Quando una relazione diventa tossica: la mia potrebbe essere considerata tale?
Buongiorno,
vi scrivo per capire se la relazione che ho avuto finora possa essere considerata tossica e, in tal caso, come sarebbe opportuno comportarmi.
Ho smesso di rispondere ai messaggi di questa persona sia perché sono stanco di litigare, sia per evitare di ricadere in dinamiche che mi hanno fatto stare male.
Sono una persona generalmente buona, comprensiva e paziente, come mi viene spesso riconosciuto anche da chi mi conosce.
Ho conosciuto questa ragazza circa un anno e mezzo fa e, nonostante fossero evidenti fin dall’inizio differenze importanti nei valori, negli interessi e nello stile di vita, ho deciso comunque di portare avanti la relazione per non essere superficiale e non giudicare in pochi mesi.
Da parte mia ci sono stati comportamenti che a lei non piacevano, ma quando mi sono stati fatti notare ho cercato di modificarli.
Fin dall’inizio ho scoperto che non aveva amicizie e tendeva a stare sempre da sola.
All’inizio non ne capivo il motivo, ma col tempo, osservando il suo modo di relazionarsi, questa cosa non mi è più sembrata così strana.
I suoi atteggiamenti, nonostante soffra di depressione ed sia in cura, non sono cambiati nel tempo.
Ho spesso avuto la sensazione che molte lamentele non fossero seguite da un reale desiderio di migliorare il rapporto, dato che quando c’era la possibilità di agire concretamente, le cose non venivano mai fatte.
Durante la relazione ho riscontrato diversi comportamenti ricorrenti: difficoltà nel riconoscere i bisogni dell’altro, continua svalutazione dei miei atteggiamenti, scuse rare e mai spontanee, commenti negativi o poco empatici verso gli altri, scarsa empatia nei miei confronti, gelosia immotivata verso persone a me vicine e, durante le discussioni, l’uso di frasi volutamente dure e ferenti.
A questo si aggiunge una forte difficoltà ad accettare critiche o opinioni diverse dalle sue, che col tempo mi ha portato a limitarmi sempre di più, rendendo il rapporto sostanzialmente a senso unico.
Dal punto di vista fisico e sessuale c’era sintonia, ed è stato uno dei motivi che mi ha spinto a continuare.
A volte ha avuto anche gesti carini, ma nei momenti in cui sarebbe stato importante dimostrare presenza e interesse, è spesso mancata, facendo percepire come se tutto ruotasse sempre intorno a lei.
Qualche settimana fa, con un tono tranquillo e comprensivo, le ho suggerito di valutare l’idea di fare attività fisica per gestire meglio stress e ansia legati al lavoro.
La reazione è stata molto negativa: si è sentita offesa, mi ha detto che potevo restare tranquillamente da solo e ha sminuito i problemi che sto vivendo con mia madre, episodio che mi ha colpito profondamente per la mancanza di empatia in un momento per me delicato.
Nonostante continui a cercarmi e stanco di queste dinamiche, al momento non me la sento di risponderle.
Sono già stanco per il lavoro e per i problemi familiari e sento il bisogno di tutelarmi.
Quello che vi chiedo è se sto facendo la cosa giusta nel non rispondere o cosa dovrei fare.
vi scrivo per capire se la relazione che ho avuto finora possa essere considerata tossica e, in tal caso, come sarebbe opportuno comportarmi.
Ho smesso di rispondere ai messaggi di questa persona sia perché sono stanco di litigare, sia per evitare di ricadere in dinamiche che mi hanno fatto stare male.
Sono una persona generalmente buona, comprensiva e paziente, come mi viene spesso riconosciuto anche da chi mi conosce.
Ho conosciuto questa ragazza circa un anno e mezzo fa e, nonostante fossero evidenti fin dall’inizio differenze importanti nei valori, negli interessi e nello stile di vita, ho deciso comunque di portare avanti la relazione per non essere superficiale e non giudicare in pochi mesi.
Da parte mia ci sono stati comportamenti che a lei non piacevano, ma quando mi sono stati fatti notare ho cercato di modificarli.
Fin dall’inizio ho scoperto che non aveva amicizie e tendeva a stare sempre da sola.
All’inizio non ne capivo il motivo, ma col tempo, osservando il suo modo di relazionarsi, questa cosa non mi è più sembrata così strana.
I suoi atteggiamenti, nonostante soffra di depressione ed sia in cura, non sono cambiati nel tempo.
Ho spesso avuto la sensazione che molte lamentele non fossero seguite da un reale desiderio di migliorare il rapporto, dato che quando c’era la possibilità di agire concretamente, le cose non venivano mai fatte.
Durante la relazione ho riscontrato diversi comportamenti ricorrenti: difficoltà nel riconoscere i bisogni dell’altro, continua svalutazione dei miei atteggiamenti, scuse rare e mai spontanee, commenti negativi o poco empatici verso gli altri, scarsa empatia nei miei confronti, gelosia immotivata verso persone a me vicine e, durante le discussioni, l’uso di frasi volutamente dure e ferenti.
A questo si aggiunge una forte difficoltà ad accettare critiche o opinioni diverse dalle sue, che col tempo mi ha portato a limitarmi sempre di più, rendendo il rapporto sostanzialmente a senso unico.
Dal punto di vista fisico e sessuale c’era sintonia, ed è stato uno dei motivi che mi ha spinto a continuare.
A volte ha avuto anche gesti carini, ma nei momenti in cui sarebbe stato importante dimostrare presenza e interesse, è spesso mancata, facendo percepire come se tutto ruotasse sempre intorno a lei.
Qualche settimana fa, con un tono tranquillo e comprensivo, le ho suggerito di valutare l’idea di fare attività fisica per gestire meglio stress e ansia legati al lavoro.
La reazione è stata molto negativa: si è sentita offesa, mi ha detto che potevo restare tranquillamente da solo e ha sminuito i problemi che sto vivendo con mia madre, episodio che mi ha colpito profondamente per la mancanza di empatia in un momento per me delicato.
Nonostante continui a cercarmi e stanco di queste dinamiche, al momento non me la sento di risponderle.
Sono già stanco per il lavoro e per i problemi familiari e sento il bisogno di tutelarmi.
Quello che vi chiedo è se sto facendo la cosa giusta nel non rispondere o cosa dovrei fare.
Gentile utente,
lei è ampiamente adulto e da quello che scrive appare perfettamente in grado di capire cosa le fa bene e cosa le fa male nel rapporto con una persona.
Certe definizioni oggi di moda, come "relazione tossica", confondono più che chiarire.
Non c'è bisogno che il/la partner sia un mostro o che abbia una diagnosi psichiatrica (tra l'altro pare che la sua ce l'abbia: depressione) per scoprire che in sua compagnia ci sentiamo male anziché bene, che non ci supporta e non ci desta il desiderio di progettare un futuro con lui o lei.
Lei scrive di essere "stanco di litigare"; di non volere "ricadere in dinamiche che mi hanno fatto stare male"; fin dall'inizio ha rilevato "differenze importanti nei valori, negli interessi e nello stile di vita"; come pure "difficoltà nel riconoscere i bisogni dell’altro, continua svalutazione dei miei atteggiamenti, scuse rare e mai spontanee, commenti negativi o poco empatici verso gli altri, scarsa empatia nei miei confronti, gelosia immotivata verso persone a me vicine e, durante le discussioni, l’uso di frasi volutamente dure e ferenti"; infine "forte difficoltà ad accettare critiche o opinioni diverse dalle sue, che col tempo mi ha portato a limitarmi sempre di più, rendendo il rapporto sostanzialmente a senso unico".
Cos'altro vorrebbe scoprire per convincersi che questa persona non ha intrapreso quel cammino di adattamento che permette alla coppia di funzionare? Forse il fatto che "Dal punto di vista fisico e sessuale c’era sintonia", dove tra l'altro colpisce il verbo al passato?
Lei al momento ha messo la relazione in stand-by, cosa comprensibile perché il comportamento di questa donna si aggiunge ad altre preoccupazioni, e ha voluto evitare un sovraccarico di stress.
Ha fatto bene, perché le decisioni definitive non andrebbero prese in situazione di sovraccarico emotivo; tuttavia il suo non rispondere ai messaggi può apparire una sorta di ghosting oppure un silenzio punitivo.
Il mio suggerimento sarebbe questo: in una breve conversazione, telefonica se non si sente di vederla, spieghi a questa signora che in questo periodo ha i problemi a lei già noti e che non l'ha sentita empatica, al contrario ha avuto l'impressione che la vostra relazione rappresenti un ulteriore problema. Per questo motivo non desidera prendere sul momento una decisione, ma ha bisogno riflettere in solitudine, mentre continua ad occuparsi degli altri suoi problemi.
Posso immaginare le reazioni della signora, sia sul momento che nei giorni a seguire: potrei elencargliele una per una.
Basterà che le faccia notare: "Vedi, proprio questo atteggiamento a me sembra scarsa comprensione delle mie necessità, che per ora sono indifferibili".
Questa risposta, modulata due o tre volte a voce e per scritto, dovrebbe darle il tempo di respirare e di riflettere... se la signora ha orecchie per intendere. Al limite può fissare un termine, di qui a due mesi, per un nuovo incontro. Altrimenti sarà costretto a bloccarla.
Per ogni ulteriore dubbio, noi siamo qui.
Sinceri auguri per tutto.
lei è ampiamente adulto e da quello che scrive appare perfettamente in grado di capire cosa le fa bene e cosa le fa male nel rapporto con una persona.
Certe definizioni oggi di moda, come "relazione tossica", confondono più che chiarire.
Non c'è bisogno che il/la partner sia un mostro o che abbia una diagnosi psichiatrica (tra l'altro pare che la sua ce l'abbia: depressione) per scoprire che in sua compagnia ci sentiamo male anziché bene, che non ci supporta e non ci desta il desiderio di progettare un futuro con lui o lei.
Lei scrive di essere "stanco di litigare"; di non volere "ricadere in dinamiche che mi hanno fatto stare male"; fin dall'inizio ha rilevato "differenze importanti nei valori, negli interessi e nello stile di vita"; come pure "difficoltà nel riconoscere i bisogni dell’altro, continua svalutazione dei miei atteggiamenti, scuse rare e mai spontanee, commenti negativi o poco empatici verso gli altri, scarsa empatia nei miei confronti, gelosia immotivata verso persone a me vicine e, durante le discussioni, l’uso di frasi volutamente dure e ferenti"; infine "forte difficoltà ad accettare critiche o opinioni diverse dalle sue, che col tempo mi ha portato a limitarmi sempre di più, rendendo il rapporto sostanzialmente a senso unico".
Cos'altro vorrebbe scoprire per convincersi che questa persona non ha intrapreso quel cammino di adattamento che permette alla coppia di funzionare? Forse il fatto che "Dal punto di vista fisico e sessuale c’era sintonia", dove tra l'altro colpisce il verbo al passato?
Lei al momento ha messo la relazione in stand-by, cosa comprensibile perché il comportamento di questa donna si aggiunge ad altre preoccupazioni, e ha voluto evitare un sovraccarico di stress.
Ha fatto bene, perché le decisioni definitive non andrebbero prese in situazione di sovraccarico emotivo; tuttavia il suo non rispondere ai messaggi può apparire una sorta di ghosting oppure un silenzio punitivo.
Il mio suggerimento sarebbe questo: in una breve conversazione, telefonica se non si sente di vederla, spieghi a questa signora che in questo periodo ha i problemi a lei già noti e che non l'ha sentita empatica, al contrario ha avuto l'impressione che la vostra relazione rappresenti un ulteriore problema. Per questo motivo non desidera prendere sul momento una decisione, ma ha bisogno riflettere in solitudine, mentre continua ad occuparsi degli altri suoi problemi.
Posso immaginare le reazioni della signora, sia sul momento che nei giorni a seguire: potrei elencargliele una per una.
Basterà che le faccia notare: "Vedi, proprio questo atteggiamento a me sembra scarsa comprensione delle mie necessità, che per ora sono indifferibili".
Questa risposta, modulata due o tre volte a voce e per scritto, dovrebbe darle il tempo di respirare e di riflettere... se la signora ha orecchie per intendere. Al limite può fissare un termine, di qui a due mesi, per un nuovo incontro. Altrimenti sarà costretto a bloccarla.
Per ogni ulteriore dubbio, noi siamo qui.
Sinceri auguri per tutto.
Prof.ssa Anna Potenza
Riceve in presenza e online
Primo consulto gratuito inviando documento d'identità a: gairos1971@gmail.com
Gentile utente,
Rispondo alla sua domanda conclusiva: ".. sto facendo la cosa giusta nel non rispondere o cosa dovrei fare..."?
La risposta è che tale modalità comunicativa potrebbe coincidere col *ghosting*, con quel modo cioè di sparire dalle relazioni senza dare spiegazioni in merito.
È una modalità che oggi si va a estendendo, dato che mette il riparo il Ghost dal confronto con la sofferenza dell'altra persona nel momento in cui le si comunica chiaramente di dover interrompere o mettere in pausa la relazione. Il Ghost ritiene (o finge di credere) che il silenzio porterà l'altra persona a capire.
E invece, secondo la recentissima ricerca condotta dall'Università Bicocca che va a confermare quello che noi ogni giorno vediamo nell'attività clinica, il non rispondere, il non dare spiegazioni, lo sparire in una parola, provocano nell'altr* dolore, confusione, ferite che si rimarginano lentamente. A differenza del NO chiaro, che apre alla elaborazione del lutto.
Se lei ritiene che - nonostante tutto - ci sia ancora qualche possibilità per la vostra coppia, provate a pensare ad una terapia di coppia: quel che non si riesce a fare da soli spesso si può ottenere se opportunamente guidati.
Consideri le due risposte, scritte in contemporanea da ben due specialiste, come complementari.
Saluti cordiali.
dott. Brunialti
Rispondo alla sua domanda conclusiva: ".. sto facendo la cosa giusta nel non rispondere o cosa dovrei fare..."?
La risposta è che tale modalità comunicativa potrebbe coincidere col *ghosting*, con quel modo cioè di sparire dalle relazioni senza dare spiegazioni in merito.
È una modalità che oggi si va a estendendo, dato che mette il riparo il Ghost dal confronto con la sofferenza dell'altra persona nel momento in cui le si comunica chiaramente di dover interrompere o mettere in pausa la relazione. Il Ghost ritiene (o finge di credere) che il silenzio porterà l'altra persona a capire.
E invece, secondo la recentissima ricerca condotta dall'Università Bicocca che va a confermare quello che noi ogni giorno vediamo nell'attività clinica, il non rispondere, il non dare spiegazioni, lo sparire in una parola, provocano nell'altr* dolore, confusione, ferite che si rimarginano lentamente. A differenza del NO chiaro, che apre alla elaborazione del lutto.
Se lei ritiene che - nonostante tutto - ci sia ancora qualche possibilità per la vostra coppia, provate a pensare ad una terapia di coppia: quel che non si riesce a fare da soli spesso si può ottenere se opportunamente guidati.
Consideri le due risposte, scritte in contemporanea da ben due specialiste, come complementari.
Saluti cordiali.
dott. Brunialti
Dr. Carla Maria BRUNIALTI
Psicoterapeuta, Sessuologa clinica, Psicologa europea.
https://www.centrobrunialtipsy.it/
Utente
Ringrazio entrambe per le risposte precise e dettagliate, augurando anche delle buone festività.
Questo consulto ha ricevuto 3 risposte e 59 visite dal 22/12/2025.
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