Ansia da spostamento

Gentilissimi,
ho 38 anni e alle spalle un percorso di psicoterapia pluriennale che mi ha aiutata a risolvere, pur parzialmente, un problema di ansia da distacco molto invasivo.
Fin dall'infanzia infatti non sono mai riuscita a gestire in modo ordinario il distacco dalla mia famiglia nel momento in cui dovevo trascorrere la notte fuori (o i miei genitori dovevano allontanarsi).
Che si trattasse di una gita scolastica o di una loro partenza per un viaggio l'ansia diventava totalizzante, creando un pensiero anticipatorio invasivo che modificava la routine delle mie giornate e, con l'approssimarsi del distacco provocava anche sintomi fisici come nausea e insonnia.
Lo stato di ansia permaneva per tutta la durata del distacco (ad esclusione di un periodo "felice" in cui per qualche anno sono riuscita a partire con gli amici trascorrendo serenamente i momenti di vacanza) ed è rimasto fino a quando non ho intrapreso il mio percorso di psicoterapia ai tempi dell'università.
Grazie a questo percorso sono riuscita a gestire i modo più sereno i momenti della loro partenza e a partire a mia volta serenamente nel contesto di una relazione a distanza durante la quale viaggiavo ogni settimana per poter stare con il mio partner.
Questo il mio percorso passato.
Oggi scrivo perché, pur avendo una vita del tutto ordinaria (lavoro, amicizie, attività di volontariato, passioni personali) ogni volta che si presenta la necessità di partire è come se la mia vita andasse in stand by.
All'atto pratico tutto procede in modo normale (vado al lavoro, incontro gli amici, faccio sport), ma il pensiero della partenza mi guasta tutte queste attività, come se non fossi del tutto presente a me stessa (per quanto nessuno in esterno se ne sia mai accorto) e penso solo a quando tutto tornerà "normale" con il mio ritorno.
Un tempo la stessa cosa avveniva anche quando il mio ragazzo, i miei genitori o persone particolarmente rilevanti (amiche strette ai tempi dell'università) partivano, rendendo in particolare difficile il periodo delle vacanze.
Ora la partenza di altri riesco a gestirla molto meglio, ma la mia partenza, l'allontanamento da casa e dalle mie consuetudini lo vivo ancora con forte stress, tanto che, a esclusione delle vacanze con il mio compagno (sempre su sua proposta a cui do riscontro positivo) o di spostamenti obbligati, tendo a non partire.
Se rispetto ad alcuni anni fa tutto questo è meno invalidante, perché il mio quotidiano viene comunque sempre gestito in modo funzionale, rimane un problema che guasta molti momenti della mia vita, che passano sostanzialmente in "attesa" che le cose tornino come al solito, come se il tempo in cui sono via non esistesse in continuità col resto della mia vita.
Come posso lavorare ancora su questo?
Grazie
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Dr. Matteo Pacini Psichiatra, Psicoterapeuta, Medico delle dipendenze 43.5k 993 248
Sembrerebbe quel che si indica con il termine ansia di separazione, la cui natura in genere fa capo al fastidio nel pensiero dell'allontanamento, e quindi cambiamento.
La sua cura può essere farmacologica o psicoterapica.

Dr.Matteo Pacini
http://www.psichiatriaedipendenze.it
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[#2]
dopo
Utente
Utente
Gentilissimo la ringrazio,
considerato che ho già sostenuto un percorso pluriennale di psicoterapia analitica, che come dicevo ha dato i suoi risultati ma non è stato definitivamente risolutivo, crede che esista un percorso, al di là di un approccio farmacologico, efficace nel darmi maggiori strumenti di gestione del problema? Ormai le ragioni del mio attuale malessere, la sua genesi, i motivi per cui in modo funzionale ho manutenuto "vivo" il problema mi sono chiarissimi, ma evidentemente la mia parte razionale non basta a gestire quella emotiva che in queste occasioni torna a farsi sentire con uno stato ansioso che molto ricorda quello che provavo da ragazzina...
La ringrazio ancora.
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Dr. Matteo Pacini Psichiatra, Psicoterapeuta, Medico delle dipendenze 43.5k 993 248
Che quel percorso abbia dato dei risultati è indimostrabile, non essendo parametrabile in senso biologico né oggetto di studio scientifico.
I motivi le sono chiarissimi semplicemente perché ha una formazione di quel tipo, avendo seguito una linea di quel tipo, interpretativa.
Il problema è di che cosa funzione in una diagnosi, almeno a grandi linee. Le cure non possono essere selezionate in base a categorie tipo "farmacologica" o altro, perché è un'impostazione non sensata. Se mai provate o non provate, utili o meno utili. Su questo si parte sempre da un inquadramento diagnostico.

Dr.Matteo Pacini
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[#4]
dopo
Utente
Utente
La ringrazio ancora e mi scuso se mi sono espressa male riferendo del funzionamento del percorso che, ovviamente esclusivamente da un mio punto di vista, mi ha almeno consentito di non andare incontro a situazioni di blocco pesante e ancora più difficoltose di quelle attuali. Quello che volevo sapere, se possibile, è se esiste un percorso consigliabile in caso di ansia da distacco che possa consentirmi di gestire il mio stato emotivo a partire dalla considerazione che il percorso già affrontato, per quanto (sempre solo a mio parere) almeno parzialmente utile, non mi ha consentito in anni di risolvere il problema.
Grazie mille
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Dr. Matteo Pacini Psichiatra, Psicoterapeuta, Medico delle dipendenze 43.5k 993 248
Il percorso è quello di qualunque situazione medica. Si fa una visita addivenendo di solito ad una diagnosi almeno sommaria, poi si riceve un'indicazione su un trattamento.

Dr.Matteo Pacini
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