Ansia pre-lavoro discoteca: trauma?
Buonasera egregi dottori ho un problema, legato ad un lavoro in una discoteca, e non so come fare, le spiego con calma, sono due mesi che sto lavorando come buttafuori in una discoteca un po "movimentata"le prime serate nonostante qualche problemino sono andato molto volentieri, ora sono due settimane che qualche giorno prima di lavorare mi vengono stati d'ansia e inquietudine in particolare di sera quando va via il sole "e non so il perché"e non so come spiegarlo, non è tanto paura ma piu un senso di apprensione, avendo vissuto e visto in queste 4/5 volte che ho fatto servizio, ragazzi picchiarsi, sangue in faccia e addirittura armi... quindi egregi dottori non so cosa mi sia capitato ma non ho più il piacere di lavorare e quando arriva il giorno in cui devo lavorare ho un peso sulla testa.
C'e da dire che l'anno scorso ho lavorato in una altra discoteca molto tranquilla con gente over 30 anni e non ho mai vuto nessun problema ed ero anche felice quando ci andavo, ora mi chiedio cosa mi sta succendo?
Dalla settimana scorsa ho deciso di fermarmi e sto molto meglio, anche perchè ho gia un lavoro ben rettribuito e ben soddisfatto
Grazie per la vostra attenzione illustrissimi dottori
C'e da dire che l'anno scorso ho lavorato in una altra discoteca molto tranquilla con gente over 30 anni e non ho mai vuto nessun problema ed ero anche felice quando ci andavo, ora mi chiedio cosa mi sta succendo?
Dalla settimana scorsa ho deciso di fermarmi e sto molto meglio, anche perchè ho gia un lavoro ben rettribuito e ben soddisfatto
Grazie per la vostra attenzione illustrissimi dottori
Buonasera,
da ciò che descrivi non sembra ci sia qualcosa che non va in te, ma una reazione comprensibile a un contesto lavorativo percepito come pericoloso. Esporsi ripetutamente a situazioni di violenza, tensione e imprevedibilità può attivare stati di allerta e ansia, soprattutto quando l’esperienza entra in contrasto con il proprio senso di sicurezza.
Il fatto che i sintomi compaiano nei giorni precedenti e soprattutto la sera, e che si siano ridotti nettamente dopo esserti fermato, indica che il tuo corpo stava semplicemente segnalando un limite. Non è una debolezza, ma un meccanismo di protezione.
L’esperienza positiva in un’altra discoteca più tranquilla conferma che non è il lavoro in sé il problema, bensì quel tipo di ambiente. Aver scelto di fermarti, soprattutto avendo già un lavoro stabile e soddisfacente, sembra una decisione coerente con il tuo benessere.
Ascoltare questi segnali è spesso il modo più sano per prevenire un disagio più profondo.
Cordialmente
da ciò che descrivi non sembra ci sia qualcosa che non va in te, ma una reazione comprensibile a un contesto lavorativo percepito come pericoloso. Esporsi ripetutamente a situazioni di violenza, tensione e imprevedibilità può attivare stati di allerta e ansia, soprattutto quando l’esperienza entra in contrasto con il proprio senso di sicurezza.
Il fatto che i sintomi compaiano nei giorni precedenti e soprattutto la sera, e che si siano ridotti nettamente dopo esserti fermato, indica che il tuo corpo stava semplicemente segnalando un limite. Non è una debolezza, ma un meccanismo di protezione.
L’esperienza positiva in un’altra discoteca più tranquilla conferma che non è il lavoro in sé il problema, bensì quel tipo di ambiente. Aver scelto di fermarti, soprattutto avendo già un lavoro stabile e soddisfacente, sembra una decisione coerente con il tuo benessere.
Ascoltare questi segnali è spesso il modo più sano per prevenire un disagio più profondo.
Cordialmente
Dr. Vincenzo Capretto, psicologo.
Ricevo a Roma e on line.
vincenzocapretto.psy@icloud.com
Utente
Egregio dottore.
Intanto la ringrazio...
Lei pensa che abbia fatto bene a fermarmi,penso che a livello caratteriale cosi facendo ho dato una risposta sbagliata al mio subconscio, "del tipo" davanti a delle difficoltà hai avuto paura e hai mollato.Ho 45 anni e pensavo di crescere mentalmente davanti a questo tipo di difficoltà ma ho avuto questo malessere anticipatorio,francamente dottore non so se ho sbagliato o fatto bene a fermarmi,anche perche era un di piu che facevo, ed economicamente non ho bisogno di questo lavoro,ma é piu una sfida con me stesso,anche perché nonostante tutto altri colleghi hanno continuato a lavorare e non vorrei che io fossi il più debole.
Pensa che se volessi rientrare a lavorare potrei causare una ansia maggiore o la potrei forse addomesticarla e conviverci?
Cordiali saluti
Intanto la ringrazio...
Lei pensa che abbia fatto bene a fermarmi,penso che a livello caratteriale cosi facendo ho dato una risposta sbagliata al mio subconscio, "del tipo" davanti a delle difficoltà hai avuto paura e hai mollato.Ho 45 anni e pensavo di crescere mentalmente davanti a questo tipo di difficoltà ma ho avuto questo malessere anticipatorio,francamente dottore non so se ho sbagliato o fatto bene a fermarmi,anche perche era un di piu che facevo, ed economicamente non ho bisogno di questo lavoro,ma é piu una sfida con me stesso,anche perché nonostante tutto altri colleghi hanno continuato a lavorare e non vorrei che io fossi il più debole.
Pensa che se volessi rientrare a lavorare potrei causare una ansia maggiore o la potrei forse addomesticarla e conviverci?
Cordiali saluti
Buonasera,
capisco bene il dubbio che poni, ed è molto umano leggerlo in termini di sfida con se stessi . Provo a restituirti un punto fermo: fermarsi non equivale automaticamente a essere deboli, né a insegnare al subconscio a scappare . A volte significa riconoscere che una difficoltà non è formativa, ma logorante.
Qui non parliamo di una paura astratta, ma di un contesto oggettivamente violento e imprevedibile. Il tuo malessere anticipatorio non nasce dal caso, ma da ciò che hai visto e vissuto. Il fatto che tu abbia 45 anni non rende obbligatorio dover tollerare qualsiasi cosa per crescere : la crescita, spesso, passa anche dal saper scegliere cosa è compatibile con sé e cosa no.
Il confronto con i colleghi è comprensibile, ma poco utile: ognuno ha una soglia diversa, una storia diversa e motivazioni diverse. Continuare non rende automaticamente più forti, così come fermarsi non rende più fragili.
Se rientrassi ora con l’idea di dover dimostrare qualcosa , è possibile che l’ansia aumenti, perché diventerebbe una prova da superare più che un lavoro da svolgere. L’ansia si può anche imparare a gestire, certo, ma non sempre è necessario farlo in ogni contesto, soprattutto quando non è indispensabile né economicamente né professionalmente.
La domanda forse non è posso conviverci? , ma: ha senso, per me, farlo?
Da quello che scrivi, il tuo corpo una risposta l’ha già data.
Cordialmente.
capisco bene il dubbio che poni, ed è molto umano leggerlo in termini di sfida con se stessi . Provo a restituirti un punto fermo: fermarsi non equivale automaticamente a essere deboli, né a insegnare al subconscio a scappare . A volte significa riconoscere che una difficoltà non è formativa, ma logorante.
Qui non parliamo di una paura astratta, ma di un contesto oggettivamente violento e imprevedibile. Il tuo malessere anticipatorio non nasce dal caso, ma da ciò che hai visto e vissuto. Il fatto che tu abbia 45 anni non rende obbligatorio dover tollerare qualsiasi cosa per crescere : la crescita, spesso, passa anche dal saper scegliere cosa è compatibile con sé e cosa no.
Il confronto con i colleghi è comprensibile, ma poco utile: ognuno ha una soglia diversa, una storia diversa e motivazioni diverse. Continuare non rende automaticamente più forti, così come fermarsi non rende più fragili.
Se rientrassi ora con l’idea di dover dimostrare qualcosa , è possibile che l’ansia aumenti, perché diventerebbe una prova da superare più che un lavoro da svolgere. L’ansia si può anche imparare a gestire, certo, ma non sempre è necessario farlo in ogni contesto, soprattutto quando non è indispensabile né economicamente né professionalmente.
La domanda forse non è posso conviverci? , ma: ha senso, per me, farlo?
Da quello che scrivi, il tuo corpo una risposta l’ha già data.
Cordialmente.
Dr. Vincenzo Capretto, psicologo.
Ricevo a Roma e on line.
vincenzocapretto.psy@icloud.com
Utente
Egregio dottore
Quindi il suo consiglio è lascia stare questo tipo di lavoro che mi dà "grande soddisfazioni "perché finirà col farti del male, giusto?
È solo logorante nel cuore e nella testa continuare, e poco utile alla mia causa.
Cordiali saluti
Quindi il suo consiglio è lascia stare questo tipo di lavoro che mi dà "grande soddisfazioni "perché finirà col farti del male, giusto?
È solo logorante nel cuore e nella testa continuare, e poco utile alla mia causa.
Cordiali saluti
Capisco cosa chiedi.
Più che dirti cosa fare, quello che emerge è questo: quel lavoro ti dà soddisfazioni, ma allo stesso tempo ti espone a un livello di tensione che per te è diventato pesante. I segnali che descrivi non parlano di debolezza, ma di un costo psicofisico reale.
La scelta non è tra giusto o sbagliato , ma tra quanto sei disposto a pagare in termini di serenità per continuare. Fermarti ti ha fatto stare meglio, e questo è un dato; continuare significa accettare anche il peso che ne deriva.
La decisione resta tua. L’importante è che sia una scelta consapevole. Solo tu hai la risposta.
Cordiali saluti.
Più che dirti cosa fare, quello che emerge è questo: quel lavoro ti dà soddisfazioni, ma allo stesso tempo ti espone a un livello di tensione che per te è diventato pesante. I segnali che descrivi non parlano di debolezza, ma di un costo psicofisico reale.
La scelta non è tra giusto o sbagliato , ma tra quanto sei disposto a pagare in termini di serenità per continuare. Fermarti ti ha fatto stare meglio, e questo è un dato; continuare significa accettare anche il peso che ne deriva.
La decisione resta tua. L’importante è che sia una scelta consapevole. Solo tu hai la risposta.
Cordiali saluti.
Dr. Vincenzo Capretto, psicologo.
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vincenzocapretto.psy@icloud.com
Utente
Mi permetto di farle una domanda.
Per lei egregio dottore non è una sconfitta/fallimento rinunciare se pur con tutte le avversità e i pericoli del caso ad un lavoro,soltanto appunto per quel che ne può conseguire?lo chiedo a lei perché di sicuro avrà già vissuto questo tipo di consulto e di vita vissuto.
Grazie
Cordiali saluti
Per lei egregio dottore non è una sconfitta/fallimento rinunciare se pur con tutte le avversità e i pericoli del caso ad un lavoro,soltanto appunto per quel che ne può conseguire?lo chiedo a lei perché di sicuro avrà già vissuto questo tipo di consulto e di vita vissuto.
Grazie
Cordiali saluti
Capisco bene quello che provi e il desiderio di sapere cosa farei io, ma la realtà è che non esiste una risposta unica: ogni persona, ogni situazione e ogni contesto sono diversi. Posso solo aiutarti a riflettere sulle tue emozioni, sui rischi e sulle possibilità, ma la decisione finale spetta a te e solo a te.
Hai già fatto un passo importante riconoscendo ciò che questo lavoro ti provoca: ascoltare te stesso e rispettare i tuoi limiti non è una sconfitta, è prendersi cura di te. Ora il resto lo puoi decidere solo tu, seguendo ciò che senti essere meglio per il tuo benessere fisico e mentale.
Cordiali saluti.
Hai già fatto un passo importante riconoscendo ciò che questo lavoro ti provoca: ascoltare te stesso e rispettare i tuoi limiti non è una sconfitta, è prendersi cura di te. Ora il resto lo puoi decidere solo tu, seguendo ciò che senti essere meglio per il tuo benessere fisico e mentale.
Cordiali saluti.
Dr. Vincenzo Capretto, psicologo.
Ricevo a Roma e on line.
vincenzocapretto.psy@icloud.com
Questo consulto ha ricevuto 7 risposte e 91 visite dal 14/12/2025.
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