Il mio rapporto con la sessualita'

Buona sera a tutti!
Vorrei esporre una problematica che sta ampiamente influenzando diversi aspetti della mia vita.

Senza scendere nei dettagli di esperienze passate che mi hanno creato diverse insicurezze, vorrei iniziare dicendo che ho 25 anni e sono vergine.
Il problema principale non e' nemmeno l'eta' ma il fatto che non riesco a lasciarmi andare a causa del mio corpo.
Il fatto contradditorio e' che appaio e mi sento molto sicura di me a contatto con gli altri e gli uomini, sono uscita con diversi ragazzi, non mi sento a disagio con il contatto fisico e ricevo diverse attenzioni (nonostante io mi chieda "ma non mi vedono?
") ma la realta' e' che, nonostante tutto questo possa aiutare la mia autostima e farmi sentire "piacente", non posso mentire a me stessa perche quando sono a nudo, letteralemente parlando, quasi mi disprezzo.
Questo mio blocco non mi fa andare oltre nelle conoscenze e sicuramente ho perso delle occasioni di vivere delle esperienze piacevoli.
Come posso fare per non respingere l'ennesima persona e vivere a pieno?
A volte mi dico che ho fatto tante cose piu grandi di me e ho sempre avuto successo ma proprio in questa non ce la faccio.
In piu' non saprei affrontare l'argomento verginita' con un potenziale partner.

Grazie mille!
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Dr. Gian Andrea Gatto Psicologo 30 1 2
buongiorno
grazie per la sua condivisione.

Se preferisce non entrare nei dettagli delle esperienze passate che le hanno causato insicurezza può non farlo, ma mi sentirei di suggerirle che tutto ciò che condiziona o può condizionare uno stato emotivo è meritevole di attenzione. Glielo lascio lì, come spunto.

Al di là di quella che è la sua esperienza (che riterrei l'aspetto principe da approfondire), sicuramente vi sono anche fattori sociali di grande attualità strettamente legati alla diffusione di una sessualità anticipata, ai modelli artificiosi dei social network ecc. che agiscono prepotentemente nella percezione che abbiamo circa il nostro corpo.

Pertanto mi verrebbe da dare un senso a ciò che ci riporta alla luce di questo ordine di fattori (esperienze passate e canoni sociali). La nostra esistenza è inserita in gruppi, sistemi, contesti che ci influenzano e dettano le modalità in cui pensiamo e percepiamo.

Ha detto che riceve feedback positivi dagli altri, e questo dovrebbe aiutarla a rinforzare un'auto-valutazione positiva, ma non accade, non le è sufficiente. Mi chiedo che cosa vede lei che altri non vedono... Difetti, imperfezioni? Se vogliamo chiamarli così, con termini che non condivido.
Ha mai pensato che ciò che vede lei è ciò che vedono gli altri, e che questi ultimi sono attratti da ciò che lei disprezza? Stesso stimolo, percezione differente. Lei non si piace, ma piace.
Non sta ingannando nessuno, si sente per caso di "nascondere qualcosa"? Ha questo vissuto?

Credo che le domande che ci si potrebbe porre, in linea con ciò che le ho riportato all'inizio della mia risposta, potrebbero riferirsi a "cosa mi impedisce di accettarmi"?
Quali aspetti mi portano a non bastarmi?

"(nonostante io mi chieda "ma non mi vedono?")". Gli altri la vedono, bene, e per questo la apprezzano.

Tornerei quindi sul punto con cui ho iniziato, ossia nel rendere dignità alle sue esperienze passate.

Ha mai valutato o è stata seguita a livello psicologico? Le chiedo questo perchè ritengo che un supporto di questo tipo possa aiutarla a identificare qualità e cause della "lente" attraverso cui lei guarda a sè stessa, per trovare le risorse per rimuoverla.

Resto a disposizione
un caro saluto

Dr. Gian Andrea Gatto
https://www.drgianandreagatto.com/
https://www.instagram.com/gian_andrea_gatto_psicologo/

[#2]
dopo
Utente
Utente
Buongiorno e grazie mille per questa risposta che mi ha positivamente fatto sorridere, specialmente quando parla di una diversa percezione ma stesso stimolo dato che non ho mai pensato da questa prospettiva.

Sicuramente sono stata esposta a una "ridicolizzazione" da parte di compagni di classe quando ero piccolina per il mio aspetto fisico e sociale e sfortunatamente anche da parte di mia madre e un continuo confronto con mia sorella da parte di genitori e parenti, senza nessuno che potesse capire il mio disagio. Ora che mi sono trasferita, mi sono ricostruita l'immagine (in senso lato) di chi voglio e mi sento di essere e stranamente quando ritorno nella mia citta' natale queste sicurezze di ora ricadono e mi sento come mi sentivo 5 anni fa e a volte mi chiedo se come vivo ora e' semplicemente una farsa che poi ricade quando ritorno a "casa". Ma continuo a non capire quale sia il blocco principale. Non ho mai pensato di rivolgermi ad uno psicologo fino ad ora che sento di portarmi dietro un peso abbastanza importante senza sapere cosa sia esattamente.
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Dr. Gian Andrea Gatto Psicologo 30 1 2
Gentilissima

Grazie per essere stata disposta a "spendersi un po' di più" e a far luce su più aspetti.

Essere ridicolizzati dal gruppo dei pari in un'età delicata rappresenta qualcosa di sicuramente impattante per la considerazione di sè. Se poi questo aspetto invece di essere disconfermato in famiglia (che dovrebbe rappresentare il porto sicuro in cui approdare) viene rafforzato, chiaramente la situazione diventa ancor più delicata.

Se il mondo ci giudica rischiamo di commettere l'errore di credergli.

Inizio intanto con un breve tentativo di disconfermare l'opinione che lei ha di sè stessa dicendole questo: nei sistemi, così come nelle famiglie, che di fatto sono un sistema, esiste un ruolo che sfortunatamente alcune persone finiscono, non certo per volontà propria (salvo eccezioni ma non è questo il caso), per ricoprire: quello del Capro Espiatorio.

Il capro espiatorio di una famiglia è un membro che diviene il contenitore dei fallimenti e delle frustrazioni del sistema. Ha la funzione di contenere e perimetrare le ansie del sistema, nella disfunzionale illusione che così facendo si abbia in qualche modo un controllo sulla situazione.
Tutto questo, chiaramente, avviene in modo inconscio, non di certo con un ragionamento razionale finalizzato in tal senso.

Probabilmente lei ha ricoperto questo sfortunato ruolo, come se l'aspetto fisico motivasse questa attribuzione. Ma lei non è quel ruolo, lei è certamente altro, con le sue ricchezze e le sue bellezze.

Quando torna a casa tutto questo riemerge. Casa... una parola potente, che racchiude emozioni e aspettative primordiali, ataviche, di protezione, di nido sicuro, di sicurezza. Tutte cose che non ha ricevuto in quella città, che rendono la parola "casa" in forte dissonanza con ciò che dovrebbe rappresentare o che ha rappresentato per lei.

Lei, nel suo trasferimento, è diventata la persona che è e che ha scelto di essere, poichè ha trovato e ritrovato risorse per esserlo.
Casa, la sua città, la riportano attraverso i ricordi e le immagini in quel ruolo o nella bambina che veniva presa in giro, e viene svuotata delle sue risorse.

Quando lei torna a casa le sorge il dubbio che lei lì sia veramente sè stessa, la bambina immeritevole, e che in trasferta abbia solo imparato a mentire molto bene.
Se ciò accade, le dico questo: Non è così, non si faccia imprigionare da questa idea.

Ci tengo a ripeterlo: Non è così.

Il nostro passato avanza su di noi richieste emotive con gran prepotenza, lo tenga a mente e non gli dia retta.
Ha inoltre svolto un'analisi molto lucida su questi meccanismi, abbia fiducia in tutte queste risorse che ha, non sono poche.

Resto a disposizione e se ha necessità trova dettagli in firma
Un caro saluto

Dr. Gian Andrea Gatto
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