Ansia, blocco, cibo, crampi

Salve e grazie anticipatamente a chi deciderà di rispondere.
Sono consapevole che occorre un colloquio di persona ma per varie impossibilità chiedo un consulto "virtuale" ma ugualmente professionale e competente.
Sono una ragazza di 28 anni con un blocco psicologico di cui non riesco ancora a liberarmi. Tutto è iniziato circa 12 anni fa, quando ancora frequentavo il liceo. Ho avuto problemi intestinali e allora credevo si trattasse di influenza virale e che nel giro di 3 giorni sarebbe passata, ma non è stato così.
Mi sono stati prescritti dal medico curante vari medicinali mirati a ripristinare la flora batterica senza però alcun successo. Continuavo ad avere crampi allo stomaco e diarrea. Mi è stato dunque detto, sempre dal medico, che si trattava d'ansia, data anche l'età adolescenziale, ma sapevo che il mio malessere fisico non era dovuto ad una difficoltà mentale.Tuttavia, ogni mattina, dopo colazione, anche se stavo male con lo stomaco, mi facevo forza e prendevo l'autobus per andare al liceo, finché è accaduto un episodio che mi ha segnato. Durante il tragitto, mentre ero ancora sul bus, mi è presa una forte fitta allo stomaco. Ormai sapevo che quando avevo questi crampi, la conseguenza era scappare in bagno, era un bisogno che non si poteva controllare. In quel momento, però, non potevo poiché il mezzo era ancora in viaggio e la scuola era distante. Ho iniziato a sudare freddo e ad andare in panico non sapendo cosa fare e terrorizzata di non riuscire a trattenermi. Per fortuna, invece, non è successo niente di irreparabile! Ho raggiunto la scuola senza alcun disagio visibile. Purtroppo la paura di essere vittima di un episodio che mi avrebbe marchiata per sempre (farmela sotto, insomma!) mi ha segnata e bloccata.
Sono caduta in una leggera depressione (non mangiavo, non uscivo, non ridevo) che però ho avuto la forza e la voglia di sconfiggere perché non è nella mia indole essere una ragazza negativa, debole e triste.
Tuttavia, il problema fisico ha continuato a rimanere. Dopo vari tentativi diagnostici, ho finalmente scoperto di essere soggetta alle intolleranze alimentari (glutine, lattosio, uova). E tutto ritornava. Se stavo male la mattina, prima di andare a scuola, non era per l'ansia dovuta al mio ruolo di studentessa, bensì ad una colazione composta da latte e biscotti (alimenti di cui ero intollerante).
Pian piano ho ripreso in mano la mia vita gestendo al meglio il rapporto con il cibo. Ma c'è una cosa che ancora mi blocca e che, essendo fermamente convinta che la vita debba essere vissuta appieno, mi demotiva: non riesco a mangiare fuori casa.
Nonostante sappia quali alimenti evitare, ho ansia di andare in pizzeria o di prendere qualcosa al bar, per cui evito.
A casa mi sento "protetta" e mangio con gusto, fuori non riesco.
Ho superato tanti blocchi (prima, se dovevo uscire, a pranzo mangiavo solo una mela. Oggi mi permetto anche il lusso di un gelato!) ma mangiare fuori casa mi spaventa e declino ogni invito.Cosa posso fare?
[#1]
Dr. Francesco Emanuele Pizzoleo Psicologo, Psicoterapeuta 2.4k 122
Gentile ragazza,

Questo che lei ha raccontato non è un caso isolato dato che troppo troppo spesso si da la responsabilità di un malessere fisico all’ansia o, come molti usano banalmente dire, allo stress. Inutile dire che così non è sempre...
Spesso con gli amici o con altre persone a cui i medici hanno parlato di ansia senza approfondimenti clinici dovuti mi diverto a dire: se così fosse negli ospedali al posto dei medici mettiamoci solo psicologi...

Mi dispiace molto per quello che le è successo da adolescente e capisco quanto oggi la paura di pranzare o cenare fuori casa sia invalidante considerando che lei ha tutto il diritto di iniziare a mangiare fuori dalla sua zona comfort paurafree.

Ora che fare?
Dato che
1) non la conosco clinicamente e via web possiamo dare solo suggerimenti
2) non sappiamo se l’evento [autobus] possa aver costituito un trauma

Le suggerisco di contattare un collega psicologo psicoterapeuta specialista in psicoterapia cognitivo comportamentale (è la terapia di elezione per sintomi ansiosi) che pratichi l’EMDR. Starà poi al collega decidere se applicare o meno questa tecnica sulla base di anamnesi e diagnosi.
Questo articolo le chiarirà perché le ho suggerito proprio questa tecnica. Oltretutto breve...
https://www.medicitalia.it/blog/psicologia/6168-ma-cos-e-questo-emdr.html

Se poi non c’è un evento traumatico che condiziona le sue difficoltà di adesso si potrebbe pensare, sempre con terapia cognitivo comportamentale, ad esposizioni graduali o à desensibilizzazione sistematica ( è una tecnica attraverso cui il terapeuta presenta al paziente stimoli in grado di provocare ansia, con sempre maggiore intensità, mentre questi è in uno stato di profondo rilassamento, il rilassamento finirà poi per prevalere sulla risposta ansiosa e a sostituirsi a questa, grazie alla desensibilizzazione emotiva relativa a quel preciso stimolo).

Detto ciò, quanto detto DEVE NECESSARIAMENTE essere valutato in termini di possibilità applicative di fronte ad un/una collega psicologo psicoterapeuta in carne ed ossa.

Ne verrà fuori!

Stia bene

Dr. Francesco Emanuele Pizzoleo. Psicoterapia cognitiva e cognitivo comportamentale.

[#2]
dopo
Utente
Utente
Dr. Pizzoleo la ringrazio per la sua rapida, professionale e incoraggiante risposta.
Leggerò sicuramente l'articolo che mi ha linkato e mi auguro di poter contattare al più presto uno psicoterapeuta e superare l'ostacolo che m'impedisce di vivere esperienze che normalmente è giusto fare.
Ancora grazie.
[#3]
Dr. Francesco Emanuele Pizzoleo Psicologo, Psicoterapeuta 2.4k 122
Glielo auguro!
Non appare un problema difficile da curare. Con una buona e mirata terapia ne potrà venir fuori alla grande e si riprenderà gli interessi enogastronomici di tutti questi anni ;)

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