Ansia e panico, cambiare approccio terapeutico?

Gentili Dottori, volevo avere una vostra opinione sul fatto di cambiare psicoterapeuta: dopo un primo forte attacco di panico accaduto ormai un anno fa, e la conseguente paura di averne degli altri, associato ad ansia generalizzata, ho deciso da gennaio di seguire un percorso di psicoterapia, con cadenza settimanale. Preciso che il mio terapeuta è anche psicoanalista di scuola junghiana, dottore in scienze biologiche e in psicologia clinica. Nell'ultimo periodo, tuttavia, mi sembra che la mia ansia sia aumentata, associata anche a paure di fare le cose più semplici (andare al lavoro, birra con gli amici, entrare in centri commerciali, paura a fare sport...sì sono anche ipocondriaco), per questi motivi da un mese a questa parte, il mio medico di base mi ha prescritto lo Xanax in dose minime (5 gocce al mattino, 5 la sera ed eventuali 5 al pomeriggio). Ho già chiesto un'opinione ad uno psicoterapeuta che ho conosciuto tempo fa per altri motivi, egli mi dice che "nella mia esperienza clinica l'ansia e gli attacchi di panico sono <<facilmente>> curabili, gli effetti della terapia sono duraturi, e che il mio psicoterapeuta attuale è più orientato all'analitico che al terapeutico". Mi consiglia di affrontare il discorso alla prossima seduta, ma è realmente possibile cambiare approccio terapeutico se lui è abituato in questo modo? Forse avrei bisogno di una terapia cognitivo-comportamentale ma questo terapeuta mi può aiutare? L'attuale terapeuta mi consiglia inoltre di vederci due volte la settimana, ma anche per un discorso economico non mi è possibile. Volevo quindi sapere da Voi se nei miei panni, dopo ormai 10 mesi con scarsi risultati, cambiereste approccio per ottenere un risultato migliore. Grazie per le Vostre risposte.
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Dr. Armando De Vincentiis Psicologo, Psicoterapeuta 7.2k 220 123
gentile utente ci sono approcci più indicati per particolari psicopatologie, se un approccio non da risultati cambiare è più che legittimo, legga questo
https://www.medicitalia.it/minforma/psicoterapia/533-mini-guida-per-la-scelta-dell-orientamento-psicoterapeutico.html
saluti

Dr. Armando De Vincentiis
Psicologo-Psicoterapeuta
www.psicoterapiataranto.it
https://www.facebook.com/groups/316311005059257/?ref=bookmarks

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Dr.ssa Angela Pileci Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 19.7k 506 41
Gentile Utente,

solo un mese fa ci scriveva in merito alla terapia, dicendo di seguire una cognitivo-comportamentale e oggi dice che la Sua terapia è junghiana: potrebbe chiarire questo aspetto per cortesia?

Dott.ssa Angela Pileci
Psicologa,Psicoterapeuta Cognitivo-Comportamentale
Perfezionata in Sessuologia Clinica

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dopo
Utente
Utente
Gentile Dott.ssa Pileci, Lei ha ragione, io ero convinto di seguire una TCC, invece ho chiesto chiarimenti dopo la Sua precedente risposta e mi è stato detto che stiamo facendo un percorso analitico e per questo più lungo ed elaborativo. Parlando con questo secondo psicoterapeuta, che mia ha confermato l'approccio attuale, però è emerso che probabilmente è un approccio sbagliato per me e che ci vuole qualcosa che focalizzi il problema e non destabilizzi troppo la personalità, ma rinforzarla. Lei che opinione ha a riguardo?
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Dr.ssa Angela Pileci Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 19.7k 506 41
Per quanto riguarda le due sedute alla settimana, come Le avevo già detto tempo fa, ritengo siano inutili perchè il pz. ha bisogno di tempo per lasciare sedimentare il contenuto della seduta e, per le terapie attive e prescrittive, di tempo per implementare le prescrizioni del terapeuta.

Per i problemi d'ansia sono più efficaci gli approcci attivi e prescrittivi perchè il pz. ha bisogno di fare e imparare a fare e meno di capire. Se anche il pz. capisse tutto (ad esempio che non deve evitare e perchè, che deve fare dei passi graduali, ecc...) ma non provasse -sforzandosi- a farlo, sarebbe tutto vano.

Inoltre dopo parecchi mesi di terapia è sensato fare il punto della situazione anche solo per capire che cosa possa servire ancora al pz., quindi dica molto apertamente al curante tutto ciò e anche dell'aumento dell'ansia, che può verificarsi quando si prova a fare qualcosa che fino a poco tempo prima evitavamo di fare.

Cordiali saluti,
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dopo
Utente
Utente
Tutti gli psicoterapeuti sono in grado di cambiare approccio? Oppure sarebbe meglio rivolgersi ad un altro dottore che sia specializzato in approcci attivi?
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Dr.ssa Angela Pileci Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 19.7k 506 41
Se uno psicoterapeuta è specializzato ad esempio in terapia cognitivo-comportamentale saprà utilizzare solo quella, sia perchè la formazione universitaria non prevede lo studio della psicoterapia, sia perchè le scuole di specializzazione post lauream sono molto specifiche e specialistiche. Quindi un cognitivo-comportamentale NON saprà utilizzare la terapia junghiana (e dubito sia anche interessato a farlo, dal momento che si tratta di approcci molto diversi e lontani tra loro).

Nella stessa maniera, un terapeuta junghiano ad esempio non avrà alcuna preparazione in terapia cognitivo-comportamentale e credo che anche a questo collega non interessi apprendere come si fa la TCC perchè troppo diversa.

In ogni caso, qualora volesse intraprendere una terapia attiva e focalizzata come quella cognitivo-comportamentale, deve anche cambiare terapeuta, perchè il Suo è specializzato in un altro tipo di terapia.

Il mio suggerimento è comunque di fare anche il punto della situazione col curante e poi fare le dovute valutazioni.

Confermo comunque che, salvo complicazioni, i disturbi d'ansia e di panico si trattano bene e velocemente in terapia.

Saluti,
[#7]
dopo
Utente
Utente
Ok grazie, alla prossima seduta ne parlerò col terapeuta e decideró di cambiare approccio, visto che anche Lei mi conferma la "facilità" di trattamento dei miei disturbi. Un'ultima cosa, secondo Lei le 10-15 gocce al dí di Xanax da me assunte bastano per alleviare i sintomi? Secondo il mio medico di base sono sufficienti (fermo restando di assumerne 10 tutte assieme in caso di attacco di panico), anche se a volte mi sembra che i sintomi dell'ansia rimangano. Concludo col dire che in questo mese non ho mai superato la dose di 10 gocce giornaliere. Grazie di nuovo.
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Dr.ssa Angela Pileci Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 19.7k 506 41
Gentile Utente,

lo psicologo non è un medico e quindi per il farmaco deve sempre riferirsi al medico prescrittore.

Cordiali saluti,
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dopo
Utente
Utente
Gentile Dottoressa Pileci, volevo avere un'ulteriore consiglio. Sarebbe utile esternare ai colleghi di lavoro (almeno quelli con cui ho a che fare più spesso) questi miei disturbi? Il mio terapeuta dice che parlarne con altri che non siano parenti o amici stretti potrebbe essere controproducente, che mi potrebbe "demoralizzare" perchè è come esternare una debolezza che invece mi posso tenere dentro. Però io trovo utile condividere queste mie sensazioni con persone che penso mi possano capire e trovare magari un aiuto anche in loro. Tenga conto che il primo attacco di panico in assoluto l'ho avuto proprio in ufficio e da lì mi sono recato al pronto soccorso... Quando hanno formulato la diagnosi finale ("stato d'ansia"), l'ho detto ai miei colleghi che si erano preoccupati per me. Volevo sapere come comportarmi, anche in base alla Sua esperienza.
Grazie e cordiali saluti.
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Dr.ssa Angela Pileci Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 19.7k 506 41
Gentile Utente,

tenga presente che io non La conosco direttamente e che quindi ciò che posso esprimere su questa specifica richiesta (cioè se condividere il Suo stato ansioso con i colleghi oppure no) sarebbe del tutto aleatorio... e quindi non credo Le servirebbe.

Lei dice che si sentirebbe più a Suo agio nel farlo?
Ciò che ha detto il Suo terapeuta ha a che vedere con qualche contenuto Suo che è emerso in terapia?

Cordiali saluti,
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dopo
Utente
Utente
Buongiorno, Le dirò che parlandone mi sento a mio agio, inoltre una collega ha avuto disturbi simili, pertanto parlarne con chi ha provato cosa significa vivere in stato d'ansia e ti capisce a me risulta utile... Inoltre se dovessi avere "comportamenti strani" sul posto di lavoro (ad es. pochi sorrisi/malumore/preoccupazione dovute all'ansia) almeno sanno il motivo e credo anche di poter ricevere conforto visto anche il buon rapporto che ci lega. Quando ho chiesto al mio terapeuta se esternare ad altri questo problema, come già detto, mi ha detto di no, perchè questa cosa non deve risultare debilitante, io sono una persona fondamentalmente sana e che posso trovare in me stesso l'aiuto. Assumendo inoltre Xanax, in questo periodo di insicurezza, esso può facilitarmi anche a fare cose "semplici" che a me risultano "difficili"... Non so cosa ne pensa, domani comunque ho la seduta e gli esternerò questo mio pensiero di cambiare approccio terapeutico e di fare un qualcosa di più mirato e pratico... Vediamo se ne uscirò soddisfatto. Grazie ed un saluto.
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Dr.ssa Angela Pileci Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 19.7k 506 41
Ok, allora mi faccia sapere com'è andata...
Cordiali saluti,
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dopo
Utente
Utente
Buongiorno, cercherò di essere breve. Ho esposto le mie perplessità di mancanza di benefici al mio terapeuta, il quale molto tranquillamente mi ha detto che il lavoro analitico può durare anche molto tempo (anni...) ma va ed estirpare il problema, ovvero conoscendo la parte ignota non si avrà più nessuna paura (mi ha fatto l'esempio delle colonne d'Ercole, oltre le quali un tempo non si sapeva cosa c'era...). Inoltre mi ha detto che un'eventuale TCC è certamente più breve e mirata con benefici che si ottengono anche dopo poco tempo, ma non indaga nel profondo. Quindi dice che potrebbe anche non verificarsi, ma prima o poi la mia ansia ritornerà, concentrandosi su altre cose e non su quelle indagata nella TCC. Dice anche che la scelta di cambiare approccio è tutta mia, anche se secondo lui la psicoanalisi rimane la terapia "migliore", con effetti duraturi nel tempo. Da un lato quindi mi piacerebbe cambiare approccio (e terapeuta) visto anche l'opinione favorevole espressa dal dottore, ma le mie perplessità sono: 1) durerà nel tempo ed è veramente efficace? 2) ho buttato tutto questo tempo? e devo quindi ricominciare tutto daccapo? Capirà che sono abbastanza combattuto, lasciare la strada vecchia per la nuova mi farà bene?

Cordiali saluti.
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Dr.ssa Angela Pileci Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 19.7k 506 41
Come Le ha confermato sopra anche il Collega De Vincentiis e come mostrano le evidenze empiriche, per i disturbi d'ansia sono maggiormente indicati approcci che riescano ad insegnare al pz. come fare a gestire il panico e l'ansia.

Legga anche qui: https://www.medicitalia.it/minforma/psicologia/205-caro-psicologo-mi-sento-ansioso-i-disturbi-d-ansia-e-la-terapia-cognitivo-comportamentale.html

C'è anche un altro aspetto a mio avviso importantissimo: non esistono terapie del profondo e di superficie, nel senso che è una distinzione piuttosto obsoleta.
Non è emerso neppure dalle ricerche e da nessuna evidenza che l'ansia debba riemergere dopo averla trattata con la TCC.

Questa "prima o poi la mia ansia ritornerà" è un'idea non supportata da alcuna evidenza e non ci sono casi in letteratura che possano confermare questa idea del tutto personale.

Il fatto è che non c'è nessuna "causa" ignota da dover intercettare nei disturbi d'ansia, ma il problema è nelle credenze e nelle idee disfunzionali del pz e che mantengono in piedi il problema. Ebbene, la TCC lavora su tali credenze. E' possibile partire da queste idee, oppure partire dal comportamento e dalle strategie adottate per evitare e gestire l'ansia, ma il lavoro terapeutico verterà comunque sulla modificazione non solo del comportamento, ma anche delle cognizioni (quindi credenze, ecc....) che stanno sotto: per questa ragione si chiama TCC.
Non mi pare, se vogliamo usare la terminologia obsoleta delle terapie "profonde", che tale cambiamento (che incide sulle convinzioni disfunzionali che fanno soffrire il pz.) non sia un cambiamento "profondo"...

"Quindi dice che potrebbe anche non verificarsi, ma prima o poi la mia ansia ritornerà, concentrandosi su altre cose e non su quelle indagata nella TCC."
Se così fosse la terapia dovrebbe essere infinita nel tempo, perchè prima o poi verrà fuori qualcosa a dare noia... in realtà non è così, perchè compito del terapeuta è fornire al pz. gli strumenti (operativi) per poter camminare da solo.

Infine l'opinione personale del terapeuta dovrebbe basarsi sulle evidenze empiriche: per alcuni disturbi sono maggiormente indicate alcune terapie che per altri disturbi, invece, potrebbero non essere indicati nella stessa misura.

Per i disturbi d'ansia sono maggiormente indicati gli approcci attivi e prescrittivi perchè il pz. deve imparare, FACENDO delle cose, come gestire l'ansia e come evitare di evitare, perchè il problema è tutto qui.
La sola consapevolezza, per questi tipi di problemi, non basta.

Certamente la scelta è Sua. Spero che riesca a fare una scelta più consapevole.

Cordiali saluti,
[#15]
dopo
Utente
Utente
Gentile Dottoressa,
ho letto con attenzione ciò che mi ha scritto e La ringrazio per l'attenzione dedicatami. Cercando su Internet, non ho trovato nessuno psicoterapeuta cognitivo-comportamentale a Lodi. Lei sa dove posso cercarlo, o se ha conoscenze dirette?

Saluti.
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Dr.ssa Angela Pileci Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 19.7k 506 41
Può provare qui:

www.aiamc.it
http://www.aiamc.it/soci-e-terapeuti/cerca-psicoterapeuta.html
oppure qui:
http://www.sitcc.it/elenco-soci/

Cordiali saluti,
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dopo
Utente
Utente
Buonasera Dottoressa,
quest'oggi ho avuto il primo colloquio con una psicoterapeuta cognitivo-comportamentale, la quale mi ha esposto brevemente il programma che andremo ad affrontare. Mi ha confermato che è un approccio diverso dalla psicanalisi, che non andremo ad indagare il passato, ma guarderemo il presente ed il futuro, lavoreremo su ciò che accade di settimana in settimana. Mi ha proposto una decina di sedute (una volta alla settimana) e poi valuteremo assieme cosa sia meglio per me. Mi ha anticipato che mi darà qualche "prescrizione" (ma neanche troppe) e che lavoreremo sul fatto di cambiare approccio mentale. Le paure, quelle rimarranno sempre, ma cambiando pensieri e credenze, risulteranno meno invalidanti di quanto non lo siano ora. Diciamo che come primo colloquio mi ha convinto, intraprenderò questo percorso che sento più pratico e vicino al mio modo di essere.
Le farò sapere, intanto grazie per il Suo contributo.
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