Intolleranza verso il prossimo
Gentili Dottori,
Sono sempre stato una persona introversa e tendenzialmente molto selettiva nelle frequentazioni, ma negli tempi (3/5 anni, non saprei quantificare) noto che il mio tendenziale scarso interesse nelle relazioni di circostanza (colleghi, gruppi disomogenei, conoscenti di cui non mi importa granché etc) è aumentato e si è trasformato - a tratti - in una vera e propria intolleranza.
Da ragazzino/ragazzo, bene o male, era presente un certo "entusiasmo" (metto volutamente tra virgolette) o quanto meno una "speranza" (o curiosità), quando mi trovavo coinvolto in situazioni di gruppo, che mi portavano - a mio modo - a interagire con quasi chiunque (ripenso ad esempio ai tempi della scuola o università).
Oggi, a 38 anni, mi rendo conto che - tolte quelle persone con cui si sviluppa un particolare feeling e verso le quali avverto un senso di vicinanza - sono animato principalmente da sentimenti che spaziano dall'apatico disinteresse, al fastidio, alla repulsione.
Ad esempio a lavoro mi capita sovente, finito il turno - in occasione del quale abbiamo una mezz'ora sostanzialmente libera - di evitare le interazioni con il gruppo di colleghi - ritenendole il più delle volte noiose e poco stimolanti - e ritirarmi a mangiare per conto mio o a leggere qualcosa/studiare argomenti di mio interesse.
Mi trovo spesso a sentire una sorta di "pizzicore interiore", un fastidio per l'appunto, verso le dinamiche del gruppo (scherzi stupidi, conversazioni frivole, falsità che si taglia col coltello).
E mi rendo conto che - solitamente - più il gruppo e grande più queste sensazioni si amplificano.
Di contro, nella maggioranza dei casi non avverto grandi problemi nell'interagire con 2/3 colleghi assieme, ad esempio mentre si lavora e, se non c'è magari sempre grande interesse o coinvolgimento, quantomeno non c'è questa sensazione di fastidio/repulsione.
Ho fatto l'esempio del lavoro perché è la situazione più ricorrente, ma potrei dire lo stesso degli eventi mondani (che infatti il più delle volte evito) e guardo con invidia e ammirazione coloro che sono in grado di amalgamarsi in ogni gruppo con cui interagiscono.
Io, il più delle volte mi trovo - se non posso fuggire - a fingere un interesse che raramente c'è e a dissimulare il fastidio che sovente percepisco: tutto ciò mi costa una fatica immane e mi fa sentire come un pesce fuor d'acqua.
La mia "misantropia" è un notevole handicap nella vita di tutti i giorni, perché mi rendo conto che sono avulso da qualsiasi relazione sociale che non includa stima sincera o vero affetto e, razionalmente, mi rendo conto di quanto sia importante costruire una "rete", o quantomeno non fare la figura dell'orso o dell'eremita che schiva il prossimo, a parte pochi eletti.
La mia domanda è: cosa posso fare concretamente?
E' realistico pensare di trovare interesse nella "gente" alla soglia dei 40 anni dopo una vita di introversione?
Grazie
Sono sempre stato una persona introversa e tendenzialmente molto selettiva nelle frequentazioni, ma negli tempi (3/5 anni, non saprei quantificare) noto che il mio tendenziale scarso interesse nelle relazioni di circostanza (colleghi, gruppi disomogenei, conoscenti di cui non mi importa granché etc) è aumentato e si è trasformato - a tratti - in una vera e propria intolleranza.
Da ragazzino/ragazzo, bene o male, era presente un certo "entusiasmo" (metto volutamente tra virgolette) o quanto meno una "speranza" (o curiosità), quando mi trovavo coinvolto in situazioni di gruppo, che mi portavano - a mio modo - a interagire con quasi chiunque (ripenso ad esempio ai tempi della scuola o università).
Oggi, a 38 anni, mi rendo conto che - tolte quelle persone con cui si sviluppa un particolare feeling e verso le quali avverto un senso di vicinanza - sono animato principalmente da sentimenti che spaziano dall'apatico disinteresse, al fastidio, alla repulsione.
Ad esempio a lavoro mi capita sovente, finito il turno - in occasione del quale abbiamo una mezz'ora sostanzialmente libera - di evitare le interazioni con il gruppo di colleghi - ritenendole il più delle volte noiose e poco stimolanti - e ritirarmi a mangiare per conto mio o a leggere qualcosa/studiare argomenti di mio interesse.
Mi trovo spesso a sentire una sorta di "pizzicore interiore", un fastidio per l'appunto, verso le dinamiche del gruppo (scherzi stupidi, conversazioni frivole, falsità che si taglia col coltello).
E mi rendo conto che - solitamente - più il gruppo e grande più queste sensazioni si amplificano.
Di contro, nella maggioranza dei casi non avverto grandi problemi nell'interagire con 2/3 colleghi assieme, ad esempio mentre si lavora e, se non c'è magari sempre grande interesse o coinvolgimento, quantomeno non c'è questa sensazione di fastidio/repulsione.
Ho fatto l'esempio del lavoro perché è la situazione più ricorrente, ma potrei dire lo stesso degli eventi mondani (che infatti il più delle volte evito) e guardo con invidia e ammirazione coloro che sono in grado di amalgamarsi in ogni gruppo con cui interagiscono.
Io, il più delle volte mi trovo - se non posso fuggire - a fingere un interesse che raramente c'è e a dissimulare il fastidio che sovente percepisco: tutto ciò mi costa una fatica immane e mi fa sentire come un pesce fuor d'acqua.
La mia "misantropia" è un notevole handicap nella vita di tutti i giorni, perché mi rendo conto che sono avulso da qualsiasi relazione sociale che non includa stima sincera o vero affetto e, razionalmente, mi rendo conto di quanto sia importante costruire una "rete", o quantomeno non fare la figura dell'orso o dell'eremita che schiva il prossimo, a parte pochi eletti.
La mia domanda è: cosa posso fare concretamente?
E' realistico pensare di trovare interesse nella "gente" alla soglia dei 40 anni dopo una vita di introversione?
Grazie
Gentile Utente,
la ringrazio per la chiarezza con cui ha descritto questo sentimento di distacco e disagio che la accompagna da qualche anno. La sua riflessione è di per sé molto preziosa, perché riconoscere con onestà ciò che si prova è il primo passo per comprendere più a fondo cosa stia accadendo dentro di sé.
Mi permetto di chiederle: che significato attribuisce a questo "pizzicore interiore" e a questo fastidio verso le dinamiche di gruppo? Cosa crede che stia proteggendo o difendendo dentro di sé evitando il contatto più ampio con gli altri? Potrebbe esserci, sotto questa "intolleranza", un disagio più profondo rispetto a ciò che quelle situazioni richiedono o evocano in lei?
Inoltre, come interpreta questa differenza di esperienza tra la relazione in piccoli gruppi, dove si sente più a suo agio, e quelle in gruppi più numerosi? Cosa, nel suo modo di essere e percepire, cambia quando il numero di persone cresce?
Lei accenna a un passato in cui la "speranza" o la curiosità verso il gruppo erano più presenti. Come guarda oggi a quel passato? Che ruolo potrebbe avere, nella sua attuale esperienza, il tempo che è trascorso, le sue esperienze e le sue esigenze attuali? Ci sono aspetti di sé che sente cambiati, forse in modo più radicale di quanto si immagini, e che meritano attenzione? Cosa è cambiato negli ultimi 3-5 che può aver aumentato questo scarso interesse?
Si chiede se sia realistico trovare interesse nelle persone "alla soglia dei 40 anni" dopo una vita di introversione. Mi domando: quali caratteristiche, quali contesti o quali condizioni potrebbero permetterle di accogliere con più facilità la presenza degli altri? Che cosa, dentro di lei, potrebbe aprire o tenere aperta questa porta, senza che questo significhi dover fingere o sforzarsi oltre misura?
Infine, riflettiamo sul senso che lei dà a "costruire una rete": come immagina che questa rete possa essere nutrita, in modo autentico e rispettoso dei suoi tempi e bisogni? Quali forme di relazione potrebbero rappresentare per lei un equilibrio possibile tra distanza e vicinanza, tra protezione e apertura?
Non è raro che, in momenti di transizione come questo, emergano sentimenti di estraneità e fatica, ma allo stesso tempo si aprano spazi di consapevolezza che possono diventare occasioni per un lavoro personale significativo.
Le sue riflessioni denotano già una capacità di introspezione che rappresenta una risorsa importante. Prendersi il tempo per esplorare queste domande può aiutarla a capire quali strade percorrere per vivere le relazioni in modo più autentico e meno faticoso. Le possibilità di cambiamento esistono sempre, indipendentemente dall’età, e spesso si aprono proprio quando si accetta di guardare con curiosità e gentilezza a sé stessi.
Spero che queste riflessioni possano esserle utili.
Resto a disposizione, un caro saluto
E.S.
la ringrazio per la chiarezza con cui ha descritto questo sentimento di distacco e disagio che la accompagna da qualche anno. La sua riflessione è di per sé molto preziosa, perché riconoscere con onestà ciò che si prova è il primo passo per comprendere più a fondo cosa stia accadendo dentro di sé.
Mi permetto di chiederle: che significato attribuisce a questo "pizzicore interiore" e a questo fastidio verso le dinamiche di gruppo? Cosa crede che stia proteggendo o difendendo dentro di sé evitando il contatto più ampio con gli altri? Potrebbe esserci, sotto questa "intolleranza", un disagio più profondo rispetto a ciò che quelle situazioni richiedono o evocano in lei?
Inoltre, come interpreta questa differenza di esperienza tra la relazione in piccoli gruppi, dove si sente più a suo agio, e quelle in gruppi più numerosi? Cosa, nel suo modo di essere e percepire, cambia quando il numero di persone cresce?
Lei accenna a un passato in cui la "speranza" o la curiosità verso il gruppo erano più presenti. Come guarda oggi a quel passato? Che ruolo potrebbe avere, nella sua attuale esperienza, il tempo che è trascorso, le sue esperienze e le sue esigenze attuali? Ci sono aspetti di sé che sente cambiati, forse in modo più radicale di quanto si immagini, e che meritano attenzione? Cosa è cambiato negli ultimi 3-5 che può aver aumentato questo scarso interesse?
Si chiede se sia realistico trovare interesse nelle persone "alla soglia dei 40 anni" dopo una vita di introversione. Mi domando: quali caratteristiche, quali contesti o quali condizioni potrebbero permetterle di accogliere con più facilità la presenza degli altri? Che cosa, dentro di lei, potrebbe aprire o tenere aperta questa porta, senza che questo significhi dover fingere o sforzarsi oltre misura?
Infine, riflettiamo sul senso che lei dà a "costruire una rete": come immagina che questa rete possa essere nutrita, in modo autentico e rispettoso dei suoi tempi e bisogni? Quali forme di relazione potrebbero rappresentare per lei un equilibrio possibile tra distanza e vicinanza, tra protezione e apertura?
Non è raro che, in momenti di transizione come questo, emergano sentimenti di estraneità e fatica, ma allo stesso tempo si aprano spazi di consapevolezza che possono diventare occasioni per un lavoro personale significativo.
Le sue riflessioni denotano già una capacità di introspezione che rappresenta una risorsa importante. Prendersi il tempo per esplorare queste domande può aiutarla a capire quali strade percorrere per vivere le relazioni in modo più autentico e meno faticoso. Le possibilità di cambiamento esistono sempre, indipendentemente dall’età, e spesso si aprono proprio quando si accetta di guardare con curiosità e gentilezza a sé stessi.
Spero che queste riflessioni possano esserle utili.
Resto a disposizione, un caro saluto
E.S.
Dott.ssa Elisa Scuderi
Psicologa | A Genova e online
📧 elisascuderi.ge@gmail.com
3774810243
www.psicologoagenova.wordpress.com
Utente
Grazie della Sua risposta,
Quante alle sue domande:
1) "Cosa crede che stia proteggendo o difendendo dentro di sé evitando il contatto più ampio con gli altri?"
Mi proteggo dal loro giudizio: sono sempre stato abbastanza anticonformista (negli interessi, in ciò che mangio, nel modo di parlare e pormi) e ciò mi ha reso sempre esposto allo scherno (o allo scherzo, che io interpreto come malevolo) di persone che ai miei occhi appaiono mediocri e moleste.
2) "Cosa, nel suo modo di essere e percepire, cambia quando il numero di persone cresce?"
Mi pare che cambino radicalmente le dinamiche dell'interazione e si passi da un approccio più autentico a uno più - per dirla con Pirandello - "mascherato". Avverto maggiore inautenticità, ecco.
3) "Lei accenna a un passato in cui la speranza o la curiosità verso il gruppo erano più presenti. Come guarda oggi a quel passato?"
Ero più curioso e speranzoso perché ero socialmente "vergine", mi passi il termine :-). Mi sentivo spesso a disagio fra i coetanei - soprattutto alle medie, molto meglio alla scuola superiore - perché mi percepivo come più "grande" degli altri (più maturo, più posato, meno incline ai tipici interessi giovanili), ma ricordo che fantasticavo spesso su come, una volta adulto, gli altri mi avrebbero "raggiunto" e mi sarei sentito perfettamente integrato :-).
Appena ho tempo cercherò di rispondere alle altre sue domande.
Grazie
Quante alle sue domande:
1) "Cosa crede che stia proteggendo o difendendo dentro di sé evitando il contatto più ampio con gli altri?"
Mi proteggo dal loro giudizio: sono sempre stato abbastanza anticonformista (negli interessi, in ciò che mangio, nel modo di parlare e pormi) e ciò mi ha reso sempre esposto allo scherno (o allo scherzo, che io interpreto come malevolo) di persone che ai miei occhi appaiono mediocri e moleste.
2) "Cosa, nel suo modo di essere e percepire, cambia quando il numero di persone cresce?"
Mi pare che cambino radicalmente le dinamiche dell'interazione e si passi da un approccio più autentico a uno più - per dirla con Pirandello - "mascherato". Avverto maggiore inautenticità, ecco.
3) "Lei accenna a un passato in cui la speranza o la curiosità verso il gruppo erano più presenti. Come guarda oggi a quel passato?"
Ero più curioso e speranzoso perché ero socialmente "vergine", mi passi il termine :-). Mi sentivo spesso a disagio fra i coetanei - soprattutto alle medie, molto meglio alla scuola superiore - perché mi percepivo come più "grande" degli altri (più maturo, più posato, meno incline ai tipici interessi giovanili), ma ricordo che fantasticavo spesso su come, una volta adulto, gli altri mi avrebbero "raggiunto" e mi sarei sentito perfettamente integrato :-).
Appena ho tempo cercherò di rispondere alle altre sue domande.
Grazie
Questo consulto ha ricevuto 2 risposte e 377 visite dal 08/08/2025.
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