Difficoltà a relazionarsi, tendenza alla fobia sociale o depressione?

Gentili Dottori, vi scrivo per avere una diagnosi (se possibile) riguardo ai miei problemi di relazione con gli altri, poiché scrivere mi riesce molto meglio che parlare. Vorrei potesse essere un modo per completare un quadro da sottoporre al mio attuale psicologo e lavorare efficacemente sul problema, senza fare troppi tentativi.
La mia situazione è quella di un'estrema difficoltà a relazionarmi con le altre persone: non riesco a parlare, perché la mente va in black out e non crea nessun pensiero da esporre; non riesco ad essere naturale e spontaneo, ho costantemente paura dell'altro, il che si tramuta in risposte stupide, abbozzate e nessuna assertività. Anzi. In special modo ho difficoltà con le ragazze, di cui a fatica reggo lo sguardo. Viene da sè che le mie esperienze affettive siano sullo zero spaccato.
Come sono arrivato a questo punto? Diciamo che sono stato sfortunato. Ho una madre ansiosa, che ha sofferto di attacchi di panico, quindi immagino ci sia dell'ereditario nelle mie ansie, e un padre spesso autoritario e aggressivo. Alle elementari mi perdevo ogni tanto nei miei pensieri durante la lezione e per questo ho passato tre anni preso in giro dall'insegnante (e dai compagni di riflesso) che hanno cominciato ad erodere la mia autostima. Nel periodo di medie e liceo sono stato spesso vittima di bulli, per il mio carattere sensibile e remissivo. A volte anche fuori dal contesto scolastico. Ero sempre "lo scemo del gruppo", lo zimbello.
Credo quindi di aver sviluppato una paura irrazionale degli "altri". Vedo ogni persona come messa sulla terra apposta per farmi del male, non riesco a fidarmi di nessuno e ad aprirmi. Temo l'emarginazione dal gruppo e rimugino continuamente sulla mia situazione. In presenza di sconosciuti sono capace di restare in silenzio per ore, sia per paura di esprimere quello che penso, sia per il black out mentale che mi coglie nei momenti più ansiogeni.
Non ho attacchi di panico, ma soffro costantemente di insonnia.
Ho iniziato a Settembre dello scorso anno il mio percorso con una psicologa, che attualmente utilizza il metodo EMDR. Ha funzionato un minimo, ma per adesso non ci sono stati grandi miglioramenti. Mi ha invitato a consultare uno psichiatra, il quale ha stabilito che non c'è bisogno di farmaci. La psicologa ha in seguito convocato la mia famiglia per la prossima seduta, per lavorare assieme.
La cosa che mi preoccupa di più di tutta la situazione è che da un anno circa ho difficoltà ad alzarmi dal letto la mattina. Preferisco continuare a dormire, piuttosto che alzarmi e dedicarmi alla ricerca di un lavoro o fare altre attività e non mi era mai capitato.

Quindi chiedo: cos'è? Disturbi sociali e mancanze di social skill? Fobia sociale? O depressione?? La cura con EMDR e senza ansiolitici è giusta?
Non pretendo che vi sostituiate alla mia psicologa, vorrei solo sapere se la direzione della cura è giusta, perché sono stufo di questa situazione e voglio cambiare e godermi la vita!!
Grazie in anticipo.
[#1]
Dr.ssa Angela Pileci Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 19.7k 506 41
Gentile Utente,

potrebbe trattarsi di mancanza di social skills, di scarsa autostima, di fobia, ecc... ma questo deve essere diagnosticato sempre di persona dalla Sua psicologa. Che cosa Le ha detto la Collega a riguardo?
Per quanto riguarda il trattamento, è importante impostare un training adeguato proprio per modificare i comportamenti che La mettono in difficoltà ed apprendere nuove capacità relazionali, che a Lei mancano del tutto (prima ipotesi da verificare) oppure che ha acquisito nel tempo, nel senso che saprebbe pure come fare a relazionarsi, ma che non riesce a mettere in pratica.

Non credo che l'EMDR sia indicato, anche se a distanza questa affermazione è da prendere con le pinze. L'EMDR è una tecnica più spesso utilizzata per i traumi.

Nel Suo caso, mi pare sia più adeguato un training comportamentale specifico per apprendere le skills mancanti e lavorare sulla bassa autostima.

Con la Collega sta facendo una psicoterapia? Se sì, di che tipo?
Quali sono gli obiettivi terapeutici?
Come mai è stata convocata anche la famiglia?
Con quali finalità?

Dott.ssa Angela Pileci
Psicologa,Psicoterapeuta Cognitivo-Comportamentale
Perfezionata in Sessuologia Clinica

[#2]
dopo
Attivo dal 2016 al 2016
Ex utente
Grazie Dottoressa Pileci per la veloce risposta. Dunque, la collega non ha mai dato un nome alla cosa. Ha parlato del fatto che sicuramente "ho sviluppato delle fobie e insicurezze", ma non ha mai dato una diagnosi specifica. Ho provato spesso a chiedere se fosse mancanza di autostima il problema specifico o un disturbo evitante di personalità (trovato su google), ma non ho mai ottenuto una risposta ben definita.
Il tipo di psicoterapia non saprei dirlo. Stiamo lavorando solo con EMDR, non abbiamo fatto altro per il momento, ma comunque non mi intendo molto di tipologie di psicoterapia. Da curriculum risulta "Unita' Funzionale Salute Mentale Adulti, in particolare soggetti autistici e con disturbi del comportamento alimentare". Non so se può aiutare a dare un'indicazione.

Secondo la Dottoressa, l'obiettivo sarebbe rielaborare i traumi del passato per poter eliminare la causa scatenante dell'ansia, ma nell'ultima seduta si è resa conto che sono troppi e troppo diluiti nel tempo per ottenere un risultato in tempi rapidi. Quindi mi ha anticipato che vorrebbe lavorare con l'EMDR, partendo però da una situazione del presente che mi crea disagio.
La famiglia è stata convocata perché la collega mi ha spiegato di essere una psicologa con specializzazione in psicoterapia familiare e relazionale. Vorrebbe sentire anche i miei genitori per raccogliere possibili informazioni utili che io non riesco a dare, in quanto ho difficoltà comunicative anche in famiglia.
Spero di essere stato esauriente.
[#3]
Dr.ssa Angela Pileci Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 19.7k 506 41
Gentile Utente,

per traumi intende gli episodi di bullismo o altro?
Mi spiace, ma a distanza è piuttosto difficile aiutarLa, per due motivi principalmente:

- di solito i disturbi d'ansia o le fobie o la mancanza/poca dimestichezza non derivano da traumi del passato. Certamente bisognerebbe capire che cosa intende Lei per trauma ed eventualmente come ha vissuto gli eventi di cui stiamo parlando.

- a prescindere dal "trauma", è possibile in psicoterapia focalizzarsi sulle soluzioni attuabili per il pz. Per questa ragione io non sono d'accordo sulla ricerca delle cause del cosiddetto trauma per poterne venire a capo. Ad esempio, nella psicoterapia cognitivo-comportamentale, ci si focalizza sulle soluzioni che il pz può attuare per imparare una nuova modalità di relazionarsi. Non è detto infatti (e non è dimostrato) che una volta scoperta la causa (sempre se esiste) sia immediato risolvere il problema.

In ogni caso, legga questo articolo: https://www.medicitalia.it/blog/psicologia/4335-la-psicoterapia-cognitivo-comportamentale-non-rimuove-le-cause-del-problema.html
dal quale può capire che è anche possibile partire dalla modificazione del comportamento per trattare le difficoltà relazionali.

E sui training di apprendimento, può consultare questa lettura: https://www.medicitalia.it/minforma/psicologia/1087-le-abilita-sociali.html

Cordiali saluti,
[#4]
dopo
Attivo dal 2016 al 2016
Ex utente
Gentile Dottoressa, sì per traumi intendevo (e intende anche la collega) gli eventi di bullismo ed emarginazione che ho subito in passato.
E anche io preferirei concentrarmi sulle soluzioni piuttosto che sul rielaborare eventi del passato. Il passato me lo posso pure dimenticare, non mi interessa, io ho bisogno di modificare i miei processi mentali che mi portano a vedere tutti come nemici.
Ne parlerò con la collega ed eventualmente proverò a cercare uno psicologo cognitivo-comportamentale a cui chiedere un parere "di persona".

Un'ultima domanda, anche se capisco sia molto difficile dare risposte così, via internet: il collega psichiatra ha escluso l'uso di farmaci e mi ha detto che il modo per risolvere il mio problema è affrontarlo e combattere le sensazioni o pensieri disfunzionali che ho in situazioni sociali. Il fatto è che io non so come combatterli. Siamo sicuri che neanche un ansiolitico possa darmi una mano a disinibirmi un po' per capire che ce la posso fare ed entrare in un circolo virtuoso?
In ogni caso, grazie del tempo chi mi ha dedicato.
[#5]
Dr.ssa Angela Pileci Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 19.7k 506 41
Gentile Utente,

anche negli episodi di bullismo, come in altre forme di violenza, c'è un carnefice e c'è una vittima. Entrambi hanno delle determinate caratteristiche ed entrambi contribuiscono alle dinamiche patologiche che nascono e si mantengono.
Quindi è fondamentale riuscire ad uscire dal ruolo di vittima, perché purtroppo la vittima attrae il carnefice.

E' anche comprensibile che, a seguito di un'esperienza drammatica e negativa, Lei sia timoroso e sfiduciato. Ma se non riuscirà ad uscire da questa parte che probabilmente Lei conosce molto bene e che non Le permette di relazionarsi in maniera diversa con gli altri, resterà sempre una vittima e susciterà negli altri, con buona probabilità, sentimenti negativi.
Quindi un primo passo è vedere Lei, con le Sue difficoltà (tutte comprensibilissime), anche in relazione agli altri.

Lei scrive:
"Credo quindi di aver sviluppato una paura irrazionale degli "altri". Vedo ogni persona come messa sulla terra apposta per farmi del male, non riesco a fidarmi di nessuno e ad aprirmi. Temo l'emarginazione dal gruppo e rimugino continuamente sulla mia situazione. In presenza di sconosciuti sono capace di restare in silenzio per ore, sia per paura di esprimere quello che penso, sia per il black out mentale che mi coglie nei momenti più ansiogeni."

Capisco, ma provi anche a pensare all'effetto che tutto ciò fa agli altri, i quali, come Lei sa bene, non sono sulla terra per farLe del male.
Inoltre, più teme l'emarginazione degli altri, più la ottiene se si comporta in questo modo, perché Lei è spaventato, ma gli altri non lo sanno e La riteranno magari snob o "strano".

"La cosa che mi preoccupa di più di tutta la situazione è che da un anno circa ho difficoltà ad alzarmi dal letto la mattina. Preferisco continuare a dormire, piuttosto che alzarmi e dedicarmi alla ricerca di un lavoro o fare altre attività e non mi era mai capitato."

Questa può essere una conseguenza di ciò che noi terapeuti definiamo "impotenza appresa": ormai, dal Suo punto di vista, non vale più la pena lottare e quindi si spengono le motivazioni per fare e per vivere e ci si accascia in un letto. Non escluderei quindi degli spunti depressivi.

Per questa ragione io sono d'accordo con quanto detto dallo psichiatra. E' ovvio che Lei non sappia come fare, altrimenti credo lo avrebbe già fatto!
Per questa ragione ha bisogno di uno psicologo psicoterapeuta col quale fissare obiettivi di cura sensati, percorribili e raggiungibili.

Cordiali saluti,
Ansia

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