7 anni di ansia e DAP e relative cure

Salve, è da quasi 7 anni che soffro di ansia e DAP con emetofobia. In pratica i miei attacchi di panico si sviluppano, oltre che nel 'modo classico', anche con il terrore che possa succedere quello che tanto temo, ossia la paura di vomitare. Detto ciò, da inizio 2006 sino a metà 2008 ho seguito una cura con Entact e Alprazig. Dopo questi 2 anni e mezzo ho lentamente ridotto e poi sospeso l'Entact, che mi aveva pure dato effetti parecchio sgradevoli come aumento di peso, apatia, calo della libido. Ho sempre continuato ad assumere l'Alprazolam, tentando pure di ridurlo svariate volte allo scopo di sospenderlo, ma poi avveniva una crisi di panico molto forte e quindi, purtroppo, ritornavo punto e a capo. Negli ultimi 2 anni in particolare, ho avuto un peggioramento del mio stato, ossia il mio livello di attacchi di panico/emetofobia è notevolmente peggiorato, rendendomi la vita invivibile. Ho fatto psicoterapia sin dagli inizi di questo disturbo, ma non sono mai riuscita a trarne realmente giovamento; inoltre, una volta smesso l'Entact, ho sviluppato una riluttanza a questo genere di farnaci, evitandone un'ulteriore assunzione (temendo specialmente di provare effetti indesiderati quali nausea, aumento di peso, ecc ecc). Ho comunque una psichiatra di fiducia, e dopo aver raschiato il fondo nelle ultime settimane, ho deciso di provare a superare le mie paure, e ho iniziato ad assumere il Daparox in gocce, in maniera molto graduale, iniziando proprio da 1 goccia, e aumentando gradualmente di goccia in goccia ogni 3 giorni.
Da 1 anno poi, son passata dall'Alprazig allo Xanax RP; dapprima al dosaggio di 0,5mg 2 volte al giorno, per poi passare a 1mg, sempre due volte al giorno. Da 2 mesi fortunatamente son riuscita a riabbassarlo a 0,5mg (2 volte al giorno). Detto ciò, ad oggi sono arrivata a 5mg di Daparox.Vorrei sapere grosso modo, se nonostante l'assunzione molto graduale, è possibile ugualmente poter avere dei benefici già a questi dosaggi, e quale sarebbe, secondo voi, il dosaggio più idoneo di paroxetina da arrivare ad assumere nel mio caso. Un'ultima mia 'curiosità': tra l'escitalopram e la paroxetina, quale delle due molecole è più efficace e ha meno effetti collaterali? (per quanto sappia che sia molto soggettivo l'effetto, ma almeno secondo la vostra esperienza). Vi ringrazio tantissimo
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Dr. Matteo Pacini Psichiatra, Psicoterapeuta, Medico delle dipendenze 43.6k 993 248
Gentile utente,

Non ha sviluppato riluttanza, poiché è di nuovo preda del disturbo è divenuta diffidente verso ciò che immagina dei farmaci.
Ha una diagnosi di DAP e c'è l'emetofobia. Ci sono diverse molecole tra loro simili che sono utilizzate con buon successo in questo tipo di disturbo. La scelta spetta al medico. Non esiste la più efficace, sono tutte potenzialmente adatte, dopo di che ognuno può sopportare meglio una o l'altra.
L'assunzione molto graduale è buona se prosegue fino a dose efficace, altrimenti restare a 5 mg non ha alcun significato. Prima solitamente si inserisce il farmaco di fondo, quando si sta meglio si toglie gradualmente l'ansiolitico, facendo il contrario in genere non si sta bene e si rimane arenati con una dose inefficace di antidepressivo e l'ansiolitico che sale e scende.

Dr.Matteo Pacini
http://www.psichiatriaedipendenze.it
Libri: https://www.amazon.it/s?k=matteo+pacini

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dopo
Utente
Utente
Gentile dottore,
la ringrazio per la risposta. Si, so bene che ognuna di queste molecole può essere potenzialmente buona, ma come vede, ad esempio, l'escitalopram non si è rivelato tale nei 2 anni e mezzo di assunzione, dato che son stati più gli effetti indesiderati che altro. Al momento sto facendo un'assunzione molto graduale della paroxetina, proprio per ridurre al minimo gli effetti collaterali di inizio cura, e soprattutto perchè sono in una fase molto delicata. Mi è stato consigliato di affiancare 10 gocce di Levopraid prima di assumere il Daparox. Mi auguro vivamente di riuscire a togliere col tempo l'alprazolam, magari con l'aiuto della paroxetina, in quanto so che l'alprazolam funge più da 'tampone' e da sintomatico che da cura vera e propria. Ma ne sono innegabilmente dipendente. Ho provato svariate volte a ridurre con la seria intenzione di sospenderlo, ma poi, come ho scritto nel messaggio iniziale, capitava un ennesimo episodio critico di panico, e si tornava nuovamente punto e a capo. Dopo tutti questi anni, inoltre, è difficile riuscire a nutrire speranza anche nella psicoterapia. Mi è stato detto dalla psichiatra con la quale sono ancora in contatto, che l'aspetto ''teorico'' e di conoscenza di me e di tutto quanto, c'è, e c'è tutto. Il mio problema è l'aspetto pratico.. Riuscire a bloccare/gestire le crisi di panico è diventato sempre più difficile..
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Dr. Matteo Pacini Psichiatra, Psicoterapeuta, Medico delle dipendenze 43.6k 993 248
Gentile utente,

Ridurre gli effetti collaterali di inizio cura è un modo per tranquillizzare il paziente, più che essere una necessità oggettiva per la gravità o pericolosità di tali effetti.
Quindi ben vengano tutte le cure di supporto nelle prime fasi di introduzione di un farmaco.

Non si capisce però perché parli del provare a sospenderlo come fosse qualcosa di "meritevole", non lo è. Si prova a sospendere se si vuole verificare la necessità di proseguire la cura, ma in parte dei casi la ua prosecuzione è la scelta più logica rispetto al decorso che avrebbe la malattia, per cui non è che "provare" resti un dovere del paziente e un fine comunque da tentare ciclicamente, sentendosi incapaci se non riesce.

Il problema è che il disturbo di panico risponde a certe cure e ad altre no, conoscerlo non significa cacciarlo. Le crisi di panico non sono gestibili, possono essere lievi, questo di solito è il fattore che fa la differenza tra chi le gestisce e chi no.
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