Confusione sulla diagnosi di ciclotimia

Egregi dottori,
ho sentito tanto su questa diagnosi da essere definitivamente confusa.
Io ho avuto episodi depressivi misti diagnosticati, non solo sintomi, per qualcuno anche episodi maniacali, per qualcun altro no perché l'umore non era comunque mai buono ma c'erano sintomi psicotici e anche bizzarri.
Per qualcuno la ciclotimia è peggio del bipolare 2 perché non ha fasi eutimiche e bisogna prendere i farmaci non dico a vita ma per tanti anni e infatti per me è stato così.
Per qualcuno non bisogna proprio dare farmaci e se devi dare farmaci per il disturbo bipolare allora è disturbo bipolare e non una più lieve ciclotimia.
Ora sto andando il depressione nonostante i farmaci e penso sempre al suicidio, ma raramente sono stata serena.
Gli stabilizzatori tolgono il grosso dei sintomi psicotici, più no.
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Dr. Matteo Pacini Psichiatra, Psicoterapeuta, Medico delle dipendenze 43.5k 993 248
Innanzitutto, se c'erano sintomi psicotici durante le fasi maggiori, agitate (euforiche o non euforiche), siamo nel bipolare I, non II. Il termine ciclotimia si può usare con accezioni varie, Lei a quanto ho inteso lo intende come forma più lieve del bipolare II, che è poi quella di "disturbo ciclotimico" (fasi minori di vario tipo). Se è questo, si usano le stesse cure fondamentalmente, è ovvio che si tendono ad usare di più alcuni medicinali se le ricorrenze sono depressive, se non ci sono sintomi psicotici, se i cicli sono regolari anziché irregolari, se la sequenza inizia con la mania, se c'è familiarità, etc e tutta una serie di altri fattori che condizionano la scelta.
Però che non si usino farmaci non mi risulta.

Dr.Matteo Pacini
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Infatti per qualcuno è bipolare 2. Non tutti mi vedono nello stesso momento o assistono ai miei momenti di "franchezza" su alcuni sintomi che diciamo per loro natura si tendono a nascondere. Diciamo che ho avuto vari momenti di querulomania, ma solo a scopo dissuasivo nei confronti di persone che mi spaventavano o che semplicemente mi rendevano estremamente triste con la loro indifferenza. Non ho mai denunciato nessuno. Ho avuto forte paura di molte persone nelle visite, paura delle persone in strada, quasi certezza che mi avrebbero preso e ucciso o peggio. Ho avuto allucinazioni e pseudoallucinazioni, più che altro dopo l'uso di antidepressivi o eventi molto stressanti. Siamo sempre nel quasi, nel breve, nello sfumato, ma sempre sofferente, per questo le idee di suicidio ora sono così dettagliate che potrei farlo ora, senza problemi. È diventata una strategia per superare il disgusto di me pianificare. Si, ora ho fasi più lievi, molto rapide e si in famiglia ho probabilmente più di un bipolare.
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Dr. Matteo Pacini Psichiatra, Psicoterapeuta, Medico delle dipendenze 43.5k 993 248
Le terapie tra bipolare II e sottotipi minori correlati non sono sostanzialmente diverse. La presenza di sintomi psicotici in genere motiva l'impiego di antipsicotici, anche perché parte di questi sono poi divenuti terapie di riferimento come stabilizzatori d'umore anche nelle forme attenuate.

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Non si preoccupi dottore, c'è tutto nella mia terapia, anzi, mi domando perché un bipolare 1 possa prendere solo il litio e io mi devo prendere a vita una terapia mista e non stare neanche mai bene...poi il mio sarebbe un disturbo minore. Forse sono io che mi piango addosso quando guardo Sara Tommasi e guardo come sono ridotta io che non posso neppure avere un affetto stabile che non sia a grande distanza di sicurezza.
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Dr. Matteo Pacini Psichiatra, Psicoterapeuta, Medico delle dipendenze 43.5k 993 248
Perché ci sono bipolari 1 che rispondono al litio. Però già la presenza di psicosi è fattore di non risposta ottimale. I disturbi minori non sono più o meno curabili, sono più intensi nella manifestazione. Le terapie sono inizialmente state pensate per il tipo I, quindi poi è chiaro che gli altri tipi sono rimasti indietro perché si sono presi le cure inventate per il tipo I, nessuna in pratica è stata registrata per il tipo II o minori (solo la lamotrigina, ma perché si dimostrò inefficace nel tipo I). Poi di fatto se si vanno a vedere le cure per le forme minori, ci può essere il paradosso per cui un tipo I sta in equilibrio con un farmaco solo, e un tipo 2 ne prende 3 o 4 e ancora lamenta sintomi depressivi.

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Faccio la lamotrigina, in effetti. Quindi non ho molte speranze di stare meglio nel tempo? Io ho iniziato a stare male da bambina con delle forti paure e un sonno molto disturbato con fenomeni inquietanti. Ho cominciato ad avere idee molto strane, ma non credo se ne sia accorto nessuno, perché ero molto chiusa e molto riservata. Da lì non ho mai avuto una vita normale, sono sempre stata tanto da sola e ho vissuto molto i miei sintomi per conto mio, anche ora. Mi fingo normale per quanto posso. Parlo solo con lo psichiatra che è il più elevato grado di intimità, intesa come condivisione, che ho nei rapporti.
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Dr. Matteo Pacini Psichiatra, Psicoterapeuta, Medico delle dipendenze 43.5k 993 248
Perché non ha molte speranze ? In base a cosa ?

La lamotrigina va dosata nel sangue per sapere se è a livello efficace, tra le altre cose. Ma mi par di capire però che Lei parli di un disturbo con sintomi psicotici. Quindi solo lamotrigina non mi torna molto.

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Perchè come le dicevo faccio il litio, la lamotrigina e la quetiapina, non ho mai dosato la lamotrigina veramente.
Ho avuto sintomi psicotici veri solo con gli antidepressivi, ma di solito ho sintomi quasi psicotici, mi sento tesa, con una forte pressione alle tempie, mi sento divisa in due persone che parlano, ma di fronte ad estranei riesco di solito a non avere comportamenti irrazionali... anche perché mi isolo. Mi sento solo stanca e confusa, ho difficoltà a portare avanti le mie cose quotidiane e penso sistematicamente al suicidio.
Il problema è che ora questi sintomi sono attenuati ma sono cronica e non sto mai bene. Non posso ragionevolmente pensare ad una vita normale e mi dispiace per chi mi vuole bene che non potrà averla a sua volta, mi sento impotente perché tra l'altro non sono disturbi di cui solitamente si parla.
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Dr. Matteo Pacini Psichiatra, Psicoterapeuta, Medico delle dipendenze 43.5k 993 248
Il dosaggio della lamotrigina sarebbe opportuno.
IL resto è una considerazione delle cure fatte o non fatte. I pensieri di suicidio vanno melio caratterizzati, perché essendo sistematici non è chiaro se intenda timori o progetti.

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Non so come "proporre" di dosare un farmaco dopo che tanti suoi colleghi non lo hanno fatto: non sembrerei saccente?
Non sono timori, l'unico timore è il disagio psicologico che causerei alla mia famiglia, avere un suicida in casa è drammatico anche se all'atto pratico magari non è una perdita insuperabile. Non sono timori, io mi rilasso mettendo a punto i dettagli, sapendo che posso mettere fine alla paura e alla sofferenza quando voglio.
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Dr. Matteo Pacini Psichiatra, Psicoterapeuta, Medico delle dipendenze 43.5k 993 248
Quel che dice sul fatto che il medico può non gradire suggerimenti è vero, anche se si tratta di un accertamento e non di una richiesta di variazione di cura.
Questi aspetti del pensiero sul suicidio vanno riferiti al medico se già non li conosce.

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Nel dettaglio solo un paio di volte, con chi mi sembrava più solido. Mi ha aiutato a fare una riflessione sul senso di colpa, i miei due problemi principali sono come procurarmi l'occorrente non per suicidarmi, ma per farlo soffrendo poco, il che implica far sentire in colpa chi involontariamente mi aiuterà. L'alternativa è un po' più dolorosa, ma gestibile con cose da banco. Poi mi preoccupa una lettera ad una persona che sicuramente sentirà la mia mancanza, devo comunicare " fa ciò che dico, non ciò che faccio, vivi e aiuta gli altri, fa finta che sono morta di aids " Devo essere convincente, qui si a costo di usare il senso di colpa. Volevo essere onestissima e pulitissima, ma mi rendo conto che evitare il senso di colpa significa appesantire quello degli altri, al punto che quando sarà sarò truffaldina, estremamente laboriosa da comporre da morta, litigiosa e resistente con lo psichiatra e lo psicologo, darò il peggio di me per suscitare un sano odio e una sana rabbia. A partire dalla saccenza di cui sopra!
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Dr. Matteo Pacini Psichiatra, Psicoterapeuta, Medico delle dipendenze 43.5k 993 248
Andrebbe meglio discusso cosa esprimono questi dubbi, che sono sì sul suicidio, ma se ci fa caso invece recuperano delle valenze generali riguardanti la vita, i rapporti, e soprattutto proiettano verso un qualcosa su cui si finisce per ragionare in maniera paradossale.
Quindi, da una parte va controllata e migliorata la cura, se possibile, includendo anche opzioni che riducono proprio la parte suicidaria (ci sono dati contrastanti e non tutti sono chiari, però se si vuole andare nello specifico, qualcosa c'è). In più, una psicoterapia che secondo me prima va scelta da parte di uno psicologo clinico-

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Utente
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Io ho un disturbo di personalità, dopo una terapia cognitiva fallimentare che ha convinto la terapeuta a passarmi ad una collega ora faccio una terapia generica, la persona in questione mi ascolta, mi da qualche spunto di riflessione, qualche consiglio. Sono troppo instabile per altro. Prima delle sedute o delle visite mi sento in preda ad un panico crescente, dopo ad una tristezza profonda come se niente avesse senso. Per evitare questa puntuale altalena cerco di essere il più possibile distante, non ho potere su queste sensazioni molto intense, mi creano difficoltà nel fare le cose quotidiane e sono difficilissime da comunicare se non con un crollo emotivo che non risolve, la volta dopo si ripete. Posso anche capire che si tratta della ripetizione di un lontanissimo passato, mia madre aveva una grave depressione e era single. Cosa importa però, io non penso queste cose, sono parte di me, le avrò sempre e più ho affetto e ammirazione per questo o quel medico/psicologo e più sono potenti. Lei parla di dubbio, che dubbio?
I farmaci intendo il litio? Già lo prendo
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Dr. Matteo Pacini Psichiatra, Psicoterapeuta, Medico delle dipendenze 43.5k 993 248
"Un" disturbo di personalità..... senza nome ?
I farmaci intendo non solo quello, ma non solo farmaci.
Questa psicoterapia ha un nome come tecnica ?

Dr.Matteo Pacini
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Borderline, mi hanno mandata appositamente a farmi valutare in un ambulatorio dedicato. Lo sono sicuramente, anche io mi ribello a questo modo di essere e cerco di darmi un contegno almeno fuori dalle relazioni intime che sono, veramente, una o forse zero.
Non so che tecniche usi, è un terapeuta della gestalt, ma è l'unico con cui non abbia avuto un rapporto turbolento. È coraggioso, collabora in maniera molto serena con gli psichiatri e rimane calmo e gentile nei momenti di difficoltà, non li prende come attacchi alla sua persona. Si ricorda le cose, prende tanti appunti, è un buon terapeuta che non farà miracoli, ma non peggiora le cose. Credo il precedente psichiatra me lo abbia consigliato per questo.
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Dr. Matteo Pacini Psichiatra, Psicoterapeuta, Medico delle dipendenze 43.5k 993 248
Evidentemente ci si rapporta Le in maniera diversa, anche. Sa, gli attacchi alla persona sono tali, si possono non prendere, ma quando si parla di attacchi si intende proprio questo. Può darsi che l'equilibrio sia migliore. L'importante è che poi il miglioramento non sia tanto nel rapporto con i terapeuti e basta, quanto prodotto sulla vita nel suo complesso.

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Lei è un uomo intelligente, lei riesce a stabilire come comportarsi con questo o quell'altro individuo, io sembro esserlo ma non riesco a contenermi più di qualche minuto se provo emozioni intense, sono trasparente. Con alcuni di voi io ho imparato quel minimo di savoir faire che mi permette di essere meno selvatica nei contesti sociali, a capire un po' cosa pensano gli altri, grazie anche ai farmaci, dato che l'educazione può poco senza la capacità di raccogliersi un minuto a pensare prima di agire.Questo si è un miglioramento che viene dalla psicoterapia e anche da voi, alla fine siete diventati dei modelli per me che ne avevo solo di negativi.
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Dr. Matteo Pacini Psichiatra, Psicoterapeuta, Medico delle dipendenze 43.5k 993 248
Certo, questi sono ragionamenti che tornano, ma come dice Lei, grazie anche ai farmaci, e alla psicoterapia, non al gradimento né dei farmaci né della psicoterapia. A volte non guasta che siano anche di nostro gradimento "a pelle", ma a volte questo concetto non sussiste, è un errore formale che porta poi a selezionare, al contrario, quello che ci aggrada per motivi specifici, cioè che non tocca il nucleo del problema.

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Utente
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No, non sta a me gradire o meno una terapia nè tantomeno una persona che cerca di curarmi. Non sono un'edonista, so che per curarsi occorre fare dei sacrifici, peccato che ciò che so non abbia il minimo valore quando mi sento così preoccupata e così triste come le ho detto prima di fronte ad una persona che mi conosce come un terapeuta. Passo giorni a cercare di calmarmi passando da panico a tristezza, e viceversa. Non è altra scelta che andare e sperare che l'altra persona mi capisca o non andare affatto.
È disperante vedere come l'unico progresso sia non sentirmi divisa e sentire una quasi voce, ora sono unita ma penso congiuntamente le stesse cose. Ho questi sbalzi di umore ancora marcati che sono notati sul lavoro, ma non ne posso parlare con nessuno o rischio di liberare un demone che si mangerebbe la relazione con quella persona. Vede che dopotutto le idee di suicidio vengono anche da questa forzata solitudine.
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Non sono stata del tutto onesta con lei, mi scusi, così sembra che io sia la gentilezza fatta persona e non è così. Deve sapere che mi innamoro sistematicamente di psicologi e psichiatri, uomini e anche qualche donna. Di uno di questi sono stata più che innamorata, finché non mi ha lasciato ad un'altra sua collega. Di lì è stata una scenata ad ogni visita e una comprensibile rabbia e frustrazione per non potermi aiutare a governare la mia barchetta nel mare in tempesta, pur aumentando la terapia passavo da pulire ossessivamente a digiunare, alle abbuffate, all'autolesionismo, al suicidio alla dissociazione senza poter trovare pace. Ancora adesso se ci penso sento una tristezza soffocante e irrimediabile, voglio solo morire, mi sento in colpa per questo, mi vergogno per questo, sento di non avere il diritto. Quindi, non sono carina no, per niente, sono arrabbiata, paranoica, ma spero che si apprezzi che è per amore.
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Dr. Matteo Pacini Psichiatra, Psicoterapeuta, Medico delle dipendenze 43.5k 993 248
Ci sono una serie di contraddizioni. Descrive delle caratteristiche di un disturbo per poi però attribuire ad esse un qualche valore positivo, il che conferma certamente il tipo di diagnosi.
Comunque c'è chi sta provando a produrre qualche cambiamento in questa ambivalenza, presumo.

Dr.Matteo Pacini
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Ambivalenza rispetto a qualcosa di specifico o alla mia personalità? Nel secondo caso non le attribuisco caratteristiche positive, ma un senso. Se non attribuissi un senso a quello che faccio come farei? La personalità è l'interazione tra caratteristiche intrinseche alla persona e la sua storia, verso questi aspetti non posso essere ambivalente, sono anche negativi, ma non solo negativi, e sono senz'altro reali.
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Dr. Matteo Pacini Psichiatra, Psicoterapeuta, Medico delle dipendenze 43.5k 993 248
Ambivalenza rispetto alle cose che dichiara di sé.

Dr.Matteo Pacini
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Capisco, in realtà non sono insicura sulle mie capacità, mentre sono disgustata da me in quanto carne, in quanto corpo, tanto che in passato avevo la sensazione di avere una deformità. Se questo disgusto per il mio corpo sia dovuto ad una depressione molto precoce o ad altri fattori più contingenti non so, io ho sempre creduto la seconda.
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Buonasera dottore,
spero che non le dispiaccia se proseguo questo già lunghissimo consulto, ma penso che altrimenti le sarebbe difficile ricordarsi l'antefatto. Ho parlato con il mio psichiatra, che mi ha detto che a) sto facendo una psicoterapia "supportiva" b) fra qualche anno potrei ridurre i farmaci e quindi il rischio di problemi di salute a lungo termine che tanto mi preoccupano, purché io riesca a stare bene. A questo punto ho chiesto che cosa dovevo mai fare visto che per carattere sono abbastanza ligia alle regole e quindi ho uno stile di vita molto sano. Uniche due note dolenti il fatto che esco poco di casa e che quotidianamente faccio un'abbuffata soggettiva che significa che una volta al giorno mangio grandi quantità di cibi dolci confezionati, perché ho un disturbo alimentare cronico da anni. Ho provato a curarlo in un centro per dca di recente ma era evidente che l'umore ostacolava molto il percorso nutrizionale. Quindi, che posso fare di altro? Yoga o altro? C'è qualcosa che posso leggere di utile? Ho letto l'articolo che ha scritto sul suo sito, ma non mi pare di capire molto bene il concetto di temperamento, io ho anche sintomi quasi psicotici, che cosa c'entrano con il temperamento? Non li ho sempre avuti né li ho sempre. La ringrazio come sempre.
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Dr. Matteo Pacini Psichiatra, Psicoterapeuta, Medico delle dipendenze 43.5k 993 248
Abbuffata oggettiva, se sono grandi quantità. Perché soggettiva ?
Sintomi "quasi psicotici" non saprei cosa vogliono dire, ma non c'entrano con il temperamento.
a) e b), i punti che ha citato, non dicono niente di particolare.

Non è che sia essenziale che si documenti sul dettaglio tecnico, anzi. Ma che comprenda su cosa si misura il miglioramento, e non che lo misuri da sola, il che la porta a confonderlo con gli stessi sintomi (le fasi in cui sta bene). E altri principi, come il fatto che il disturbo non è causato dall'ambiente o dagli altri, che non se ne esce tramite richieste che gli altri debbano soddisfare etc.

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[#28]
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Utente
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Abbuffata soggettiva è un modo per dire che in alcuni casi una persona normale potrebbe mangiare così, ad esempio, se facesse tante ore di attività fisica restringendo l'alimentazione poi potrebbe anche abbuffarsi con una cena abbondante, un pacco di biscotti e un gelato, ma non sarebbe l'abbuffata da una scatola di merendine, un pacco di biscotti, pane e marmellata, patatine, coca cola, gelato, affettato e direttamente zucchero a cucchiai ecc che è quella che fa una ragazza che da mesi non vede un carboidrato. Quella è oggettiva, nessuno senza dca mangerebbe in questo modo.
Ha ragione, il punto a e b non dicono nulla neppure a me, che non ho idea di cosa fare, un po' perché questa terapia non mi stabilizza del tutto, un po' perché non sono motivata a cambiare dato che mai mi sono sentita come gli altri, da sempre è come se nel mondo ci fossi solo io. Potrei anche morire domani, non mi farebbe grossa impressione se non per la sofferenza che causerei ad altri che mi fa sentire in colpa, ma questi sono tutti sentimenti antichi. Questa deve essere la personalità. Se facessi un radicale cambiamento o non lo facessi, sarebbe un po' come il proverbiale albero che cade nella foresta. I cambiamenti che ho fatto li ho fatti per un' etica personale ma, anche qui, sono talmente tante le cose da fare e io sono così perfezionista in questi casi che stretta nelle mie stesse regole duro qualche giorno, poi sono assalita dal senso di impotenza e di futilità. Certo non chiedo un cambiamento agli altri, l'ho chiesto tanto tempo fa (infantile innocenza!), non è andata bene, da lì gli altri per me sono un po' come gli ex mariti, ci si è voluti tanto bene, ci si parla civilmente, ma non ci si aspetta più dall'altro né affetto né sostegno. Si, una personalità problematica, ma è veramente l'unica che ho, non riesco a concepire alternative e tra l'altro è piuttosto separata dalla mia personalità quotidiana, che è "tranquilla" e "gentile" (chiusa e compiacente). E questo vago grado di consapevolezza non fa alcuna differenza, lei esiste da sola ormai, è solo frutto di qualche lettura.
A proposito di fasi su, chi mi dice che non ne ho, chi mi dice che ne ho quando divento tanto sospettosa. Io concordo con l'ultima tesi, ma sono comunque fasi reattive, io potrei averne una anche ora semplicemente rimuginando su un episodio particolarmente stressante vissuto con persone che si occupano di me, ecco, importante è che nom siano miei pari, ma persone cui io mi devo affidare. Mamma mia che risposta lunga, mi scusi.
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Dr. Matteo Pacini Psichiatra, Psicoterapeuta, Medico delle dipendenze 43.5k 993 248
L'abbuffata soggettiva sì, capisco cosa intende, ma è quella "non abbuffata" percepita però come uno sgarro, e vissuta spesso con una urgenza o comunque un piacere interpretato come trasgressione o scivolata. Quando si arriva a quantità come il pacco intero di biscotti, la confezione intera di merendine, siamo probabilmente nell'abbuffata oggettiva.

A parte questo, è bene capire che certe cose producono un limite e non un vantaggio. Poiché per sé si vuole un vantaggio, è come imparare a giocare ad uno sport capendo che le regole e le mosse sono quelle, e non altre che verrebbero facili e che si giudicherebbero naturali e logiche.
La personalità è definita "disturbante" proprio perché ostacola il conseguimento dei propri obiettivi e i propri obiettivi finiscono per diventare spuntarla sugli altri ma in una serie di piccoli inutili contrasti, o in un crescendo di contrasti fini a se stessi.
Chi ha la personalità disturbata (disturbo x di personalità) in altre parole si fissa sul proprio modo di rapportarsi agli altri, a discapito del risultato, che poi coinvolge le stesse reazioni A volte ne è consapevole, altre neanche, perde la consapevolezza o mai l'ha acquisita.

Dr.Matteo Pacini
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[#30]
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Io ho capito quello che intende, lo spiega anche molto bene nei suoi articoli e io le confermo che è così, la relazione è rigida, ripetitiva, è una recita in cui il copione è già scritto anche se cambiano gli attori. Quello che penso è identico, parola per parola, è scritto nella pietra e questo è per me molto rassicurante, perché riaprire quella situazione significa riviverla con tutta la paura e lo smarrimento originali. Se ho capito qualcosa di difese io ho la mia difesa più solida nel dare per scontato che l'altro è meraviglioso ma cattivo, un sollievo da una tristezza intollerabile e da un intollerabile senso di colpa e forse anche una giustificazione per continuare a vivere, quando era giusto e logico che continuassi a vivere. Oggi avrò certamente accumulato delle colpe reali, sono adulta! Ma all'epoca ero quasi sicuramente colpevole di una cosa soltanto: non poter prestare soccorso e aiuto ai miei genitori, anzi, pesare su di loro.
Questo per la personalità. Per l'umore invece non capisco, come posso io di mio genio stare bene facendo sia io che chi mi cura sempre le stesse cose? Ci vuole un decennio perché una terapia stabilizzante funzioni? E se nel frattempo continuano a succedere eventi negativi, come in tutte le vite, e io ho questa personalità e queste "fasi" reattive, come fa la terapia a stabilizzarmi?
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Dottore, lei mi deve scusare davvero perché mi rendo conto di essere martellante. Penso di essere in fase up, l'umore è sempre quello, sempre triste, ma ho cominciato a fare davvero un sacco di cose tutte insieme. Niente di sconveniente ma mi sento agitata, piango; se invece mi fermo a pensare ai miei problemi mi sento esausta, ho degli sbalzi così, istantanei. Lei mi dirà che devo chiamare lo psichiatra, penso che mi aumenterà la terapia, ma non voglio. Sono stanca di andare su e giù con le dosi, riavere gli effetti collaterali e passare solo da triste su a triste giù. Devo essere molto divertente da vedere da fuori. Lo farei se servisse a stabilizzarmi in un lontano futuro, ma può immaginare quanto poco ci credo ormai. Immagino che più tempo passa e meno questa eventualità sia possibile. Lei che mi consiglia di fare?
[#32]
Dr. Matteo Pacini Psichiatra, Psicoterapeuta, Medico delle dipendenze 43.5k 993 248
Riferire al medico ha senso, poi magari con lui avete stabilito che gli riferisce ogni tot perché abbia una visione meno improntata allo stato del momento, non so. La stabilizzazione non significa che ad ogni oscillazione si cambia qualcosa della cura.

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Non importa, sono di nuovo giù. Se sono giù sono tutti tranquilli, non ho l'angoscia, non ho la forza di fare niente e penso solo che voglio morire.
[#34]
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Dottore mi perdoni, sono praticamente una piattola, me ne rendo conto, ma mi sta succedendo una cosa inquietante. Mi sento come se volessi delirare ma non riesco, nel senso che penso di essere in pericolo con tutte le solite immagini e le solite frasi ma la testa non è più come stretta in una morsa come prima. Mi sento apatica, non ho voglia neanche di lavarmi, sono intrappolata in un corpo senza vita piena di paure che mi facciano del male, è uno stato molto spiacevole di attesa. Quasi quasi preferisco la tensione di prima che mi faceva sentire pronta a difendermi, adesso sono un agnello sacrificale che aspetta il suo carnefice. Lo psichiatra non sembra capire quanto è brutto, mi dice che bisogna togliere l'angoscia, ma io qui ho un'angoscia fredda che è peggio dell'altra. Tanto so che mi aumenterà il litio che mi blocca ancora di più e si sfalda tutta la mia vita, rimango bloccata su una sedia in un' adesso che non passa mai, come la lepre marzolina . Che brutta situazione.
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