Problema con amichetto di mia figlia e doveri di genitore

Buongiorno, vorrei avere un parere spassionato su una questione spinosa che non mi vede obiettiva.
Ho una figlia di 7 anni e mezzo, sveglia e con parecchio carattere.
Negli ultimi due anni abbiamo un gruppo di amici molto affiatato, formato da famiglie di compagni di scuola e non solo, tutti con bambini in età di scuola primaria.
Ora, uno di questi bambini, poco più grande di mia figlia, sta seguendo delle terapie per un disturbo legato alla sfera emotiva, percorso a cui è approdato su segnalazione della scuola, in quanto aveva delle crisi di rabbia molto forti di fronte ad un divieto imposto e tendeva a porre in atto comportamenti vessatori e violenti e talvolta manipolatori al fine di comandare sui compagni.
Questa situazione nel tempo ha portato ad creargli il vuoto intorno poiché in classe nessuno voleva avere a che fare con lui, ed in sostanza è stato questo il momento in cui si è deciso di iniziare una terapia, circa un anno e mezzo fa (secondo i genitori con gran successo).

In questo momento i momenti di socializzazione con i figli di noi amici rappresenta per lui quasi l'unico momento di socializzazione, per i motivi di cui sopra.

Si sta però verificando una situazione che mi sta mettendo a disagio: il bambino, di carattere molto forte, tende a imporre giochi e modalità per svolgerli: i giochi sono quasi sempre " io sono il re e voi i miei sudditi", "io sono il preside e voi i bambini" e roba del genere, comunque tutti giochi che in un modo o nell'altro legittimano la coercizione e la violenza (per fortuna blanda, tirate di orecchie e capelli) nel caso in cui non si ottemperi alle sue direttive.
Mia figlia, però, da circa un annetto ha iniziato a sottrarsi a questi giochi, intuendo che non sia un modo sano di giocare.
Quando questo accade, tuttavia, il bambino in questione insulta pesantemente mia figlia (in un'occasione sono anche venuti alle mani) e costringe gli altri (più piccoli di età e più ingenui) a lasciarla da sola e ignorarla per tutta la serata.

Di solito non intervengo nelle questioni fra bambini, vorrei che impari a cavarsela da sola, ma in questo caso temo la situazione stia andando oltre e mi viene il dubbio di stare esponendo mia figlia a un patimento non necessario.
Cosa fare?
Sfilarmi dal gruppo di amici (che stanno sempre insieme)?
Partecipare solo quando la famiglia X è assente o solo quando è presente anche un'altra famiglia la cui figlia riceve lo stesso trattamento in quanto anche lei si oppone a tali comportamenti?
Parlare con i genitori lo escludo, sono già abbastanza provati dalla situazione e anche se non condivido alcuni loro comportamenti (mollarlo a destra e sinistra appena possono, tendere a non controllarlo nelle situazioni di socialità), si stanno occupando della situazione.
Vi prego di aiutarmi a fare chiarezza.

Grazie mille.
Dr.ssa Elisabetta Carbone Psicologo, Sessuologo 251 10
Gentile mamma,
Capisco bene i suoi dubbi. Se da una parte vorrebbe che sua figlia imparasse a cavarsela da sola, dall’altra sente che questa situazione sta andando oltre... La bambina ha già sviluppato la capacità di riconoscere che certi giochi non sono equilibrati, e questo è un segnale importante che va sostenuto. È giusto darle autonomia, ma quando l’esclusione diventa sistematica o emergono insulti e comportamenti aggressivi (come da lei riportati), il compito del genitore è quello di tutelare i figli. Forse non è necessario rinunciare del tutto al gruppo, ma può essere utile scegliere i contesti in cui sua figlia non resti isolata e possa sentirsi al sicuro. Così facendo, la aiuterebbe a crescere sapendo che dire no a ciò che non le piace non la rende sbagliata, ma la rafforza nella sua capacità di proteggersi.
Resto a disposizione,

Dott.ssa Elisabetta Carbone
Psicologa sistemico relazionale | Sessuologa clinica |
psicologa@elisabettacarbone.it | 351.777.9483

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Utente
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La ringrazio moltissimo per la risposta. La soluzione di partecipare solo quando si verificano determinate condizioni era in effetti la soluzione che a naso mi sembra più sensata.
Avevo solo il dubbio di essere troppo protettiva dal momento che ho provato ad esprimere il mio disagio con le madri dei bambini più piccoli (quelli che vengono comandati, per intenderci) ma a quanto pare per loro è tutto normale e dobbiamo avere pazienza per solidarietà nei confronti dei genitori.
Personalmente a me in questo momento questa solidarietà (che prima c'era) sta venendo a mancare, perché mi sono resa conto che quello che fanno nella pratica per gran parte del tempo con questo bambino è "scaricare il barile" su altri: perché se tuo figlio è stato escluso dal gruppo classe per una serie di comportamenti che tu conosci bene è tuo preciso dovere stare con le antenne alzate e controllare che questi comportamenti non si perpetrino anche in altri contesti (in cui tu sei presente) , non puoi limitarti a scaricarlo in un altro gruppo, intervenire solo quando vedi che scoppia la lite e per il resto startene seduto a goderti il tuo bicchiere di vino o la tua pizza.
Mi sento anche un po' in colpa a scrivere queste cose ma se non le esterno con qualcuno sto peggio.
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Dr.ssa Elisabetta Carbone Psicologo, Sessuologo 251 10
È comprensibile che provi senso di colpa nel dare voce a queste riflessioni, ma il bisogno di esternare indica che sta cercando uno spazio di contenimento e comprensione. Il punto non è solo la gestione di sua figlia, ma anche come lei vive le emozioni che questa situazione le suscita. Lavorare sul senso di colpa e sulla necessità di tenere tutto dentro potrebbe esserle molto utile in un percorso di sostegno psicologico, anche breve, dove avrebbe modo di elaborare questi vissuti e ritrovare maggiore serenità.
Resto a disposizione,

Dott.ssa Elisabetta Carbone
Psicologa sistemico relazionale | Sessuologa clinica |
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