Cambio terapeuta

Gentili dottori,

Scrivo perché è da un po' di tempo che penso che il rapporto con il mio terapeuta si sia deteriorato. Sono in cura da lui da giugno e l'indirizzo è quello cognitivo comportamentale. Era la prima volta che intraprendevo un percorso con tale orientamento, tuttavia debbo dire che i risultati stentano ad arrivare.

Mi sono reso conto nel tempo che per una serie di fattori il rapporto con questo professionista non si avvalga della necessaria fiducia da parte mia nei suoi confronti e che non si sia sviluppata quella sana alleanza terapeutica che dovrebbe essere alla base del rapporto terapeuta-paziente e che possa influenzare in modo positivo i risultati della terapia stessa.

L'onorario che percepisce purtroppo non mi permette di rendere il setting stabile, come invece ero abituato nelle precedenti terapie in cui sapevo di avere uno spazio a settimana per me, con il mio orario ed il mio giorno fisso, tranne casi eccezionali, ma che comunque garantiva 4 sedute a mese, numero per me ottimale.

La terapia in questione invece risulta molto "spezzettata" con appuntamenti da una settimana ad un'altra e poi vuoti di anche sedici giorni, insomma già quest'aspetto mi spingerebbe a cambiare. Poi ci sono stati diversi momenti in terapia in cui non ci si è trovati d'accordo e a mio parere un'incapacità da parte sua a individuare il nucleo dei problemi che esponevo, oltre al fatto che ho dovuto sopportare attese di più di un'ora prima di entrare in studio e sinceramente non mi era mai capitata una cosa del genere.

Insomma tutti questi motivi ed altri hanno fatto si che maturassi questa decisione, anche se un briciolo di insicurezza c'è ancora. Restando ancorati al principio che più che il metodo che si usa, importante in terapia è la relazione che si instaura, non posso dire di ritenermi soddisfatto. Oltre ad avere maturato questa scelta, avrei deciso di tornare dalla mia prima terapeuta che invece impostava la terapia secondo un approccio rogersiano, che al tempo mi piacque molto, dopodichè negli ultimi tempi, dopo tre anni di terapia con lei, vidi che eravamo giunti ad un punto morto per cui decisi di cambiare.

Oggi, col senno di poi, ho potuto constatare quanti miglioramenti ottenni con questa professionista e quanto il rapporto fosse migliore che con altri terapeuti avuti in seguito, compreso quello di adesso. Adesso i miei dubbi sono questi, a vostro parere è possibile che questa terapeuta non mi accolga più in terapia dal momento che è passato tanto tempo e che ci "salutammo" in un modo un pò brusco, oppure professionalmente si tende a non portare rancore e si ri-accettano pazienti in terapia anche dopo tanto tempo?

Inoltre soffrendo io di disturbo bipolare, che esplose in maniera chiara un anno dopo la fine del rapporto con questa terapeuta, lei sarà in grado lo stesso di gestirmi o sto solo mitizzando un professionista sulla base dei miei ricordi, ma che in realtà lavorava sul "facile" non essendo ancora esplosa la malattia?

Cordialmente.
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Dr.ssa Flavia Massaro Psicologo 12.5k 233 114

Gentile Utente,

il rapporto con lo psicologo è prima di tutto un rapporto di natura professionale: se la sua precedente terapeuta le portasse rancore per aver interrotto bruscamente il rapporto, invece di analizzare i motivi per i quali si è allontanato, non sarebbe in grado di occuparsi adeguatamente di lei, perchè si lascerebbe guidare da emozioni che nascono sul piano personale invece di approfondire in maniera più consona l'accaduto.

Trattandosi anche ovviamente di una persona che ha i propri sentimenti può essere rimasta male per il suo brusco allontanamento, ma deve essere in grado di superare questo eventuale vissuto e di elaborarlo su un altro piano per comprenderlo assieme a lei ed esserle nuovamente d'aiuto, come già lo è stata in passato.

Non vedo quindi ostacoli alla possibilità di ritornare in terapia da lei , tanto più se con l'attuale terapeuta si trova male e non riesce nemmeno ad effettuare un numero di sedute adeguato perchè non le ha dato la possibilità di concordare una tariffa alla sua portata.

Psicoterapia a parte, al momento è anche in terapia farmacologica?

Dr.ssa Flavia Massaro, psicologa a Milano e Mariano C.se
www.serviziodipsicologia.it

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dopo
Utente
Utente
Gentile dott.ssa Massaro,

La ringrazio per la veloce risposta! Mi ha molto rincuorato leggere le sue parole, mi da una speranza in una situazione che al momento vivo come difficilissima. Sono seguito farmacologicamente da uno psichiatra, tuttavia la terapia non sembra fungere. Da quando sono in cura da lui, quasi un anno, nonostante la presenza in terapia di numerosi stabilizzanti del tono dell'umore, non ho evitato almeno tre ricadute, sempre depressive, senza contare che il resto del tempo l'ho passato più o meno sempre depresso, quindi più in generale un quadro di depressione cronica con risacerbazioni periodiche. L'ultima, quella che sto vivendo ora, mi ha portato alla sfiducia nel mio attuale psicoterapeuta, prendendo soprattutto ad esempio il fatto che in tutti questi giorni (la ricaduta dura ormai da almeno un mese) ho sentito il bisogno di rivolgermi a lui una sola volta cosa che non accadeva mai con la prima terapeuta, con cui quando stavo male si cercava di capire il senso di quello che stava accadendo. Mi sono affidato invece molto alla terapia farmacologica, ma vedo che purtroppo non sta dando i suoi frutti, per questo motivo ho un appuntamento a breve con lo psichiatra per valutare la situazione e, sinceramente, anche provare a mettere in discussione la diagnosi di bipolarità, in quanto episodi maniacali franchi non sono mai verificati, mentre invece abbondano quelli depressivi. La situazione del momento, come dicevo, è abbastanza tragica, vedo tutto nero, penso che la vecchia terapeuta non mi accoglierà, penso che sto facendo un errore cambiando terapeuta, però d'altro canto vedo questa situazione come stagnante e mi sono riproposto con l'inizio dell'anno di dare una "smossa" a questa situazione agendo fin dove mi è possibile, dal momento che ho passato il capodanno chiuso in casa ed ho quasi rasentato il suicidio (cosa mai avvenuta in tanti anni di terapia), i pensieri sono molto tetri e il tema della morte è spesso presente, le dico solamente che spero che ogni giorno finisca il prima possibile e mi metto a letto subito la sera per prendere sonno ed evitare di pensare. In tutto ciò però, come dicevo, lei mi ha dato un'importante speranza. Secondo lei si può dire che la prima terapeuta abbia avuto qualche merito o devo attribuire meramente i successi di quella terapia rispetto alle successive semplicemente per il fatto che con il tempo e con la patologia sono diventato più ingestibile? La ringrazio ancora per l'attenzione, cordialmente.
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Dr.ssa Flavia Massaro Psicologo 12.5k 233 114
Immagino che la sua precedente terapeuta abbia avuto dei meriti, se lei si è sentito ascoltato, accolto e aiutato - almeno fino al momento in cui ha deciso di cambiare percorso.
Se così non fosse non le verrebbe nemmeno in mente di rivolgersi nuovamente a lei, ma penserebbe di cercare direttamente qualcun altro: non crede?

Prima della ricaduta che sta attraversando che opinione aveva dell'attuale terapeuta? Si trovava bene o ha cercato di farselo andare bene, anche considerando che - se non ho capito male - non ha potuto impostare con lui un lavoro continuativo?
Le attese fra una seduta e l'altra, i ritardi, il costo eccessivo e soprattutto la sua impressione che il terapeuta non abbia centrato il problema mi sembra non depongano a favore dell'idea di continuare la TCC attuale, a meno che lei non mi dica che queste considerazioni sono sorte solo nell'ultimo mese e che prima era soddisfatto del percorso intrapreso.

Riguardo alla terapia farmacologica forse sarebbe forse utile che lei chiedesse un secondo parere ad un altro psichiatra, se quanto le dice il medico attuale non la convince.
Quando vi vedrete?
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dopo
Utente
Utente
Gentile dott.ssa Massaro,

Grazie ancora per la risposta, cercherò di rispondere alle sue domande. La scelta di tornare dalla vecchia terapeuta è stata in un certo senso strategica: ho pensato che fosse la migliore di quelli avuti fin ora. D'altro canto ho pensato che cercarne un altro poteva essere un ulteriore dispendio di tempo nella possibilità di non trovare subito quello adatto e quindi di conseguenza anche un dispendio economico non indifferente, senza contare il fatto che non saprei proprio da chi farmi indirizzare nella scelta di un eventuale nuovo terapeuta. Quindi da un lato è una scelta strategica, dall'altro è sicuramente come dice lei, se non mi fidassi ancora della mia vecchia terapeuta e se non fossi almeno un minimo sicuro che potrebbe giovarmi, non mi rivolgerei di nuovo a lei...tuttavia restano i dubbi sul fatto che mi voglia riprendere, nonostante le sue rassicurazioni, e soprattutto non so come reagirei a questo "colpo". Prima della ricaduta avevo un'opinione del mio attuale terapeuta piuttosto neutra, percepivo il distacco dalla sua figura, alcuni atteggiamenti in terapia non mi piacevano affatto, ma non stando male come adesso quello che dicevo dentro di me era più o meno "è senza infamia e senza lode, mi sembra di stare buttando i soldi...ma vediamo se con il tempo le cose si aggiustano", ebbene, le cose non si sono mai aggiustate. Si può dire quindi tranquillamente che ho cercato di farmelo andare bene, perchè tralaltro mi era stato consigliato dallo psichiatra ed avevo ritrosia a interrompere la terapia così, ma i miei dubbi nacquero non appena finì la prima seduta quando scoprì il suo onorario che era esattamente più del doppio di quello della vecchia terapeuta, già da quel momento nacquero i primi dubbi soprattutto sulla possibilità di intraprendere una terapia continuativa con questo professionista, in seguito per questo motivo concordammo due sedute al mese che evidentemente non mi sono sufficienti dal momento che tra le altre cose perfino lui non si ricordava quale argomento avevamo trattato nella seduta precedente..ennesima cosa che mi lasciava e mi lascia tutt'ora sconcertato perchè mai capitato in tanti anni di psicoterapia. Già dai primi incontri uscivo dallo studio sempre arrabbiato per qualche motivo..l'attesa..l'onorario..le varie incomprensioni..il metodo utilizzato..ecc..Per quanto riguarda la terapia farmacologica domani vedrò il mio psichiatra e cercherò di essere abbastanza perentorio sul fatto che qualcosa deve cambiare perchè così le cose non vanno..è una persona molto umana, ma ha un modo di lavorare molto rigido che alcune volte cozza con la mia esigenza di flessibilità, ma le devo dire la verità non mi va l'idea di cambiare l'ennesimo curante, anche perchè si dice che quello da cui sono in cura adesso sia molto bravo, anche se fino ad adesso mi ha fatto stare abbastanza "come un cane", i miei genitori stessi sono restii ad altri cambiamenti, il loro messaggio è del tipo: questo da cui vai adesso è bravo, è l'ennesimo, fatti andare bene questo. Altra paura è che non solo domani lo psichiatra non mi adegui la terapia farmacologica, ma che sia anche riluttante a farmi cambiare terapeuta, avendomelo consigliato lui. In questo caso dottoressa, che dice, potrei comunque "scavalcarlo" e pensare che comunque in fin dei conti è una decisione che spetta a me o dovrei seguirne le indicazioni? Grazie ancora per l'ascolto dottoressa, cordialmente.
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Dr.ssa Flavia Massaro Psicologo 12.5k 233 114
Se questa era già la sua opinione prima che il tono dell'umore scendesse:

"è senza infamia e senza lode, mi sembra di stare buttando i soldi...ma vediamo se con il tempo le cose si aggiustano"

direi che dall'esterno sembra una buona idea che lei cambi e torni da chi l'ha seguita con modalità sicuramente differenti in precedenza.

Visto che non si trova bene con lui e nemmeno lo psichiatra che gliel'ha consigliato la convince, perchè non cambiare direttamente entrambi?
Il mio è solo un suggerimento, sta a lei decidere ma ci pensi.

Riguardo alla precedente terapeuta, quando pensa di contattarla?
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dopo
Utente
Utente
Gentile dott.ssa Massaro,

Grazie veramente molto per l'interessamento, le sue parole stanno diventando per me motivo di riflessione, anche se, come detto, alcune decisioni erano già in parte maturate avere il parere esterno di un addetto ai lavori è sempre molto importante, secondo me. Per esempio il suo suggerimento riguardo al cambio anche dello psichiatra mi ha in un certo senso messo in crisi, nel senso buono del termine, ed ha suscitato in me dei dubbi costruttivi. Dico la verità, per quanto il professionista in questione sia blasonato e mi ha ripreso più o meno l'anno scorso che ero uno straccio, nel corso dei mesi l'idea di cambiare anche lui mi è balenata in testa ma erano solo accenni che peraltro quando comunicati alla mia famiglia ricevevano una forte opposizione. Tralaltro consideravo il fatto che questi due professionisti lavoravano a stretto contatto, avendo l'uno consigliatomi dell'altro, e in testa a me "pareva brutto" rimanere con uno solo dei due, peggio ancora liberarmi dello psichiatra e restare solo con il terapeuta, lo so, probabilmente sono considerazioni stupide e soffro di "eccessivo formalismo" (veda anche la questione della vecchia terapeuta, se contattarla o meno..se mi possa accettare o meno..ecc..),fatto sta che restavano solo considerazioni del momento che magari dopo un pò attribuivo al mio star male. Se devo d'altronde vedere e fare un resoconto di questi nove mesi con il mio psichiatra, per quanto si dica che è bravo ed esperto di disturbo bipolare, il resoconto non può purtroppo essere positivo. La gente continua a scalzarmi, a realizzare obiettivi, ad andare avanti nella vita, a divertirsi e riescono ad avere relazioni soddisfacenti..io invece mi sto solo buttando via e questa non è una considerazione di uno che sta semplicemente male, purtroppo altre persone intorno a me non hanno potuto che darmi ragione, soprattutto conoscendomi da tanti anni e ricordandosi com'ero prima della malattia. Quindi per quanto riguarda il cambio anche dello psichiatra non saprei, dovrei intraprendere una crociata soprattutto qui a casa dove hanno molta fiducia di lui ed io purtroppo per certi versi sono sottomesso alla mia famiglia, anche per il fatto che sono loro a corrispondermi economicamente la terapia stessa. Per quanto riguarda la terapeuta,domani dopo aver parlato con lo psichiatra di questa situazione, se dovesse avallare la mia scelta di cambiare e ritornare dalla precedente terapeuta, spero di riuscire poi a contattarla anche dopodomani, mentre qualche difficoltà in più ho ad immaginare a come "troncare" il rapporto con il terapeuta attuale: dirgli che sono in un periodo di ristrettezza economica? DIrgli che non mi trovo più bene con lui? Se potesse dottoressa darmi una linea di azione perchè non so assolutamente come ci si comporta in queste situazioni, per me sono molto imbarazzanti...Se volesse rispondermi a questa domanda, per il resto l'aggiornerò sugli sviluppi, anche perchè domani è appunto l'incontro con lo psichiatra e penso che se dovessi uscirne in maniera poco proficua sicuramente sarò costretto a prendere quantomeno in considerazione la sua ultima ipotesi. Grazie ancora molto e cordialmente.
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Dr.ssa Flavia Massaro Psicologo 12.5k 233 114
Per quanto un professionista possa essere quotato e stimato non è mai possibile prevedere quali saranno i risultati che otterrà nel singolo caso perchè non tutti gli psicologi e psichiatri sono adatti a lavorare con ogni singolo paziente, come vale per qualsiasi altro tipo di professionista al quale una persona si può rivolgere.

La decisione su quali professionisti debbano occuparsi di lei è solo sua: faccia presente ai suoi familiari che non vede risultati - anzi! - e che per questo sta pensando di rivolgersi altrove.
Visto che stanno sostenendo economicamente il suo percorso di cura è loro interesse anche da questo punto di vista (oltre che da quello affettivo) che lei non sia seguito da chi non ha la sua fiducia.

Per quanto riguarda ciò che potrebbe dire allo psicoterapeuta attuale comprendo che sia difficile per un paziente affermare chiaramente che desidera interrompere un percorso perchè non vede risultati, ma il terapeuta in questione ha con lei un rapporto esclusivamente professionale e deve essere preparato alla possibilità che un paziente decida di non farsi più seguire da lui. Gli sarà già sicuramente successo, come a tutti, di perdere dei pazienti non soddisfatti e se è una persona intelligente apprezzerà il fatto che lei gli dica che vuole cambiare perchè non vede risultati dopo 6-7 mesi di TCC piuttosto che vederla "scomparire" o nascondersi dietro a qualche scusa.
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Utente
Utente
Gentile dott.ssa Massaro,

Scrivo perchè volevo aggiornarla sulla situazione. Purtroppo, come pensavo, la mia vecchia terapeuta non ha potuto riprendermi in carico, tuttavia mi ha consigliato una sua collega a detta sua molto in gamba, che tuttavia non mi sono sentito di contattare, dal momento che ho letto essere molto giovane e dal momento che mi era sembrato più un ripiego. Ho preferito invece farmi consigliare da una mia amica che sta seguendo un corso di psicodiagnosi con un tutor, di chiedere a questa mia amica di farsi indicare il nome di una terapeuta dal tutor stesso. Ebbene, il tutor dopo aver sentito la mia storia a grandi linee da questa mia amica, le ha consigliato un solo nominativo ritenendolo il migliore rispetto a quello che la mia amica gli aveva raccontato. Nel frattempo ho dovuto dire al mio attuale terapeuta che non ce l'avrei fatta a continuare a sostenere la terapia con lui che pur essendo dispiaciuto non ha potuto fare altro. Comunque, per venire alla terapeuta consigliata, mi è stato detto che è molto in gamba, che ha grande esperienza, ma "purtroppo" segue un orientamento analitico junghiano. Adesso, non voglio assolutamente screditare tale orientamento, ci mancherebbe, tuttavia non posso fare a meno di notare come questo sia completamente differente da quello che stavo facendo fino a poche settimane fa! Inoltre purtroppo leggo di esperienze non facili con tale tipo di terapia, di tempi assai lunghi e di risultati non sempre efficaci e questo penso mi stia facendo partire con il piede sbagliato verso questa terapia. E' giusto che io abbia queste riserve? Oppure, come si dice, quello che veramente conta per il successo di una terapia è il rapporto che si instaura piuttosto che la tecnica e/o l'orientamento clinico del terapeuta stesso? Non vorrei che mi si presentassero per esempio, al momento che io ponga una tematica ossessiva-fobica al terapeuta, concetti astrusi ed avulsi dalla realtà come il logos, l'animus, ecc..Mi rendo conto che questo approccio lavora così, ma mi rendo anche conto che vorrei un sostegno anche basato su "dati di fatto". Alla luce di ciò, portando io queste riserve e dubbi in terapia, forse vale la pena di disdire questo primo appuntamento e magari cercare un terapeuta ad altro indirizzo? Non so, sono molto in confusione, confido in una sua risposta per cercare di districare questi dubbi. In attesa di un suo riscontro, cordialmente.
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Dr.ssa Flavia Massaro Psicologo 12.5k 233 114
Una psicoterapia di orientamento psicoanalitico è sicuramente molto lontana dalla Terapia Cognitivo-Comportamentale che ha effettuato negli ultimi 6 mesi, ma è altrettanto vero che ha abbandonato la TCC perchè non stava ottenendo nessun risultato.

Il mio consiglio è quello di non disdire l'appuntamento, ma di presentarsi a questo primo colloquio per conoscere la dottoressa e porle tutte le domande che ritiene utile rivolgerle sul tipo di trattamento che eroga.

Fra le varie terapie che ha effettuato in passato si è mai sottoposto ad una psicoterapia psicodinamica/psicoanalitica?
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dopo
Utente
Utente
Gentile dott.ssa Massaro,

La ringrazio ancora per l'interessamento. In passato ho seguito una terapia sistemico-relazionale con un terapeuta molto bravo che mi seguiva anche farmacologicamente, da questo punto di vista un pò carente. La mia prima terapeuta, a cui mi sarei rivolto, era di stampo rogersiano, quindi una vera e propria terapia psicoanalitica in effetti no. Non nego infatti che mi incuriosisce tentare quest'altra strada e come dice giustamente lei la tcc non ha apportato risultati di rilievo. Penso quindi che seguirò il suo consiglio e mi presenterò comunque a questo primo incontro nella speranza che non sia eccessivamente "dottrinale" ma comunque ancorato in qualche modo alla mia sintomatologia.Inoltre porrò tutte le domande, tra cui i miei dubbi su questo tipo di terapia e cercherò di vedere lei come reagisce. Le sembra una buona strategia?Cordialmente.
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Dr.ssa Flavia Massaro Psicologo 12.5k 233 114
Direi di sì. Avendo provato altri tipi di terapia senza risolvere del tutto i suoi problemi, che sono anzi recentemente peggiorati, si può pensare che la strada della psicoterapia psicodinamica/psicoanalitica che non ha mai intrapreso sia quella giusta per lei.
Quando ha il primo appuntamento?
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dopo
Utente
Utente
Gentile dott.ssa Massaro,

Spero davvero che sia come dice lei e che questa sia la terapia risolutiva, parto comunque dal presupposto che qualcosa debba mettercela anche io..Il primo incontro è lunedì, magari le faccio sapere quale sarà la prima impressione!
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Dr.ssa Flavia Massaro Psicologo 12.5k 233 114
Certo, mi faccia sapere e non dimentichi di porre alla mia collega tutte le domande che le interessa rivolgerle sul tipo di percorso che potrete fare insieme.
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dopo
Utente
Utente
Gentile dott.ssa Massaro,

Non le ho scritto più da subito dei seguenti sviluppi anche perchè avevo immaginato di aver trovato una professionista affidabile..nulla di più falso. Neanche dopo il tempo di tre sedute che questa sedicente "professionista" si è riservata come tempo per valutare se iniziare dopo queste sedute, una vera e propria terapia in modo continuo..costringendomi, in un periodo di forte instabilità e prostrazione, a grandi ansie quasi tutti i giorni nella speranza che alla fine della fatidica terza seduta avrebbe detto "per me la terapia può proseguire tranquillamente ci vediamo settimana prossima.." o qualcosa del genere, ha ben pensato di rinviare tale decisione alla quarta seduta, provocando in me una certa rabbia a tale punto, rabbia che peraltro ho pensato di esplicitare in terapia per correttezza e per avere materiale su cui lavorare. Non contenta di ciò, dalla terza seduta ha iniziato anche ad insistere sulla necessità di lavorare due volte la settimana, ma date le difficoltà economiche ed il prezzo non propriamente basso già di per sè della seduta singola, le ho espresso chiaramente che non mi sarebbe stato possibile e che non lavorando (anche perchè il mio stato attuale a stento mi consente di alzarmi dal letto e tentare di studiare 6-7 pagine di qualsivoglia libro..figuriamoci trovare e mantenere un lavoro) non me le potevo permettere. Ebbene, giunti alla quarta seduta ha deciso di offrirmi un'altra prodezza dopo aver sciolto il veto sul prosieguo della terapia, accettandomi di fatto, ma ferma nel dire che nonostante le mie difficoltà si sarebbe proceduto una volta alla settimana con la prospettiva "di farne comunque due", al che abbastanza contrariato le ho detto che a casa avevano escluso chiaramente questa possibilità, non fosse altro che la dottoressa avrebbe percepito in un mese con due sedute alla settimana, più o meno la metà del mensile di mio padre..bah, fatta presente questa cosa ha subito insistito perchè cercassi e trovassi un lavoro. La mia non vuole essere una critica generale alla categoria ma veramente, ogni tanto sembra che ci siano dei professionisti che, come diceva una mia professoressa alla triennale di psicologia, soffrano di "diniego della realtà": in un contesto storico come quello attuale dove neanche laureati di materie che precedentemente davano tanto lavoro, riescono a trovarlo, con quale coraggio si va a dire ad una persona sofferente già di per se di trovarsi e mantenere un lavoro? Misteri..Comunque giusto per concludere in bellezza, alla fine della seduta mi fa "..ci vediamo lunedì prossimo e in seguito al prossimo lunedì, alla fine di marzo a causa di miei impegni pregressi", al che ho un sobbalzo. Impegni pregressi? Non metto in dubbio, ma non penso sia la cosa più corretta del mondo dirlo dopo 4 sedute quando magari già li si conosceva essendo "pregressi", ed in secondo luogo lasciare un paziente già di per se sofferente, così, per un mese e mezzo? Ho chiamato immediatamente il giorno dopo a codesta dottoressa, non appena ho analizzato un attimo la situazione a freddo, esprimendole il mio più completo disaccordo e salutandoci così di fatto. Tutto questo per raccontarle l'ennesimo fallimento con la categoria, ero andato via da un terapeuta oneroso e me ne trovo una che apparentemente non lo è, ma fa di tutto per diventarla imponendomi due sedute a settimana. Sfiducia a maggior ragione, dal momento che l'ultima dottoressa mi era stata consigliatissima e riferita come bravissima, meno male...A casa purtroppo la sfiducia già di base presente nei miei verso la categoria aumenta e, a malincuore, debbo dire anche la mia. Mi preparo a fare l'esame per l'abilitazione alla professione ma devo dire sono molto scoraggiato se questo è l'ambiente ed inevitabilmente questo sta avendo ripercussioni negative sulla possibilità di proseguire in quest'ambito. E' due anni che giro e i tentativi terapeutici son stati uno più disastroso dell'altro. A questo punto non so neanche se valga la pena continuarne a cercare uno per me, purtroppo so bene che la motivazione è requisito fondamentale per l'inizio di un percorso, la mia condizione di base e recenti esperienze non aiutano. L'unica cosa che mi spinge rimane la curiosità quanto meno di chiedermi ancora il perchè di alcuni miei comportamenti, il non uscire la sera, il non riuscire ad intraprendere nulla e portarlo a termine, alcune cose su cui forse i farmaci non possono lavorare o per lo meno in associazione ad un percorso che magari contribuisca a limare le mie difficoltà interpersonali tra le altre cose...Mi scusi per lo sproloquio dottoressa, è passato quasi un mese e non so se legge ancora il post, l'unica domanda che le posso porre è : vale la pena di tentare ancora? O è meglio soprassedere ed aspettare tempi migliori (quali poi..)? La ringrazio comunque per l'attenzione mostratami, cordialmente.
[#15]
Dr.ssa Flavia Massaro Psicologo 12.5k 233 114
Caro Utente,

in realtà quello che racconta fa parte della normale prassi: alcune sedute preliminari (durante le quali si osserva il paziente e si effettuano a volte dei test) necessarie a inquadrare il caso e una proposta che non mi sembra strana (2 sedute a settimana), se il suo malessere è intenso e richiede un lavoro di una certa intensità.
Se ho capito bene e lei ha ricevuto una diagnosi di Disturbo Bipolare dallo psichiatra 2 sedute sono con tutta probabilità necessarie per lavorare con efficacia sul suo caso.

A proposito dello psichiatra, lo ha rivisto? Che terapia farmacologica sta assumendo? Gliel'ha modificata o è sempre la stessa?

Tornando alla psicoterapia, il problema nel suo caso mi sembra più che altro economico e se non ci fosse questo ostacolo non so se avrebbe qualcosa da obiettare.
Immagino che l'esortazione a cercare un lavoro avesse il senso di responsabilizzarla rispetto alla terapia e alla spesa che questa richiede, ma immagino anche che se non riesce davvero a fare nulla in questo momento non le sia ancora possibile cercare un impiego.

Sta studiando per l'esame di stato per diventare psicologo?
[#16]
dopo
Utente
Utente
Gentile dott.ssa Massaro,

Grazie ancora per l'interessamento. Si, sto studiando per l'esame per l'abilitazione a psicologo. Lo so, probabilmente starà pensando che un paziente bipolare difficilmente potrà raggiungere successivamente la qualifica di terapeuta e comunque mantenerla dignitosamente, ma dopo anni di studio, alcuni dei quali molto sudati, passati a combattere la malattia, penso di voler almeno tentare di fare l'esame se non altro per una questione di soddisfazione personale dopo anni di sacrificio..poi se riuscirò a prendere l'abilitazione si vedrà, ma allo stato attuale ripongo veramente poche speranze. Per quanto riguarda lo psichiatra, si l'ho incontrato e ci siamo sentiti più volte per telefono, la terapia tuttavia è rimasta pressochè identica, devo dargli atto se non altro che questo stato non propriamente ottimale a livello umorale, è comunque sicuramente meglio delle depressioni cupissime delle cure precedenti a questa, dove l'unico pensiero costante era quello di ricoverarmi e ci siamo andati molto vicino, le fasi up invece ripensate con il senno di poi hanno comunque fatto molti danni, tra cui amicizie interrotte e migliaia di iniziative ed attività iniziate con un entusiasmo ipomaniacale che poi inevitabilmente si spegnevano quasi sul nascere. La terapia è per lo più formata da stabilizzatori del tono dell'umore, mentre invece assolutamente da evitare per il mio curante sono antidepressivi, causa peraltro, a suo dire, delle numerose ipomanie e delle seguenti depressioni nere. Probabilmente avverto anche un bel pò di sedazione dovuta probabilmente alla cura, ma lo psichiatra, almeno in questo periodo, è restio a ridurre i dosaggi, preferisce tenermi ben stabile, tuttavia non è escluso che proverò nel prossimo incontro a chiedergli una riduzione delle dosi, sperando quantomeno che la sedazione in parte sparisca. Per quanto riguarda la psicoterapia mi rendo conto che probabilmente necessito di due sedute settimanali e mi rendo conto che alcuni approcci lo prevedono, ma purtroppo come detto non me la sento in questo periodo di cercare un lavoro, che tralaltro sarebbe inconciliabile con gli orari del tirocinio e di quel minimo di studio giornaliero che devo comunque fare. A casa la situazione non è affatto delle più rosee: i miei in partenza oltre ad essere terribilmente contrari alla disciplina terapeutica, non evitando peraltro di ricordarmelo ogni giorno, tutti i giorni, quanto la categoria sia composta da ciarlatani che parlano del nulla, che è solo "chiacchierologia" applicata e non recedono neanche di fronte alle evidenze che gli fornisco sui vari studi. Non avendo avuto quindi la fortuna che hanno avuto invece molti miei colleghi nell'essere sostenuti dai genitori negli studi e nell'addentrarsi nella professione, oltre la malattia sono costretto a subire anche questo. Mi scusi, non vorrei apparire una vittima ma è solo una parte di quello che sono costretto a sopportare..Pertanto escludono categoricamente di spendere più del "dovuto" per un percorso che "giusto per farlo per me..lo fanno", sennò figuriamoci..Quindi al momento per tutti questi fattori, economico, parentale, di demotivazione, non sono del tutto convinto di intraprendere un nuovo percorso, non è escluso che lo faccia ma purtroppo la decisione alla fine dei conti spetta ai miei essendo loro quelli che la corrispondono economicamente, mi rendo conto tuttavia ogni giorno di più da qualche parte di me, di averne bisogno. Grazie ancora dottoressa, cordialmente.
[#17]
Dr.ssa Flavia Massaro Psicologo 12.5k 233 114
Non credo proprio che il disturbo dell'umore del quale soffre possa rappresentare un ostacolo per il superamento dell'esame di stato, ma che eventualmente possa essere la sedazione che i farmaci le provocano a rendere difficoltoso lo studio (cosa che sta in effetti accadendo).
Se il suo psichiatra ritiene che al momento sia meglio proseguire con la stessa terapia è importante che lei lo accetti e che pensi che tale sedazione può rappresentare il male minore.

Penso che se lei intende occuparsi degli altri nella sua futura pratica professionale abbia due motivi in più per farsi seguire non solo dal punto di vista farmacologico. Prima di tutto deve infatti raggiungere un equilibrio sufficientemente stabile per poter avere a che fare con altre persone che hanno delle difficoltà o anche dei disturbi conclamati (se intende specializzarsi in psicoterapia).
In secondo luogo deve tener presente che la maggior parte delle scuole di psicoterapia includono nel percorso formativo una psicoterapia individuale, e quindi se scegliesse questa strada dovrebbe comunque sottoporvisi.

E' questa la strada che vuole intraprendere?
[#18]
dopo
Utente
Utente
Gentile dott.ssa Massaro,

Anche io in effetti penso che lo studio possa essere continuato anche se con meno "profitto" del solito per via della sedazione, mi reco comunque a studiare quasi tutti i giorni ed ho comunque iniziato la preparazione diversi mesi prima, essendo l'esame a novembre, molti miei colleghi, più veloci di me, avevano addirittura consigliato solo due mesi ma temo che così poco tempo non mi basti assolutamente. Credo inoltre che come dice lei in questo momento il male minore è essere sedati e con un tono dell'umore leggermente deflesso, anche se credo che qualche modifica possa essere ancora apportata nel prossimo incontro. In verità il mio problema non è tanto pensare se la mia patologia di base e la sedazione indotta dai farmaci possano influire sull'esame e sulla preparazione, ma sull'esercizio futuro della professione stessa. So comunque che molte scuole impongono un training, motivo in più, come dice lei, per cercare un supporto già da adesso e che sia possibilmente duraturo, al proposito cercherò di capire anche lo psichiatra che ne pensa. Per concludere rispondo senz'altro affermativamente alla sua domanda, con il condizionale però "è la strada che VORREI intraprendere", al momento, come le ho detto, mi sembra tutto molto difficile. Pensi, ho addirittura paura che la mia tutor, che è conoscenza della mia patologia, mi allontani dal setting di osservazione e partecipazione alle sue sedute, nel caso mi vedesse stare troppo giù magari motivando la decisione che il mio disturbo e il mio umore attuale potrebbero influire negativamente sui pazienti. Spero naturalmente che una cosa del genere non avvenga, ma ho cominciato ad avere anche questa paura. Nel frattempo, per restare più sul pragmatico, ho comunque pensato di attivarmi per cercare un nuovo terapeuta per affrontare tutte le difficoltà quotidiane su cui evidentemente i farmaci da soli non possono agire e quindi cercare di sopperire. Grazie ancora, cordialmente.
[#19]
Dr.ssa Flavia Massaro Psicologo 12.5k 233 114
Se ha questo timore che riguarda la sua tutor perchè non gliene parla e le chiede consiglio?

Per quanto riguarda la scelta di uno psicoterapeuta, se c'è la possibilità che lei si iscriva a una scuola di psicoterapia le consiglio di decidere quale le piacerebbe frequentare e di cercare un terapeuta di quell'orientamento - cosa che comunque le verrà chiesta se frequenterà una Scuola che richiede una psicoterapia personale ai propri studenti.
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dopo
Utente
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Gentile dott.ssa Massaro,

Lei è stata veramente molto gentile e disponibile nell'interessarsi al mio caso, ma dopo quasi un mese dall'ultima replica non so se legge ancora, scrivo comunque. Ho fatto presente le mie difficoltà alla tutor, spiegandole il mio disturbo di fondo, si è dimostrata molto comprensiva. Tuttavia qualche giorno dopo, mi ha fatto notare in seduta, durante l'osservazione, che ero molto giù, veramente tanto, più del solito. Ho dovuto quindi dirle che veramente non so più che fare e che oltre a questo si sommava il fatto che la giornata precedente avevamo ricevuto, dopo una tac effettuata da mio padre, la diagnosi di tumore all'intestino, come se quello che stessi passando non fosse già abbastanza...Comunque la tutor non si è persa d'animo e ha convocato, molto gentilmente devo dire, dimostrandosi veramente interessata, il neuropsichiatra dell'ente per farmi avere un colloquio con lui riguardo la mia terapia e situazione attuale. Com'era prevedibile, e come anche lei dottoressa aveva più volte precisato qui, il neuropsichiatra ritiene che la terapia del mio attuale curante non mi compensi assolutamente. Senza voler entrare nei dettagli farmacologici, il neuropsichiatra la pensava, riguardo ai farmaci e all'impostazione di un'eventuale nuova terapia, in maniera diametralmente opposta al mio attuale curante. In seguito, nel corso dei giorni, sono stati momenti difficili, fatti di spole tra ospedale-turni-casa, con mio padre sempre più nervoso (non posso biasimarlo) e sempre più visibilmente debole e magro. Ho provato un altro approccio psicoterapeutico che non è andato a buon fine e abbiamo deciso, di comune accordo, di non continuare oltre, ma a quel punto è intervenuta mia madre che adesso ha a disposizione dei contatti a cui ritengo di dovermi rivolgere al più presto. Ho un colloquio telefonico con un terapeuta che ci è stato consigliato proprio domani sera e, da canto mio, mi sono, se così si può dire, quasi imposto di "farmi andar bene" questo terapeuta e il rapporto che si verrà a creare, perchè effettivamente non posso continuare a vagare di terapia in terapia e forse proprio quest'aspetto dovrebbe essere posto all'attenzione dello stesso nuovo terapeuta. Per quanto riguarda me, le difficoltà forse si sono amplificate, se ma fosse possibile, rispetto a un mese fa: incapacità totale di trovare concetrazione e studiare (apro il libro malvolentieri e dopo tre pagine chiudo..), vedere mio padre così, a tavola e nella vita di tutti i giorni, è un pugno nello stomaco, il solito ritiro sociale e più in generale totale lassismo su tutto, per concludere in bellezza pensieri catastrofici sul decorso della malattia di papà..che già so come finirà questa storia..Ho avuto qualche giorno fa il colloquio con il mio psichiatra, il quale non è stato avaro di "complimenti" nei confronti del neuropsichiatra con cui ho parlato, adducendo sempre la stessa pappardella "..ti rovinano!..questa gente ti vuole rovinare, come hanno fatto in passato! questa è gente che non sa quello che dice, che non si aggiorna e documenta!"..ecc..ecc..Quindi, per fortuna, siamo riusciti almeno a diminuire un farmaco (che prima mi veniva somministrato a dosi da episodio maniacale acuto..per oltre 3 mesi, passati tutt'altro che maniacali, ma va beh..) e ho risolto che almeno dalle precedenti 14-15 ore di sonno al giorno siamo passati alle attuali 10-11 che per me si può definire già un successo. Adesso la mia domanda è, dal momento che qui a casa continuano, nonostante le evidenze, a credere ciecamente in quello che il mio psichiatra fa, con la prospettiva quindi di dovermelo tenere ancora molto a lungo..c'è almeno la possibilità che una terapia, di qualsivoglia orientamento, riesca a farmi funzionare meglio nella vita di tutti i giorni? Vale a dire, riesca lì dove,evidentemente, la farmacologia non riesce ad arrivare? L'ultimo episodio e poi, giuro, smetto di scrivere, che mi ha lasciato quasi attonito, è stato quando ho riferito allo psichiatra che con le attuali cure non prendo più la macchina da quasi due anni (prima, con cure precedenti ci lavoravo con la macchina...) per fobie e ansia, mi ha quasi imposto di ricominciare il prima possibile, altrimenti il blocco si rende più granitico con il passare del tempo, avendogli fatto notare che non me la sento proprio, sia per mancanza di motivazione che per ansia, mi è quasi passato sopra come un carroarmato dicendomi che devo assolutamente farcela. Mi è sembrato un pò come la vignetta "sono depresso..." "sforzati di non esserlo!"...Insomma a questo punto le ho fatto le domande precedenti perchè ormai, ho perso qualsiasi speranza nella cura farmacologica e in quest'uomo, continuo per la mia famiglia e per inerzia, e vorrei sapere se almeno la psicoterapia possa aiutarmi anche nel superare questo blocco e più in generale altri problemi di quotidianità, cosa che evidentemente la terapia farmacologica non riesce a fare. Mi auguro che legga ancora la discussione e questo post e mi scuso per la lungaggine, cordialmente.
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Dr.ssa Angela Pileci Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 19.8k 506 41
Gentile Utente,

leggendo l'intero consulto e anche i numerosi consulti inseriti in Psichiatria, mi pare evidente che il problema non è affatto nella relazione terapeutica con lo psicoterapeuta, né nella tecnica o metodo applicato, ma probabilmente nella diagnosi che è stata posta, oltre a considerare il fatto che non tutti i pazienti sono adatti alla psicoterapia.

Questo potrebbe giustificare il fatto che Lei, dopo aver cambiato numerosi curanti per quanto attiene alla psicoterapia non ha ancora apprezzato miglioramenti. Me lo lasci dire: mi pare anche scontato che per una patologia psichiatrica importante come la Sua Lei non abbia visto benefici con la psicoterapia, perché sappiamo bene che il DB è uno scoglio sul quale si arenano tutti i protocolli di terapia cognitivo-comportamentale. Non sorprende dunque se non ha avuto beneficio con la psicoterapia e non Le suggerisco di cambiare e passare da uno psicologo psicoterapeuta ad un altro. Sarebbe comunque un errore e una perdita di tempo.

Quindi ciò che occorre è uno PSICHIATRA di Sua fiducia.

Ciò che potrebbe aiutare, e nella mia esperienza con pz che riportavano la Sua stessa diagnosi di DB, è la psicoeducazione al pz. e parenti sulla ciclicità del disturbo, sui segnali di viraggio, ed eventuali exit strategies e poter poi responsabilizzare anche i familiari nel crearle attorno una "rete di monitoraggio" per la valutazione di eventuali segnali precoci di viraggio.

Ma si tratta di una patologia psichiatrica e deve rivolgersi allo psichiatra.

Spero di esserLe stata utile.
Cordiali saluti,

Dott.ssa Angela Pileci
Psicologa,Psicoterapeuta Cognitivo-Comportamentale
Perfezionata in Sessuologia Clinica

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dopo
Utente
Utente
Gentile dott.ssa Pileci,

La ringrazio per l'intervento, ma come ho detto sono già in cura farmacologica, forse lei intendeva dire uno psichiatra di mia fiducia che evidentemente non può essere l'attuale, visto che non riesce a compensarmi? In tal caso ho comunque domani un colloquio telefonico con un terapeuta che è anche psichiatra quindi potrei avere un altro feedback sulla cura farmacologica attuale. Sinceramente aldilà della farmacologia, che nel disturbo bipolare è il cardine ci mancherebbe, non pensavo di non poter usufruire di una psicoterapia o che questa debba essere improntata a una mera psicoeducazione, non mi fraintenda non sto dicendo che la psicoeducazione sia inutile, dannosa o sterile, semplicemente penso di avere molte questioni che non possono esaurirsi nella cura farmacologica. Il mio attuale curante, pur essendo un organicista convinto, ha sempre incoraggiato me verso la psicoterapia ed io stesso d'altronde mi accorgo di come modalità disfunzionali nelle relazioni interpersonali, in alcuni processi di pensiero, nella motivazione a fare, in alcune fobie (guidare..), non possano scomparire "semplicemente" dando il farmaco. Per intenderci, figuriamoci, per me sarebbe assai più facile ingerire la pillola, aspettare che la cura faccia il suo corso (cosa che poi non avviene) e contenga il mio disturbo, ma così purtroppo non è, ed io debbo credere che allora ci dev'essere un'altra via, ci dev'essere per forza, e questa può essere la psicoterapia secondo me. L'alternativa a questa, se io non fossi, come tanti altri pazienti, necessariamente un buon candidato alla terapia, sarebbe quella di cambiare psichiatra ma come ho detto nel precedente post, questo mi è difficile per una serie di ragioni, personali, familiari, ecc..e pertanto accetto questa cosa con malcelata passività. Oltre alla domanda iniziale, cioè se lei intendeva dire di trovarmi uno psichiatra perchè avesse pensato che io non lo avessi o di cambiarlo perchè non di mia fiducia, vorrei chiederle se per diagnosi, avendo letto i miei precedenti post, lei intendesse quella di bipolare o altro? Specifico comunque che seppur bipolare, non ho mai sofferto di fasi maggiori, pertanto il mio psichiatra mi classifica come bipolare II con sfumate ipomanie. Cordialmente e grazie per l'attenzione.
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Dr.ssa Angela Pileci Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 19.8k 506 41
Gentile Utente,

La risposta che ho scritto sopra e che ribadisco è ciò che in coscienza credo sia opportuno fare.
Mi pare evidente che lei non sappia che cosa intendo per psicoeducazione per lei e per i suoi familiari che in effetti sono in difficoltà , ma se le dicessi di cambiare ancora terapeuta non farei il suo bene.
Come vede nessun terapeuta ha funzionato con lei ma nessuno può impedirle di fare una altra psicoterapia.
Soltanto ritengo che per la sua diagnosi cioè quella da lei riportata di DB non sia opportuno un altro tipo di intervento : psicoeducazionale e soprattutto farmacologico.
Per quanto riguarda la modificazione di pensieri ecc... è opportuno il ricorso allo psichiatra e alla terapia farmacologica perché la diagnosi è di DB e non si tratta di una fobia.

Cordiali saluti
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Dr.ssa Flavia Massaro Psicologo 12.5k 233 114
Carissimo,

mi spiace molto sapere della malattia di suo padre e le auguro che, nonostante tutto, possa esserci ancora la speranza di un suo miglioramento.
Vederlo stare male non può che incidere negativamente sul suo stato d'animo: in questo momento non ci voleva proprio un'altra preoccupazione così grave e le occorre molta forza per far fronte a tutto.
Anche per questo motivo ribadisco che è necessario che lei possa contare su un medico curante che le consenta di trovare un equilibrio, cosa che attualmente non sta succedendo, e che le scelta è solamente sua.
Perchè non si rivolge allo psichiatra dell'ente dove fa il tirocinio? Le ha fatto una buona impressione e penso che valga la pena di prenderlo in seria considerazione.
Nessuna psicoterapia infatti può compensare una terapia farmacologica inadeguata (fermo restando che questa valutazione non può essere effettuata da qui e da uno psicologo), ma è chiaro che se, ad esempio, la sedazione fosse eccessiva, non potrebbe esistere una psicoterapia che la "svegliasse" dal torpore indotto dai farmaci.

Riflettendo su tutto quello che ha scritto comprendo che il suo stato di malessere la stia portando ad essere molto sfiduciato e anche polemico rispetto alla categoria degli psicoterapeuti, atteggiamento dovuto al grande bisogno di risposte e di sollievo, ma non ha alcun senso che passi da una psicoterapia all'altra perchè prova rapidamente delusione o scetticismo verso il terapeuta che si trova di fronte a lei in quel momento.
E' necessario che si affidi a qualcuno e che non attenda che questo qualcuno abbia immediatamente in mano la chiave per la sua guarigione. E' anzi probabile che il lavoro su di lei sarà complesso, non rapido, di una certa intensità (le "famose" due sedute a settimana, che in certi casi sono il minimo per vedere dei risultati).
Immagino che lei abbia scelto di studiare Psicologia perchè era più o meno consapevolmente in cerca di una soluzione per il suo malessere, ma la comprensione razionale dei fenomeni psichici non è sufficiente a curare sè stessi (e nemmeno gli altri).
E' sempre necessario un Altro e la fiducia in questo Altro, per cambiare e guarire.

Vista la natura del suo disturbo è probabile che la psicoterapia più indicata sia di tipo psicodinamico/psicoanalitico, che consenta un'esplorazione dell'inconscio e dei motivi primi del suo malessere.
Non so se ha già contattato un nuovo terapeuta e di quale orientamento, ma visto che non ha avuto benefici da terapie orientate sul sintomo e ha avuto qualche benefico degno di rilievo dalla psicoterapia rogersiana ritengo molto probabile che orientandosi verso una psicoterapia "del profondo" i benefici saranno ulteriori.

Si è rivolto a qualcun altro in questi giorni?
[#25]
dopo
Utente
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Gentile dott.ssa Massaro,

Come al solito la ringrazio per l'interessamento al mio caso e, in questo caso, alla comprensione che ha dimostrato verso la mia situazione familiare, insomma non è facile ma si va avanti..Proprio ieri ho avuto un colloquio con la mia tutor all'ente di tirocinio e con una sua collega che si sono dimostrate veramente disponibili e comprensive della mia situazione, cosa che mi ha sorpreso e giovato allo stesso tempo. Infatti, la collega della mia tutor, appresa la situazione familiare grave e la mia incapacità al momento di studiare decentemente, mi ha infatti fornito un suggerimento che credo molto importante e cioè di evitare di tentare l'esame di stato nella sessione di Novembre. In effetti, non nascondo che stavo pensando a questa, diciamo così, "soluzione" da un pò di tempo, come ha infatti detto la collega e concordato io, l'eventuale non ammissione e conseguente bocciatura sarebbe per me, in questo momento, una batosta troppo pesante da sopportare e lo vedrei come l'ennesimo fallimento di questi anni. Nulla nega però che se ritrovassi la "verve studiosa" potrei tentare ugualmente, al momento infatti non demordo e provo comunque a mettermi in gioco ogni giorni cercando di affrontare lo studio dei testi. Al termine del colloquio mi sono stati forniti un paio di riferimenti da contattare, di cui uno però non avrei potuto usufruire prima dell'inizio di aprile, in quanto tale terapeuta sarebbe stato fuori per lavoro, mentre l'altro l'ho contattato proprio oggi e, incredibile a dirsi, dopo una lunga lista di contatti cassati per costi eccessivi, si è dimostrato disponibile a incontrarmi la prossima settimana a costi ragionevoli. Proprio poco tempo fa ho letto la sua replica e, aldilà del caso, il terapeuta in questione è di orientamento psicoanalitico, se non erro freudiano. La mia tutor lo ha caldamente consigliato per la sua onesta, bravura e professionalità e spero vivamente che sia così, anche se già le prime parole della tutor mi hanno rassicurato dal momento che mi fido molto di lei. Lei stessa ha affrontato un training con questo terapeuta prima di iniziare la professione e aldilà del training mi ha riferito che il giovamento che ne ha tratto anche sulla sfera personale è stato notevole, un ulteriore motivo di fiducia. Inoltre, sempre aldilà della sua replica, manco a farlo apposta, il suddetto terapeuta è anche psichiatra ed avendo letto la sua replica è probabile che mi possa giovare anche di questo aspetto. In merito alle sue osservazione devo precisare alcune cose. Lei dice che la scelta alla fine è mia rispetto allo psichiatra che mi tenga in cura, ma ripeto, purtroppo in famiglia tale psichiatra, peraltro molto quotato, è divenuto "L'oracolo di delfi" per cui è impossibile scalfire le convinzioni, ormai granitiche, che imperversano tra mio padre e mia madre, inoltre sarebbe veramente pesante intraprendere, su questo aspetto, un braccio di ferro con loro in un periodo familiare già di per se molto stressante. Ho visto pochi giorni fa il mio psichiatra e devo dire che per quanto siamo assolutamente lontani dal farmi star bene, ogni volta che mi parla mi ipnotizza in un certo senso, infonde un senso di sicurezza non comune. Forse me ne pentirò tra qualche mese, quando esausto deciderò di cambiarlo rendendomi conto di aver perso un anno e più appresso a terapie non adatte a me, ma per il momento noto una maggiore stabilità, seppur sedata e devo ammettere che non sono più preda delle depressioni nere che caratterizzavano periodi degli scorsi anni. Per il momento quindi sono dell'idea di proseguire con lui, mi ha inoltre diminuito il "carico" e finalmente faccio orari di sonno cristiani (più o meno..9-10 ore) ma è già qualcosa. La paura più grande è, tralaltro, il fatto che se lui avesse ragione e gli altri torto (dal momento che tutti mi propinerebbero antidepressivi che per lui sono quelli che mi hanno portato alla rovina..) io ricomincerei a stare di nuovo male e dovrei tornare da lui strisciando...E' naturale che mi darò dei tempi in questo senso: se non vedrò risultati tangibili di qui a 7-8 mesi (quindi quasi due anni di cura) a malincuore dovrò per forza di cose cambiare.. Comunque la terrò aggiornata, visto che se proseguo sulla strada della psicoterapia in parte lo debbo anche a lei che mi ha incoraggiato a differenza di altri..Il mio proposito, come peraltro lei scrive, è di non valutare il nuovo terapeuta subito e di etichettarlo come inutile ma di lavorare con lui anche su questo aspetto qualora dovesse ripresentarsi in questo percorso. Mi scusi per la lungaggine, grazie ancora, cordialmente.
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Dr.ssa Flavia Massaro Psicologo 12.5k 233 114
Aspetto sue notizie e spero che possa trovare un aiuto adeguato.
E' importante che non rinunci alla psicoterapia e, come le dicevo, la psicoterapia psicodinamica/psicoanalitica è particolarmente indicata per intervenire nei casi complessi come immagino sia il suo.
Se avrà voglia di leggere/approfondire le scoperte e le interpretazioni di Freud su questi argomenti, così come gli sviluppi più recenti - come l'opera del prof. Benedetti sulla psicoterapia psicoanalitica delle psicosi - potrà comprendere meglio cosa intendo.

Un caro saluto,
[#27]
dopo
Utente
Utente
Gentile dott.ssa Massaro,

E' un piacere di rileggere un'altra sua replica. In effetti, pensandoci, se ho insistito sulla strada della terapia è anche merito suo, che, per così dire, mi ha "accompagnato" in questi mesi alla ricerca del terapeuta. Le do intanto mie notizie, in quanto ho avuto il primo incontro lunedì e devo dire mi è sembrato una persona veramente disponibile, che ha tralaltro affermato che non è nel suo modo "imporre" un determinato modo di procedere, piuttosto concordare con il paziente il tipo di terapia da seguire. I primi incontri saranno di valutazione e successivamente, se sarà il caso ( e probabilmente lo sarà) valuteremo un percorso più a lungo termine. Ebbene si, il terapeuta è di stampo freudiano e credo anche io, a questo punto, non essendomi giovato degli approcci precedenti, che possa essermi d'aiuto. Ho dato una lettura veloce (successivamente approfondirò meglio..) alle tematiche affrontate dal prof. Benedetti, in particolare al lavoro con il paziente psicotico..Oltre all'aggiornamento che le ho fatto, ma che le assicuro non diventerà una costante seduta per seduta, mi ha incuriosito e forse preoccupato un pò il suo riferimento a questo tipo di argomento: la psicosi. Ha avuto modo di osservare magari nelle repliche precedenti o nei consulti nell'area psichiatria un tale aspetto in me? Oppure era semplicemente un suggerimento a informarmi sull'argomento in quanto la psicoanalisi freudiana affronta anche problematiche complesse? Attendo una sua risposta a queste due domande, ma ripeto, giusto per una curiosità, ed anche forse un po di apprensione..La ringrazio ancora per il sostegno e gli incoraggiamenti fornitemi. Cordialmente.
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Dr.ssa Flavia Massaro Psicologo 12.5k 233 114
Mi spiace averle dato adito di pensare che volessi lasciarle intendere che la sua situazione potrebbe essere più grave di quanto lei pensi, anche perchè non ho motivo nè possibilità (da qui e senza conoscerla) di ipotizzare nulla di simile.

In realtà volevo semplicemente farle presente che le psicoterapie psicoanalitiche e psicodinamiche in genere affrontano anche i disturbi più complessi e le patologie mentali gravi (come le psicosi) e non si arrendono per così dire all'idea che certi disturbi e patologie possano essere contenuti e curati solo tramite i farmaci: proprio perchè si tratta di psicoterapie che arrivano alla radice inconscia dei disturbi sono infatti adatte a trattare casi di qualsiasi gravità e complessità.

Visti inoltre i suoi studi le volevo suggerire un approfondimento utile anche per la sua formazione professionale, nel caso l'argomento le interessi.
Spero che ora il mio discorso sia più chiaro : )
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dopo
Utente
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Gentile dott.ssa Massaro,

Assolutamente, chiarissimo. In realtà avevo ipotizzato volesse magari dire questo, ma il dubbio mi era venuto, se non altro per il fatto che ogni tanto, da qualche mio atteggiamento (soprattutto passato..) ho avuto il dubbio di poter essere effettivamente psicotico. Tuttavia un po per i miei studi, un po perchè ho sempre sostenuto vivamente che talvolta un disturbo della sfera nevrotica resistente alle terapie possa essere ben più difficile da trattare(farmacologicamente e non..) di una psicosi che risponde alle terapie, per cui non ho mai avuto il terrore di una diagnosi del genere, il mio quesito era proprio una curiosità. Ho dato oggi, un'occhiata ben più approfondita ai temi trattati dal prof. Benedetti soprattutto, per l'appunto come diceva lei, per una questione di formazione personale e per non lasciare nulla d'intentato. Mi piace guardare articoli scientifici che trattano di farmacologia, ma anche di impostazione psicoterapeutica che possa spaziare tra i vari approcci, sistemico cognitivista psicoanalitico ecc.. Tra l'altro, cosa che mi ero scordato di dirle nel precedente messaggio è che avevo avuto modo di studiare questo aspetto, le psicosi nell'ambito del trattamento psicoanalitico, da uno dei testi per la preparazione dell'esame di stato: Psichiatria Psicodinamica di Gabbard. Un testo che mi è piaciuto tantissimo e che, come giustamente affermava lei, tiene conto anche della cura dei pazienti psicotici (una volta in remissione dall'episodio acuto, adeguatamente controllati da una farmacoterapia) da un punto di vista psicoanalitico. Nonostante i miei interessi nei vari approcci, mi guardo bene dal fare riduzionismi di qualsiasi genere, e sono fermamente convinto che l'approccio di un terapeuta al cliente, seppur vincolato dalla propria formazione, non possa prescindere da una visione integrata dei vari..senza ovviamente fare strani miscugli..mi rendo conto, più facile a scriverlo qui, che a farlo. Infine, giusto per concludere, a differenza secondo me di quanto affermano alcuni professionisti di specifici approcci, lontani anni luce dall'approccio dinamico, non è assolutamente veritiera l'affermazione che l'unico approccio che ha all'attivo studi scientifici controllati sulle varie popolazioni psicopatologiche sia quello cognitivista, basterebbe dare un'occhiata al suddetto Gabbard per notare come, per esempio, nel trattamento psicodinamico espressivo o supportivo dei pazienti psicotici ci sono dietro numerosi studi con popolazioni psichiatriche anche piuttosto ampie, non nego tuttavia l'ovvia problematicità nell'affrontare il follow up a tot. mesi di distanza in quanto è un tipo di trattamento che agisce in tempi e modi diversi dagli altri. Una domanda a questo punto dottoressa, in tutto questo nostro discutere non ho avuto modo di chiederle lei, in tutto ciò, che approccio predilige, lo stesso che ha consigliato a me o altro? Grazie nuovamente per l'attenzione, cordialmente.
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dopo
Utente
Utente
Gentile dott. Massaro,

Le ri-scrivo dopo molti mesi e non so se legge ancora questo post, comunque...La situazione è più o meno stabilizzata, ma non certo in positivo, vedo per un terapeuta analitico di stampo freudiano, una volta la settimana da ormai 3 mesi e devo dire che la terapia mi piace molto, lui è un tipo molto diretto e ci ha tenuto subito a chiarire che l'aspetto predominante in me èquello depressivo che poi verrebbe fuori da quasi tutte le mie manifestazioni, da come mi presento a quello che racconto ai sogni che gli riferisco. Spesso, essendo un terapeuta molto diretto, non lascia nulla al caso e ha detto, con senno di poi, dopo 3 mesi di conoscenza del mio caso, che se dve propendere per una diagnosi di tipo bipolare, lui non se la sente, quest'aspetto non emerge nè dai racconti nè dal mio modo di stare in studio da lui, a fronte dell'esperienza cinquantennale avuta con pazienti di tutti i tipi.Tuttavia, pur essendo psichiatra, sebbene non eserciti più da tempo, è rimasto molto colpito invece dall'atteggiamento del mio attuale psichiatra che invece ritiene quasi ogni movimento verso il benessere o un'accentuata ruminazione ossessiva degli equivalenti ipo-maniacali. Il mio analista ritiene che quest'atteggiamento dev'essere ulteriormente dpressogeno per me. Tuttavia, come sempre, il problema si pone nella sfera familiare (se così si può chiamare), dove suddetto psichiatra è stato eletto a oracolo di Delfi e la tipica frase è:Aspetta, abbia pazienza e vedi che ne verrai fuori a piccoli passi, come sta succedendo, anche se ci vorrà del tempo..forse un altro anno..o meno....Intanto, il solito problema...la vita mi scorre davanti a 3000k/h l'esame per l'abilitazione alla professione si avvicina..e la voglia di studiare invece, di converso si allontana sempre più..il mio analista punta anche sulla vita ritirata che conduco, al quale il mio psichiatra ha guardato nei termini di exposition behaviour: devo espormi e condizionarmi ad uscire anche se non mi va..."perchè se aspettiamo che mi viene voglia....ci facciamo vecchi assieme"...inutile riferire il mio imbarazzo di fronte a questa ed altre affermazioni del genere. La situazione quindi è, i miei non intendono cambiare assolutamente, appena lo accenno, mia madre comincia a farsi venire una crisi di nervi..secondariamente contattarne un altro probabilmente sarebbe un fallimento già in partenza dal momento che non ho avuto risultati tangibili nè con questo nè con altri...per cui forse il problema sono io come dicevo la volta scorsa alla mia amica, che pure si sta per laureare in psicologia. Dopo tutto questo preambolo quello che volevo chiederle dottoressa è, che significato hanno gli sbalzi d'umore repentini ( 1-3 giorni male 4-5 bene) sul versante psicoterapico? Colpiscono per i motivi più vari? O nel caso mio, in questo caso, andrebbe per primo valutata una riconsiderazione farmacologica, dato il disturbo di base? Grazie se vorrà concedermi un po del suo tempo e sempre grazie per la disponibilità. Cordialmente.
Disturbo bipolare

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