Fobia sociale

Sono un ragazzo di 21 anni. Frequento l'università. Da qualche anno credo di soffrire di fobia sociale, e credo che questo derivi dal mio aspetto fisico, credo proprio di essere per niente attraente; questo di per sè non sarebbe un grande problema, e sono riuscito ad accettarlo. Quello che mi butta giù enormemente però sono i comportamenti delle persone alla mia vista, risatine, derisioni, occhi schifati che riescono sistematicamente a trascinarmi a terra e farmi sentire veramente male. E' una sensazione che non auguro a nessuno, certo qualcuno potrebbe dire che ci sono cose ben più tremende di questa, ma ognuno vive la sua vita, ed egoisticamente io mi preoccupo molto di questa mia condizione. Volevo chiedere che cos è che posso fare, se esistono farmaci, qualsiasi cosa che possa farmi almeno credere che sia tutto falso. La cosa più deprimente è che non riesco a fare nuove amicizie, non riesco a stare a contatto con chi conosco poco se mi trovo solo, dalle cose più semplici, come chiedere un'indicazione, a quelle che per me sono orribili, come dare un esame. Anche quando sono in amicizia, magari fuori, sono continuamente cosciente di avere questo problema, di diffidare di chiunque, perfino dei miei parenti più stretti e ritrovarmi perciò solo in compagnia. Sono convinto ogni qual volta che esco di casa che sarà un disastro, che di nuovo, magari quando la giornata è iniziata bene e l'ottimismo irrealistico mi fa credere di essere contento, cadrò nella silenziosa disperazione in cui ormai mi trovo quasi ogni giorno. Devo dire che provo un certo sollievo quando si presenta in me l'idea di consultare uno specialista, ma poi, ragionando (forse erroneamente), mi convinco che il mio è un problema fisico, nient'altro. Tutto deriva da quello, e mi chiedo cosa possa risolvere. Grazie
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Dr. Enrico De Sanctis Psicologo, Psicoterapeuta 1.3k 66
Salve a lei, quello che sta vivendo con fatica potrebbe essere legato al fatto che lei per primo crede di "non essere per niente attraente".

Ci sarebbero tante cose da dire a riguardo.
Senz'altro l'aspetto fisico ha la sua parte, ma se dovessimo corrispondere ai modelli sociali che ci vengono continuamente presentati non avremmo più respiro.

In più va detto che l'attrazione non è solo legata all'aspetto fisico. È quindi possibile che se lei si butta giù, ad esempio, questo può anche interferire sul modo in cui appare e si relaziona con gli altri.

Vorrei anche dire che ci sono gusti e gusti e ognuno di noi piace agli altri in modo diverso.

Il suo desiderio di farsi amicizie è positivo, immagino che tema di non essere accettato e questo può generare in lei quella che lei definisce "fobia sociale", che penso di poter dire rifletta una "fobia" di sé.
Non ci conosciamo, ma voglio ipotizzare che non sia solo un problema fisico, ma potrebbe anche esserci un problema legato all'immagine complessiva che lei ha di sé.
Lei parla di un'esperienza molto pesante da parte degli altri nei suoi confronti, di derisione e di disgusto. Questo non può essere accettabile per lei, non lo dev'essere per nessuno. Mi hanno molto colpito le sue parole a riguardo, e il suo vissuto merita di essere approfondito. Per questo, l'idea di consultare uno psicoterapeuta è valida, ci può fare una chiacchierata e poi vedrà se la convince l'idea di proseguire.

Un saluto,
Enrico de Sancits

Dr. Enrico de Sanctis - Roma
Psicologo e Psicoterapeuta a orientamento psicoanalitico
www.enricodesanctis.it

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dopo
Utente
Utente
Grazie della risposta. Sono perfettamente d'accordo sul fatto che ci sono gusti e gusti, ma è difficile crederlo quando leggi negli occhi di chiunque, dall'innocente anziana seduta al bar fino alle ormai perfide giovani, il fastidio, il disgusto misto a qualche tono di ironia perversa. Cominci inevitabilmente a dare ragione a chi la detiene, purtroppo, perdendo qualsiasi altra possibile qualità; cominci a capire che forse in alcuni casi la soggettività sta su un altro piano, che può non contare. Mi è molto piaciuta l'espressione "fobia di sè", la trovo molto pertinente alla mia persona, nel senso che provo spesso veramente paura semplicemente a muovermi, a parlare, essendo io stesso (giudicabile in ogni momento) a fare ciò. Forse mi sono espresso male per quanto riguarda il desiderio di farsi amicizie, infatti credo di averlo perso, e facendo ciò ho perso anche la concretezza del "fare amicizia". Tuttavia di tutta questa situazione, la cosa più straziante credo sia l'aver perso speranza, fiducia negli altri e nel futuro, unica cosa che rende il tutto meno penoso. Certo sono molto affascinato dall'idea di consultare un qualche specialista di genere, può aiutare me, può cambiare il mio modo di pensare e magari sviluppare (cosa che reputo ardua) un sistema di pensiero in grado di resistere a tutto ciò; ma non potrà mai cambiare gli altri e quella orribile sensazione che si prova. Vorrei inoltre aggiungere una cosa che ho dimenticato nella domanda, ovvero che reputo che alcune di queste derisioni siano interpretate tali dalla mia mente, essendo ormai abituato e pronto a quel che succede e questo mi porta ad esaminare qualsiasi persona che incrocia il mio sguardo, a vedere cosa fa, come reagisce. Grazie
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Dr. Giuseppe Santonocito Psicologo, Psicoterapeuta 16.2k 372 182
>>> Vorrei inoltre aggiungere una cosa che ho dimenticato nella domanda, ovvero che reputo che alcune di queste derisioni siano interpretate tali dalla mia mente, essendo ormai abituato e pronto a quel che succede e questo mi porta ad esaminare qualsiasi persona che incrocia il mio sguardo, a vedere cosa fa, come reagisce
>>>

Hai "dimenticato" questa riflessione e l'hai lasciata per ultima, ma potrebbe essere quella decisiva.

È probabile che tu sia vittima di una profezia negativa che si autoavvera, come la chiamiamo noi psicologi.

Se una personalità di base insicura inizia a convincersi che non piacerà mai a nessuno, per nessun motivo, a nessuna condizione, inizierà a comportarsi di conseguenza. Arriverà in mezzo alla gente già guardandola di traverso. E la risposta sarà che... anche loro ti guarderanno storto. E così potrai concludere: "Ecco! Lo sapevo! Vedi? Mi disprezzano".

E così il cerchio si chiude e la profezia è avverata.

Lo psicologo è utile, in questi casi, per aiutare la persona a iniziare a comportarsi in modo diverso, in modo da ottenere risultati diversi.

Dr. G. Santonocito, Psicologo | Specialista in Psicoterapia Breve Strategica
Consulti online e in presenza
www.giuseppesantonocito.com

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dopo
Utente
Utente
Grazie della risposta. Tuttavia ritengo semplicistica quest'affermazione, o forse sono stato frainteso. Con quella frase intendo dire che dopo il verificarsi di non solo sguardi, ma aggettivi poco benevoli, sono portato a vedere queste cose in maniera maggiore, magari anche in chi se lo risparmia, e tutto ciò va ad ingigantire la base di partenza, Conosco la profezia che si autoavvera, e riconosco di esserne vittima, ma solo in un secondo tempo, poichè è a sua volta risultato delle inequivocabili reazioni, non credo che prima di queste reazioni fossi incline a non piacermi. Penso sia uno dei risultati ma non la causa. Tuttavia riconosco anche di non conoscere a fondo queste trappole mentali.
Mi chiedo ancora a cosa possa essere utile uno psicologo in questo caso, cioè quali metodi potrebbe mettere in atto, quali soluzioni possa escogitare. Grazie
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Dr. Enrico De Sanctis Psicologo, Psicoterapeuta 1.3k 66
Sono molto colpito dalle sue riflessioni, ha parlato di uno dei meccanismi più centrali dei processi relazionali e della formazione dell'immagine di noi stessi. Non saprei dirlo meglio: "Reputo che alcune di queste derisioni siano interpretate tali dalla mia mente, essendo ormai abituato e pronto a quel che succede e questo mi porta ad esaminare qualsiasi persona che incrocia il mio sguardo, a vedere cosa fa, come reagisce".

Allora è lei stesso che può darsi speranza. Dice che una psicoterapia "non potrà mai cambiare gli altri e quella orribile sensazione che si prova". In parte questo è vero, ma in parte può esserci quel meccanismo che ha descritto perfettamente.

Se è stato ripetutamente deriso, soprattutto da persone a cui tiene, le sembrerà che tutte le persone potrebbero potenzialmente deriderla. Questo è vero nel suo mondo interno, ed è del tutto normale che lei si senta così. Ma la realtà attuale non vi corrisponde precisamente.
È come se si aspettasse che tutti siano uguali alle persone che ha già conosciuto, ma non è così. Il passato non è presente e ognuno di noi merita un destino aperto nella vita.
Attualmente sembra che si affacci al mondo con un pregiudizio, potremmo dire. Si aspetta che le cose vadano in un certo modo, come se il suo destino fosse segnato. Questo non può non condizionarla. La difficoltà a farsi amicizie, o come lei specifica, la perdita del desiderio, ne sono la conseguenza. È spaventato e sfiduciato, non può essere altrimenti ora.
Ma le cose possono cambiare, di persone è pieno il mondo ed è bello dare agli altri la possibilità di essere diversi rispetto a quelli di cui abbiamo già fatto esperienza. Dare questa possibilità agli altri e a se stesso. E potrebbe essere sorprendente scoprire questo mondo inatteso.

Grazie a lei per la sua disponibilità e la sua capacità di dialogo su un tema tanto delicato che la riguarda personalmente.

Un caro saluto,
Enrico de Sanctis
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Dr. Giuseppe Santonocito Psicologo, Psicoterapeuta 16.2k 372 182
>>> Mi chiedo ancora a cosa possa essere utile uno psicologo in questo caso, cioè quali metodi potrebbe mettere in atto, quali soluzioni possa escogitare
>>>

Tutte quelle che non è possibile comunicare online, perché non avrebbero la stessa efficacia. Spesso, capire non equivale a guarire, purtroppo.

A partire dal fatto che gran parte degli utenti che ci scrive per problemi simili al suo, evita di confrontarsi con ciò che teme (fobia sociale, appunto). Lo si vede dalla speranza, più o meno manifesta, più o meno confessata, che la soluzione a problemi relazionali possa arrivare loro in maniera indiretta (per email o da libri) senza confrontarsi con la realtà. Cioè per vie ben poco relazionali. Si chiama evitamento ed è un comune comportamento nelle persone ansiose.

Invece, con tutta probabilità, questo è proprio ciò di cui avrebbe bisogno. Smettere di pensare troppo e iniziare a comportarsi in modo diverso. Per far sì che anche gli altri reagiscano in modo diverso.

Dall'ansia si esce iniziando a comportarsi diversamente, non pensando e soffrendo fino a consumarsi le meningi. Questo almeno da un punto di vista strategico.
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dopo
Utente
Utente
Sono io che devo ringraziarla per la disponibilità. Sì, è indiscutibile che io mi affacci al mondo con pregiudizio, enorme diffidenza e timore, ma il fatto è che mi sento ormai abituato, quest'abitudine è la cosa più triste che mi sia mai capitata; so che il mondo è vario, conosco bellissime persone, anche vicine a me, ma è enormemente difficile sperare in un florido futuro. Anche perchè tutto ciò ricopre molte dimensioni del vivere quotidiano, ma anche del vivere in senso assoluto, strozza quasi tutte le emozioni, e non lascia scampo ad un po' di leggere serenità, è un vivere meno.

Grazie ancora
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Dr. Giuseppe Santonocito Psicologo, Psicoterapeuta 16.2k 372 182
>>> ma il fatto è che mi sento ormai abituato
>>>

Appunto. I comportamenti derivano molto spesso dalle abitudini. E cambiando i primi, si possono cambiare le seconde.

Inizi intanto a pensare che non dovrebbe lasciarsi influenzare troppo da ciò che crede o pensa, perché non tutto ciò che sentiamo, crediamo fermamente o pensiamo ha un reale valore. Senza piangersi troppo addosso e facendo ciò che va fatto. Con l'aiuto di un terapeuta, se necessario.

In bocca al lupo
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Dr.ssa Ilaria La Manna Psicologo, Psicoterapeuta 282 8 9
Gentile Utente,

mi chiedo se questa "abitudine" sofferta di vedere gli altri solo in un certo modo ossia come persone che deridono, parlano dietro le spalle, che isolano ... possa in un certo senso "proteggerla" dal poter sperimentare anche emozioni positive (di accettazione, di non giudizio, ..) ossia scoprire che non tutti sono così come ci immaginiamo e questo andrebbe a disconfermare l'immagine negativa che lei ha di sè ossia di una persona che può anche piacere e interessare.

E' come se lei andasse "in cerca" di ogni sorrisino, (presunto) ghigno o altro che vada a confermare quello che lei stesso pensa di sè.

Spesso è più facile e "comodo" cercare conferme ai propri pensieri e convinzioni ("vedi, è come ho sempre pensato") piuttosto che cercare di disconfermarli.

Cordiali saluti



Dott.ssa Ilaria La Manna
Psicologa Psicoterapeuta - Padova

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Utente
Utente
Grazie delle risposte.
>>> E' come se lei andasse "in cerca" di ogni sorrisino, (presunto) ghigno o altro che vada a confermare quello che lei stesso pensa di sè. >>>
Questo riconosco che sia totalmente vero e che mi stia portando (o mi ha già portato) ad una specie di paranoia; sono arrivato a stupirmi se non succede niente di niente quando sono in pubblico, mi sembra un miracolo che qualcuno mi guardi in maniera normale; forse è questo che può essere modificato in me, quest'attitudine a cercare e ricercare la conferma, il ripetersi di ciò che è avvenuto in passato, ma che (non dimentichiamo) succede spesso ancora. La cosa che mi ferma nel pensare che sia tutto uno scherzo, un mio parto mentale, è pensare che esistono persone, la maggior parte, che ha espresso giudizi oggettivi, pareri inconfondibili nei miei confronti, e tutte le volte che incontro nuove persone, anche se apparentemente non costituiscono una minaccia, sono persuaso che dentro si stiano quasi "trattenendo", o comunque fanno uno sforzo per passarci avanti. Queste sono le uniche (e sono poche!) persone che mi auguro di avere intorno. Accanto a loro rimangono i fantasmi del passato, ma anche i protagonisti del presente, immancabili, ed è estremamente difficile pensare che non sia così, è estremamente difficile non considerarli. A questo punto mi chiedo, forse esagerando ed uscendo fuori dal campo qui discusso, se sia utile uno psichiatra.

>>> inizi intanto a pensare che non dovrebbe lasciarsi influenzare troppo da ciò che crede o pensa, perché non tutto ciò che sentiamo, crediamo fermamente o pensiamo ha un reale valore. >>>
Qui è più complicato, dal momento che io sì mi lascio influenzare spesso da ciò che credo io o che penso, ma sopratutto mi lascio influenzare (e mi chiedo chi riuscirebbe a non farlo) dai fatti, dai comportamenti, che non sono mie credenze, dalle azioni, dalle parole, che sono concrete, è qui il problema.

Non vi è una soluzione, e questo lo capisco, lo accetto, a malincuore.

Grazie
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Dr. Giuseppe Santonocito Psicologo, Psicoterapeuta 16.2k 372 182
>>> Non vi è una soluzione, e questo lo capisco, lo accetto, a malincuore
>>>

Bene, se lei ha deciso che è così, nessuno tenterà di convincerla del contrario. In tal caso un problema di meno.

Come ha detto qualcuno, se hai deciso che si può fare, oppure se hai deciso che non si può fare, avrai lo stesso ragione.
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Dr. Enrico De Sanctis Psicologo, Psicoterapeuta 1.3k 66
Ci tengo a fare alcune precisazioni.
Potrebbe esserci chi continuerà a criticarla o a deriderla purtroppo anche nell'attualità certo. Condivido la sua riflessione, quando sottolinea che non dobbiamo dimenticare che succede ancora e che bisogna accettarlo. Nessuno di noi è esente dal giudizio degli altri. Più ci esponiamo più è così.
Oggi però può rifondare un'idea di sè differente e vedere che i giudizi degli altri, soprattutto quando sono gratuiti e violenti, ci parlano più di loro che di lei. Se penso al bullismo, ad esempio, penso a un esercizio di potere di cui il bullo ha necessità per sè. Questo apre un grosso tema, ci sarebbero tante cose da dire a riguardo.

Il suo possibile intervento di fronte a questa realtà è relativo al peso di questi giudizi reali in funzione di quello che lei pensa di sè oggi. Ed è relativo anche alla possibilità di dare un senso al gesto degli altri. Non può però cambiare il giudizio degli altri, ha ragione, non dipende da lei questo, quanto meno senza un confronto con chi dovesse rendersi disponibile all'ascolto.

Oltre questo, si può riflettere e lavorare relativamente a quello che ci dicevamo sul pregiudizio. Preferisco chiamarlo pregiudizio più che paranoia, che è un'altra cosa, come mi sembra lei stesso riconosca. Questo lavoro su di sè mostra già di farlo, di avere il desiderio di affrontarlo, come testimoniano le sue parole e le sue riflessioni critiche.

Quindi, personalmente, per quello che ho potuto leggere in queste sede, mi rivolgerei a uno psicoterapeuta più che valutare ora l'assunzione di psicofarmaci.
Questo perché il lavoro riguarda il suo mondo interiore e la possibilità di un cambiamento profondo di sè. La possibilità che lei acquisisca fiducia in se stesso e diventi il protagonista del suo vivere, che diventi un "vivere più", non più "strozzato", nella sua legittima e libera espressione esistenziale.

Un caro saluto,
Enrico de Sanctis
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Dr.ssa Ilaria La Manna Psicologo, Psicoterapeuta 282 8 9
Un piccolo pensiero su cui la inviterei a riflettere:
"se penso e mi comporto come ho sempre fatto otterrò quello che ho sempre ottenuto".

Cordialmente
[#14]
dopo
Utente
Utente
Grazie ancora per l'interessamento. Certo, concordo pienamente nel dire che i giudizi altrui, specie quando negativi, rivelano molte cose delle persone, che sia insicurezza, competitività, o semplice sottile bullismo. Riguardo al bullismo credo che sia diverso, in quanto presuppone un almeno minimo livello di cattiveria, crudeltà gratuita, soprattutto fisica, ma anche una certa dose di volontà, coscienza di fare del male, mirato a far soffrire. Io invece mi riferisco a qualcos'altro, che non è mai fisico e a mio avviso quasi inconsapevole, involontario, non è mirato a far soffrire, ci riesce solo indirettamente, grazie ai sentimenti che provoca in chi riceve tali giudizi; ma se per esempio prendiamo le innocenti risatine, le occhiatine, ecco queste non sono (secondo me) vero e proprio bullismo; le vedo più come una spiacevole reazione a certi stimoli che la persona non riesce quasi a trattenere, come quando si guarda una ferita grave; inoltre di solito le persone non vogliono far capire, in questo caso a me, cosa stanno pensando (non ci riescono minimamente..), anche per questo le considero diverse dal bullismo, che forse invece mira ad essere immediatamente riconoscibile, senza peli sulla lingua, o sul pugno.
Ho parlato di paranoia, nella misura in cui la ritengo una distorsione della realtà, riferendomi al fatto che diffido di tutti, di chi anche non costituisce una minaccia, e questi pensieri diventano persecutori.
In effetti, a ben pensarci, non ho molte alternative, ma reputo il tutto troppo difficile, se non impossibile.
Grazie ancora
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Dr.ssa Angela Pileci Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 19.7k 506 41
Gentile Utente,

legga qui: https://www.medicitalia.it/minforma/psicologia/1087-le-abilita-sociali.html
Credo possa aiutarLa.

Cordiali saluti,

Dott.ssa Angela Pileci
Psicologa,Psicoterapeuta Cognitivo-Comportamentale
Perfezionata in Sessuologia Clinica

[#16]
dopo
Utente
Utente
Grazie dell'articolo. Tuttavia devo risponderLe che il mio problema non è strettamente la capacità sociale, ne è la conseguenza. Se non ci fosse tutto questo interessamento in chiave negativa nei miei confronti, non penserei minimamente di soffrire di una qualche fobia sociale. Lasciando un attimo da parte il problema dei giudizi, credo di aver (avuto) una grande capacità sociale, sono reputato simpatico, gentile, un buon ascoltatore. Dopo l'avvento dei giudizi negativi (non è sempre stato così, anzi), rivolgo questa mia capacità sociale solo con chi conosco già, con chi mi posso fidare, con chi sono abituato a interagire. Diciamo che perdo ogni facoltà sociale quando sono solo, o in situazioni affollate con amici. E' il nuovo ad essere diventato nemico e inibisce le mie capacità.
[#17]
Dr.ssa Angela Pileci Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 19.7k 506 41
Appunto, anche questo rientra nella abilità sociale, che è strettamente connessa con la flessibilità. Lei fa fatica ad uscire dalla zona di comfort, invece un training specifico potrebbe metterLa nella condizione di farcela, proprio quando è da solo o teme il giudizio di un eventuale "pubblico" o sconosciuto.

Cordiali saluti,
[#18]
Dr. Enrico De Sanctis Psicologo, Psicoterapeuta 1.3k 66
È bella la distinzione che fa sulle intenzioni nel bullismo.
Non vorrei, però, che sotto sotto pensasse che gli altri non c'entrano, in fondo sarebbe una reazione naturale di fronte a qualcosa di oggettivo come una ferita grave?

La distinzione tra pregiudizio e paranoia la facevo per dirle che quello che vive non è irrimediabile e mi sembra di poter rintracciare in questa sede una sua importante disponibilità all’autocritica e alla riflessione, sue possibili alternative all'interpretazione della realtà cui è abituato, un’apertura per quanto sia difficile, perché non è strano che l’emozione non sente ragione. Sono comunque temi complessi e delicati, che vanno approfonditi dal vivo in relazione ai suoi vissuti.

Cambiare è difficile, sollecita tante emozioni, può disorientare e fare paura ad esempio. Mi piace dire che è una sfida.
Lei dice forse è impossibile. Ma è quel forse che voglio pensare essere la sua apertura, seppur piccola al momento, al possibile.

Un saluto sincero,
Enrico de Sanctis
[#19]
dopo
Utente
Utente
Grazie tante. Certamente gli altri c'entrano, eccome, tuttavia in alcuni casi, li capisco, forse anche io stesso sarei disturbato. Diciamo che ci sono differenti livelli riguardo all' "entrarci": c'è chi reagisce lanciandomi un occhiata un po' strana, ma non si attiva fisicamente e lascia correre; c'è chi, quando è in compagnia, sente il bisogno di far notare ai compagni che c'è qualcosa da vedere di strano; c'è chi in ultima analisi sente il bisogno di fare di più, (non so da cosa derivi) per essere ancora più sfacciato e non lasciare dubbi, tipo indicare e/o deridere apertamente, queste sono le persone che "c'entrano" in maniera maggiore, ma succede meno delle altre situazioni. Insomma c'entrano tutti ma qualcuno c'entra di più degli altri.

L'autocritica ormai non mi manca, semmai eccede in me, mentre sfortunatamente, ed è una delle conseguenze più tristi, ho totalmente perso il senso dell'autoironia, che ho sempre avuto. Ho perso lo scherzo, la leggerezza, un seppur lieve spirito di felicità. Il tutto in generale mi ha portato a fare uso di alcolici in maniera abbastanza costante, senza comunque sfuggirmi di mano.
Purtroppo mi vedo costretto a ritenere che la terapia sia una sfida dove il nemico è fuori dal mio controllo, e per quanto mi sforzi non si può arrestare, si può solo sopportare. Potrebbe diventare (forse lo è già diventato) un sopravvivere, non più un vivere.

Grazie
[#20]
Dr. Enrico De Sanctis Psicologo, Psicoterapeuta 1.3k 66
Mi ha fatto venire in mente un importante psicoanalista argentino molto originale nel suo pensiero, di nome Salomon Resnik, tuttora vivente.
Prima di salutarci, mi fa piacere trascriverle un breve brano tratto da un suo volume intitolato Il teatro del sogno, in cui egli riporta il pensiero di una famosa psicoanalista di origine viennese, ma inglese di adozione, di nome Melanie Klein.
Resnik dice: "Nel 1959, Melanie Klein, interrogata su che cosa pensasse del vuoto, rispose: una volta avevo in analisi un bambino che entrò nella stanza di gioco con molta cautela e paura, guardandosi intorno. Gli chiesi come sentiva quel posto e lui mi rispose: 'Vuoto'. Insistei: 'Ma come vuoto, se ti guardi intorno con tanta apprensione?' Allora lui mi rispose: 'Sì pieno, di cose che mi spaventano'. 'E quindi vuoto di amicizie?' 'Sì'."

Vuoto di amicizie o, potremmo dire, pieno di nemici. E ricercando quell'autoironia, la leggerezza e uno spirito di felicità, sono sicuro che potrà fare un po' di spazio per il gioco e per gli amici. Non più in uno stato sopravvivenziale, ma esistendo.

Un grazie per questo scambio e per l'interesse condiviso nel nostro dialogo. 

I più cari auguri,
Enrico de Sanctis   
Ansia

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