Rapporto psicoterapeuta
Gentili Responsabili di Medici Italia,
mi rivolgo a voi per raccontare la mia esperienza con una terapeuta con cui ho avuto un percorso terapeutico, che ha subito un’interruzione senza una comunicazione chiara o una conclusione soddisfacente, e per chiedere un vostro parere in merito.
Il mio rapporto con la Dott.
ssa è iniziato circa [inserire la durata iniziale] fa.
Durante il percorso, abbiamo trattato varie problematiche legate al mio disturbo bipolare e altre difficoltà personali.
Inizialmente, ho sentito che il lavoro svolto insieme fosse utile, ma dopo un certo periodo, mi sono reso conto che la relazione terapeutica stava diventando disfunzionale per me, e su consiglio di un suo ex docente, ho deciso di interrompere il percorso e di allontanarmi da lei.
Dopo alcuni mesi, quando la mia situazione era cambiata, ho deciso di provare a riprendere il lavoro terapeutico con la Dott.
ssa.
L’ho contattata chiedendole di tornare a fare terapia insieme, ma mi ha risposto chiarendo che non sarebbe stato possibile.
Mi ha spiegato che, date le circostanze e le dinamiche precedenti, sarebbe stato deleterio per me proseguire in quella direzione, e che, inoltre, riteneva fosse meglio che io non proseguissi con una terapeuta donna.
Queste parole mi hanno molto colpito, ma le ho accettate, consapevole che la decisione fosse presa nel mio interesse.
Tuttavia, quello che mi ha lasciato particolarmente confuso e deluso è stato il comportamento che la Dott.
ssa ha avuto successivamente.
Dopo questa risposta, non mi è stata più data alcuna opportunità di chiarimento e non ho più ricevuto risposta ai miei tentativi di contatto.
A un certo punto, ho notato che ha attivato una barriera emotiva e comunicativa, mettendo il pallino grigio sui messaggi, senza mai spiegare o fornire ulteriori ragioni.
Questo gesto mi ha fatto sentire rifiutato e abbandonato, lasciandomi nella completa incertezza, senza una vera conclusione del nostro rapporto terapeutico.
La mia domanda a voi riguarda proprio questo comportamento: ritengo che un professionista della salute mentale debba comunicare in modo chiaro e rispettoso, soprattutto quando una relazione terapeutica giunge al termine.
Non mi è stato dato spazio per una chiusura adeguata e, sebbene abbia compreso che la situazione fosse complicata, mi chiedo se questo modo di trattare la fine della terapia sia in linea con le migliori pratiche professionali.
Vi chiedo gentilmente di fornirmi una vostra opinione in merito a questa situazione, nonché eventuali indicazioni su come dovrei muovermi per affrontare il disguido che si è creato.
Resto a disposizione per ulteriori chiarimenti e ringrazio anticipatamente per l’attenzione che mi riserverete
mi rivolgo a voi per raccontare la mia esperienza con una terapeuta con cui ho avuto un percorso terapeutico, che ha subito un’interruzione senza una comunicazione chiara o una conclusione soddisfacente, e per chiedere un vostro parere in merito.
Il mio rapporto con la Dott.
ssa è iniziato circa [inserire la durata iniziale] fa.
Durante il percorso, abbiamo trattato varie problematiche legate al mio disturbo bipolare e altre difficoltà personali.
Inizialmente, ho sentito che il lavoro svolto insieme fosse utile, ma dopo un certo periodo, mi sono reso conto che la relazione terapeutica stava diventando disfunzionale per me, e su consiglio di un suo ex docente, ho deciso di interrompere il percorso e di allontanarmi da lei.
Dopo alcuni mesi, quando la mia situazione era cambiata, ho deciso di provare a riprendere il lavoro terapeutico con la Dott.
ssa.
L’ho contattata chiedendole di tornare a fare terapia insieme, ma mi ha risposto chiarendo che non sarebbe stato possibile.
Mi ha spiegato che, date le circostanze e le dinamiche precedenti, sarebbe stato deleterio per me proseguire in quella direzione, e che, inoltre, riteneva fosse meglio che io non proseguissi con una terapeuta donna.
Queste parole mi hanno molto colpito, ma le ho accettate, consapevole che la decisione fosse presa nel mio interesse.
Tuttavia, quello che mi ha lasciato particolarmente confuso e deluso è stato il comportamento che la Dott.
ssa ha avuto successivamente.
Dopo questa risposta, non mi è stata più data alcuna opportunità di chiarimento e non ho più ricevuto risposta ai miei tentativi di contatto.
A un certo punto, ho notato che ha attivato una barriera emotiva e comunicativa, mettendo il pallino grigio sui messaggi, senza mai spiegare o fornire ulteriori ragioni.
Questo gesto mi ha fatto sentire rifiutato e abbandonato, lasciandomi nella completa incertezza, senza una vera conclusione del nostro rapporto terapeutico.
La mia domanda a voi riguarda proprio questo comportamento: ritengo che un professionista della salute mentale debba comunicare in modo chiaro e rispettoso, soprattutto quando una relazione terapeutica giunge al termine.
Non mi è stato dato spazio per una chiusura adeguata e, sebbene abbia compreso che la situazione fosse complicata, mi chiedo se questo modo di trattare la fine della terapia sia in linea con le migliori pratiche professionali.
Vi chiedo gentilmente di fornirmi una vostra opinione in merito a questa situazione, nonché eventuali indicazioni su come dovrei muovermi per affrontare il disguido che si è creato.
Resto a disposizione per ulteriori chiarimenti e ringrazio anticipatamente per l’attenzione che mi riserverete
Gentile utente,
sulla conclusione della prima fase della relazione terapeutica ci scrive:
".. su consiglio di un suo ex docente, ho deciso di interrompere il percorso e di allontanarmi da lei".
Non ci dice però COME Lei ha comunicato la Sua decisione alla terapeuta.
Nel caso si sia trattato di una decisione unilaterale da parte sua, cioè senza un confronto tra paziente e terapeuta, si è trattato di un *abbandono unilaterale* del percorso da parte Sua.
Molti approcci teorici segnalano che tale tipo di chiusura da parte del paziente non ammette una ripresa successiva. E molti psicoterapeuti si comportano esattamente così.
In parole povere: il paziente non può fare "lascia e riprendi". Se lascia di testa sua senza una discussione e un accordo con il/la curante non viene più riaccettato.
"... senza mai spiegare o fornire ulteriori ragioni."
Questo avrebbe dovuto farlo Lei in fase di abbandono, comunicandole IN SEDUTA le Sue intenzioni.
Noi conosciamo solo la sua versione, che però presenta un passaggio interessante:
" Mi ha spiegato che .. , inoltre, riteneva fosse meglio che io non proseguissi con una terapeuta donna".
Il che significa che con la terapeuta donna si era creata un situazione non produttiva, non sappiamo di che genere. Lei però può saperlo.
Saluti cordiali.
Dott. Brunialti
sulla conclusione della prima fase della relazione terapeutica ci scrive:
".. su consiglio di un suo ex docente, ho deciso di interrompere il percorso e di allontanarmi da lei".
Non ci dice però COME Lei ha comunicato la Sua decisione alla terapeuta.
Nel caso si sia trattato di una decisione unilaterale da parte sua, cioè senza un confronto tra paziente e terapeuta, si è trattato di un *abbandono unilaterale* del percorso da parte Sua.
Molti approcci teorici segnalano che tale tipo di chiusura da parte del paziente non ammette una ripresa successiva. E molti psicoterapeuti si comportano esattamente così.
In parole povere: il paziente non può fare "lascia e riprendi". Se lascia di testa sua senza una discussione e un accordo con il/la curante non viene più riaccettato.
"... senza mai spiegare o fornire ulteriori ragioni."
Questo avrebbe dovuto farlo Lei in fase di abbandono, comunicandole IN SEDUTA le Sue intenzioni.
Noi conosciamo solo la sua versione, che però presenta un passaggio interessante:
" Mi ha spiegato che .. , inoltre, riteneva fosse meglio che io non proseguissi con una terapeuta donna".
Il che significa che con la terapeuta donna si era creata un situazione non produttiva, non sappiamo di che genere. Lei però può saperlo.
Saluti cordiali.
Dott. Brunialti
Dr. Carla Maria BRUNIALTI
Psicoterapeuta, Sessuologa clinica, Psicologa europea.
https://www.centrobrunialtipsy.it/
Utente
Gentile dottoressa,
le ho proposto una seduta di chiusura ma la dottoressa in questione ha preferito chiudere il tutto con una breve telefonata di saluti .
le ho proposto una seduta di chiusura ma la dottoressa in questione ha preferito chiudere il tutto con una breve telefonata di saluti .
Le avevo chiesto COME Lei aveva chiuso la 1 fase, quando "..su consiglio di un suo ex docente, ho deciso di interrompere il percorso e di allontanarmi da lei."
Lì andava fatta la "seduta di chiusura".
E' in quella fase che il/la terapeuta decide se è un abbandono unilaterale da parte del pz. In quel caso la terapeuta chiude definitivamente, anche se il pz. dovesse ripresentarsi.
Se desidera una ulteriore risposta personalizzata occorre aggiungere tutti i dettagli.
Saluti cordiali.
Dott. Brunialti
Lì andava fatta la "seduta di chiusura".
E' in quella fase che il/la terapeuta decide se è un abbandono unilaterale da parte del pz. In quel caso la terapeuta chiude definitivamente, anche se il pz. dovesse ripresentarsi.
Se desidera una ulteriore risposta personalizzata occorre aggiungere tutti i dettagli.
Saluti cordiali.
Dott. Brunialti
Dr. Carla Maria BRUNIALTI
Psicoterapeuta, Sessuologa clinica, Psicologa europea.
https://www.centrobrunialtipsy.it/
Utente
Spiego meglio: è successo un fatto grave in terapia. Mi sono fatto del male, quindi, dopo l’episodio la dottoressa non mi ha abbandonato, non ha interrotto il percorso. Io, preso dalla paura per quello che era successo mi sono attivato con l’aiuto della dottoressa per la ricerca di uno psichiatra psicoterapeuta che potesse ascoltarmi. Ci serviva un occhio esterno su quello che era il rapporto tra me e la dottoressa, perché io nutrivo dei dubbi, era come se non mi fidassi più di lei, dato che ero in transfert, credo, negativo. Oltre a mostrarle molto affetto, la attaccavo anche. Poi lei aveva uno stile particolare: rispondeva extra seduta (anche con emoticon a forma di cuore) mi diceva che per lei non era un problema ricevere i miei messaggi quando stavo male.
Insomma, dopo un po’ di tempo mi faccio del male, vado dal suo ex docente il quale capisce che il nostro rapporto, a suo avviso, è disfunzionale (lei mi accudiva, e a un paziente come me non serve l’accudimento).
Lui mi invia da un collega dicendomi che, col mio permesso, avrebbe contattato l’ex allieva dicendole che non avrebbe più dovuto rispondermi.
Io esco dall’ufficio. Dico alla dottoressa che vorrei salutarla o con una seduta o per telefono. Lei mi dice che preferirebbe al telefono.
Ci siamo parlati al telefono. La prima fase qui si è chiusa.
Insomma, dopo un po’ di tempo mi faccio del male, vado dal suo ex docente il quale capisce che il nostro rapporto, a suo avviso, è disfunzionale (lei mi accudiva, e a un paziente come me non serve l’accudimento).
Lui mi invia da un collega dicendomi che, col mio permesso, avrebbe contattato l’ex allieva dicendole che non avrebbe più dovuto rispondermi.
Io esco dall’ufficio. Dico alla dottoressa che vorrei salutarla o con una seduta o per telefono. Lei mi dice che preferirebbe al telefono.
Ci siamo parlati al telefono. La prima fase qui si è chiusa.
Gentile utente,
Le modalità di conclusione della Sua relazione terapeutica con la psicologa sono del tutto particolari
e non sono contemplate tra le modalità corrette.
Il fatto che Lei cerchi l'ex insegnante della Psy (insegnante di che, poi?),
che voi due decidiate insieme passando sopra la testa della curante,
che Lei poi chieda una seduta alla Psy per spiegarsi,
ecc.,
tutto ciò fa parte del teatro dell'assurdo.
Stando al Suo racconto ovviamente.
D'altra parte lo stesso disturbo bipolare di cui ci dice di soffrire può non rendere facili le relazioni, di qualunque genere.
Comprendiamo come la Psy abbia "preferito chiudere il tutto con una breve telefonata di saluti".
Non c'è che
- da farsene una ragione,
- comprendere i propri errori di percorso,
- evitarli al presente e in futuro.
Sono certa che, a sua volta, la Psy avrà chiesto una supervisione sul proprio operato professionale.
Saluti cordiali.
Dott. Brunialti
Le modalità di conclusione della Sua relazione terapeutica con la psicologa sono del tutto particolari
e non sono contemplate tra le modalità corrette.
Il fatto che Lei cerchi l'ex insegnante della Psy (insegnante di che, poi?),
che voi due decidiate insieme passando sopra la testa della curante,
che Lei poi chieda una seduta alla Psy per spiegarsi,
ecc.,
tutto ciò fa parte del teatro dell'assurdo.
Stando al Suo racconto ovviamente.
D'altra parte lo stesso disturbo bipolare di cui ci dice di soffrire può non rendere facili le relazioni, di qualunque genere.
Comprendiamo come la Psy abbia "preferito chiudere il tutto con una breve telefonata di saluti".
Non c'è che
- da farsene una ragione,
- comprendere i propri errori di percorso,
- evitarli al presente e in futuro.
Sono certa che, a sua volta, la Psy avrà chiesto una supervisione sul proprio operato professionale.
Saluti cordiali.
Dott. Brunialti
Dr. Carla Maria BRUNIALTI
Psicoterapeuta, Sessuologa clinica, Psicologa europea.
https://www.centrobrunialtipsy.it/
Questo consulto ha ricevuto 5 risposte e 499 visite dal 10/04/2025.
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