Psicoterapeuta in maternità, come ci si regola?

Salve, sono assistita da poco più di un paio d'anni da una psicologa e mi trovo bene con lei.

Ad Ottobre è andata in maternità e tornerà in servizio la prossima primavera.

Lei voleva terminare la terapia intorno al terzo anno del percorso (secondo necessità ovviamente) e ha detto che il periodo della maternità sarebbe stato un periodo di prova per me per provare "a volare solo con le mie ali", senza un supporto psicologico.

Io però sto cominciando a sentirmi male e, anche se sporadicamente, sento di aver bisogno di parlare con qualcuno.

Non ho bisogno in modo specifico di lei ed il mio non è un attaccamento morboso verso la singola professionista, ma di fronte ad eventi che mi turbano sento fortemente di aver bisogno di un supporto diverso da quello degli amici e del mio compagno.

Come ci si regola in questi casi?

Forse in caso di emergenza potrei anche provare a contattarla per una videochiamata al volo, ma è in congedo di maternità ed è giusto che non si occupi di lavoro, immaginate se la poverina si mettesse a rispondere a tutti i pazienti in crisi!
A volte penso che quando mi si rompe un'unghia e la mia solita estetista non trova uno spazio per me, se ne ho necessità (non posso mica andare a lavoro con un'unghia rotta!) chiamo un'altra estetista senza abbandonare la precedente, e che forse dovrei trattare in modo uguale il mio rapporto con la psicoterapeuta, al contempo ho paura di vedere questo mio continuo bisogno della psicoterapia durante le avversità come un fallimento, perché secondo la psicoterapeuta di riferimento dovevo mettermi alla prova e provare a gestire da sola le emergenze.

Ma io, queste emergenze, non sono mai stata brava a superarle.
Mi impegno ma non sempre ne esco vittoriosa.
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Dr. Giuseppe Santonocito Psicologo, Psicoterapeuta 16.2k 372 182
>>> di fronte ad eventi che mi turbano sento fortemente di aver bisogno di un supporto diverso da quello degli amici e del mio compagno

>>> al contempo ho paura di vedere questo mio continuo bisogno della psicoterapia durante le avversità come un fallimento, perché secondo la psicoterapeuta di riferimento dovevo mettermi alla prova e provare a gestire da sola le emergenze

La terapeuta potrebbe avere ragione.

Tre anni potrebbero essere un tempo più che adeguato per raggiungere un livello d'indipendenza tale per cui non debba sentire un bisogno continuo di supporto professionale. Altrimenti non è psicoterapia, ma sostegno. Cioè si sa dall'inizio che il problema che lei porta non si può risolvere e ci si limita perciò a dare un sostegno.

Dr. G. Santonocito, Psicologo | Specialista in Psicoterapia Breve Strategica
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