Problemi legati alla fimosi

Salve, scrivo per mio figlio che fin da piccolo ha avuto problemi nella gestione del pene (non voleva aprirselo e quando lo ha fatto il pediatra per lui è stato un trauma) fino ad arrivare a 16 anni e quindi alle prime esperienze e sono venuta a sapere che questo problema si era ingrandito al punto che lui non riusciva ad aprirlo per una sorta di fobia.
Ha iniziato un percorso psicologico e dopo alcuni anni è riuscito a farsi visitare da un urologo che ha diagnosticato una problematica di "troppa pelle" e una mancata cheratizzazione del prepuzio, e adesso che ha 25 anni ha problemi nei rapporti sessuali per troppa sensibilità.
È giunto quindi alla consapevolezza di dover fare la circoncisione, ma ancora non decide nonostante continui ad andare dallo psicologo e sessuologi e prenda, dopo visita psichiatrica, la paroxetina per l'ansia.
Io sono molto preoccupata, nonostante abbia una vita sociale normalissima, esca e si diverta.
Chiedo però se ci fosse una branca della psicologia che lo metta in contatto con il suo pene e gli faccia accettare questa parte come sua e ci prenda confidenza.

Grazie
Dr.ssa Anna Potenza Psicologo 5k 205
Gentile signora,
suo figlio, lei scrive, continua "ad andare dallo psicologo e sessuologi".
Questo plurale mette in sospetto: il sessuologo è appunto uno psicologo specializzato in problemi sessuali, perfettamente in grado di curare anche la sindrome ansioso-depressiva per cui a suo figlio è stata prescritta la paroxetina.
Da questa prescrizione ipotizzo che agli altri specialisti si sia aggiunto lo psichiatra. A volte una quantità di specialisti inibisce una vera alleanza terapeutica e finisce per essere il modo per sfuggire alla cura, anziché affrontarla.
Un'altra sua frase lascia perplessi: "Ha iniziato un percorso psicologico e DOPO ALCUNI ANNI è riuscito a farsi visitare da un urologo" (il maiuscolo è mio).
Addirittura anni, per una semplice visita? Ma di quale percorso psicologico si trattava?
Il pediatra che gli ha "aperto" il pene è stato molto indelicato; oggi, che io sappia, si sta attenti a non eseguire rozzamente queste manovre. Devo dire che anche la parola che usate, "aprire", può aver alimentato i timori di suo figlio. E' un uso della sua regione, o vostro familiare?
Le chiedo come mai il ragazzo è arrivato a sedici anni senza confidare al padre le sue preoccupazioni. Del resto anche qui ci scrive lei, e non lui.
Restiamo in ascolto.

Prof.ssa Anna Potenza
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