Ansia della noia e sentirsi in trappola, soprattutto a casa

Buongiorno a tutti.
Ho 36 anni, ho un figlio di 1 anno e mezzo e sono omosessuale.
Sono in psicoterapia da quando avevo 20 anni.
Grazie ai percorsi che ho seguito, sono riuscito ad affrontare tante difficoltà psicologiche, tanti limiti che mi ero imposto e prendere tanta consapevolezza di me, accettando tanti miei lati.
Ho cambiato 3 specialisti, nel corso degli anni, tutti molto validi, con i quali ho ottenuto diversi risultati, e con ognuno una volta arrivati a una situazione di stallo, dopo diversi anni, è stato necessario (di volta in volta con l'accordo del terapeuta) cambiare approccio e trovare una strada diversa per continuare.
Ora sono in cura presso un terapeuta che mi sta aiutando molto ad affrontare nuove difficoltà e cercare strategie per il malessere che sento oggi.
In particolare, scrivo per chiedere un parere più ampio, generico, sulla mia situazione.
In questo caso specifico, sento un malessere generalizzato sulla mia vita, come se mi sentissi in trappola in un contesto o in una routine in cui mi sento oppresso e mi sento stretto.
Allo stesso tempo però non mi concedo realmente la possibilità di prendere strade radicalmente diverse: ho un lavoro stabile, una casa di proprietà, un figlio da gestire, tutte cose che le mie scelte di vita mi hanno portato a ottenere.
Frequento (come amicizia) tante persone, sono una persona che si tiene tanto impegnata con varie attività, perchè mi piace rimanere attivo.
Però sono ossessionato dall'idea della noia.
A causa del mio vissuto, dove in passato ho sofferto pesantemente di noia e di carenza di amicizie, mi ritrovo in ansia all'idea di poter avere giornate (o soprattutto serate) vuote, dove sto chiuso in casa a non fare nulla.
E questo non tanto adesso, quanto nel futuro.
Questo pensiero mi attanaglia e mi annulla il piacere di fare tutte le cose che faccio oggi, le sento quasi fossero solo un tappabuchi per posticipare il destino inevitabile a cui sono destinato: cioè il ritrovarmi da "adulto" senza particolari attività, senza troppe amicizie, e a passare le mie serate in casa ad aspettare che arrivi l'ora di andare a dormire per far arrivare un nuovo giorno e rifare esattamente le stesse cose.
Mi ritrovo cosi, assillato da questi pensieri di ansia, dopo tanti anni di terapia, dove ho affrontato tante cose nella mia psiche e ho raggiunto tanti risultati, ma eppure sono ancora qua, in preda all'ansia e quasi senza speranza per il futuro.
E non è sempre cosi: passo diversi momenti in cui sto bene, intervallati da questi momenti di crisi.
E mi chiedo: ci sarà mai un punto in cui riuscirò a stare bene in maniera più stabile?
Oppure sarò destinato a continuare a saltare da momenti in cui sono piu tranquillo a momenti in cui mi sento così in ansia, quasi depresso?
Può avere senso affiancare il percorso di psicoterapia con un altro presso uno psichiatra?
Sono ignorante dal punto di vista della psichiatria, perciò non so se può avere un senso.

Grazie a chiunque leggerà e risponderà.
Dr.ssa Elisabetta Carbone Psicologo, Sessuologo 251 10
Gentile utente,

dalla sua descrizione si percepisce un grande lavoro personale già compiuto: ha affrontato percorsi terapeutici lunghi e significativi, ha acquisito consapevolezza di sé e continua a mettersi in discussione. Questo dimostra una notevole capacità riflessiva e un impegno autentico verso il proprio benessere.

Il malessere che racconta (quel senso di trappola, la paura della noia e l’ansia legata a un futuro immaginato come vuoto e ripetitivo) sembra legarsi non tanto a ciò che sta vivendo concretamente (un lavoro stabile, una famiglia, attività e relazioni), quanto alla rappresentazione interna che ne dà. È come se la sua mente si proiettasse continuamente in avanti, anticipando scenari spogliati di significato e togliendo così valore anche al presente.

Il fatto che alterni fasi di benessere e momenti di crisi non significa necessariamente essere condannati a questa oscillazione, ma piuttosto che il suo funzionamento emotivo conosce cicli e variazioni che possono essere meglio compresi e gestiti. L’ansia, soprattutto se vissuta come ossessiva o invalidante, tende a riemergere nonostante il lavoro fatto, proprio perché spesso si radica in paure profonde (come quella di rimanere soli, o di non avere un senso).

Rispetto alla sua domanda: affiancare alla psicoterapia un consulto psichiatrico può avere senso, non perché ciò indichi un fallimento della terapia, ma perché a volte in certi momenti della vita un supporto integrato può dare maggiore stabilità e sollievo. Uno psichiatra potrà valutare se un eventuale trattamento farmacologico possa essere utile per attenuare i livelli di ansia e restituirle più libertà mentale, permettendo anche al lavoro psicoterapeutico di agire in modo più fluido.

La sua domanda finale ( ci sarà mai un punto in cui riuscirò a stare bene in maniera più stabile? ) contiene già un aspetto importante: il desiderio di speranza. Non si tratta di un destino immutabile, ma di un percorso che può continuare a evolvere, anche attraverso nuove modalità di cura e nuovi sguardi.

Resto a disposizione,

Dott.ssa Elisabetta Carbone
Psicologa sistemico relazionale | Sessuologa clinica |
psicologa@elisabettacarbone.it | 351.777.9483

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Gentilissima Dottoressa. La ringrazio moltissimo. Questa sua risposta mi ha inquadrato molto bene, soprattutto nello sguardo sempre proiettato in avanti che svalorizza il presente. Mi risuona molto ed è un meccanismo fortemente presente nella mia mente. Anche le paure che ha identificato, paura di restare solo e di non avere un senso, sono centrali.
La ringrazio inoltre per avermi aperto gli occhi sulla ricerca di speranza. Non avevo considerato questo punto di vista.
Grazie infinite per le sue parole e per la sua attenzione. Seguirò i suoi consigli.

Buona giornata
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