Innamoramento in terapia

Buonasera a tutti,
spero davvero che qualcuno possa rispondere al mio quesito.
Da qualche anno sono in terapia da uno specialista di Roma che mi ha letteralmente fatto rinascere.
Ho attraversato con lui momenti molto difficili della mia vita: è stato paterno, rispettoso, distaccato ma delicato ed empatico.
Mai un messaggio fuori dai contesti professionali, mai uno sfioramento o un ammiccamento: nulla.
Sempre correttissimo.

Purtroppo negli ultimi tempi io ho iniziato a provare qualcosa per lui.
Sicuramente ha a che fare con il transfert, ma dopo questi anni sento che in realtà c''è qualcosa in più.
Sì, è vero, non so nulla o quasi di lui, ma ci sono nei suoi occhi, nei suoi modi, nelle sue parole, cose che io adoro.
Ultimamente sentendomi stranita da questa "novità", gliene ho parlato.
Lui mi ha spiegato il transfert, mi ha detto del controtrasfert (che vive anche lui), mi ha detto che sono cose normali e che da parte mia succede perché gli sono grata e perché mi ha ascoltata senza giudizio.
Gli ho detto che lo so ma che a me non sembra solo questo e che mi dispiace pensare di non poterlo più vedere o conoscere "davvero" in futuro.
Lui a quel punto mi ha risposto senza escluderlo in assoluto: certo non in terapia, ma finita quella eventualmente si potrebbe anche fare.
Ormai, d'altronde, la mia terapia è in fase conclusiva.
Mi sento un po' in colpa perché credo di essere stata seduttiva e di averlo messo in difficoltà.
Il punto è che se da una parte io davvero vorrei tanto conoscerlo, dall'altra mi ha un po' spiazzato che, a terapia "in corso", lui non abbia "escluso" una conoscenza. Anzi, mi è sembrato volerlo anche lui.
Intendo dire che questa cosa ha rafforzato, anziché indebolire, la mia voglia di vederlo fuori da quella stanza, nella quale ultimamente in tutta evidenza (perché io mi sono un po' troppo esposta) circola un'energia fortemente erotica.
Lo sappiamo entrambi, in parte ne abbiamo accennato, sappiamo entrambi che ormai siamo agli sgoccioli e che così comunque è giusto chiudere (anche perché io sto decisamente meglio!) .

Ora la mia domanda è: credete ci sia qualcosa di scorretto in quello che ha fatto?
A me è sembrato sempre tutto così immensamente corretto che questo dettaglio del non "censurare" la mia voglia di vederlo mi ha un po' stranito.
Cioè, forse nel dirglielo avrei voluto che lui rimanesse più vago e che magari interrompessimo la terapia per poi, eventualmente, parlarne "da fuori".
Mi sapete dire qualcosa?
Sarebbe così grave vederci, magari a un paio di mesi dalla fine della terapia, per bere qualcosa?
Per me è una cosa nuova e per quanto mi senta libera di parlarne con lui mi rendo conto che ormai la terapia va chiusa perché io mi sento coinvolta in modo strano e credo che anche lui un po' stia faticando a "non abbandonarmi", pur dicendomi che stiamo per chiudere.
Grazie mille a chi mi risponderà
Dr.ssa Paola Cattelan Psicologo, Psicoterapeuta 696 14
Gentile Signora,
il nostro codice deontologico recita: "costituisce grave violazione deontologica instaurare le suddette relazioni [affettivo-sentimentali e/o sessuali] nel corso del rapporto professionale". Questo anche proprio per tutelare i/le pazienti da quella confusione e straniamento che lei sta - giustamente - vivendo ora.
Il fatto che la proposta sia spostata nel futuro non cambia molto, perché l'eventuale futura relazione ha il suo presupposto nella relazione terapeutica, che va invece sempre tenuta sgombra e salvaguardata dall'essere agita.
E ancora, perché se in futuro il/la paziente avesse nuovamente bisogno di terapia non potrebbe riprendere il proprio percorso.

E' certamente normale che sia il/la paziente che il/la terapeuta possano provare dei sentimenti, ma se per il/la paziente è sempre lecito condividerli, è assolutamente scorretto che il/la terapeuta li trasformi in comportamenti, quali l'eventualità di incontrarsi extrasetting a terapia "finita".

Detto questo, a volte i/le pazienti interpretano le parole del/la terapeuta in base alle proprie fantasie ed emozioni . Ma se, invece, il collega ha realmente lasciato spazio alla possibilità di incontri al di fuori del setting terapeutico, sì, è grave. Proprio perché ora lei si sente "in colpa", "seduttiva", "spiazzata", "troppo esposta", "coinvolta in modo strano", "circola un'energia fortemente erotica" e questo non per colpa Sua, ma di come il collega ha condotto questa fase della terapia.

Dr.ssa Paola Cattelan
psicoterapeuta Torino
pg.cattelan@hotmail.it

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