Paura della misurazione delle pulsazioni cardiache

Salve, vi scrivo per chiedervi un consiglio su come approcciare un problema che per me è motivo di notevole disagio.
Ho paura degli apparecchi che misurano la frequenza cardiaca/pressione arteriosa.
Mi spiego meglio: ogni volta che sono sottoposta a controllo della frequenza cardiaca/pressione arteriosa le pulsazioni salgono alle stelle e spesso vado anche in aritmia.
Una certa agitazione mi sale anche solo guardando quei macchinari, oppure se c'è qualcun altro in casa che li sta usando.
Credo che l'origine di tutto risalga agli anni della mia adolescenza, nei quali, avendo una nonna gravemente cardiopatica ed ipertesa a casa, ed essendo i miei genitori sempre assenti per lavoro, dovevo provvedere a controllarle la pressione e il battito cardiaco.
Ricordo che ogni volta che le attaccavo il macchinario, io mi agitavo tantissimo perché avevo paura che uscissero valori fuori dalla norma (come poi di fatto a volte accadeva) e di non saper gestire la situazione.
Mi sembra, oggi, di rivivere quella stessa paura.
Il problema si è presentato fin dalle prime volte che ho effettuato questo tipo di misurazione su di me, ma non gli avevo dato inizialmente troppa importanza, senonché nel tempo è andato peggiorando ed è diventato per me grande motivo di imbarazzo (ad esempio con il medico del lavoro, oppure un paio di volte che sono finita in pronto soccorso per altri motivi e mi hanno misurato pressione e frequenza cardiaca).
Mi piace andare in piscina, ma non riesco a pensare di fare la visita sportiva per abbonarmi, perché sottopormi ad un elettrocardiogramma mi vergogno troppo.
Spesso mi dico che è possibile che passando gli anni io abbia bisogno di sottopormi ad accertamenti medici, visite che possano implicare il controllo del cuore, e penso che sarà impossibile in queste condizioni.
Non sento di aver paura di una malattia cardiaca, ho paura di questa reazione che non controllo e che mi fa tanto vergognare.
Se misuro io da sola, i valori sono a posto (anche se io mi sento lo stesso molto tesa).

Dopo la morte della nonna ho effettuato un periodo di terapia psicologica, e ne ho parlato con la psicologa, ma lei mi disse che dovevo imparare ad accettare questo aspetto di me stessa, di comprendermi e di non viverlo come un problema, ma di fatto per me lo è.
Io lo percepisco come un grosso limite.
Vorrei un consiglio su come approcciarmi a questa difficoltà.
Grazie.
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Dr. Vincenzo Cosentino Psicologo 205 12 1
Buonasera,
La difficoltà che vive è legittima. Essere sottoposti ad un controllo crea sempre una certa dose di apprensione ed è chiaro che ciò è stato amplificato dai controlli ripetuti su una persona cara.
Se questa limitazione, sente che è ingombrante e che può minare la sua serenità futura è giusto affrontare l'argomento.
In primo luogo le consiglio di far presente in maniera sincera, le sue difficoltà al medico che la visita, senza aver timore delle reazioni. Sicuramente è un suo diritto, manifestare ad un medico le sue difficoltà e quest'ultimo è obbligato a garantire la soluzione migliore possibile per farle vivere diversamente il controllo. Ad esempio possono essere svolti degli esami alternativi, oppure si possono valutare altri parametri.
Come dice lei però, prima o poi diventiamo tutti adulti e in qualche modo, controllare la pressione, i battiti e la salute del cuore diventerà una pratica abituale per la salvaguardia del benessere. Quindi la sua voglia di affrontare in terapia questo argomento è condivisibile.
Sono presenti diverse tecniche, per riuscire a familiarizzare con gli oggetti che provocano questa reazione. SI possono rievocare ricordi, vissuti ed esplorare le emozioni associate, con l'aiuto di una terapia psicologica, che le permetterà di essere guidata nella ricerca del significato connesso a questa difficoltà. Quindi può serenamente richiedere di iniziare la terapia con questo obiettivo specifico che mi sembra opportuno e importante.
Buona serata.

Dr. Vincenzo Cosentino - Psicologo
In sede e online
www.psicologocosentino.it

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dopo
Utente
Utente
Gentile Dottore,
la ringrazio per la sua cortese e accogliente risposta.
Proverò a mettermi nuovamente in contatto con la psicologa che mi ha seguito in passato, chiedendole di affrontare questo problema, che io vivo come un limite importante.
Un caro saluto.
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Dr. Vincenzo Cosentino Psicologo 205 12 1
Sì, il professionista può suggerire il percorso migliore, ma ciò non nega al paziente la possibilità di comunicare un obiettivo specifico.
Anzi, forse è una fase fondamentale dell'inizio della terapia.
Buona giornata.

Dr. Vincenzo Cosentino - Psicologo
In sede e online
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