Come gestire le pulsioni a togliersi la vita e cosa dire e cosa indicano?

Gentilissimi,
Di questi tempi mi sta accadendo una cosa molto strana: ho dei momenti in cui la mia psiche 'crolla' e, nonostante apparentemente vada tutto bene, sento un forte impulso a togliermi la vita.
Il problema (non so se definirlo problema) è che, non potendosi realizzare, poiché non saprei neanche come fare e ho un istinto a conservare la mia vita ancora buono, sto fermo sul letto ore ed ore mentre mi immagino come potrei morire, sperando che accada.
Quando mi succede, perdo la gran parte delle mie energie psichiche e quindi non posso fare altro che passivamente assecondare la tendenza a vedere queste immagini e a sentire la costante voglia di cedere alla morte.
Il problema però è un altro, quello per il quale vi scrivo: io sono in cura presso uno psichiatra (e uno psicologo suo aiutante) ma dovrei vederli tra qualche mese, essendo del SSN, e non so come gestire questi momenti molto forti che avvengono.
Inoltre, come potrò spiegare loro che, per quanto apparentemente sembri lucido e sano, la mia mente mi mostri queste immagini e, in altri momenti al di fuori della terapia, possa sviluppare queste insane voglie?
Ho paura che non mi credano poiché gli altri malati di cui si occupano hanno sintomi più, per così dire, visibili.
Ma questo è sempre stato il mio problema: sono molto lucido e volubile per cui, se vado a fare la seduta quando il mio morale è in una fase buona, c'è il rischio che medico possa non credermi, se gli dico che in altre occasioni ho addirittura voglia di togliermi la vita.
Quindi le domande sono due: come gestire questi momenti?
Come comportarmi in seduta semmai non attraversassi quelle fasi depressive a spiegare che possa cambiare molto rapidamente?
Aggiungo: ho una diagnosi di disturbo bipolare di tipo 2 ma fu fatta da un altro psichiatra anni addietro e non so se possa bastare a convincere i medici! Devo convincerli sennò, se la situazione peggiora, ho paura che possa nel tempo realizzarsi, la mia voglia di terminare tutto!
Dr.ssa Anna Potenza Psicologo 5k 204
Gentile utente,
ho letto (per la seconda volta in questi anni!) tutti i suoi consulti, e mi sembra di capire che una parte del disagio di cui parla adesso consista nel non accettare, o non comprendere, la diagnosi che le è stata fatta.
Le è stato diagnosticato tempo addietro un disturbo bipolare.
Probabilmente gli attuali curanti hanno verificato che la diagnosi è corretta, valutando la sua situazione tramite il colloquio clinico e forse anche tramite la sua risposta ai farmaci specifici.
Gli stati d'animo che lei descrive a noi, ugualmente vanno a favore di una diagnosi di bipolarismo.
Una delle sue domande: "Come comportarmi in seduta semmai non attraversassi quelle fasi depressive a spiegare che possa cambiare molto rapidamente?" ha una risposta facile: porti ai curanti questo scritto.
L'altra domanda: "come gestire questi momenti?" va portata ugualmente ad un curante, e non tra qualche mese, ma subito.
Io credo che lei dovrebbe considerare conclusa la fase della sua cura mediante la psicoanalisi e accedere ad una terapia cognitivo-comportamentale.
Ciò comporta la fatica del cambiamento, il dolore di spostare il "locus of control" dall'esterno (le vicende della sua infanzia e dell'adolescenza, le figure genitoriali fredde, assenti, malate, altre figure abusanti e così via) ad un "locus of control" interno, con tutto quello che ciò comporta di ristrutturazione cognitiva e di presa in carico della sua vita.
Da questo, per quanto impervia e dolorosa, nasce la strada del miglioramento, della guarigione.
Cominci col leggere qui su Medicitalia i caratteri del disturbo bipolare, e cerchi un terapeuta cognitivo-comportamentale.
Auguri.

Prof.ssa Anna Potenza
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Primo consulto gratuito inviando documento d'identità a: gairos1971@gmail.com

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Utente
Utente
La ringrazio della risposta! Ha ragione nel dire che non accetto la diagnosi: mi sono sempre sentito diverso da tutti i pazienti che dicevano di soffrire di disturbo bipolare di mia conoscenza, per cui,quando mi fu diagnosticato, ho pensato che lo psichiatra mi stesse racchiudendo in una categoria nella quale non mi sentivo rappresentato. Ho sempre percepito più vicina a me la diagnosi che ancora più anni addietro uno psichiatra privato,prima che accedessi nel pubblico,mi fece,ossia quella di depressione ciclica(poiché non ho ricordo di fasi in cui sono su di giri,ma solo di grandi fasi depressive nell'arco della mia vita). Ora che ci penso,però, ha ragione:non essendo il mio campo di studi,non posso pretendere di decidere da solo quale diagnosi vada bene o meno!Forse mi devo fidare di più dei curanti...Un abbraccio
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Dr.ssa Anna Potenza Psicologo 5k 204
Gentile utente,
affidarsi ai curanti costruendo una buona relazione terapeutica è sempre una saggia decisione.
Ci tengo però a rendere giustizia alla sua idea di non potersi identificare nel bipolarismo estremo. Intanto ognuno di noi, malato o no, è un individuo, prima che un caso clinico; inoltre il bipolarismo si presenta in modi diversi. In certi casi la fase maniacale si mostra attenuata, in altri manca del tutto, e forse la prima diagnosi da lei ricevuta sarebbe valida. Questo articolo può aiutarla a capire: https://www.medicitalia.it/salute/psichiatria/51-disturbo-bipolare.html#Diagnosi
In ogni caso, lei ha ricorrenti periodi di sconforto -o se vuole di depressione- che la sua passività non aiuta, mentre una psicoterapia dirigista può provare a sconfiggerli.
Le faccio tanti auguri.

Prof.ssa Anna Potenza
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