Tranquillanti

le mie diagnosi sono state borderline-anancastico prima e Psicosi NAS con "sintomi negativi" dopo. Oggi però non soffro più di tali sintomi. Dal 1996 al 2016 almeno cinque psichiatri mi hanno prescritto i seguenti antipsicotici (Mellerette, Risperdal, Zyprexa, Aripiprazolo, Aloperidolo). Si sono rivelati essere dei sonniferi, per uno che, paradossalmente, chiedeva più vitalità, iniziativa. Ho letto poi che questi farmaci sono chiamati Tranquillanti Maggiori e mi sono un pò stranito, in quanto, di mio, non mi sono mai sentito particolarmente agitato. Possibile che uno che non ha "voglia di vivere" debba trovare giovamento da un tranquillante? Da profano mi verrebbe da dire che sarebbe meglio uno stimolante. Il medico però non sono io. Ritengo sia stato giusto provarli, però quando un medico vede che non funzionano e fanno stare male, senza che siano gli effetti collaterali i responsabili, perchè insistere, per esempio nel 2016, quando il primo che non ha funzionato era stato provato 20 anni prima ed essendo tutti accomunati, pur nelle differenze, dall'antagonismo della dopamina? Uno psichiatra mi ha detto che il risperidone non aveva funzionato perchè avevo un "inconscio rifiuto del farmaco". E' possibile questa cosa? Può un medico pensare davvero che un farmaco che ha fatto malissimo oggi, data la stessa persona e lo stesso meccanismo, possa dare benefici 24 ore dopo? Mi sembrano cose un pò inverosimili. Ho letto che l'antagonista della dopamina va ad abbassare le troppo elevate concentrazioni di dopamina nel tratto mesolimbico del SNC. Questa stessa situazione si viene a creare quando si assumono sostanze stupefacenti come la cocaina, la meth, il mefedrone ecc. Se un paziente è abbattuto, avvilito, apatico e magari pensa solo a morire, è possibile che abbia il cervello come sotto sostanze euforizzanti come l'MDMA o le anfetamine? Mi sembra un controsenso. Mi chiedo come mai mi abbiano impedito anche un minimo miglioramento, per non riuscire ad accantonare una medicina, che mi ha sempre fatto stare male e che, oltretutto, anche quando fu proposta la prima volta, era una terapia un pò discutibile, non avendo mai sofferto io di deliri o allucinazioni. Spero che questo consulto non sia respinto, in quanto io non voglio polemizzare o giudicare, ma CAPIRE e, se possibile, anche a livello tecnico.
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Dr. Matteo Pacini Psichiatra, Psicoterapeuta, Medico delle dipendenze 43.5k 993 248
Gentile utente,

Le due diagnosi, benché la prima non si capisca bene, sono diverse. La seconda è vaga. Le terapie concordano con la seconda diagnosi, e sono antipsicotici. Non hanno lo scopo di tranquillizzare, ma di trattare i sintomi psicotici, nel suo caso definiti come prevalentemente "negativi".

E' il contrario dell'effetto degli stimolanti, e infatti sono sindromi dovute al danno da stimolanti, non all'essere sotto effetto di stimolanti.

Il rifiuto inconscio non saprei cosa possa indicare, non ha senso, i farmaci sono misurati per gli effetti che hanno, rifiuto o non rifiuto.

A mio avviso c'è qualcosa di poco chiaro nella diagnosi di partenza, che in 10 anni oltretutto dovrebbe essersi un po' definita meglio che non "psicosi nas".

Dr.Matteo Pacini
http://www.psichiatriaedipendenze.it
Libri: https://www.amazon.it/s?k=matteo+pacini

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dopo
Utente
Utente
Grazie per la risposta. Mi ha chiarito diverse cose, ma non il nodo più ingarbugliato. Nel 2010 con uno psichiatra, tra l'altro con un curriculum notevole anche e soprattutto a livello di preparazione e perfezionamento come psicoterapeuta, ho avuto il seguente scambio di battute, che mi ha lasciato un pò perplesso. "...guardi che con l'Abilify non riesco a tenere aperte le palpebre..." risposta comprensiva "...certo anch'io... se non riuscissi a tenere aperte le palpebre..." resta in silenzio per un paio di secondi e poi "...lo riproviamo?" io:" no, perchè l'ho già assunto anche tre anni fa per un mesetto ed è solo un forte sedativo..." medico (con tono provocatorio):"...allora perchè vai dagli psichiatri?" io "...perchè ci sono i farmaci..." (che grande assist che gli ho servito) quindi il medico (con un sorrisetto come a dire "t'ho fregato eeh") "...allora lo riproviamo?". Non credo che sia uno psicoterapeuta chi gongola, perchè una presa per i fondelli gli è riuscita a regola d'arte. Conclude quindi con tono di grande rigore deontologico cosi':"...non ci sono solo i farmaci... c'è anche l'empatia...". A me, che sono piuttosto irritato, questo suona beffardo. Se in 22 anni 12 psichiatri, nel pubblico e nel privato, primari e non, insistono a dire che un farmaco che ti fa stare malissimo vedrai che sarà la soluzione a tutti i tuoi problemi... mi consenta di nutrire qualche dubbio, qualche sospetto, a proposito di questa ambigua, ambivalente insistenza, di cui ho chiesto il motivo, per anni, a tremila dottori, senza ottenere alcuna risposta, neanche una insoddisfacente, che già sarebbe qualcosa.
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Dr. Matteo Pacini Psichiatra, Psicoterapeuta, Medico delle dipendenze 43.5k 993 248
In situazioni del genere la cosa più probabile è che Lei non abbia contezza della diagnosi, e sarebbe normale, perché chi ha sintomi psicotici non se ne rende conto, né si rende conto di averli avuti, di quali sono stati esattamente etc.
Certo, se la cura funziona una certa consapevolezza si recupera, ma non è detto.
Si tratta purtroppo di medicinali che, per garantire la risoluzione di sintomi allarmanti, quali deliri e allucinazioni, e spesso anche di agitazione, producono uno stato mentale "frenato".
Qui bisogna valutare bene i pro e i contro, però spesso non c'è grande spazio per farlo perché il paziente non è consapevole dei suoi sintomi, e quindi è in grado perfettamente di giudicare gli effetti collaterali, ma non la necessità terapeutica.
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Utente
Utente
se oggi chiedo a qualsiasi psichiatra se ho deliri o allucinazioni, mi direbbe che non ho i "positivi" e che non li ho mai avuti, anche perchè effettivamente me l'hanno detto. Non avere "voglia di vivere" è una perdita di contatto con la realtà? Questa voglia è talmente intrinseca alla realtà, che non sentirla è "follia"? Fosse così dovrebbero essere tutti imperturbabilmente felici. Se anche ritenessero probabile una presenza, magari sfuggente o un po' indefinibile, di tali sintomi, non saprebbero specificare cosa vedo durante questi presunti stati allucinatori o qual è l'oggetto dei miei deliri. Ribadisco comunque che oggi non ho più alcun sintomo. Sono tranquillo e sereno e mi sento in grado di affrontare qualsiasi situazione di tipo socio-lavorativo con un buon livello di ritrovato funzionamento. Ho raggiunto questi risultati altamente significativi seguendo strade, diciamo così, non-convenzionali, ma non pseudo-scientifiche, "alternative" o non evidence-based. Al CSM avrebbero potuto risolvere il 40% dei miei problemi. Il restante 60% sarei stato io per primo a non chiederlo. Sarebbe stato un po' troppo idealistico aspettarsi una tale avveniristica flessibilità… me ne rendo conto. Ottenere però anche quel 40 era un'impresa davvero ardua, non essendo loro neanche minimamente disponibili a considerare l'accantonamento dell'antipsicotico, che desse o meno giovamento. Un paio sono riusciti a rassegnarsi, con uno sforzo sovrumano, al fallimento del farmaco, per la prescrizione del quale continuo a non vedere la ratio in nessun momento dei miei 44 anni di vita, altri invece sono ancora convinti oggi, dopo 22 anni, che se dormo un paio di mesi con l'Abilify, poi funziona e... faccio faville.
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Dr. Matteo Pacini Psichiatra, Psicoterapeuta, Medico delle dipendenze 43.5k 993 248
Gentile utente,

Appunto, qualcosa non quadra nella diagnosi. Che sotto antipsicotico non abbia determinati sintomi non significa niente, sarebbe la funzione del farmaco stesso.
Quindi lei avrebbe una psicosi a soli sintomi negativi, fin da subito ? Con una diagnosi precedente diversa, però.
E' questo che non mi quadra.
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Utente
Utente
rileggendo le sue risposte mi preme puntualizzare come 1) gli antipsicotici mi siano stati prescritti anche e soprattutto quando avevo la diagnosi di Borderline oppure a marzo del 97, quando forse a formulare questa diagnosi nemmeno erano giunti. 2) ho visto persone che hanno assunto stimolanti, quelli in tabella stupefacenti, per intenderci, che non hanno mai avuto da queste sostanze nè danni, nè dipendenza e se anche addiction c'è stata, ne sono usciti e non mi risulta oggi siano malati psichiatrici. 3) "L'inconscio rifiuto del farmaco" non è stato detto a me, ma a mia madre, per telefono, da uno psichiatra di una struttura privata, in un momento in cui sapeva che abitualmente non ero in casa, per riuscire a farmi assumere di nuovo il risperidone. Consigliò a mia madre di mettermi il farmaco nel succo di frutta, a mia insaputa, come fanno nei film quando devono avvelenare qualcuno, così che l'inconscio non avrebbe potuto sapere della sua introduzione e non avrebbe potuto rifiutarlo. Anche tanti anni dopo, per convincermi ad assumere l'aloperidolo, mi è stato detto trattarsi di un farmaco nuovo ed eravamo nel 2015 oppure per convincermi a prendere l'Abilify, quanta fatica ho dovuto fare per far ammettere allo psichiatra che l'aripiprazolo è anche antagonista. Di solito questi mezzucci si usano coi bambini e a volte le chiamano "bugie bianche". Questo stesso psichiatra è ancora oggi convinto che gli antipsicotici non hanno funzionato, perchè sono io che sono stato sfortunato, una mosca bianca, e non per altri motivi. 4) a me sembra di aver capito che l'antipsicotico funziona se ci sono abnormi concentrazioni di dopamina tra le sinapsi dei neuroni (l'ho sentito chiamare infatti il neurotrasmettitore della follia) da normalizzare e solo partendo da questa situazione si può trarre giovamento dal farmaco, anche se conosco sostanze che causano sintomi psicotici, ma non agiscono sulla dopamina.
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Dr. Matteo Pacini Psichiatra, Psicoterapeuta, Medico delle dipendenze 43.5k 993 248
1) pare strano che quindi su entrambe le diagnosi siano stati usati solo e soltanto quei particolari farmaci, che agiscono sulle psicosi
2) certamente, ma questo che c'entra ? Non è in contraddizione con quello che ho detto prima. Lei ha confuso l'effetto degli stimolanti con il danno da stimolanti nel discorso che faceva, io ho risposto su questo punto.
3) infatti, non è una critica certamente a Lei

E' vero che gli antipsicotici più moderni sono meno pensati come antagonisti del sistema dopaminergico, proprio per evitare il classico stereotipo di effetto antipsicotico come effetto sedativo maggiore e frenante. E infatti usano altri canali per produrre l'effetto antipsicotico, non essendo quello dopaminico il solo. Però, si tratta comunque di farmaci pensati per determinate malattie, cioè la schizofrenia e la mania, tipicamente, poi estesi anche ad altre fasi o sottocategorie di psicosi. Alcuni di questi invece si sono rivelati utili anche in condizioni non psicotiche.
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