Relazione, famiglia invischiata, ansia e paura
Buongiorno, sono un ragazzo di 28 anni.
Da un anno e mezzo sono in una relazione con una ragazza che amo e con cui sento di star bene: riusciamo a dialogare, a confrontarci in maniera produttiva, a gestire le reciproche emozioni e sentimenti, il tutto pur stando lontani e vedendoci un paio di volte al mese, vivendo in città diverse, temporaneamente, per questioni lavorative.
Lei, che vive anche lontano dalla sua famiglia, proviene da una famiglia del sud molto unita in cui non solo è stretto il legame con sua sorella, ma anche con le sue cugine e con la madre che è sempre presente e spesso "insistente" nel voler necessariamente fare da collante ed orchestrare i rapporti tra i membri della famiglia, affinché tutti si vogliano bene, se lo dimostrino e vivano in un "Mulino Bianco".
Io, invece, sono figlio unico (cresciuto con mia madre e mia nonna, in quanto mio padre rientrava il fine settimana per lavoro) ed ho un vissuto diverso: mio padre è molto più grande di mia madre, ho spesso con lui un rapporto un po' turbolento e di conflitto (legato alla differenza di età tra me e lui) e ho dei buoni rapporti con il resto della mia famiglia (ivi compresi cugini, quelli della mia età, perchè altri sono appunto molto più grandi), sempre però nei limiti, non ricercando continuamente un contatto o un confronto con loro per ogni cosa.
In questo anno e mezzo ho avuto modo di osservare pazientemente certe dinamiche e, in alcuni contesti (come quello estivo in cui mi sono ritrovato in casa dalla mia ragazza con 12 persone) mi sono sentito un po' soffocare.
Questa cosa ha iniziato a generare in me ansia, di cui ho parlato con la mia fidanzata -che mi ha rassicurato- soprattutto per il futuro.
Sono consapevole che se un domani vorrò un figlio, questo sarà per me fonte di guarigione per le mie ferite legate al rapporto con mio padre.
Quello che però temo è che, in un simile contesto, io non possa essere (o meglio sentirmi) libero di essere e di esercitare la mia eventuale paternità o di avere la mia sacrosanta famiglia perchè in continua lotta con qualcuno che vuol intromettersi o che insista a voler per forza che tutti interagiscano tra loro nel "Mulino Bianco".
Io sto con la mia fidanzata, non voglio sentirmi obbligato, costretto, a relazionarmi sempre e comunque con tutto il suo enturage familiare, e non vorrei subire lo stesso invischiamento che mia madre, quando ero piccolo, ha subìto ed educatamente contrastato da parte della famiglia di mio padre (anch'essa patologicamente invischiata).
Non voglio sentirmi dire dai genitori della mia fidanzata che delle loro parenti che vivono lontano dal sud, quando i figli erano piccoli, li mandavano tutta l'estate al sud per il mare senza genitori: questo mi crea ansia, non voglio un domani dover discutere con la mia partner o vivere in continua difesa da queste insistenze che io vivo come minacce alla mia libertà, perchè se vorrò farlo lo deciderò di comune accordo con la mia partner come è giusto che sia, senza ingerenze esterne.
Da un anno e mezzo sono in una relazione con una ragazza che amo e con cui sento di star bene: riusciamo a dialogare, a confrontarci in maniera produttiva, a gestire le reciproche emozioni e sentimenti, il tutto pur stando lontani e vedendoci un paio di volte al mese, vivendo in città diverse, temporaneamente, per questioni lavorative.
Lei, che vive anche lontano dalla sua famiglia, proviene da una famiglia del sud molto unita in cui non solo è stretto il legame con sua sorella, ma anche con le sue cugine e con la madre che è sempre presente e spesso "insistente" nel voler necessariamente fare da collante ed orchestrare i rapporti tra i membri della famiglia, affinché tutti si vogliano bene, se lo dimostrino e vivano in un "Mulino Bianco".
Io, invece, sono figlio unico (cresciuto con mia madre e mia nonna, in quanto mio padre rientrava il fine settimana per lavoro) ed ho un vissuto diverso: mio padre è molto più grande di mia madre, ho spesso con lui un rapporto un po' turbolento e di conflitto (legato alla differenza di età tra me e lui) e ho dei buoni rapporti con il resto della mia famiglia (ivi compresi cugini, quelli della mia età, perchè altri sono appunto molto più grandi), sempre però nei limiti, non ricercando continuamente un contatto o un confronto con loro per ogni cosa.
In questo anno e mezzo ho avuto modo di osservare pazientemente certe dinamiche e, in alcuni contesti (come quello estivo in cui mi sono ritrovato in casa dalla mia ragazza con 12 persone) mi sono sentito un po' soffocare.
Questa cosa ha iniziato a generare in me ansia, di cui ho parlato con la mia fidanzata -che mi ha rassicurato- soprattutto per il futuro.
Sono consapevole che se un domani vorrò un figlio, questo sarà per me fonte di guarigione per le mie ferite legate al rapporto con mio padre.
Quello che però temo è che, in un simile contesto, io non possa essere (o meglio sentirmi) libero di essere e di esercitare la mia eventuale paternità o di avere la mia sacrosanta famiglia perchè in continua lotta con qualcuno che vuol intromettersi o che insista a voler per forza che tutti interagiscano tra loro nel "Mulino Bianco".
Io sto con la mia fidanzata, non voglio sentirmi obbligato, costretto, a relazionarmi sempre e comunque con tutto il suo enturage familiare, e non vorrei subire lo stesso invischiamento che mia madre, quando ero piccolo, ha subìto ed educatamente contrastato da parte della famiglia di mio padre (anch'essa patologicamente invischiata).
Non voglio sentirmi dire dai genitori della mia fidanzata che delle loro parenti che vivono lontano dal sud, quando i figli erano piccoli, li mandavano tutta l'estate al sud per il mare senza genitori: questo mi crea ansia, non voglio un domani dover discutere con la mia partner o vivere in continua difesa da queste insistenze che io vivo come minacce alla mia libertà, perchè se vorrò farlo lo deciderò di comune accordo con la mia partner come è giusto che sia, senza ingerenze esterne.
Gentile utente,
Quello che descrive mette in luce l’incontro tra due modelli familiari differenti: da una parte una famiglia molto unita, calorosa ma anche invischiante, dall’altra il suo vissuto, più riservato e selettivo, segnato dall’esperienza di un’infanzia in cui ha visto quanto possano pesare le ingerenze esterne. È naturale che, immerso in dinamiche che non le appartengono, lei provi ansia e il timore di non riuscire a proteggere la sua libertà e la futura autonomia genitoriale.
Il fatto che con la sua compagna ci sia dialogo, che lei riesca a portarle le sue paure e ricevere rassicurazioni, è già un segnale molto positivo: significa che esiste nella coppia uno spazio dove confrontarsi e, potenzialmente, ridefinire insieme i confini rispetto alle famiglie d’origine.
Ogni coppia si trova a dover bilanciare le appartenenze e le lealtà: ciò che lei sente come soffocante nasce anche dall’intreccio tra la storia della sua compagna e la sua, ed è proprio a partire da questa consapevolezza che si può costruire un nuovo equilibrio. L’ansia che descrive non riguarda soltanto il presente, ma tocca corde più profonde legate al suo passato. Proprio per questo, lavorare sul modo in cui le sue paure si attivano davanti a certe situazioni può aiutarla a non viverle come una minaccia costante. Il desiderio di costruire una famiglia autentica e libera dalle intromissioni esterne è legittimo, e se saprete continuare a condividere e a definire insieme i confini, potrà diventare un obiettivo concreto.
Resto a disposizione,
Quello che descrive mette in luce l’incontro tra due modelli familiari differenti: da una parte una famiglia molto unita, calorosa ma anche invischiante, dall’altra il suo vissuto, più riservato e selettivo, segnato dall’esperienza di un’infanzia in cui ha visto quanto possano pesare le ingerenze esterne. È naturale che, immerso in dinamiche che non le appartengono, lei provi ansia e il timore di non riuscire a proteggere la sua libertà e la futura autonomia genitoriale.
Il fatto che con la sua compagna ci sia dialogo, che lei riesca a portarle le sue paure e ricevere rassicurazioni, è già un segnale molto positivo: significa che esiste nella coppia uno spazio dove confrontarsi e, potenzialmente, ridefinire insieme i confini rispetto alle famiglie d’origine.
Ogni coppia si trova a dover bilanciare le appartenenze e le lealtà: ciò che lei sente come soffocante nasce anche dall’intreccio tra la storia della sua compagna e la sua, ed è proprio a partire da questa consapevolezza che si può costruire un nuovo equilibrio. L’ansia che descrive non riguarda soltanto il presente, ma tocca corde più profonde legate al suo passato. Proprio per questo, lavorare sul modo in cui le sue paure si attivano davanti a certe situazioni può aiutarla a non viverle come una minaccia costante. Il desiderio di costruire una famiglia autentica e libera dalle intromissioni esterne è legittimo, e se saprete continuare a condividere e a definire insieme i confini, potrà diventare un obiettivo concreto.
Resto a disposizione,
Dott.ssa Elisabetta Carbone
Psicologa sistemico relazionale | Sessuologa clinica |
psicologa@elisabettacarbone.it | 351.777.9483
Utente
Grazie per la risposta.
In effetti sono d'accordo con Lei sulla possibilità di lavorare su me stesso: sia provando a cercare il lato positivo, aprendomi cioè alla scoperta di nuove dinamiche senza pregiudizio, sia lavorando sulle radici del problema, che come Lei ben dice, sono profonde e riconducibili all'infanzia.
Nel momento in cui gli eventi si verificano, io sono anche abbastanza sciolto ma subentra una più o meno immediata rielaborazione che mi porta a sentirmi soffocare e quindi a mettere in atto dei comportamenti o atteggiamenti che io stesso riconosco essere di chiusura, il che è una forzatura rispetto al mio carattere.
Mi ritengo una persona solare, aperta, collaborativa: dispiace anche a me mostrarmi in certi momenti più freddo o più chiuso con la famiglia della mia fidanzata, il tutto per il timore che possano prendere il sopravvento più di quanto già non siano tra loro invischiati e, in molti casi, con confini diffusi.
Riporto alcuni esempi:
1) Un litigio tra due componenti viene spesso raccontato a tutti gli altri membri, anche se vivono lontano;
2) Prima di partire per un viaggio di 3 giorni ho discusso con la mia fidanzata perchè, non avendo io ancora preparato la mia valigia (uno zainetto), parlando lei al telefono con la madre a 500km di distanza, si sono preoccupate per l'orario (essendo circa le 21/22) e sono finite, telefonicamente, a preparare la mia valigia: neanche mia madre sa quanti calzini o mutande porto in vacanza, perchè deve saperlo la madre della mia fidanzata?
3) è capitato spesso che, venendo la mia fidanzata nella mia città per un weekend, abbiamo rinunciato a qualcosa che volevamo fare per stare con i genitori, la sorella ed il fidanzato tutto il tempo: la mia accondiscendenza è derivata dalla comprensione e dall'amore nei suoi confronti, perchè lei vive distante dalla sua famiglia ed è giusto che passi del tempo anche con loro. Però capisce bene che, se di un weekend insieme (venerdì sera-domenica pomeriggio), per il quale è programmato di stare con la famiglia il sabato sera e la domenica a pranzo (quindi la metà del tempo quasi) si finisce per stare insieme solo il venerdì sera ed il sabato mattina, perchè i genitori dal sabato pomeriggio si sono intromessi a voler uscire con noi, onestamente un po' mi scoccia e mi fa sentire sotto pressione, oltre ad aver passato poco tempo in coppia.
4) la mia fidanzata doveva scegliere degli occhiali nuovi, ha mandato una foto alla madre la quale le ha detto di sentire anche il parere della sorella e della cugina, per voler fare necessariamente da collante; sollecitazione a cui è seguito un rifiuto da parte della mia fidanzata di doversi necessariamente confrontare.
5) per me è inconcepibile dare le chiavi di casa ai propri parenti: in diverse occasioni hanno lasciato le chiavi di casa ad una cugina che dal sud è venuta in città per trascorrere un weekend: io non ho mai dato le chiavi di casa a nessuno e a casa mia se un parente deve venire anche solo per un caffè chiama e chiede se può e, in tal caso, a che ora può passare.
Tutto questo porta ovviamente a fare delle riflessioni: lei, così come la sorella, riconoscono e spesso vivono male queste continue intrusioni e lo fanno notare alla madre, che certamente non agisce in cattiva fede o con malizia, ma per eccesso di bene vuol orchestrare tutte le dinamiche al fine di far andare tutti d'amore e d'accordo. In altri momenti però, soprattutto la mia fidanzata, sembra che viva un senso di colpa e asseconda queste dinamiche di dipendenza. inoltre non hanno rapporti con la famiglia paterna, e stesso il padre mi sembra totalmente devoto alla famiglia della moglie non avendo più rapporti nè con le sue sorelle nè con la madre ancora vivente ( a suo dire per problemi d'eredità).
Quindi capisce bene che in questo scenario, pur amando la mia fidanzata e stando bene con lei in coppia, provenendo già da un vissuto particolare, io vado in allarme sia per il presente, in cui posso essere a disagio o infastidito, ma soprattutto per il futuro. Non vorrò trovarmi nella situazione in cui un ipotetico figlio debba essere bombardato a dover chiedere i pareri delle cugine della madre o a fare una vita comunitaria. Il rispetto viene prima di tutto, e mi ritengo una persona molto equa e rispettosa, e credo che questo si evinca, ma sono davvero in difficoltà perché non voglio ferire la mia fidanzata.
Cos'altro potrei fare? Magari posso impormi di più a dire qualche "no" in più in certe occasioni? che strategie posso attuare?
In effetti sono d'accordo con Lei sulla possibilità di lavorare su me stesso: sia provando a cercare il lato positivo, aprendomi cioè alla scoperta di nuove dinamiche senza pregiudizio, sia lavorando sulle radici del problema, che come Lei ben dice, sono profonde e riconducibili all'infanzia.
Nel momento in cui gli eventi si verificano, io sono anche abbastanza sciolto ma subentra una più o meno immediata rielaborazione che mi porta a sentirmi soffocare e quindi a mettere in atto dei comportamenti o atteggiamenti che io stesso riconosco essere di chiusura, il che è una forzatura rispetto al mio carattere.
Mi ritengo una persona solare, aperta, collaborativa: dispiace anche a me mostrarmi in certi momenti più freddo o più chiuso con la famiglia della mia fidanzata, il tutto per il timore che possano prendere il sopravvento più di quanto già non siano tra loro invischiati e, in molti casi, con confini diffusi.
Riporto alcuni esempi:
1) Un litigio tra due componenti viene spesso raccontato a tutti gli altri membri, anche se vivono lontano;
2) Prima di partire per un viaggio di 3 giorni ho discusso con la mia fidanzata perchè, non avendo io ancora preparato la mia valigia (uno zainetto), parlando lei al telefono con la madre a 500km di distanza, si sono preoccupate per l'orario (essendo circa le 21/22) e sono finite, telefonicamente, a preparare la mia valigia: neanche mia madre sa quanti calzini o mutande porto in vacanza, perchè deve saperlo la madre della mia fidanzata?
3) è capitato spesso che, venendo la mia fidanzata nella mia città per un weekend, abbiamo rinunciato a qualcosa che volevamo fare per stare con i genitori, la sorella ed il fidanzato tutto il tempo: la mia accondiscendenza è derivata dalla comprensione e dall'amore nei suoi confronti, perchè lei vive distante dalla sua famiglia ed è giusto che passi del tempo anche con loro. Però capisce bene che, se di un weekend insieme (venerdì sera-domenica pomeriggio), per il quale è programmato di stare con la famiglia il sabato sera e la domenica a pranzo (quindi la metà del tempo quasi) si finisce per stare insieme solo il venerdì sera ed il sabato mattina, perchè i genitori dal sabato pomeriggio si sono intromessi a voler uscire con noi, onestamente un po' mi scoccia e mi fa sentire sotto pressione, oltre ad aver passato poco tempo in coppia.
4) la mia fidanzata doveva scegliere degli occhiali nuovi, ha mandato una foto alla madre la quale le ha detto di sentire anche il parere della sorella e della cugina, per voler fare necessariamente da collante; sollecitazione a cui è seguito un rifiuto da parte della mia fidanzata di doversi necessariamente confrontare.
5) per me è inconcepibile dare le chiavi di casa ai propri parenti: in diverse occasioni hanno lasciato le chiavi di casa ad una cugina che dal sud è venuta in città per trascorrere un weekend: io non ho mai dato le chiavi di casa a nessuno e a casa mia se un parente deve venire anche solo per un caffè chiama e chiede se può e, in tal caso, a che ora può passare.
Tutto questo porta ovviamente a fare delle riflessioni: lei, così come la sorella, riconoscono e spesso vivono male queste continue intrusioni e lo fanno notare alla madre, che certamente non agisce in cattiva fede o con malizia, ma per eccesso di bene vuol orchestrare tutte le dinamiche al fine di far andare tutti d'amore e d'accordo. In altri momenti però, soprattutto la mia fidanzata, sembra che viva un senso di colpa e asseconda queste dinamiche di dipendenza. inoltre non hanno rapporti con la famiglia paterna, e stesso il padre mi sembra totalmente devoto alla famiglia della moglie non avendo più rapporti nè con le sue sorelle nè con la madre ancora vivente ( a suo dire per problemi d'eredità).
Quindi capisce bene che in questo scenario, pur amando la mia fidanzata e stando bene con lei in coppia, provenendo già da un vissuto particolare, io vado in allarme sia per il presente, in cui posso essere a disagio o infastidito, ma soprattutto per il futuro. Non vorrò trovarmi nella situazione in cui un ipotetico figlio debba essere bombardato a dover chiedere i pareri delle cugine della madre o a fare una vita comunitaria. Il rispetto viene prima di tutto, e mi ritengo una persona molto equa e rispettosa, e credo che questo si evinca, ma sono davvero in difficoltà perché non voglio ferire la mia fidanzata.
Cos'altro potrei fare? Magari posso impormi di più a dire qualche "no" in più in certe occasioni? che strategie posso attuare?
Stabilire confini chiari con gentile fermezza, concordare insieme alla sua fidanzata cosa è accettabile e cosa no, e imparare a dire no senza sentirsi in colpa è già un primo passo. È importante anche comunicare apertamente con lei sulle sue emozioni. Piccoli passi costanti aiutano più di gesti sporadici ma conflittuali.
Resto a disposizione,
Resto a disposizione,
Dott.ssa Elisabetta Carbone
Psicologa sistemico relazionale | Sessuologa clinica |
psicologa@elisabettacarbone.it | 351.777.9483
Questo consulto ha ricevuto 3 risposte e 351 visite dal 12/09/2025.
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Approfondimento su Ansia
Cos'è l'ansia? Tipologie dei disturbi d'ansia, sintomi fisici, cognitivi e comportamentali, prevenzione, diagnosi e cure possibili con psicoterapia o farmaci.
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