Sono andato via dopo un forte litigio
Buongiorno,
io 36M, lei 31F, dopo una convivenza di 4 anni, tra più alti che bassi, abbiamo avuto una forte discussione, al termine della quale io me ne sono andato di casa.
Avevamo importanti progetti per noi due, eppure una mancanza di comunicazione da parti di entrambi nell'ultimo anno ha portato ad una situazione di degenero totale tale da farmi prendere la decisione di andarmene di casa.
Da circa 7 mesi ad ogni confronto, lei non accettava le discussioni tali da ripetermi sempre, se non ti sta bene te ne puoi andare, io non cambio, se non ti sta bene te ne torni da tua madre etc.
Io solitamente ci passavo su per non continuare a litigare, e per poi lasciar sbollire gli animi e tornare a vivere la nostra quotidianità.
Durante quest'ultima discussione, lei ha avuto un atteggiamento irriconoscibile, tale da lanciarmi tutto ciò che trovava in casa, mentre preparavo la mia roba, e a sputare prima sui vestiti per poi in faccia.
Io, impassibile, dopo quel gesto, mi convincevo sempre di più ad aver fatto la scelta giusta e decidevo di andarmene di casa.
Dopo una settimana di confronti e litigate telefoniche, nelle quali ci incolpavamo a vicenda per la colpa, io ero sempre più convito di aver fatto la scelta giusta.
Lei come sempre mi incolpava di essere troppo all'antica, di essere troppo restrittivo nei suoi confronti, di trattarla come una serva piuttosto che non come compagna, mentre io la incolpavo per la sua testardaggine e nell'essere ottusa e non mettere una pietra sopra alle vicissitudini avute con entrambe le nostre famiglie.
(Lei si sente non accettata dalla mia famiglia, tanto da credere più volte che ce l'abbiano con lei e di mancarle di rispetto).
Tanto sta che per non metterla in difficoltà a seguito di questa separazione, di buon cuore, dato che conosco le sue finanze, le ho più volte proposto di volerla aiutare economicamente, cosa che lei all'inizio non voleva, la reputava elemosina, per poi chiedermi di essere aiutata.
Ci siamo visti per chiudere delle cose, io molto distaccato e lei ha iniziato a piangere e a chiedermi se fosse finita o meno.
Dopo questo incontro, lei ha cambiato completamente atteggiamento, mi cerca continuamente, mi chiede di riprovarci con lei, si assume le colpe di tutto ciò che è successo, riferendomi di sentirsi umiliata per cosa ha fatto.
Ha chiesto scusa, a modo suo, ai miei genitori, riferendomi che con tutte le persone con le quali si è confrontata, compresa sua madre (molto severa tanto da dirle l'hai voluto tu e adesso ci convivi) l'hanno rimproverata per il suo atteggiamento e per ciò che ha fatto.
Solo che io al momento mi sento molto restio, le ho chiesto tempo per rifletterci, dato che voglio ritrovare un mio equilibrio ed in quanto ho ancora davanti agli occhi la sua scena e ho paura che ci ritroveremo a litigare nuovamente perché non cambieremo mai parte del nostro carattere.
Inoltre, mi sento ingabbiato anche dai miei genitori che per ciò che ha fatto a me e loro, non vogliono più vederla.
io 36M, lei 31F, dopo una convivenza di 4 anni, tra più alti che bassi, abbiamo avuto una forte discussione, al termine della quale io me ne sono andato di casa.
Avevamo importanti progetti per noi due, eppure una mancanza di comunicazione da parti di entrambi nell'ultimo anno ha portato ad una situazione di degenero totale tale da farmi prendere la decisione di andarmene di casa.
Da circa 7 mesi ad ogni confronto, lei non accettava le discussioni tali da ripetermi sempre, se non ti sta bene te ne puoi andare, io non cambio, se non ti sta bene te ne torni da tua madre etc.
Io solitamente ci passavo su per non continuare a litigare, e per poi lasciar sbollire gli animi e tornare a vivere la nostra quotidianità.
Durante quest'ultima discussione, lei ha avuto un atteggiamento irriconoscibile, tale da lanciarmi tutto ciò che trovava in casa, mentre preparavo la mia roba, e a sputare prima sui vestiti per poi in faccia.
Io, impassibile, dopo quel gesto, mi convincevo sempre di più ad aver fatto la scelta giusta e decidevo di andarmene di casa.
Dopo una settimana di confronti e litigate telefoniche, nelle quali ci incolpavamo a vicenda per la colpa, io ero sempre più convito di aver fatto la scelta giusta.
Lei come sempre mi incolpava di essere troppo all'antica, di essere troppo restrittivo nei suoi confronti, di trattarla come una serva piuttosto che non come compagna, mentre io la incolpavo per la sua testardaggine e nell'essere ottusa e non mettere una pietra sopra alle vicissitudini avute con entrambe le nostre famiglie.
(Lei si sente non accettata dalla mia famiglia, tanto da credere più volte che ce l'abbiano con lei e di mancarle di rispetto).
Tanto sta che per non metterla in difficoltà a seguito di questa separazione, di buon cuore, dato che conosco le sue finanze, le ho più volte proposto di volerla aiutare economicamente, cosa che lei all'inizio non voleva, la reputava elemosina, per poi chiedermi di essere aiutata.
Ci siamo visti per chiudere delle cose, io molto distaccato e lei ha iniziato a piangere e a chiedermi se fosse finita o meno.
Dopo questo incontro, lei ha cambiato completamente atteggiamento, mi cerca continuamente, mi chiede di riprovarci con lei, si assume le colpe di tutto ciò che è successo, riferendomi di sentirsi umiliata per cosa ha fatto.
Ha chiesto scusa, a modo suo, ai miei genitori, riferendomi che con tutte le persone con le quali si è confrontata, compresa sua madre (molto severa tanto da dirle l'hai voluto tu e adesso ci convivi) l'hanno rimproverata per il suo atteggiamento e per ciò che ha fatto.
Solo che io al momento mi sento molto restio, le ho chiesto tempo per rifletterci, dato che voglio ritrovare un mio equilibrio ed in quanto ho ancora davanti agli occhi la sua scena e ho paura che ci ritroveremo a litigare nuovamente perché non cambieremo mai parte del nostro carattere.
Inoltre, mi sento ingabbiato anche dai miei genitori che per ciò che ha fatto a me e loro, non vogliono più vederla.
Gentile Utente,
grazie per aver condiviso una parte così intima e dolorosa della sua storia. Le sue parole raccontano non solo una separazione, ma un intreccio complesso di emozioni, delusioni, tentativi, paure e, forse, legami non del tutto recisi.
Il suo racconto è molto ricco, ma lascia intravedere alcune zone d’ombra che meritano spazio.
Per esempio: di cosa si discuteva realmente? Quali erano i nodi che negli ultimi mesi (o forse anni) si ripresentavano sempre uguali, al punto da logorare la comunicazione?
Lei parla di "mancanza di comunicazione" e di una crescente distanza, ma non chiarisce cosa è rimasto insoddisfatto, non detto o irrisolto. Quanto erano importanti (realmente) quegli argomenti su cui litigavate?
Un’altra domanda che potrebbe aiutarla ad orientarsi è: cosa la spinge oggi a scrivere? È in cerca di chiarezza rispetto a una decisione da prendere? Oppure sente il bisogno di essere visto, accolto, legittimato nel dolore, nella rabbia o nel dubbio che sta vivendo?
La descrizione del comportamento di lei durante la separazione è molto forte, e sembra avere lasciato una ferita profonda. Ma le chiedo: quella scena è stata un punto di rottura o il culmine di qualcosa che covava da tempo?
E ancora: nel tempo della relazione, lei si è sentito rispettato nei suoi bisogni? Ha sentito che c’era spazio anche per sé, per le sue emozioni, per il suo modo di amare e di stare in coppia?
Infine, un aspetto delicato: l’influenza della sua famiglia d’origine. Da come scrive, sembra che il giudizio dei suoi genitori pesi oggi sul suo modo di decidere. Le chiedo: quanto sente che le sue scelte oggi sono davvero sue? E quanto sente il bisogno di "non deludere" chi le è vicino, anche a costo di reprimere dubbi o desideri?
A volte, in situazioni così dense e ambivalenti, è più utile esplorare che decidere. Non sempre ciò che sembra logico coincide con ciò che ci fa bene.
E certe domande trovano davvero spazio solo in un contesto dove ci si può ascoltare a fondo, senza fretta e senza giudizio.
Resto con una sua frase: "ho paura che ci ritroveremo a litigare nuovamente perché non cambieremo mai parte del nostro carattere".
È una riflessione che merita attenzione.
Le lascio questa domanda: davvero è questione di carattere o, forse, di come quei caratteri hanno imparato a proteggersi, a rispondere, a difendersi dentro una relazione che, per certi versi, non ha saputo più contenere né accogliere?
Spero che queste riflessioni possano esserle utili.
Resto a disposizione, un caro saluto
E.S.
grazie per aver condiviso una parte così intima e dolorosa della sua storia. Le sue parole raccontano non solo una separazione, ma un intreccio complesso di emozioni, delusioni, tentativi, paure e, forse, legami non del tutto recisi.
Il suo racconto è molto ricco, ma lascia intravedere alcune zone d’ombra che meritano spazio.
Per esempio: di cosa si discuteva realmente? Quali erano i nodi che negli ultimi mesi (o forse anni) si ripresentavano sempre uguali, al punto da logorare la comunicazione?
Lei parla di "mancanza di comunicazione" e di una crescente distanza, ma non chiarisce cosa è rimasto insoddisfatto, non detto o irrisolto. Quanto erano importanti (realmente) quegli argomenti su cui litigavate?
Un’altra domanda che potrebbe aiutarla ad orientarsi è: cosa la spinge oggi a scrivere? È in cerca di chiarezza rispetto a una decisione da prendere? Oppure sente il bisogno di essere visto, accolto, legittimato nel dolore, nella rabbia o nel dubbio che sta vivendo?
La descrizione del comportamento di lei durante la separazione è molto forte, e sembra avere lasciato una ferita profonda. Ma le chiedo: quella scena è stata un punto di rottura o il culmine di qualcosa che covava da tempo?
E ancora: nel tempo della relazione, lei si è sentito rispettato nei suoi bisogni? Ha sentito che c’era spazio anche per sé, per le sue emozioni, per il suo modo di amare e di stare in coppia?
Infine, un aspetto delicato: l’influenza della sua famiglia d’origine. Da come scrive, sembra che il giudizio dei suoi genitori pesi oggi sul suo modo di decidere. Le chiedo: quanto sente che le sue scelte oggi sono davvero sue? E quanto sente il bisogno di "non deludere" chi le è vicino, anche a costo di reprimere dubbi o desideri?
A volte, in situazioni così dense e ambivalenti, è più utile esplorare che decidere. Non sempre ciò che sembra logico coincide con ciò che ci fa bene.
E certe domande trovano davvero spazio solo in un contesto dove ci si può ascoltare a fondo, senza fretta e senza giudizio.
Resto con una sua frase: "ho paura che ci ritroveremo a litigare nuovamente perché non cambieremo mai parte del nostro carattere".
È una riflessione che merita attenzione.
Le lascio questa domanda: davvero è questione di carattere o, forse, di come quei caratteri hanno imparato a proteggersi, a rispondere, a difendersi dentro una relazione che, per certi versi, non ha saputo più contenere né accogliere?
Spero che queste riflessioni possano esserle utili.
Resto a disposizione, un caro saluto
E.S.
Dott.ssa Elisa Scuderi
Psicologa | A Genova e online
📧 elisascuderi.ge@gmail.com
3774810243
www.psicologoagenova.wordpress.com
Questo consulto ha ricevuto 1 risposte e 484 visite dal 25/07/2025.
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