e proprio nodo identitario: restare dove senti di spegnerti o andartene verso ciò che ti accende.

Non si tratta solo di un tirocinio o di un’opportunità lavorativa: si tratta del tuo bisogno, profondamente umano, di emanciparti da un contesto che ti fa sentire piccolo, trattenuto, invisibile nella tua evoluzione. È normale provare ambivalenza: la mente razionale dice resta, è più sicuro , ma il tuo sistema emotivo, relazionale, esperienziale ti urla vai .
Sei già molto consapevole: riconosci che lontano da casa stai meglio, che la tua famiglia fatica a vederti come adulto, e che in te convivono desideri diversi, di libertà ma anche di riconoscimento, di sicurezza, di approvazione. Questo è il cuore della questione: non si tratta solo di scegliere un’azienda, ma di dare priorità a ciò che vuoi costruire per te, oggi, come adulto.

Il senso di colpa, il timore di deludere , l’ansia di perdere l’occasione o di sbagliare strada sono tutti segnali di quanto tu stia cercando, in fondo, di prenderti cura di tutti: di te, ma anche degli altri. Ma la verità è che spesso crescere significa anche tollerare che qualcuno possa non capire, restare deluso o spiazzato. L’unico modo per uscire davvero da quel paesino, anche dentro di te, è smettere di chiedere il permesso.

Non esiste una scelta giusta in assoluto, ma una scelta coerente con la persona che vuoi diventare. Se senti che per costruire la tua autonomia hai bisogno di partire, farlo ora non è un fallimento, ma un atto di coraggio. E se un’opportunità lavorativa si perde, se ne costruiranno altre: a ventisette anni non si è in ritardo per nulla, soprattutto se si è pronti ad ascoltarsi davvero.

Un percorso psicologico potrebbe aiutarti a sostenere questo passaggio, a rafforzare la tua identità adulta e ad affrontare le possibili reazioni degli altri senza tornare bambino. Le radici non si tagliano partendo: si trasformano quando iniziamo a camminare con le nostre gambe.

Resto a disposizione,

Dott.ssa Elisabetta Carbone
Psicologa sistemico relazionale | Sessuologa clinica |
psicologa@elisabettacarbone.it | 351.777.9483

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Va bene dottoressa, grazie della risposta, sono pienamente d'accordo con lei, ma infondo tutti dentro di noi conosciamo la risposta, a questo punto il problema principale è fare un tirocinio in un'azienda dove di certo non vorrei restare, quindi la mia scelta di andare via già l'ho fatta, anzi, sento di essere anche in ritardo.
Il problema è appunto come affrontare questa cosa in "azienda" al momento del colloquio per il tirocinio (che avverrà sicuramente), cioè fare buon viso a cattivo gioco? Psicologicamente è una situazione molto pesante, perché da un lato sono contento di entrare finalmente nel mondo lavorativo, ma dall'altro canto non ci entro nel pieno della mia serenità mentale e senza sapere come gestire la situazione
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Dr.ssa Elisabetta Carbone Psicologo, Sessuologo 251 10
Hai già scelto dentro di te, ora si tratta solo di gestire con lucidità questo passaggio. Al colloquio puoi mostrarti motivato ad apprendere, senza dover promettere un futuro lì. Il tirocinio può essere un ponte, non una condanna. Intanto prepara il tuo progetto di partenza: non è fare buon viso a cattivo gioco, è usare strategia per costruire libertà!

Resto a disposizione,

Dott.ssa Elisabetta Carbone
Psicologa sistemico relazionale | Sessuologa clinica |
psicologa@elisabettacarbone.it | 351.777.9483

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Dottoressa il problema è che mio padre non è una persona come tutte le altre, ha problemi psichiatrici diagnosticati e mi fa del bullismo psicologico sul fatto che non posso muovermi da casa.
Posso capire che questa cosa non mi permetterà di lavorare subito lontano, il tirocinio è solo una formazione momentanea e non un'assunzione, quindi nel caso non trovo l'azienda giusta (come dice mio padre) e non vengo assunto da subito allora saranno guai per me.
Sicuramente ha ragione da un punto di vista logico, però è tutt'altro dal modo in cui vorrei agire io.
Non so, la sto vivendo veramente male.
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