Paura di un tragico esito a fine gravidanza


gentili dottori, mi perdonerete se cerco nelle vostre risposte una via d'uscita ad una situazione che diventa ora dopo ora più insostenibile ma ho serie difficoltà a farmi capire dai miei familiari e temo inoltre di generare in loro preoccupazioni che vorrei risparmiargli. 
ho 36 anni e giovedì prossimo partorirò con un cesareo programmato il mio primo figlio, desiderato come nulla al mondo. il mio carattere pessimista mi ha fatto vivere i dieci mesi di ricerca di questa gravidanza con un senso di fallimento in partenza, temevo che per noi ci fossero problemi d'infertilità e mi ero già proiettata a raccogliere informazioni sui centri di procreazione medicalmente assistita. per fortuna, non abbiamo avuto bisogno di ricorrervi e a novembre 2011 la lieta notizia. alle mie ansie precedenti però sono subentrate preoccupazioni nuove per cui di volta in volta ho temuto che la gravidanza potesse interrompersi, prima precocemente, poi per un aborto tardivo, poi per un parto fortemente pretermine. ciò malgrado non siano intervenuti particolari problemi, se si esclude un periodo, all'inizio del secondo trimestre, in cui sono stata obbligata al riposo forzato per delle perdite improvvise sebbene mai davvero preoccupanti. ora sono giunta a fine gestazione e l'angoscia si è prepotentemente trasferita al momento del cesareo che ho sempre saputo di dover affrontare per un problema di fibromi all'utero. temo, quasi a fasi alterne, per me e per il bambino, per entrambi. eppure il ginecologo è un cugino di mia madre che mi ha seguito con scrupolo e professionalità durante tutta la gravidanza, anzi, gli attribuisco anche il merito di aver consentito questa gravidanza perchè fu lui a prescrivermi una semplice cura antibiotica per un'infezione silente che talvolta causa infertilità, nel corso della quale abbiamo concepito questo bambino. anche l'anestesista ha ottime credenziali, gli sono stata presentata da mio zio la cui moglie è una parente stretta. in più in sala operatoria ci sarà mio marito che è medico e nella sua carriera di sala operatoria ha assistito varie volte dei colleghi proprio per dei cesarei. anche la struttura dove partorirò effettua un numero elevatissimo di parti all'anno, ulteriore garanzia per me. 
insomma, la felicità che si profila all'orizzonte sembra essere totale ma se riesco a immaginarmi in maniera molto verosimile gli scenari più tragici, proprio non mi riesce di pensare che la prossima settimana a quest'ora saremo genitori felici di un bimbo sano. ho il terrore di morire sotto i ferri, o che possa accadere qualcosa a lui, o che mi venga un'emorragia post partum. e via così. 
insomma, sono terrorizzata e con il passare dei giorni sento che va sempre peggio. provo a razionalizzare e a dirmi che sono milioni le donne che partoriscono ogni giorno e nella gran parte dei casi va tutto bene. ma poi mi sembra di avere una bussola per scovare le brutte notizie, come quella di un parto andato male tre anni fa proprio dove partorirò io. oppure, per assurdo, quello che mi è capitato di leggere oggi su una rivista di cronaca che riportava un racconto in cui si narrava di un delfino femmina che moriva dopo il parto e con lui il suo cucciolo appena nato. mi sembrano dei segnali e io me ne sto facendo davvero una malattia. a questo si aggiunge il senso di colpa verso mio figlio che ho paura possa risentire di questo umore tanto nero. purtroppo non riesco a spezzare questo circolo vizioso e se solo penso che mercoledì prossimo dovrò trascorrere la notte prima dell'operazione in clinica mi sento mancare l'aria. non so come arriverò in sala operatoria.
come posso superare quest'angoscia terribile? sono veramente allo stremo.
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Dr.ssa Laura Rinella Psicologo, Psicoterapeuta 6.3k 119 9
Gentile Signora,
a quanto pare lei è stata e sarà seguita in maniera scrupolosa a livello medico, ma come mai non ha ancora chiesto un supporto psicologico in merito ai timori che ha esposto?

Di fronte a queste paure così pervasive, sarebbe opportuno che si rivolgesse di persona a uno psicologo, anche se il parto è immminente. E non solo per questo, ma per affrontare la sua maternità in modo maggiormente sereno.

Da qui purtroppo non abbiamo modo di poterla aiutare direttamente, darle rassicurazioni non la aiuterebbe, d'altronde non le sono bastate quelle che ha ricevuto finora dai medici, nonostante la loro fondatezza.

Provi ad informarsi magari tramite suo marito se presso l'ospedale in cui pratica ci sia uno specialista che la può ricevere e seguire, per imparare a rilassarsi in vista del parto e successivamente per una valutazione del suo stato e un eventuale percorso psicologico di beneficio per lei e il bimbo che verrà.

Cari saluti e auguri per la sua maternità

Dr.ssa Laura Rinella
Psicologa Psicoterapeuta
www.psicologiabenessereonline.it

[#2]
dopo
Utente
Utente
gentile dottoressa, innanzitutto la ringrazio del suo intervento così sollecito e del tono tanto delicato delle sue parole. nella richiesta di consulto dimenticavo un dettaglio importante: dal 2000 e per diversi anni sono stata seguita da uno psichiatra per un disturbo da dap curato egregiamente con una terapia farmacologica combinata di antidepressivi e benzodiazepine. per ovvie ragioni ho sospeso del tutto la terapia appena scoperto il mio stato gravidico e non ho avuto particolari risentimenti da astinenza, come mi era capitato altre volte in fase di divezzamento. certi nodi caratteriali non sono mai stati risolti naturalmente perché ho sempre nutrito scetticismo per le forme di psicanalisi più profonde e i lunghi tempi mi hanno sempre scoraggiato dall'intraprendere un percorso psicoterapico puro. adesso però ho sviluppato una forte tendenza a voler riconoscere le basi razionali di tutto quel che accade, a me come agli altri, e sono persuasa che invece proprio un'indagine approfondita potrebbe aiutarmi a superare questo momento e altri che dovessero arrivare. tanto più che la maternità mi spinge ad assumermi la responsabilità di essere presente e affidabile.
a questo punto subentra in me un senso di profonda vergogna verso mio marito per mostrargli questa immensa fragilità che lui, per indole e forma mentis, ho paura relegherebbe ai livelli di una debolezza inaccettabile.
con questo credo di poter rispondere in buona parte al dubbio da lei sollevato sull'opportunità di richiedere un aiuto psicologico, cosa che farei di corsa se riuscissi a scrollarmi di dosso questo senso d'inadeguatezza agli occhi di mio marito e dei miei familiari, proprio ora che il mio nuovo ruolo di madre richiederebbe tutt'altra determinazione e forza.
[#3]
Dr.ssa Angela Pileci Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 19.7k 506 41
Gentile signora,

in questo momento la priorità è il Suo benessere e quello del Suo bimbo.

Lasci perdere i sentimenti di vergogna: Suo marito sarà certamente felice di occuparsi di lei e non sorprende che una donna come Lei con una vulnerabilità comprensibile a qualunque essere umano e condivisibile abbia scelto e sia stata scelta proprio da un uomo che di lavoro aiuta il prossimo!

Anche secondo me sarebbe indicato un sostegno psicologico. Le suggerisco approcci più indicati per il trattamento dell'ansia, come quello cognitivo-comportamentale.

Saprà bene che gli ansiolitici in genere vengono interrotti non solo durante la gravidanza ma anche durante l'allattamento. Un aiuto psicologico pertanto potrebbe aiutarla a vivere più serenamente questo momento.

Le faccio tanti auguri,

Dott.ssa Angela Pileci
Psicologa,Psicoterapeuta Cognitivo-Comportamentale
Perfezionata in Sessuologia Clinica

[#4]
Dr.ssa Laura Rinella Psicologo, Psicoterapeuta 6.3k 119 9
<certi nodi caratteriali non sono mai stati risolti naturalmente perché ho sempre nutrito scetticismo per le forme di psicanalisi più profonde e i lunghi tempi mi hanno sempre scoraggiato dall'intraprendere un percorso psicoterapico puro.>

Gentile Signora,
non necessariamente i percorsi terapeutici atti ad affrontare in modo efficace le sue difficoltà, sono lunghi.

Oltre alla psicoanalisi, esistono trattamenti terapeutici particolarmente idonei in casi come il suo (naturalmente dopo un'attenta valutazione diretta), provi a leggere questo articolo
https://www.medicitalia.it/minforma/psicoterapia/533-mini-guida-per-la-scelta-dell-orientamento-psicoterapeutico.html

<a questo punto subentra in me un senso di profonda vergogna verso mio marito per mostrargli questa immensa fragilità che lui, per indole e forma mentis, ho paura relegherebbe ai livelli di una debolezza inaccettabile.>

Questo è un punto importante, poiché ciò che riferisce è di ostacolo ad una comunicazione aperta con suo marito.
E' comprensibile il suo sentire dato ciò che riferisce, ma una buona comunicazione e la condivisione delle proprie emozioni e paure nei momenti di difficoltà contribuirebbero ad un suo miglior benessere. Anche questo aspetto (di tipo relazionale) sarebbe da considerare in un eventuale percorso psicologico.

In ogni caso, qualora avesse difficoltà a chiedere a suo marito un aiuto per la ricerca di uno specialista disponibile, può rivolgersi al Consultorio Familiare o ad un professionista privato.

Se ha bisogno di ulteriori informazioni, siamo in ascolto.


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