Scelta percorso psicoterapeutico

Buonasera a tutti
Sono un uomo di 35 anni, anche se per quel che vi racconterò dopo, mi sento solo un ragazzo.

Fin da adolescente ho sofferto di scarsa autostima, problemi d’umore, e forti variazioni di peso (da sotto peso ad obeso più volte).

La causa di tutti questi problemi, sono state le difficoltà relazionali.

L’apice si raggiunse intorno ai 20 anni, quando persi completamente la testa per una ragazza, e con la quale intrattenni, una relazione di un anno (che non arrivò mai al sesso) che definire tossica è poco, è che alla fine mi lascio con una depressione maggiore, attacchi di panico, ed un trauma profondissimo.


Ma veniamo al dunque, negli ultimi 15 anni sono stato in cura sia psicoterapeutica che farmacologia (quetapina, Effexor, ecc).


I medici mi hanno aiutato a superare la depressione, rimettermi in sesto, e ora prendo solo una dose modesta di quetapina per l’insonnia.


Oggi sono molto più sicuro di me, faccio sport, curo il mio aspetto.

Senza falsa modestia, sia fisicamente che mentalmente, penso di non essere mai stato così in forma.


Ma allora perché questo consulto?


Perché negli anni nessuno dei dottori che mi ha avuto in cura mi ha aiutato a sdradicare il problema nelle relazioni.

Sono un uomo solo, già solo iniziare una approccio che non sia amichevole ma qualcosa di più mi carica di ansia, e finisco col bloccarmi, sfuggire.

(Per quanto riguarda gli altri tipi di relazioni, sono un po’ timido ma credo di cavarmela discretamente, di essere una persona abbastanza piacevole.
)

A qualcuno potrà sembrare banale, ma questa cosa mi condiziona la vita, e ne abbassa la qualità.


Mi rivolgo quindi a voi perché ho bisogno di un orientamento psicoterapeutico.

Ho bisogno di sapere a chi rivolgermi per risolvere questo specifico problema, di qualcuno che mi programmi un percorso fatto di piccoli passi per arrivare a superare quello che considero a tutti gli effetti un trauma, da solo non ce la faccio e nessuno dei 3 medici che mi hanno avuto in cura si è mai focalizzato molto su questo problema

Vi ringrazio anticipatamente
[#1]
Dr. Mariateresa Di Taranto Psicologo 157 17 3
Gentile utente,

comprendo il suo dolore; i medici che ha consultato non si sono occupati del suo problema relazionale in quanto gli psichiatri trattano i disturbi dal punto di vista farmacologico. Per un trattamento psicoterapeutico, che è quello che cerca, dovrebbe rivolgersi ad uno psicologo e/o psicoterapeuta.

Per quanto concerne l'approccio psicoterapeutico, non esiste uno più giusto, nel senso che ciascun approccio tratta le difficoltà, il malessere, i disturbi e il disagio psichico dal proprio punto di vista e utilizzando un certo metodo. L'approccio psicoanalitico è orientato ad esplorare l'inconscio e l'infanzia del soggetto, scavando nel suo passato. Parte dal presupposto che ognuno di noi, costruisce la propria personalità e la propria vita, sulle macerie del bambino che un tempo è stato, e che il mondo dell'infanzia, un mondo lasciato, non sia mai lasciato del tutto, ma continua ad abitare in qualche angolo dentro di noi. Tale approccio di per sé non si pone l'obiettivo di curare il soggetto, ma di liberarlo dal suo dolore e dal suo tormento interiore, poi come conseguenza a ciò, lo cura. E' un ottimo approccio per comprendere bene se stessi e l'origine del proprio dolore, ma non offre delle strategie o indicazioni per affrontare i propri problemi; interroga il dolore.

Anche gli altri approcci sono ugualmente validi secondo me. Ad esempio l'approccio integrato integra quello psicoanalitico, sistemico relazionale, cognitivo e/o altri eventualmente, quindi affronta il disagio da più punti di vista, offrendo più letture.
L'approccio cognitivo comportamentale lavora sul presente, si pone degli obiettivi da raggiungere e si focalizza sulla parte cognitiva, relativa a pensieri, e comportamentale, offrendo delle indicazioni al soggetto per affrontare le sue difficoltà.
L'approccio sistemico relazionale si approccia al soggetto partendo dalla sua famiglia, esplora il figlio che è stato, il suo ruolo, le dinamiche familiari, il rapporto che ha avuto con i suoi genitori.
L'approccio strategico mira alla soluzione dei problemi del soggetto, non focalizzandosi principalmente sulle cause degli stessi, ma cercando di introdurre delle strategie nel presente per arginarli.
Poi ce ne sono altri.

Le ho descritto brevemente e sicuramente non in maniera esaustiva alcuni approcci. La mia descrizione è riduttiva e sicuramente carente, quindi non si fermi ad essa, ma la utilizzi per orientarsi e chiedere delucidazioni ai professionisti appropriati.

Le variazioni di peso che ha avuto sono state causate anche in parte dai farmaci? Comunque, il problema relazionale da cui è afflitto, spesso porta i soggetti a rivolgersi al cibo. Il cibo infatti è un partner inumano, che quindi è sempre disponibile, non dice mai di no, non può abbandonarci, né giudicarci. Dal cibo sappiamo sempre cosa aspettarci, è un sostituto perfetto a quel partner che tanto vorremmo ma di cui abbiamo paura, o che per un motivo o per l'atro non troviamo.

Purtroppo, le difficoltà relazionali possono generare scarsa autostima e quest'ultima genera le prime; si avvia così un circolo vizioso difficile da fermare.
Probabilmente, quando si approccia ad una persona, ha l'aspettativa di non riuscire, di essere rifiutato, per questo l'approccio diventa difficoltoso, perché si carica di significati spaventosi. E allora sfugge, perché forse è meglio sfuggire, che restare; restare ed andare incontro a quello che l'incontro può comportare: rifiuto, abbandono, paura, delusione.

Il trauma di cui parla è forse il trauma di chi vede la persona da cui credeva di essere amato, voltargli le spalle, di chi scopre di non essere amabile, di non meritare l'amore.
Ma se fosse così, sarebbe una sua percezione, la sua verità interiore, non certo la verità oggettiva. Lei merita l'amore, la felicità, tutto. Deve solo convincersene.

Auguri di cuore.

Cordiali saluti.

Psicologa e Assistente Sociale
www.psicosocialmente.it

[#2]
dopo
Utente
Utente
Innanzitutto grazie per le belle parole spese, e per le indicazioni terapeutiche.
Per quanto riguarda le variazioni di peso, i farmaci non credo siano da imputare come colpevoli, ero io che a seconda di come fluttuava il mio umore, passavo dal mangiare tantissimo, a volte fino a star male, al mangiare praticamente nulla. Negli anni ho avuto più volte variazioni di peso nell’ordine dei 30 kg e oltre.
Come dicevo però, da diversi anni ho risolto questo problema, il mio peso è stabile, ho un rapporto col cibo abbastanza sereno, e faccio molto sport.
Volevo aggiungere che per i primi 10 anni sono stato in cura in uno studio privato dove ero seguito sia da uno psichiatra che da una psicologa, ma sinceramente non ricordo mai di aver parlato della mia infanzia. Forse un po’ del rapporto con i genitori, però diciamo che la situazione era talmente grave, che era tutto molto concentrato sull’emergenza del momento, che negli anni sono stati depressione, rabbia, pensieri ossessivi, idee suicidarie . alle quali sono susseguite sbalzi d’umore, attacchi di panico, insonnia.
Negli ultimi anni ho vissuto un po’ in stand by, ne male ne bene. Una vita che ad un osservato distratto può sembrare nomale (lavoro, vacanze, amici) ma totalmente morta lato affettivo.
Sono d’accordo quando dice il mio è il trauma di chi pensa di non meritare l’amore, e all’epoca lo pensavo davvero. Però oggi nonostante sia lucido e consapevole che le cose non stanno così, permane come un rumore di fondo assimilabile ad una emozione, che ancora mi ripete quel mantra.

Concludendo: come mi consiglia di muovermi per la ricerca ? Mettere subito in chiaro con un nuovo psicoterapeuta qual è l’obiettivo principale che voglio risolvere ? O mi consiglia di rivolgermi a qualcuno che abbia delle buone credenziali e lasciar fare a lui ?
Se ho ben capito, l’approccio cognitivo è quello che esaudisce meglio le mie richieste.

Sono disposto a fare tutto quel che devo ma Mi perdoni il temine, non voglio restare solo nel teorico .
sicuramente ne trarrei beneficio, ma se dall’altra parte non ho anche qualcuno che mi guidi, e mi dia dei compiti da fare, anche dolorosi, ho paura di non uscire mai da questo limbo.
[#3]
Dr. Mariateresa Di Taranto Psicologo 157 17 3
La vita "morta dal lato affettivo" può essere una conseguenza di alcuni farmaci antidepressivi, che procurano una sorta di anestesia emotiva proprio per alleviare i sintomi depressivi. Oppure tale anestesia emotiva può essere causata dalla depressione stessa, che può essere presente ad un livello più blando. O ancora, può essere l'effetto di un muro che ha innalzato tra lei e il mondo, per proteggersi e curarsi le ferite.

Le consiglierei di cercare intanto uno psicoterapeuta in base all'orientamento che preferisce. Se ritiene che quello cognitivo comportamentale sia più appropriato in base alle sue richieste, si rivolga ad uno psicoterapeuta cognitivo comportamentale. Non si preoccupi, il percorso con lo psicoterapeuta si costruisce seduta dopo seduta e probabilmente, se sceglie uno psicoterapeuta che utilizza tale approccio, potrete costruire insieme il vostro percorso, lavorare per obiettivi condivisi e concordati, ognuno dalla propria posizione.

Comprendo la sua frustrazione, il suo desiderio di risolvere le sue difficoltà e la sua paura di non riuscirci.
Il mio suggerimento è quello di consultare al più presto uno psicoterapeuta, parlando in seduta delle sue emozioni e dei suoi desideri. Nel caso questi le proporrà un percorso psicoterapeutico, le consiglierei di "stare nella seduta", senza avere fretta di risolvere i suoi problemi, anche se è comprensibile non voler più soffrire.
Stare nella seduta significa non stare solo fisicamente, ma saper stare nel momento, impegnarsi emotivamente, essere motivati. Lei mi sembra motivato, almeno a cambiare. Questa è un'ottima base da cui partire.

La paura che ha di non riuscire ad uscire dal limbo è coerente con la percezione di non essere amabile e con la percezione negativa che ha della sua persona.
Infatti si è presentato come un uomo di 35 anni, aggiungendo dopo che è "solo" un ragazzo; come se non si fosse legittimato a definirsi uomo a causa delle sue difficoltà relazionali e dei suoi vissuti. Credo che tale percezione negativa sia estesa a tutto, quindi anche alle sue capacità di riuscire ad uscire dal limbo e alle sue risorse interne.
Credo però che ci sia anche una parte più fiduciosa dentro di lei, che è quella che la porta a domandare aiuto, a tentare e tentare, nonostante tutte queste difficoltà.

Penso di comprendere molto bene che nonostante la consapevolezza e la lucidità che ha maturato, sia molto difficile mettere a tacere quella voce interna che le ripete che non merita l'amore, e che quindi non è né amabile, né meritevole.
E' difficile da estirpare tale convinzione radicata. Difficile ma non impossibile, o comunque il rumore può anche divenire melodia.
Infatti, questo dolore che prova, non solo può mobilitarla verso il cambiamento, ma può celare delle risorse. Questo dolore che prova è anche il marchio della sua singolarità, della sua storia. Può essere stato ciò che ora l'ha portata ad essere in forma, a fare dei piccoli passi verso il benessere, e che può portarla chissà dove.
In realtà sono soprattutto le nostre ferite a renderci unici, speciali. E' soprattutto nel nostro dolore più profondo che si cela la nostra soggettività; se impariamo a comprendere tale dolore e a riappacificarci con esso, possiamo scoprire la sua parte più bella.

Psicologa e Assistente Sociale
www.psicosocialmente.it

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