Quando è il momento di cambiare lavoro?

Salve dottori, sono ormai 3 anni e mezzo che lavoro come segretaria per un azienda di cui non mi sono mai sentita parte per colpa dei colleghi (ora anche soci dell’azienda) che mi hanno sempre fatta sentire quasi di troppo e non ben voluta.
Lavoro a stretto contatto, 6gg su 7, con due colleghe che hanno quasi il doppio dei miei anni e con un ragazzo che è mio coetaneo.
Ho scritto già in passato un consulto per questo tipo di problematica, ma da qualche mese la situazione sta peggiorando.
In poche parole, non mi hanno mai fatta partecipe di nulla sul lavoro, rispondono male senza alcun motivo dato che sono sempre cortese e gentile, mettono pressione continua, non includono in quello che fanno o dicono, tant’è che mi ritrovo spesso da sola in ufficio mentre tutti loro sono nell’altro ufficio adiacente a parlare.
Succedono cose al lavoro di cui io non ne sono al corrente, come se fossi estranea, come se avessero una considerazione pari a zero di me.
A volte succede anche che al mio arrivo in ufficio salutano a mezza bocca come per farmi un favore.
A fine mese dobbiamo trasferirci in un’altra sede, cosa che loro sanno da almeno 3/4 mesi dato che loro (socie) con altri soci che fanno altri turni gestiscono il tutto.
Nessuno, e dico nessuno, mi ha mai detto Ci stiamo per traferire.
Lo so perché per fortuna le mie orecchie funzionano e sono al corrente di questa cosa perché li ho sentiti.
Quindi la considerazione che hanno di me dove sta?
Ma in primis, mi sento, per colpa loro, una nullità come persona, come se non valessi nulla.
Quasi ogni notte ho attacchi di panico durante il sonno, ho ansia per tutto il giorno, vado a lavoro controvoglia tutti i giorni che non vedo l’ora di finire il turno per tornare a casa.
Non so se si può trattare di Mobbing, ma la situazione mi sta pesando veramente tanto.
Piango perché non mi sento nel posto giusto, non mi sento valorizzata, in quel posto non c’è dialogo, nessuno mi calcola... In breve?
STO MALE.

Vorrei cercare altrove ma lasciare il lavoro mi spaventa perché non so cosa potrei trovare altrove.
È normale che io resti in un posto che mi causa solo problemi?
Sia fisici che psicologici?
Perché resto in un posto dove ci sto rimettendo di salute?
Questo posto di lavoro vale più della mia salute in generale?

Mi serve davvero uno sprono per fare quel passo in avanti che magari può farmi cambiare la vita e vivere serenamente.
Ad esempio, io già ho l’ansia che domani devo tornare a lavoro.
NON È NORMALE.

Ma non è neanche normale che persone che per me non sono niente si prendano la libertà di trattarmi come se fossi il nulla... Cosa dovrei fare?

Grazie mille
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Dr.ssa Daniela Pellitteri Psicoterapeuta, Psicologo 48 8
Cara Utente,

'Ma in primis, mi sento, per colpa loro, una nullità come persona, come se non valessi nulla.'
Piango perché non mi sento nel posto giusto, non mi sento valorizzata, in quel posto non c’è dialogo, nessuno mi calcola... In breve? STO MALE. '
Queste sue affermazioni mi hanno colpito molto facendomi pensare a quanto difficile possa essere la sua vita lavorativa ogni giorno. A quanto faticoso sia ritrovarsi con persone che non la rispettano, e non la accolgono.
D'altronde da quello che descrive sembra abbastanza utopistico sperare in un cambiamento da parte dei suoi colleghi che non mostrano alcuna disponibilità nel volerla conoscere.
Mi chiedo però se davvero queste persone meritino tutta la sua attenzione, la sua ansia, il suo dolore e se davvero lei possa attribuire a loro il 'potere', in termini della possibilità di, di farla sentire una nullità.
Purtroppo, e la mia esperienza nelle aziende me lo conferma, spesso i contesti organizzativi-lavorativi possono diventare luoghi fortemente disturbanti e quasi 'crudeli' dove sembra esserci la legge del più forte e/o egoista.
Molti individui riversano nella loro quotidianità lavorativa molte frustrazioni per aspettative disattese, molta rabbia per qualcosa che avrebbero voluto e non hanno, per insofferenze esterne al posto di lavoro e per questioni personali mai risolte.
Non ho idea né mi permetto di ipotizzare quali siano le motivazioni che sottendono i comportamenti dei suoi colleghi, certo è, come lei ribadisce, che il contesto è molto problematico e pesante dal punto di vista emotivo.
Mi permetto di affermare però che non sarà lei a poter cambiare i suoi colleghi , e sembra difficile sperare in un miglioramento nella qualità delle relazioni considerando le tante problematiche che lei racconta.
Una premessa teorica ci dice che quando ci si trova male in un contesto organizzativo possiamo considerare diverse opzioni: provare a cambiare il contesto, adeguarsi al contesto, abbandonare il contesto.
Mi sembra che lei abbia già provato le prime due rimanendo nel suo con garbo e gentilezza, continuando a lavorare correttamente e provando a stemperare l'indifferenza gelida con la quale viene trattata. Sembra non aver funzionato.
Naturalmente non le sto dicendo di abbandonare il contesto, anche se lei fa riferimento alla possibilità di farlo per garantire il suo benessere psicofisico, e la invito a far tesoro della sua ultima e perentoria affermazione :
'Ma non è neanche normale che persone che per me non sono niente si prendano la libertà di trattarmi come se fossi il nulla...'
Ecco lo ha detto , persone che per lei non sono niente.
Quindi la riflessione forse va ampliata tenendo presente che fino a che lei continuerà a sperare di ottenere un riconoscimento che mai arriverà dai suoi colleghi sarà destinata a soffrire e a stare male.
Lavori esclusivamente su se stessa e su ciò che può controllare della sua/sue realtà.
Faccia leva sulle sue motivazioni che la spingono a rimanere lì cercando di comprendere cosa, oltre all'ovvio assetto economico, la trattiene, vista anche la sua giovane età, dal provare a cambiare.
Provi a ipotizzare un suo progetto professionale nel quale possa essere contemplata la possibilità di sperimentarsi in altro, garantendosi la sua sicurezza economica. E magari la possa rendere un po' più contenta la mattina quando esce da casa per recarsi a lavoro.
E non trascuri l'ipotesi di farsi supportare nella costruzione delle sue possibili alternative.
Le auguro tutto il meglio.
Daniela Pellitteri

Dr.ssa Daniela Pellitteri