è giusto cambiare professionista?

Buonasera cari Dottori, scrivo qua, perché ho veramente le idee molte confuse riguardo al mio percorso.

Sono un uomo di 39 anni, si da quando ero ragazzino, ho sempre avuto problemi di bassa autostima, dovuto sicuramente all iper protezione dei miei.

Convivo con la mia compagna da circa 5 anni, ed sto insieme a lei da 18.

Ho iniziato il mio percorso di psicoterapia, sistemico relazionale, da circa un anno e mezzo, ed ho iniziato perché nel mondo del lavoro, ho trovato dei problemi, nell affrontare delle riunioni.
Forte ansia, paura del mio mal di pancia, e paura successiva del giudizio altrui.

Ma il punto che più mi premeva risolvere, era il mio mal di pancia, dovuto all ansia percepita.

Tutto questo molto probabilmente deriva dal fatto che in prima elementare, mi ero fatto addosso, non riuscendo a gestire la situazione.

Ad oggi dopo tante sedute, affrontate sulla educazione dei miei, sulla scuola, tanto sul lavoro, mi ritrovo ad sentire il mio dottore, che mi dice con estrema certezza, che gra parte del mio problema deriva dal fatto che ho una dipendenza affettiva nei confronti, della mia compagna, dove non dandomi delle attenzioni che mi aspetto da lei, mi crea appunto malessere.

Ad oggi mi ritrovo, con ancora tutti i sintomi, piange do come un disperato, per paura di perdere la mia compagna, dal momento che anche la nostra relazione, sta subendo tutto sto casoccio, ad avere realmente dei dubbi, ma allo stesso tempo, sapere di amare la mia dolce metà.

Nella prima seduta il mio professionista, mi ha diagnosticato, un po' di narcisismo ed pensiero ossessivo.

Sto iniziando a dubitare, che forse vi è un qualcosa che sta andando storto, nel mio percorso.
Anche perché io mio dottore attuale, mi ha invitato ad fare, qualche seduta da un altro professionista, e non ho capito il perché.

Ho già contattato anche un altro professionista, dove mi ha detto chiaro e tondo, che tutti i miei problemi, non possono essere associati, a una dipendenza affettiva.

Chiedo a voi, gentilmente di esprimere la vostra considerazione, affinché io possa avere le idee più chiare possibili, perché credetemi, non so cosa pensare...se il problema, è la mia infanzia difficile, se sono così, per la mia campagna (ma francamente io personalmente, la vedo iluna cosa molto difficile) o se è il mix di tutte e due, o come ultima, ho sbagliato proprio professionista... vi ringrazio in anticipo per le risposte.
Saluti
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Dr.ssa Anna Potenza Psicologo 3.9k 186
Gentile utente,
in genere le risposte migliori si ottengono da chi ci conosce e ci può valutare direttamente, quindi lei potrebbe trovarle nello psicologo che la cura già da un anno e mezzo.
Tuttavia mi sembra di capire che in un periodo di tempo che appare alquanto lungo per il problema che lei presenta, la relazione col suo curante, anziché migliorare, sia andata perdendo in fiducia e in chiarezza.
Addirittura lei non chiede al curante per quale ragione ritiene utile farle consultare un altro professionista, e si sente confuso anziché rassicurato da tutte le sue parole, compreso il riferimento alla "dipendenza affettiva" dalla partner, che anziché un aiuto verso la guarigione si sta rivelando un fattore aggravante del suo stato d'ansia.
Io propenderei per farla visitare anzitutto da un gastroenterologo che le fornisca una dieta e delle norme alimentari idonee a ridurre il suo "mal di pancia".
Eviterei inoltre di rimandare i suoi disturbi a cause esterne, nel passato (la relazione coi genitori) e nel presente (la compagna), per cominciare a fare centro sulle sue risorse personali nell'oggi.
Forse questa nuova visione può cercarla anche da solo in sé stesso, dopo un anno e mezzo di terapia; oppure in un terapeuta di diverso orientamento metodologico rispetto a quello di adesso. L'importante è che lei affronti con sincerità e fiducia una relazione terapeutica che deve farla crescere in sicurezza personale e stare meglio.
Ci tenga al corrente; buone cose.

Prof.ssa Anna Potenza (RM) gairos1971@gmail.com

[#2]
dopo
Utente
Utente
Buongiorno Dottoressa,la ringrazio in anticipo per la sua risposta.
Nelle sue parole,trovo una conferma riguardo al fatto,che il periodo trascorso,senza avere dei risultati tangibili,sia veramente eccessivo,ed credo anche io che non si possa attribuire il tutto alla mia dipendenza affettiva(qualora ci fosse). Ma mi creda che ora mi trovo in una fase,dove sono concentrato ,sul pensare alla mia compagna costantemente,dove sto bene con lei,ma durante tutte le ore del giorno mi trovo,ad lottare con questi miei pensieri riguardo appunto alla mia relazione.
Mi do una rassicurazione,ed sto bene.e il tutto mi sta facendo soffrire enormemente.io a pelle mi sento che dovrei interpellare un altro professionista,perché come ha detto lei vi è una mancanza di fiducia,i miei stati ansiosi dopo quasi due anni sono forse peggiorati,ed non credo che appunto si stia risolvendo il problema.a prescindere credo di avere trovato nella sua risposta,una utilità tale,mai trovata forse in un anno e mezzo di terapia. La ringrazio!
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Dr.ssa Anna Potenza Psicologo 3.9k 186
Gentile utente,
il fatto che lei rimugini ossessivamente sulla sua compagna può indicare un disturbo ossessivo-compulsivo, quello che si chiama DOC e che le ha già segnalato il suo curante, e per curarlo occorre un intervento specifico che lei probabilmente sta attuando.
Tuttavia questo doloroso rimuginio può indicare anche, come le segnalava la mia collega dr.ssa Di Taranto nel precedente consulto, una sua paura sull'argomento partner che per essere guarita va portata allo scoperto, come una piaga che se non curata fa marcire tutto.
Il suo curante le ha detto che la sua compagna non dandole quelle attenzioni che lei vorrebbe le crea malessere. Questo tipo di problema è abbastanza comune nelle relazioni di coppia e va risolto, altrimenti crea uno stato di tensione permanente che alla fine distrugge l'intera relazione. Chiudere gli occhi peggiora il danno.
La invito ancora, caldamente, a far conoscere i suoi dubbi e le sue rimuginazioni al curante, il cui scopo è proprio quello di accogliere e curare questa sfiducia che lei nutre in sé e in chi cerca di aiutarla.
Se non attua questo primo passo lei replicherà la stessa chiusura verso un altro curante e poi altri ancora, senza mai riuscire a risolvere.
Auguri.

Prof.ssa Anna Potenza (RM) gairos1971@gmail.com

[#4]
dopo
Utente
Utente
Gentile Dottoressa,la ringrazio ancora.
Io non ho dubbi sul fatto,che la mia relazione,con tanti aspetti,possa aver influenzato su i miei malesseri di oggi.
Ma è anche vero che mi viene difficile accettare tutto questo,perché io possiedo questi malesseri,sin da quando sono ragazzino.
Oltrettutto mi viene ancora più difficile accettare,delle frasi dal mio medico,che mi portano a pensare"lasciala e sarai libero dal malessere". Non so,se sono io ad dare una interpretazione,così pesante,o se il mio medico pensa realmente che tutto il mio problema deriva appunto dallo stare con la mia compagna.
Perché se così fosse,mi farò forza da solo,ed andrò avanti come ho sempre fatto fino ad ora...Amo la mia compagna,lei ama me,la nostra relazione,in questo momento così fragile sta andando a migliorare,a me basta questo. La ringrazio in anticipo per una futura risposta.
Saluti
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Dr.ssa Anna Potenza Psicologo 3.9k 186
Gentile utente,
le rispondo per l'ultima volta perché altrimenti la relazione terapeutica che dovrebbe esistere tra lei e il suo curante risulterà indebolita.
Le sue paure sono INFONDATE: nessun curante dice ad un paziente che lasciando il partner sarà libero dal malessere, e questo prima di tutto perché la decisione di stare o non stare in una determinata relazione è personale, come la scelta di una religione o dell'ateismo, di un partito politico o del disimpegno, di uno o altro tipo di studio, lavoro, etc.
Inoltre sarebbe da stupidi pensare "che tutto il mio problema deriva appunto dallo stare con la mia compagna". Tutto qui l'intervento psicologico? Nel prescriverle di restare solo?
Quello che il suo curante le ha detto è che la MODALITA' della sua relazione le porta malessere. Essendo lei 'malato' fin da ragazzino, tutte le sue relazioni (lavoro, amicizia, famiglia e a maggior ragione la relazione più intima, quella con la partner) risentono di questo, ossia delle sue paure, della carenza di autostima, della sua impressione di non avere il diritto di chiedere quello che davvero vuole.
Non a caso lei definisce "fragile" una relazione che dura da ben diciotto anni: mi sembra chiaro che la state conducendo in maniera sbagliata e che potreste migliorarla, non trova?
Una relazione fragile porta sofferenza a tutti e due, e quale pensa che possa essere l'esito di questo? Andare avanti "come ho sempre fatto fino ad ora" vuol dire scendere per una china, trovarsi sempre più infelici e alla fine soli. Vuole questo?
Se invece analizza con mente serena cosa non va nella sua relazione, e valuta cosa vorrebbe e quali sono le strade per chiederlo e ottenerlo, si presenterà anche alla partner come un uomo più determinato e apprezzabile, dandole modo di esprimere a sua volta le sue richieste.
Tutto questo richiede estrema sincerità con sé stesso e con il curante. Se non ne è capace, forse è inutile che impegni tempo e denaro nella terapia.
Ci rifletta senza paura.

Prof.ssa Anna Potenza (RM) gairos1971@gmail.com

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