Fine relazione strana

Salve, richiedo questo consulto per comprendere bene quello che mi è successo poiché ho tante domande e dubbi che mi assillano e non mi fanno vivere bene.
Ho iniziato la mia storia con questo ragazzo 8 anni fa, lui da subito si è mostrato come un ragazzo dolce, affettuoso e gentile.
Per 6 anni ha lavorato in un paese vicino al mio in un'officina e ci vedevamo quasi tutte le sere.
Nell'estate post-pandemia, dopo aver chiuso l'officina che gestiva insieme al padre, è andato a lavorare all'azienda del fratello in Calabria a 800 km di distanza da me e lì sono andati anche i suoi genitori.
A partire da ciò lui si divideva tra il lavoro di giù e altri interessi che aveva qui oltre me.
Io andavo soprattutto l'estate poiché sto finendo l'università e adesso a Luglio dovrei laurearmi.
Avendo un padre molto autoritario accadevano spesso delle discussioni dovute al fatto che lui ogni tanto doveva tornare qui.
E qualche volta tali discussioni si ripercuotevano anche su di noi quando passava tanto tempo e lui non sembrava trovare un giorno per tornare perché a detta del padre il lavoro era talmente impegnativo da non poter ricavare quasi mai il tempo.
Io ho accettato con pazienza questa situazione anche in virtù del fatto che una volta liberata dallo studio sarei potuta scendere molto di più anche io.
Ora sembravamo aver trovato un certo equilibrio con questa situazione, ma il giorno di Pasquetta in cui lui aveva prenotato in un ristorante da un suo amico e sarebbe dovuto tornare, mi ha comunicato dapprima di aver preso il covid, poi ha staccato i telefoni e si è dato irriperibile.
Il giorno dopo mi ha lasciata con un messaggio dicendo che non provava più quello che provava prima.
Ho provato a chiamarlo e mandato messaggi per chiedere spiegazioni, ma mi ha bloccato su whatsapp.
Sono andata lì di persona per parlargli, ma arrabbiatissimo mi ha detto solo non ti amo più.
Ha cambiato numero di telefono e fatto un nuovo profilo su facebook.
Ha cancellato i contatti con tutti i miei familiari.
A chiunque ha provato a chiedere spiegazioni sulla nostra storia ha risposto arrabbiatissimo non fornendole.
(Premetto che sono sicura che non ci sia una terza persona di mezzo).
La mia domanda è come mai lui abbia tutto questo odio nei miei confronti, non avendo ricevuto torti da parte mia, essendo stato lui a prendere la decisione, senza darmi alcun segnale negli incontri che avevamo avuto precedentemente all'accaduto.
Dicendomi ti amo fino al giorno prima.
Ho paura che dietro questa decisione ci sia stata l'influenza della sua famiglia.
Mi piacerebbe provare a ripristinare una forma di dialogo con lui anche per semplice rispetto, ma non saprei come approcciare.
Chiedo quindi un parere su questa situazione e ringrazio per il consulto.
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Dr.ssa Anna Potenza Psicologo 3.8k 184
Gentile utente,
sono veramente tante le cose che ignoriamo di lei, del suo ex e delle circostanze, per cui prenda quello che le dico come indicazione generica che ha lo scopo di aiutarla a guardare avanti, più che quello di darle spiegazioni.
A quel che sappiamo da qui, lei si fidanza molto giovane, immagino alla fine delle superiori, con un ragazzo di cui non conosciamo l'età ma che ci descrive molto legato alla famiglia d'origine: lavora nell'officina creata dal padre fuori dalla sua regione, poi ritorna nella terra d'origine, ma sempre al seguito di papà e mamma, e va a fare un lavoro diverso, ma ancora con il padre come supervisore e di nuovo in un'azienda di famiglia.
Nel frattempo lei si iscrive all'università, ma in sette/otto anni non si laurea e forse in conseguenza di ciò porta avanti la relazione senza realizzazioni concrete in termini di matrimonio, convivenza, figli.
Lei dirà che oggi queste situazioni di ritardo negli studi, come le relazioni che rimangono nel limbo del fidanzamento per un tempo indefinito, sono usuali. Questo però non vuol dire che siano anche le migliori che si possano desiderare.
La società opulenta così come induce al sovrappeso (temo sia anche il suo caso) concede ampie libertà ai fidanzati nella sfera sessuale, viaggi e perfino convivenza, spesso nelle case di proprietà dei genitori o con mutui pagati da loro, ma non spinge all'autonomia, alla responsabilità personale, alla crescita.
Si dice che l'adolescenza finisce quando una persona scopre la propria identità distinta da quella dei genitori, ha proprie idee, ragiona con la propria testa e si mantiene col proprio lavoro. Il rischio, nella società opulenta -e permissiva- è che questo non avvenga mai.
Il consumismo fa credere che la vita scorra senza sviluppo e senza decadenza.
Donne e uomini oltre i 40 anni (quella che un tempo era definita 'mezza età') ci scrivono: "Sono un* ragazz* di 42 anni"; e continuano, a seconda del sesso: "vorrei tanto un figlio" (ma la biologia non aspetta, non è più così facile), oppure: "sono terrorizzato all'idea di aver messo incinta una donna che conosco da soli tre mesi", etc.
Insomma, niente progetti, niente radici né continuità, niente autonomia né scelte autenticamente personali.
Lei dice: "Ho paura che dietro questa decisione ci sia stata l'influenza della sua famiglia".
Probabile, e anche triste, per un uomo che immagino abbia quasi trent'anni.
Lei afferma: "Premetto che sono sicura che non ci sia una terza persona di mezzo".
Questo invece non lo può sapere. Può essere bastato ritrovarsi nella sua regione, con ragazze che hanno lineamenti, modi, linguaggio a lui familiari (per lui così assuefatto alla famiglia d'origine) a fargli sentire un'estraneità nei suoi confronti, cara utente.
Aggiungiamo a questo che per un "ragazzo dolce, affettuoso e gentile" (e remissivo) le discussioni e i rimproveri che forse hanno accompagnato la vostra relazione sono stati un peso eccessivo.
Se ci avesse tenuto più a lei che ai suoi, cosa poteva impedirgli di dire al padre: "Lasciami l'officina. Io non me ne posso andare, perché ho la mia ragazza e il mio futuro qui".
Ma guarda caso non l'ha fatto. E lei, forse per debolezza di carattere, forse perché ingannata da una "dolcezza" che non voleva scambiare per passività, sottomissione al diktat paterno, si è adattata.
Da circa quattro anni, però, questo adattamento ha mostrato che forse copriva sotterranee perplessità. Sono circa quattro anni che lei ci scrive lamentando sintomi psicosomatici. Tante parti del suo organismo dolgono, funzionano male, la preoccupano.
L'unica cosa che non ha voluto mettere in dubbio, forse è la causa di tutto questo: la sua relazione con un uomo che non la convinceva più.
Lei scrive: "La mia domanda è come mai lui abbia tutto questo odio nei miei confronti, non avendo ricevuto torti da parte mia, essendo stato lui a prendere la decisione, senza darmi alcun segnale negli incontri che avevamo avuto precedentemente all'accaduto. Dicendomi ti amo fino al giorno prima".
Appunto, le è stato somministrato un veleno dolce, forse senza averne volontà e cognizione.
Il ragazzo "dolce, affettuoso e gentile", così come si sottomette al padre, non voleva discorsi chiari nemmeno con lei, e quando si è trovato sul punto di dover fare per forza una scelta non ha potuto che sottrarsi ad ogni spiegazione. Di qui il suo odio. Tutti quelli che ci fanno un torto ci odiano, perché devono dare a sé stessi qualche giustificazione, o perché li abbiamo costretti a guardare in faccia la loro mediocrità, cattiveria, vigliaccheria.
Venendo alla famiglia di lui, se non ci fosse stata un'incompatibilità tra lei e loro, non le sembra che almeno uno le avrebbe scritto: "Mi dispiace, ti voglio bene"?
In conclusione: "Mi piacerebbe provare a ripristinare una forma di dialogo con lui anche per semplice rispetto, ma non saprei come approcciare".
In nessun modo, per ora. Più tardi, quando vedrà chiaro in tutta la vicenda, e potrà forse capire di aver perso un ragazzino più che un uomo, potrà levarsi qualche sassolino dalla scarpa scrivendogli cosa pensa di lui. Per ora si renda invisibile, irreperibile.
Ha detto che lui torna periodicamente nella sua città per altri affari (sempre legati al padre, o cosa?). Le capiterà di incontrarlo, forse. Lo saluti e tiri diritto.
Ora pensi ad elargire a sé stessa un supplemento di benevolenza.
Auguri; noi siamo qui.

Prof.ssa Anna Potenza (RM) gairos1971@gmail.com

[#2]
dopo
Utente
Utente
Gent.ma dottoressa. La ringrazio per la puntuale risposta vorrei farle delle precisazioni che prima ho dimenticato di scrivere. Innanzitutto lui ha 34 anni, io 26 ma non sono in ritardo con gli studi poiché la laurea che sto prendendo è quella Magistrale. Inoltre lui adesso è tornato a lavorare nella terra di origine, ma del padre. Mentre lui è nato nella mia regione e fino a due anni fa ha lavorato qui. Riguardo la famiglia di lui io ho sempre avuto rapporti di massimo rispetto, ma la situazione si era incrinata in seguito alla decisione di tornare giù sempre perché loro facevano pressioni ogni volta che lui doveva tornare qui da me anche per pochi giorni. Io avevo provato a dire al padre nonché suo diciamo "datore" di lavoro che la situazione mi andava bene, ma non era normale non vedersi per due mesi continuativi, anche il mio ragazzo riconosceva ciò aveva provato a spiegarlo al padre, ma nutriva sempre quella soggezione tale per cui non riusciva a prendere posizione. Adesso da Luglio con la laurea avrei potuto organizzarmi molto meglio e seguirlo di più e lui mi ha dato questo colpo ad un passo da questo traguardo, destabilizzandomi emotivamente. Riguardo i progetti di vita ne avremmo parlato seriamente adesso con la fine degli studi, ma non gli avevo messo alcuna pressione e nel corso degli 8 anni insieme se ne era sempre parlato tranquillamente del nostro futuro. Ecco questa situazione è l'unico problema che mi viene da evidenziare se guardo il nostro rapporto dal mio punto di vista. Riguardo i suoi genitori ho provato a scrivere anche alla madre che mi ha detto questa è la decisione punto e basta e nessuno può farci nulla, senza spendere una parola di affetto in più. Riguardo il fatto che avevo scritto che lui tornava qui non solo per me, tornava per controllare anche la casa e i terreni di proprietà dove aveva vissuto fino a due anni fa. A me ha traumatizzato questo lato del carattere completamente sconosciuto in 8 anni poiché lui è sempre sembrato un ragazzo serio, aperto al dialogo, però si come sottolineato prima timoroso del giudizio della sua famiglia. La mancanza di confronto con lui, di dialogo e sfogo è la causa maggiore del mio malessere. Ringrazio ancora per l'ascolto
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Dr.ssa Anna Potenza Psicologo 3.8k 184
Gentile utente,
spero che l'ultima email che ci ha scritto l'abbia aiutata a comprendere meglio la situazione.
Un punto che lei non prende in considerazione, tra quelli che avevo sottolineato, sono i numerosi malesseri fisici (psicosomatici?) che hanno accompagnato gli ultimi quattro anni, di cui il sovrappeso è una componente.
Riepilogando, parliamo di un rapporto iniziato troppo presto, lei 19 anni, lui 27.
Otto anni di differenza a quell'età non sono pochi e possono far pensare che lui fosse un po' immaturo, se ampiamente adulto ha scelto una partner adolescente e in otto anni insieme non ha sentito il desiderio di sposarsi o almeno di convivere. O che lei avesse un carattere troppo "adulto" e deciso.
C'è una frase che non capisco. Dopo aver scritto: " Riguardo i progetti di vita ne avremmo parlato seriamente adesso con la fine degli studi, ma non gli avevo messo alcuna pressione e nel corso degli 8 anni insieme se ne era sempre parlato tranquillamente del nostro futuro", lei aggiunge: "Ecco questa situazione è l'unico problema che mi viene da evidenziare se guardo il nostro rapporto dal mio punto di vista".
Dunque quale sarebbe stato l'unico problema? Che per lui l'attesa sia stata troppo lunga? Lei a quel che capisco si sta laureando in Medicina (le altre magistrali durano cinque anni) e lo ha costretto ad aspettare?
Con la famiglia di lui c'è stato "massimo rispetto". Troppo poco come legame affettivo con una futura nuora, come poi ha dimostrato il comportamento della madre. Ma lei di questo non era consapevole, o non le importava?
Si ha l'impressione che lui, più che "serio, aperto al dialogo", fosse "timoroso", e non solo "del giudizio della sua famiglia", ma di tutte le persone che aveva intorno.
Da come lei lo descrive, insomma, quest'uomo manca di assertività, e forse si sentiva spinto e tirato da tutte le parti; anche da lei. Questo potrebbe giustificare la reazione rabbiosa finale.
Può darsi che in futuro lui riesca ad essere più forte e determinato e sappia prendere decisioni autonome, ma per ora non l'ha fatto.
Intanto lei soffre, e l'importante è che curi il proprio benessere e guardi al futuro.
Il momento della spiegazione verrà, ma per ora le sue richieste di chiarimento risultano per lui un'ulteriore pressione assillante.
Ancora auguri.

Prof.ssa Anna Potenza (RM) gairos1971@gmail.com

[#4]
dopo
Utente
Utente
Gent.ma dottoressa i miei sintomi psicosomatici precedenti sono stati spesso dovuti ad una componente del mio carattere un pochino ansiosa. Riguardo gli studi volevo intendere che ho già preso la laurea triennale e adesso stavo concludendo la specialistica/Magistrale (ordinamento 3+2). Quindi non lo avevo costretto ad aspettare nulla. Del futuro ogni tanto ne parlavamo con tranquillità e basta. Riguardo il rapporto con la sua famiglia loro in generale sono sempre stati un pochino chiusi con tutti, il padre sempre molto autoritario e la madre un pochino gelosa dei figli. Io ho cercato di farmi rispettare e accettare da loro, ma da quando si erano trasferiti automaticamente si erano raffreddati nei miei confronti. Anche io penso che lui si sia sentito pressato, ma purtroppo io dal mio canto cercavo di dargli tutta la mia comprensione, spesso pazientavo anche un mese/ due mesi se non poteva tornare per il lavoro, ma ovviamente poi mi sembra normale che ogni tanto volessi che tornasse per il semplice fatto che si trattava di un'attività di famiglia che poteva essere benissimo gestita. Ma questa comprensione da parte del padre non c'era o si faceva come diceva lui o niente. Nonostante anche il mio ex ragazzo gli aveva più volte cercato di far capire la situazione. Ho paura che queste pressioni abbiano inciso pesantemente su questa presa di posizione e lui abbia scelto la strada più semplice. Il mio malessere è dovuto al fatto che forse senza questo trasferimento e pressione la storia sarebbe potuta continuare. Io a lui tengo ancora molto e spero che in futuro possa avere un qualche ravvedimento, anche se non voglio illudermi. La ringrazio per l'ascolto.
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Dr.ssa Anna Potenza Psicologo 3.8k 184
Gentile ragazza,
in questo momento, più importante ancora del non illudersi, è occuparsi della sua laurea e soprattutto del suo benessere.
Qualunque cosa succeda dopo, se dovesse tornare di nuovo col suo ex, per esempio, sarebbe importante aver superato, tutti e due, i comportamenti e le debolezze che hanno nuociuto al vostro legame.
Lei naturalmente può agire solo su sé stessa, ma la sua conquista di una maggiore serenità le sarà utile con qualunque altro partner, così come con le situazioni di lavoro e in generale le varie vicissitudini della vita.
Lei scrive: "i miei sintomi psicosomatici precedenti sono stati spesso dovuti ad una componente del mio carattere un pochino ansiosa".
Non esiste una "componente ansiosa del carattere". Esiste una malattia con precisi correlati neurobiologici, cioè l'ansia, che se non viene curata finisce per cronicizzarsi, passando da "malattia" (che non è una colpa) a "vizio", che invece è una scelta volontaria, e quindi un modo di danneggiare sé stessi e chi ci sta intorno.
Per farle un esempio, se una persona si fa male ad una gamba può curarsi, fare massaggi, mettere pomate analgesiche, evitare di sforzarla, per poi riprendere ad usarla normalmente; oppure può prendere il vizio di trascinarla e zoppicare, senza far nulla per guarire.
Molti ansiosi sono così. Preferiscono tenersi le idee e i comportamenti fobici e catastrofisti che sorgono nel loro cervello e adattarsi alla paura, ossia mutilare la propria vita e mantenere intatta la malattia, specie se riescono a coinvolgere gli altri nelle loro abitudini. Comportamenti analoghi sviluppano molti depressi.
Pensi quindi al più presto a curarsi dell'ansia, per vedere il mondo come un luogo positivo dove trovare successi e capacità di resilienza.
Al momento lei scrive: "Il mio malessere è dovuto al fatto che forse senza questo trasferimento e pressione la storia sarebbe potuta continuare".
Lei dunque deve ringraziare queste circostanze avverse, perché hanno agito come cartina di tornasole: pensi che guaio se non avesse conosciuto questo lato debole -diciamo pure vigliacco- del suo uomo, lato che però era presente e pronto a manifestarsi di fronte a quelle avversità che nella vita non mancano.
Questo può essere per lei un primo esercizio di pensiero positivo.
Auguri per tutto.

Prof.ssa Anna Potenza (RM) gairos1971@gmail.com

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