Autostima nulla nel lavoro

Salve,
ho 30 anni e dei problemi "calcificati" in ambito lavorativo.
Ho cambiato 7 lavori, ora sto svolgendo il settimo. Il primo lavoro l'ho lasciato io, gli altri tre non sono andata oltre il secondo rinnovo ed il sesto la cooperativa ha silurato tutte le dipendenti con soli dieci giorni di preavviso, per dissapori con il centro commerciale presso cui prestavamo servizio. Insomma, un quadro di sfiga completo. Detto questo: il mio problema è che, ogni volta, iniziare un lavoro nuovo, per me, è un trauma.
Ansia placabile solo con Xanax i giorni prima di iniziare e, a seguire, grandi boccette notturne per almeno quattro mesi.
Tremori e insonnia. Pensieri "simpatici", del tipo: spero di schiantarmi con la macchina piuttosto di arrivare lì ed affrontare l'ambiente nuovo ed il giudizio di persone che mi devono valutare e soppesare.
Sono stata un casino di tempo in terapia: 8 anni (dai 18 ai 26) da uno psicologo con cui facevo colloqui dapprima una volta ogni due settimane (per due o tre anni), poi, una volta al mese.
Mi ha aiutato a sbloccarmi e a presentarmi al lavoro. Volevo lasciare spesso, stavo male, non dormivo.
Il rapporto è andato poi estinguendosi, per volere suo, perché diceva che non avevo più " così" bisogno. O meglio: il nostro percorso era finito, una tantum avrei potuto chiamarlo, ma non sarei più potuta andare con cadenza mensile, perché dovevo "camminar da sola" (riporto fedelmente, giusto perché non me la sono legata al dito...).
Per due anni, dunque, non son andata..Due anni in cui son stata a casa dal lavoro, e sì, mi vergognavo, ma almeno non provavo ansia!
Ora ho iniziato da un anno un lavoro nuovo. Ecco, vedete il punto: lo definisco nuovo, perché, dopo un anno, io ancora sto male quando ci devo andare.
Ho provato nell'ultimo anno a contattare un altro psicologo, ma si è rivelato un flop. E ho perso tempo e parecchi soldi (perché ci son andata una volta a settimana, solo per riuscire a recarmi al lavoro i primi sei mesi), ascoltando consigli del tipo: vai a dormire presto e "fatti la doccia" prima di andare al lavoro. Cose imbevute di retorica.
Ho richiamato il mio vecchio psicologo, l'ho rivisto, e, come al solito, il solo farci due chiacchiere mi ha calmata. Ma non mi tornano i conti: io non vorrei essere rabbonita o sedata (anche se lo stimo e gli sono affezionata), ma "solo" andare al lavoro "normalmente", come tutti. Normalmente=senza stare sveglia fino alle quattro e tremando prima di varcare la porta di quel luogo infernale.
E nessuno sa togliermi quest'ansia. Quest'inquietudine. Dalle radici nessuno sa estirparla come un dente.
Non voglio riprendere neanche altri percorsi dopo il flop del secondo psicologo.
Vorrei solo capire perché, al di fuori del lavoro, la mia vita è mediocre come quella di molti,ok, ma tutto sommato, con una sua poesia.
Ho amici che mi amano, una famiglia forte ed accogliente, grande. Molti mi giudicano sveglia ed intelligente, un genietto a scrivere (qua sto sbrodolando, invece, scusate).
Al lavoro, invece, faccio schifo. Sbadata, naïf, titubante, distratta, impaurita, deconcentrata, ostinata. Io sto così male per questa schizofrenia tra il mio essere castrata al lavoro e il mio essere "libera" al di fuori.
[#1]
Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo attivo dal 2014 al 2015
Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo
Gentile utente,
Grazie per averci aperto il cuore...

Il suo racconto è ricco di sensibilità, ma anche di dolore e di disorientamento.

La risposta ai suoi dubbi credo le sia già chiara: da sola non riesco.

Ebbene si, proviamo a stare su questo bisogno che, probabilmente, legato a dei vissuti, dei vuoti antichi...

Comprendendo che on line non possiamo esserle di aiuto in modo meritevole, credo sia opportuno provare a confrontarsi con il suo terapeuta di sempre e ristrutturare una nuova alleanza terapeutica ed un nuovo "contratto" terapeutico..

Stiamo sul qui ed ora. Ho bisogno di "guardarmi" dentro.. Di capire quali "corde" mi tocca questo "sentire" ed iniziare a prendere coraggio e fiducia...

Non molli, perché non c'è un tempo per tutti, ma un tempo per ognuno di noi... un tempo di crescita, che va circoscritto ai nostri reali bisogni.

Restiamo in ascolto.

Un caro saluto.
[#2]
Dr.ssa Angela Pileci Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 19.7k 506 41
Gentile Utente,

nella psicoterapia che ha fatto siete giunte a capire che cos'è per Lei ciò che definisce "trauma" quando deve iniziare un nuovo lavoro?
Se ho capito bene si tratta del timore del giudizio degli altri e di essere valutata (forse negativamente?) dagli altri.
Che idea ha di se stessa al lavoro e delle Sue potenzialità, competenze, abilità?
Lei che spiegazione dà rispetto al fatto di riuscire a funzionare fuori dal lavoro e non al lavoro? Come pensa di risolvere la situazione adesso?

Tenga presente che, quando si è ansiosi, le rassicurazioni fanno malissimo.
Le spiego perchè. Hanno il potere di sedare per pochissimo tempo l'ansia, che poi si ripresenta in modo più intenso in futuro.
Anche evitare non va bene: nei due anni in cui non ha lavorato stava abbastanza bene perchè evitava proprio la fonte di ansia...

Io credo che un lavoro psicologico o psicoterapico sia indispensabile...

Cordiali saluti,

Dott.ssa Angela Pileci
Psicologa,Psicoterapeuta Cognitivo-Comportamentale
Perfezionata in Sessuologia Clinica

[#3]
dopo
Attivo dal 2014 al 2014
Ex utente
Grazie per le risposte.

@dott. Albano Per quanto riguarda l'alleanza terapeutica con il mio psycho di sempre, non ce n'è. Ossia, posso contattarlo ed andare ai colloqui una tantum.
Se sto male, ma senza prendere appuntamento per la volta successiva. Me l'ha fatto proprio intendere. Non mi lascia mai l'appuntamento, e sa anche dello psicologo flop.
Nel frattempo io mi automedico con Xanax e, la mia idea su di me, nelle cose pratiche, diventa sempre più una conferma: faccio schifo. Mi flagello e non trovo soluzione.


@dott. Pileci...Il trauma è il giudizio degli altri, visto che sono evitante. Finché gli altri sono i miei amici o la famiglia, ok (ma anche presentarmi a persone nuove non è un problema), ma quando gli altri sono estranei che mi devono giudicare sul "fare" e non "sull'essere", io vado in défaillance. Avevo letto da qualche parte che c'è una vergogna del Fare e una dell'Essere: io ho senz'altro la prima. Mi reputo un'imbranata totale.
Non per niente, un aforisma cinico che trovo adatto a me, e che mi "dedico" quando voglio sentirmi ancora più m****, è questo:
È meglio non saper né leggere né scrivere che saper leggere e scrivere, e non esser capaci d’altro.
-William Hazlitt-
Funziono bene fuori perché non mi sento giudicata dalle persone che ho scelto, e, inoltre, con loro, non devo fare cose che non so (tipo far di conto, fare uno scontrino, cucinare bene, cambiare le tapparelle). Converso e sono, e tanto basta per farmi amare.
L'unica capacità che credo di avere nel mio lavoro è la cordialità.
Lavoro per un ristorante, alla gente piaccio, ai miei colleghi un po' meno. In sala sto simpatica a tutti, ma non sono molto efficiente. Scordo le cose, mi faccio prendere dal panico se s'impalla la cassa.
A volte perdo la comanda (giuro!). I miei colleghi credo mi reputino "sbadata".
Io per questo ne soffro.
So di dare il massimo, però.
Ora sto risolvendo la situazione con: Xanax, aiuto di mia madre e dei miei amici.
Ma non basta.
[#4]
Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo attivo dal 2014 al 2015
Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo
Lei ha tutto il diritto di confrontarsi con un altro terapeuta, se con questo attuale il percorso non è più prescindibile...

Si affidi. È importante se sente questo bisogno...

Un caro saluto.
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