Disturbo d'ansia

Gentili dottori, sono un ragazzo di 22 anni che svolge terapia di gruppo ormai da un anno. Non descrivo i problemi che mi hanno portato ad intraprendere questa terapia perché, non essendo questo un reale colloquio, rischierei di spiegarmi male ed essere quindi frainteso nei mie racconti. La terapia di gruppo si svolge regolarmente una volta alla settimana in un CSM di un centro ASL della mia città. La dottoressa è regolarmente iscritta all'Albo. Genericamente sono un tipo ansioso; non assumo psicofarmaci in quanto riesco a gestire, bene o male, la mia ansia. La dottoressa non mi ha specificato (e non vuole farlo perché non lo ritiene utile per me) la mia diagnosi. Ho insistito più volte per sapere, ma niente. Un mese fa ho avuto un breve incontro con lo psichiatra del CSM (visita regolare di routine alla quale noi ragazzi del gruppo ogni tanto dobbiamo essere sottoposti). In questo colloquio sono riuscito a "strappare" qualche parola in più dallo specialista. Sembra che io soffra di un disturbo evitante di personalità. La domanda che vi voglio porre è la seguente. Da un anno a questa parte non ho notato miglioramenti con la terapia, ma soltanto una presa di coscienza dei miei problemi. Questa presa di coscienza da un lato mi ha aiutato, dall'altro, invece, non ha fatto che aumentare la mia ansia. La dottoressa afferma che la terapia di gruppo sia un tipo di terapia che richiede molto tempo (anche anni), ma la cosa sta cominciando ad insospettirmi. Alcuni miei "colleghi" di terapia sono là da 3 anni! Nella più totale obiettività, cosa mi consigliate di fare? Ho già spiegato alla dottoressa in passato il mio desiderio di volver cambiare terapia (per una individuale). Lei dice di non essere d'accordo; tuttavia, se volessi procedere in questa direzione, dovrei interrompere la terapia attuale.