Forte ansia e progetti di suicidio

Salve a tutti dottori, scrivo a voi perchè ho bisogno di sapere se le mie ipotesi sui motivi del mio forte stress sono realistiche.
Mio padre è sempre stato un uomo freddo e distaccato. Qualche volta è stato perfino violento, perchè beveva troppo. La sua violenza, di natura prevalentemente psicologica l'ha attuata soprattutto con mia mamma, lamentandosi del cibo, insultandola e talvolta (raramente) picchiandola. Con me invece credo sia stato un pò freddo. Dico che lo credo perchè non riesco a rendermi conto se è il suo comportamento ad essere stato inadeguato, o se sono io ad esagerare. Non ricordo un momento di tenerezza e di complicità con lui nell'infanzia. Il mio primo ricordo, è quello di lui che tornando a casa dopo una bevuta picchia mia mamma. Esco dalla mia stanza e la trovo accasciata sulla sedia. Vado a consolarla, ero alta poco meno della sedia stessa, quindi credo fossi stata molto piccola. Adesso si è tranquillizzato, ma non riesco a non provare una fortissima ansia in sua compagnia, dovuta al fatto che sento di non aver soddisfatto le sue aspettative come figlia e che possa in qualche modo aggredirmi. Di norma non sto in casa con loro, ma quando devo tornarci soffro di tachicardia e il dolore che provo arriva a farmi girare la testa. Sento gravare su di me un senso di colpa, forse inadeguato, che non mi consente di provare nessuna gioia. L'unica mia colpa in realtà, è quella di aver tergiversato negli studi, che spero di poter terminare comunque non appena starò meglio e grazie all'aiuto del mio ragazzo. Per il resto, non ho mai chiesto niente di che, raramente chiedo loro un aiuto finanziario, non mi sono mai mostrata scortese. Ciò che possono imputarmi è una sorta di chiusura caratteriale, soprattutto con lui, mio padre, ma per ovvi motivi. Non ho mai imparato a confidarmi con lui, non credo che potrei imparare adesso. Non è adatto a sapere ciò che vivo e come sto, non capirebbe.
Quello che ho compreso, è che forse avendo subito una forte mancanza di affetto da parte sua, in qualche modo, inconsciamente, me ne sono presa la responsabilità. Come se non fossi stata abbastanza brava, una bambina e poi una persona da amare. Allo stesso tempo ne sono schiava, perchè devo in tutti i modi conquistarmi il suo amore e ripasso sempre ogni mio difetto , forse per capire dove e cosa ho sbagliato. Questo rimuginare su di me mi provoca danni inimmaginabili all'autostima, tanto che spesso vado fuori di testa e trovandomi una persona inutile ho creduto tante volte fosse meglio porre fine alla mia vita. Non arrivo mai a tanto, ma l'idea c'è sempre in agguato, come soluzione che possa liberarmi da un fardello di cui non conosco bene l'origine.
Non credo di odiarlo, onestamente non ne sono capace, cosi come non sono capace di portare rancore. E' una cosa bella ma a volte provare rancore aiuta a vedere meglio ciò di cui si è stati vittime e a proteggersi anzichè umiliarsi.
Spero che possiate aiutarmi a capire se le mie ipotesi sono giuste.
Grazie
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Dr. Daniela Benedetto Psicologo, Psicoterapeuta 204 5 12
Cara ragazza, una situazione "complessa", una vita piena di esperienze pesanti, un vissuto di "impotenza" dettato dalla tenera età in cui ha cominciato a subire una "violenza" psicologica di un padre alcolizzato e di una madre ferita. Troppo piccola per sostenere questo peso, e per "salvare e salvaguardare la mamma per lei indispensabile per la propria sopravvivenza.
Ora che ha 28 anni sembra ancora portare con sè quella bambina di allora che piccola si sentiva sprofondare nella sensazione di impotenza. Il senso di colpa può essere legato a questo vissuto e alla rabbia che sente per il papà. Penso che rimettere in ordine i ricordi e la realtà degli eventi, riconoscere i limiti propri (della bambina di allora ma anche di lei stessa di ora) e quelli altrui (di papà ma anche di mamma che sia pur vittima non si è potuta/voluta difendere) la aiuti ad accettare la realtà odierna e a superare una empasse che non le permette di prendere, ora, respiro e di vivere serenamente. Certo è che se questo percorso di consapevolezza lo facesse con la guida di uno psicologo psicoterapeuta potrebbe raggiungere risultati più mirati e permettersi di entrare più in contatto con la parte di sè dimenticata.

Dr.ssa Daniela Benedetto
Psicologa e Psicoterapeuta EMDR Roma
tel. 3396306112 www.danielabenedetto.it
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Dr.ssa Flavia Massaro Psicologo 12.5k 233 114
Cara Utente,

anche se suo padre non ha ma alzato le mani su di lei lo ha fatto ripetutamete su sua madre, oltre ad insultarla e umiliarla, e assistere a certe scene per molti anni può averla traumatizzata (si tratta infatti di una forma di maltrattamento psicologico denominato "violenza assistita") e portata a temere sia che lo stesso potesse capitare anche a lei, sia che sua madre potesse un giorno essere seriamente ferita o magari amazzata.
Lo stato di ansia e l'attivazione fisica che prova quando torna a casa loro segnala che in lei è ancora viva la paura di poter essere fisicamente in pericolo quando si trova lì.

Il senso di colpa che ancora prova per non aver potuto intervenire per difendere la mamma è del tutto normale: i bambini sono egocentrici per natura - solo crescendo si impara a ridimensionare la percezione della propria influenza sull'ambiente - e quando da piccola ha assistito alla violenza di suo padre ha sicuramente immaginato che forse avrebbe potuto farlo smettere.
Questo pensiero può essere rimasto nel suo profondo fino ad oggi, continuando ad alimentare il suo senso di colpa.

Per quanto riguarda il rapporto fra lei e suo padre, se da lui non ha mai ottenuto attenzione e affetto è altrettanto normale sia che speri ancora di "conquistarseli", sia che si dia la colpa per il fatto di non averli mai "meritati".

Lo stesso senso di disvalore può essere alla base delle idee di suicidio che lei sente emergere ogni tanto e che, da come le descrive, non sembrano tanto far parte di un quadro depressivo, quanto arrivare da qualche punto della sua mente che le dice che lei non vale niente e che è una persona inutile - messaggio che immagino abbia recepito da parte di suo padre, che l'ha infatti sostanzialmente ignorata.

Al di là della correttezza o meno delle sue ipotesi le consiglio davvero di lavorare su sè stessa per risolvere le difficoltà che sta portando con sè dal suo passato, in modo tale da poter gettare delle basi più sicure e solide per la costruzione del suo futuro.

Dr.ssa Flavia Massaro, psicologa a Milano e Mariano C.se
www.serviziodipsicologia.it

[#3]
dopo
Utente
Utente
Vi ringrazio entrambe moltissimo per le risposte.
In effetti non sono depressa, ma vivo uno stato d'ansia continuo.
Mia madre lo è stata invece, durante la mia pubertà. Mio padre mi disse che la psicologa da cui era in cura aveva trovato la causa in mia nonna e nell'infantilità di mia mamma. Non ci ho mai creduto. Mia nonna avrà i suoi difetti ma è una persona affettuosa. Secondo me gran parte della colpa è sempre stata sua, di mio padre. Non si può vivere con un uomo del genere senza subirne le conseguenze. Ed in effetti mi fa rabbia che mia madre non abbia mai reagito a dovere, la sua passività ha fatto diventare i comportamenti di mio padre del tutto accettabili ai miei occhi. E non capisco bene neanche come possano amarsi ancora, avendo costruito un rapporto sadomaso sostanzialmente. Tutte le volte in cui ho parlato con mia mamma dei difetti di mio padre, mi ha sempre velatamente accusata di non riuscire a capirlo, della situazione familiare violenta che aveva subito da bambino, come se questo potesse giustificare i suoi atteggiamenti ( forse se lo racconta da sola per proteggersi).
Vorrei diventare più forte, ma stavolta non per difendere mia mamma , ma per star meglio con me stessa e smettere di accusarmi. Accettarmi per ciò che sono senza pretendere di essere perfetta per essere amata da una persona che alla fin fine non ha i mezzi per farlo. Come credo abbiate intuito ho già lavorato su di me abbastanza per osservare nella maniera più oggettiva possibile la situazione. Mi mancano quei passi avanti che possano consentirmi di vivere serenamente anche quando devo stare in loro compagnia e per liberarmi dalla paura angosciante del giudizio altrui.
Dottoressa Benedetto lei ha ragione a consigliarmi qualche seduta, so che quando si fanno progetti per togliersi la vita sarebbe quasi obbligatorio. Probabilmente se la situazione non evolve lo farò.
Grazie ancora.
[#4]
Dr.ssa Flavia Massaro Psicologo 12.5k 233 114
Oltre alle considerazioni già espresse, vorrei evidenziare la presenza di un possibile residuo post-traumatico:

"Di norma non sto in casa con loro, ma quando devo tornarci soffro di tachicardia e il dolore che provo arriva a farmi girare la testa".

Se l'attivazione fisica dipende dalla riattivazione dei ricordi che quella casa le evoca sarebbe utile che lei si sottoponesse a sedute di EMDR, una tecnica utilizzata per la riabilitazione psicologica delle persone che hanno subito un trauma, per eliminare questo tipo di reazione e anche i pensieri che si sono radicati in lei a causa delle scene alle quali ha dovuto assistere.

Lei ha sicuramente una buona consapevolezza di ciò che le è successo e di ciò che sente, ma le occorre probabilmente un aiuto per passare da questa consapevolezza razionale agli effetti desiderati sul piano emotivo, che non riesce a sintonizzare di conseguenza.
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