Paura della morte e del dopo

Gentili consulenti, in questi giorni mi è tornata questa fobia che non provavo da quando avevo tra i 6 ed i 10 anni, non ricordo esattamente. Non si tratta della paura della morte, ma di cosa ci sarà dopo, come evolverà la nostra coscienza, l'anima, il tempo, l'infinito. Come quando ero piccolo, queste ansie tornano feroci quando mi metto a letto e devo addormentarmi. Al mattino appena apro gli occhi non c'è più nulla, anzi mando a quel paese i pensieri della sera precedente. Ma durante la giornata, man mano che si procede verso sera, la paure aumentano.
In tutti questi anni, questi pensieri non mi turbavano affatto, davo una spiegazione religiosa, nel periodo della fede, scientifica in quest'ultimo periodo. Ed ho vissuto con molta serenità, anzi non ho mai avuto più paura, in quanto non lo definivo più un problema. Ma in questi giorni è tornato ed ho fatto fatica a rimanere rilassato. Come mai? Perché le mie risposte di questi ultimi anni non fanno effetto? Tra le risposte di questi consulti ne ho trovata una che potrebbe dare una soluzione, ma vorrei, se possibile una risposta più dettagliata. Quest'ansia potrebbe essere legata a degli avvenimenti, positivi o negativi, che stanno per accadere o sono da poco accaduti e che possono stravolgere la nostra vita. Anche per me in questi giorni, può cambiare molto del mio futuro lavorativo. Andrò a fare un corso (lontano da casa) , che tra l'altro, avrei sempre voluto fare e che potrebbe darmi degli sbocchi molto importanti. Dovrei essere felice, le difficoltà logistiche non sono talmente gravi da impensierirmi, anzi con la mia famiglia abbiamo vissuto un distacco ancora più lungo.
Vorrei sapere se questo può aver inciso sulla mia fobia. Grazie.
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Dr.ssa Angela Pileci Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 19.7k 506 41
Gentile Utente, come facciamo a dirlo da qui, senza conoscerLa e senza vederLa, se incide sul Suo stato questo importante cambiamento lavorativo?

Probabilmente, trattandosi di un evento stressante e se Lei è una persona ansiosa, è possibile che l'ansia sia accentuata da questo cambiamento. Però dovrebbe, soprattutto se per Lei diventa motivo di disagio, parlarne con uno psicologo di persona: avrà occasione di contestualizzare meglio il Suo vissuto, rispetto ad una mail.

Saluti,

Dott.ssa Angela Pileci
Psicologa,Psicoterapeuta Cognitivo-Comportamentale
Perfezionata in Sessuologia Clinica

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Dr.ssa Franca Esposito Psicologo, Psicoterapeuta 7k 154
Gentile Signore, dice molto poco di Lei e questo non aiuta a comprendere il vissuto in cui contestualizzare quella che Lei indica "la sua fobia". Se volesse ricordare il periodo subito precedente al momento in cui questi pensieri sono apparsi e indicare qualche vissuto relativo a quel periodo sarebbe di aiuto a Lei e a chi l'ascolta. Ci aggiorniamo a presto se crede. Saluti

Dott.a FRANCA ESPOSITO, Roma
Psicoterap dinamic Albo Lazio 15132

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Dr.ssa Paola Scalco Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 4.3k 101 45
Gentile Signore,
quella che Lei pone è forse LA questione per eccellenza su cui l'Uomo si è arrovellato dall'inizio della sua storia.
Non credo di essere in grado di darle risposte più dettagliate, posso solo offrirle degli spunti di riflessione perché Lei stesso proceda nel darsi ulteriori risposte, che sono convinta resteranno comunque provvisorie.

Questi suoi pensieri quando era bambino li condivideva con qualcuno? Quali risposte le venivano fornite? In che modo, allora, si sono dissolti i suoi timori?
Ha mai affrontato questo discorso con un religioso esperto in tematiche escatologiche o con uno studioso di filosofia?
Cosa in particolare teme di quello che potrà accaderci dopo la morte?
Lei stesso collega il ripresentarsi di tali preoccupazioni ad un imminente importante e positivo cambiamento: di solito come ha vissuto i cambiamenti importanti della sua vita? Come si pone rispetto a tematiche esistenziali quali "responsabilità" e "controllo"?

La saluto riportandole ciò che Epicuro scrive nella "Lettera a Meneceo":
[...] Perciò la morte, il più spaventoso dei mali, non è nulla per noi,
poiché, quando noi ci siamo, essa non c'è, e, quando c'è la morte, noi non ci siamo.

Buona giornata.

Dr.ssa Paola Scalco, Psicoterapia Cognitiva e Sessuologia Clinica
ASTI - Cell. 331 5246947
https://whatsapp.com/channel/0029Va982SIIN9ipi00hwO2i

[#4]
Dr. Giuseppe Santonocito Psicologo, Psicoterapeuta 16.2k 372 182
>>> Non si tratta della paura della morte, ma di cosa ci sarà dopo, come evolverà la nostra coscienza, l'anima, il tempo, l'infinito.
>>>

Lei però sta dando per scontato che dopo la morte ci sia una coscienza che resti, che addirittura si evolverà. Ma potrebbe non esserci semplicemente nulla, dopo la morte. È solo un'ipotesi. Ma è certo che con il ragionamento e la razionalità non è possibile arrivarci, solo un atto di fede può riuscirci. Prendere o lasciare, purtroppo.

>>> Perché le mie risposte di questi ultimi anni non fanno effetto?
>>>

Perché è la domanda che è troppo difficile. In tutta la storia dell'umanità solo la fede è riuscita a dare risposte a interrogativi come questi. Alcuni le accettano, altre le trovano insoddisfacenti e le rifiutano.

Solo perché uno può farsi una domanda, non ci deve autorizzare a pensare che debba per forza avere una risposta. Le domande troppo difficili come la sua rischiano di produrre, nelle persone predisposte all'ansia, un tentativo esagerato di trovare risposte, che però saranno sempre insoddisfacenti e incomplete. Ancora peggio, ogni risposta darà luogo a nuove domande, e così via all'infinito.

Se sta diventando troppo pesante convivere con le sue preoccupazioni, dovrebbe rivolgersi a uno psicologo psicoterapeuta esperto in disturbi d'ansia.

Cordiali saluti

Dr. G. Santonocito, Psicologo | Specialista in Psicoterapia Breve Strategica
Consulti online e in presenza
www.giuseppesantonocito.com

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dopo
Utente
Utente
Gentili Dottori, Vi ringrazio per l'attenzione mostrata. Chiedo scusa se sono lungo, ma vorrei dare la possibilità di capire meglio la mia esperienza a Voi ed agli altri utenti e dare anche delle risposte alle Vostre domande.
Ritengo comunque di poter dire che la mia situazione non è grave, almeno non mi fa star così male da dovermi rivolgere direttamente ad uno psicoterapeuta. Certo se la situazione dovesse degenerare agirò di conseguenza. Non mi ritengo ansioso, anzi amici e colleghi mi considerano calmo, sempre positivo, mai arrabbiato. Ho però i casi si mio padre e mia sorella che hanno patito o patiscono tutt'ora di problemi di attacchi di panico e depressione. In realtà la diagnosi di mio padre non la ricordo più, è successo più di venti anni fa, quando sono andato lontano da casa per lavoro. Non vorrei che l'ansia sia ereditaria. Non ricordo molto della mia infanzia, ma non ho bei ricordi, sebbene la mia famiglia sia stata una discreta famiglia, senza litigi particolari. Ricordo delle paure del buio, dell'abbandono (nel senso della paura di essere solo), della notte, dei sogni terrificanti, ma sono ricordi vaghi. Quando mi sono fatto domande sul "dopo morte", ho cercato di avere risposte razionali, ma si sa non ce ne sono. Nessuno sa cosa ci sia dopo. Quindi la mente si aggroviglia da sola. Il mio pensiero, volendo dare questa risposta immagina delle situazioni che non sono applicabili, perché fanno parte di questa realtà, quindi non trovando corrispondenza, quindi una risposta va in panico. Forse quando ero piccolo mio padre mi avrà risposto di non preoccuparmi e avrà fatto di tutto per tranquillizzarmi. Poi con l'età adulta ho cercato adeguare la risposta. Dalla fantasia, come ad esempio: " sarà più bello di tutto il bello che posso immaginare" e frasi del genere. Poi la fede religiosa, sapendo che di là ci sarà l'incontro con il creatore e sarà pace eterna (anche se "eterno" mette angoscia). Oppure confrontandomi con amici buddhisti, vivremo il ciclo delle reincarnazioni. Ma anche senza avere una fede religiosa di qualunque tipo, una risposta plausibile è che essendoci il "nulla" non avremo di che preoccuparci, ma ciò non rientra nei nostri calcoli razionali. Diciamo che tutte queste risposte, in questi anni hanno "risolto" il problema, in pratica non c'è nulla di cui preoccuparsi. Ed ho sempre vissuto la cosa con molta serenità. Anzi posso affermare che questi ultimi anni grazie allo sport, alle letture di vario genere, sono stato veramente bene, ho potuto sperimentare la serenità e la gioia. La cosa che mi stupisce è che ad un tratto il pensiero della morte e del dopo mi dà nuovamente ansia. E' come se mi fossi indebolito o, come dice un vostro collega, è come un herpes che l'hai sempre avuto dentro, non l'hai mai mandato via ed ora rispunta.
In questi giorni ho sperimentato nuovamente l'agitazione, la tachicardia, il dolore sotto lo sterno, il vedere la vita "grigia", priva di valore, di luce, colore. L'ultima volta che ho avuto questi sintomi è successo un anno fa circa, ma era legato ad una crisi finanziaria dovuta ad una truffa. Ma poi, in poco è passato. Come dicevo, ho l'occasione di fare un corso, resterò lontano per tre mesi, anche se il fine settimana tornerò a casa. Questo cambiamento è poca cosa rispetto a tutto ciò che, con la mia famiglia (attuale) abbiamo vissuto in passato. Non è paragonabile ad altre difficoltà che abbiamo avuto, inoltre è una cosa che abbiamo desiderato, ma ciò nonostante, scorgo un po di ansia. Secondo me è nascosta in qualche piega di questo cambiamento, che non riesco a decifrare.
Chiedo ancora scusa per la lunghezza, gli errori e vi ringrazio per la pazienza.
Saluti.
[#6]
Dr. Giuseppe Santonocito Psicologo, Psicoterapeuta 16.2k 372 182
>>> (anche se "eterno" mette angoscia)
>>>

Bravo. Per certi versi è ancora più ansiogeno di "a tempo determinato".

Imparare a non avere paura della morte significa diventare meno egocentrici, e capire che l'universo andava avanti prima di noi e continuerà a farlo anche dopo.

Cordiali saluti
[#7]
Dr. Armando De Vincentiis Psicologo, Psicoterapeuta 7.2k 220 123
Gentile utente, come le ha già speigato il collega Santonocito, il problema non è nelle risposte e la loro efficacia o meno, ma nelle domande. Domande che non possono avere una risposta concreta e razionale possono avere solo due vie di espressione, la prima è la poesia, la trattazione filosofica, la seconda è la rimuginazione ossessiva patologica.
Quando la trattazione filosofica che ne scaturisce ci soddisfa, ci gradifica allora non crea alcun problema e, spesso, sfocia in un dibattito, una trattazione scritta. Invece, quando essa ci crea preoccupazioni e paure allora stiamo entrando nel campo delle romuginazioni ossessive patologiche che,per essere eliminate, devono sfociare in una visita specialistica.
Lei potrà, probabilmente, rendersi conto su quali delle due vie il suo pensiero sta sfociando e scegliere di conseguenza.
saluti
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