Sto per cedere a causa dello stress

Buongiorno,

chiedo scusa in anticipo se il messaggio risulterà confuso, non sono propriamente calmo.


Ho 26 anni e lo stress mi sta logorando.

Tutto è cominciato 3 anni fa, quando mio padre è venuto a mancare improvvisamente a causa di un attacco di cuore. Non avendo noi una famiglia solida o delle grandi disponibilità finanziarie, ho dovuto mollare l'università (psicologia, pensate) per trovarmi un secondo lavoro che potesse far quadrare i conti. Ho infatti due fratelli più piccoli che devo mantenere.

Negli ultimi 3 anni lo stress non ha fatto che aumentare. La frustrazione per non poter fare ciò che voglio della mia vita, per un padre portato via così, per degli orari impossibili che spesso mi costringono a dormire meno di 6 ore per notte mi hanno indebolito non poco. Oltre a questo, da 4 anni ho scoperto di essere omosessuale, e vivo questo in gran segreto non senza ripercussioni, vivendo io in una famiglia ed una zona dove fare coming out e continuare a vivere lì è escluso.

E che faccio? Lascio la mia famiglia a sé stessa?



Due settimane fa, è arrivata un'altra botta.

Mia nonna, alla quale sono molto legato, dopo un ricovero in ospedale ha ricevuto una diagnosi di carcinoma del colon al quarto stadio. Quando me l'hanno detto ho avuto un mancamento di qualche secondo, mi sono accasciato per terra dopo che le gambe avevano ceduto, e da allora vivo con un costante groppo alla gola, mi viene da piangere in continuazione.

Ed inoltre si è anche sommata la paura del cancro al colon vista la familiarità con questa patologia.



Sto per cedere. Non so se sia possibile, ma sento lo stress correre sotto la pelle. Sono costantemente in preda all'ansia, il cervello non si ferma un attimo.

Io non so che fare, ho paura a confrontarmi con uno psicologo perché so che finiremo per parlare della mia sessualità e me ne vergogno da morire. Solo il pensiero di parlarne poi mi fa salire ancora più agitazione.

Come posso muovermi?


P.s. Non so se sia il caso di scriverlo o meno, ditemi voi se la cosa sia rilevante o no, ma da quando è arrivata la diagnosi di mia nonna mi ritrovo spesso a fantasticare sul suicidio. E a differenza dei 3 anni precedenti (dove il pensiero ha fatto capolino qualche volta), se mi immagino morire sento un gran senso di rilievo, di rilassamento.

Non credo comunque di avere intezion suicide.
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Dr. Enrico De Sanctis Psicologo, Psicoterapeuta 1.3k 66
Buon pomeriggio,

il suo racconto non è confuso, è molto comprensibile. E capisco la fatica che sta vivendo, la tensione, e anche la paura forse.

A seguito della tragica e improvvisa morte di suo padre, ha dovuto affrontare enormi cambiamenti. La perdita di suo padre e la rinuncia ai suoi progetti, dovendosi rimboccare le maniche per dare sostentamento alla famiglia.

Comunica che in questi ultimi 3 anni il carico emotivo e un indebolimento fisico sono andati via via aumentando. Il lavoro è tanto e, soprattutto, lo è la frustrazione di non poter fare ciò che vuole della sua vita, di dover sacrificare cioè se stesso.

Di recente, la notizia del tumore di sua nonna, con la quale ha un legame affettivo, ha provocato in lei un cedimento, facendola entrare in uno stato che potremmo dire di crisi.

Mi sembra che lei desideri uno spazio d'ascolto e di condivisione dei suoi vissuti emotivi, anche se questo in parte la agita. Mi sento di consigliarle di non farsi vincere dalla vergogna o dalla paura e, anche se può essere necessario un po' di sforzo, di non rinunciare a fare una consultazione psicologica.

Relativamente all'omosessualità, ha potuto riconoscerla 4 anni fa. Mi sembra di capire che non ne abbia parlato con nessuno, sente un senso di vergogna, forse di rigetto, per una parte di sé autentica, cosa che potrebbe provocare anche un senso di solitudine.
Posso chiederle come ha riconosciuto la sua omosessualità 4 anni fa e, se avesse voglia di accennarlo in questa sede, come sta vivendo la sua vita sentimentale e sessuale?

Ci tengo a dirle che il cedimento che sta vivendo, anche se è difficile, è anche un'occasione affinché possa cambiare la sua vita e non continuare a sacrificarla. Forse era inevitabile, ha chiesto tanto a se stesso, facendosi magari carico di troppe cose sulle sole sue spalle. Lo stress la sta logorando e questa crisi, quindi, può essere il segno che la sua autenticità chiede legittimamente ascolto e desidera emergere, affinché lei possa esprimere se stesso.

Un saluto cordiale,
Enrico de Sanctis

Dr. Enrico de Sanctis - Roma
Psicologo e Psicoterapeuta a orientamento psicoanalitico
www.enricodesanctis.it

[#2]
dopo
Attivo dal 2018 al 2018
Ex utente
---Posso chiederle come ha riconosciuto la sua omosessualità 4 anni fa e, se avesse voglia di accennarlo in questa sede, come sta vivendo la sua vita sentimentale e sessuale?---

Ho cominciato a nutrire dei dubbi circa il mio orientamento sessuale intorno ai 15 anni, perché nonostante riuscissi a provare attrazione verso il sesso opposto era più facile, naturale e soddisfacente per me provare emozioni di "trasporto" fisico ed emotivo con i ragazzi.

Ho avuto un'esperienza con un altro ragazzo circa 4 anni fa, la trovai molto più coerente con me stesso (sensazioni soggettive, per carità) e naturale, e da allora non ho più profuso energie nella ricerca di rapporti eterosessuali.

Detto questo, la mia vita sessuale e sentimentale è sostanzialmente inesistente.

Pensavo che accettare la realtà mi avrebbe portato pace, invece mi vergogno terribilmente a parlarne.

E no, non ne ho parlato con nessuno, nelle mie condizioni sarebbe un suicidio (in senso neanche troppo lato). Si figuri che ho paura anche a parlarne con un professionista per paura che la voce in qualche modo trapeli.


La ringrazio comunque per la risposta.
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Dr. Enrico De Sanctis Psicologo, Psicoterapeuta 1.3k 66
Avere riconosciuto la propria sessualità è stato fondamentale, è stato un gesto coraggioso e, come lei dice, coerente con se stesso. È importante che lei possa riconoscerselo.

Comprendo che questo non le abbia portato pace. Anzi, potrebbe essere avvenuto il contrario, poiché non è facile vivere l'omosessualità nella società, nonostante sia un orientamento sessuale naturale.

È necessario che possa fare alcuni passaggi ulteriori, indispensabili per affrontare il suo vissuto di vergogna, che può rischiare di arrivare fino all'annullamento di sé, poiché dice che parlare di sé sarebbe un "suicidio".
In questa sede mi sento soltanto di dirle che a volte il giudizio degli altri e della società può diventare nostro. Allora diventa necessario riconquistare la propria voce, pensando con la propria testa.

Questo non dev'essere trascurato, anche perché potrebbe costituirsi come limite per la sua vita sentimentale e per poter costruire un senso di appartenenza, trovando alcuni punti di riferimento per sé. Soprattutto oggi che suo padre non c'è più e sua nonna purtroppo sta affrontando la sua malattia.

È importante che possa essere se stesso, condividendo i suoi vissuti e le sue esperienze e avendo un confronto su come poter riprogettare la sua vita, cercando di capire come gestire la sua famiglia senza più sacrificare se stesso.
So che le sembra difficile, ma sento che una parte di lei lo desidera. È difficile, ma non è impossibile.

Un saluto cordiale,
Enrico de Sanctis
[#4]
dopo
Attivo dal 2018 al 2018
Ex utente
---Comprendo che questo non le abbia portato pace. Anzi, potrebbe essere avvenuto il contrario, poiché non è facile vivere l'omosessualità nella società, nonostante sia un orientamento sessuale naturale. ---

Credo che il problema non stia tanto nella società in generale ma nella mia periferia in particolare. Parlo della mia situazione ovviamente, per dire che non credo avrei problemi nel vivere la mia sessualità in un ambiente più aperto come quello di una grande città. Fino a 3 anni fa volevo andare a vivere a New York, ora la vedo dura.

Ma sto divagando.

In ogni caso, fare coming out e continuare a vivere qui sarebbe impossibile, perderei immediatamente almeno uno dei due lavori e dovrei guardarmi le spalle in strada. E' giù successo ad altri prima di me.

Ne parlerò comunque in terapia, quando ci andrò.


---È importante che possa essere se stesso, condividendo i suoi vissuti e le sue esperienze e avendo un confronto su come poter riprogettare la sua vita, cercando di capire come gestire la sua famiglia senza più sacrificare se stesso.
So che le sembra difficile, ma sento che una parte di lei lo desidera. È difficile, ma non è impossibile. ---

Secondo lei, che tipo di terapeuta dovrei cercare? Mi pare di capire che ogni approccio comporti considerazioni diverse, preferirei "andare sul sicuro".

Insomma, non pretendo la luna, ma vorrei vedere cambiamenti sensibili in un lasso di tempo ragionevole (diciamo 6 mesi?).

Buona serata.
[#5]
Dr. Enrico De Sanctis Psicologo, Psicoterapeuta 1.3k 66
Buongiorno,

non sta divagando, online non abbiamo gli strumenti per un ascolto idoneo, ma è importante che possa parlare. Intendo dire che il suo desiderio di aprirsi e dialogare sono un segno favorevole.

Condivido con lei che una periferia amplifichi il problema rispetto all'orientamento sessuale, mentre una grande città può favorire un'apertura maggiore. Dev'essere difficile l'ambiente dove vive, teme di perdere addirittura uno dei due lavori e mi sembra di capire che sente un senso di pericolo. Questo può generare un senso di estraneità, che è necessario modificare per non mortificare se stesso.

Posso comprendere che tende a immaginarsi in una grande città, dove sentire accoglienza e avere il diritto di uno spazio di libertà, in cui essere se stesso e costruire dei legami, sentendosi al sicuro. Consideri comunque che il senso di vergogna e di paura sono vissuti che, ovunque vada, potrebbe portare dentro di sé.

Su questi ed altri aspetti, come dice, potrà giustamente soffermarsi dal vivo. In proposito, non riesco a consigliarle da qui il tipo di approccio. Ci sono molte variabili da tenere in considerazione ed è necessario fare una consultazione dal vivo, per capire quale percorso sia più adatto per lei.

Ognuno di noi psicoterapeuti abbraccia con convinzione un proprio orientamento e comprendo che la varietà degli approcci può generare confusione. Intanto si faccia lei un'idea del percorso che potrebbe sentire adatto, in cui riconoscersi. È importante.

Provo a darle alcune indicazioni legate al mio pensiero.
Nel mio orientamento psicoanalitico contano alcuni aspetti, non facilmente sintetizzabili. Provo a dirgliene alcuni fondamentali. Ad esempio il costituirsi di uno spazio d'ascolto e di riflessione, la possibilità di esprimersi liberamente, la condivisione emotiva con il terapeuta. Il paziente è parte attiva del processo, il terapeuta è presente ma non insegna né istruisce, non spiega al paziente come vivere né cosa deve fare. Favorisce invece l'emergere della sua autenticità, affinché sarà il paziente a trovare la sua strada. In questo modo, facendo una nuova esperienza di sé, avviene un profonda ristrutturazione della personalità del paziente e si avvia un fondamentale processo trasformativo.

Nel mio modo di lavorare bisogna darsi tempo affinché un cambiamento avvenga in modo stabile. Sono fermamente convinto che non sia possibile stabilire a priori la durata dell'intervento, esso dipende da molti fattori individuali che non possono essere calcolati con esattezza.
È importante che il cambiamento non sia razionale o apparente. Per questo in genere è un lavoro lungo, anche se a volte può succedere che il paziente superi alcuni ostacoli iniziali e desideri proseguire poi da solo, riconoscendosi una propria forza. Potremmo parlare in questo caso di una prima tranche di lavoro che poi la persona potrà riprendere in seguito, quando ne dovesse sentire il bisogno o l'opportunità.

Un trattamento di tipo psicoanalitico, a mio modo di vedere, non è basato su dati statistici. È parte di quello che in gergo scientifico si chiama "pensiero debole". Considera l'essere umano un soggetto nella sua complessità non facilmente riducibile ad unum, con i suoi vissuti non sezionabili per una raccolta dati né facilmente tarabili. Si contrappone al "pensiero forte", che si basa su un'idea di evidenze specifiche e oggettivabili degli stati d'animo dell'essere umano e del suo comportamento.

Le lascio queste riflessioni affinché possa farsi un'idea personale, che spero le sia utile per confrontarsi con gli altri approcci e consentirle una scelta.

Un saluto cordiale,
Enrico de Sanctis
[#6]
dopo
Attivo dal 2018 al 2018
Ex utente
Mi scusi per la risposta tardiva

Credo di "capire" il suo punto di vista, la sua descrizione. La ringrazio enormemente per il tempo che ha gentilmente deciso di concedermi.

Valuterò, e deciderò di conseguenza. Le auguro un buon weekend.
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Dr. Enrico De Sanctis Psicologo, Psicoterapeuta 1.3k 66
Grazie anche a lei per la sua disponibilità al nostro scambio.

Un saluto cordiale,
Enrico de Sanctis