Vergine a (quasi) 40 anni

Buona sera,

vorrei gentilmente chiedere se il mio caso è risolvibile.

Ho quasi 40 anni e sono ancora vergine. Vergine in tutto: non ho nemmeno mai baciato una ragazza. Sono in psicoterapia da 10 anni e purtroppo non ho ancora risolto questo blocco. Specifico che, dopo i primi due anni di impegno serio da parte mia sulla questione, negli ultimi 8 ho chiesto alla mia terapeuta sempre più un aiuto in termini di dinamiche relazionali lavorative e posso dire che delle 45 sedute annuali solo 2 o 3 ormai sono dedicate al tema della mia verginità. Insomma ho voluto concentrarmi su altri nodi della mia vita. Tuttavia, adesso il bisogno di risolvere questo problema sta riemergendo in modo prepotente. La mia terapeuta mi ha detto che o decido di affrontare la cosa veramente oppure è meglio che ci metta una pietra sopra e accetti la mia condizione.Uno psichiatra da cui andavo in terapia circa 15 anni fa e che fa parte dello stesso studio mi ha consigliato dal canto suo il sesso a pagamento. Pur non volendo andare con una prostituta, a volte penso che per superare la paura forse potrebbe essere una strada. In fondo, per me è molto più diffcile approcciare una donna normale e dirle che sono vergine, anzi direi che non approccerò mai una donna che mi interessa finchè sono vergine. Come posso fare? Grazie mille in anticipo.
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Dr. Giuseppe Santonocito Psicologo, Psicoterapeuta 16.3k 372 182
Se 10 anni di terapia non hanno risolto il suo problema, sarebbe poco realistico aspettarsi di poterlo fare a distanza, online. Semmai potrebbe essere indicato intraprendere una terapia di tipo diverso.

In cosa è consistita la terapia fatta finora? Ha ricevuto compiti precisi da mettere in pratica?

Dr. G. Santonocito, Psicologo | Specialista in Psicoterapia Breve Strategica
Consulti online e in presenza
www.giuseppesantonocito.com

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Dr.ssa Valeria Randone Psicologo, Sessuologo 17.4k 317 528
Gentile Utente,
Come il Collega, anche io mi meraviglio e non poco....
Tanto tempo ed ancora le stesse problematiche.
Un uomo non è vergine, ma la verginità è relativa alla donna ed alla successive deflorazione.

Le allego qualche lettura

https://www.medicitalia.it/blog/psicologia/1336-verginita-parte-seconda-dalla-parte-dell-uomo.html
https://www.medicitalia.it/blog/psicologia/1313-verginita-la-fatidica-prima-volta.html


In merito alla sessualità mercenaria, non è certo risolutiva ed estendibile poi ad altri talami, legga quà se desidera

https://www.medicitalia.it/blog/psicologia/2671-sono-vergine-ed-inesperto-vado-con-una-escort.html

Cordialmente.
Dr.ssa Valeria Randone,perfezionata in sessuologia clinica.
https://www.valeriarandone.it

[#3]
dopo
Attivo dal 2013 al 2015
Ex utente
Gentili dottori, grazie delle risposte.

Rispondo al dottor Santonocito: la terapia che ho seguito è di tipo transazionale quindi veri e propri esercizi pratici non ne ho fatti. L'approccio seguito dalla mia terapeuta, anche nel periodo in cui mi sono concentrato sulla problematica relazione con l'altro sesso, non è mai orientata solo a tale aspetto (come penso possa essere una terapia comportamentale) quindi le sedute erano incentrate sul dialogo, le modalità di comunicazione e di gestione delle emozioni. Niente cose tipo: prova ad approcciare una donna oppure questa settimana esci due volte la sera e cerca di attaccare discorso con qualcuno e poi facciamo un follow up ecc... A qusto tipo di terapia mi ha peraltro indirizzato il mio vecchio terapeuta che invece era cognitivo comportamentale...

Per la dottoressa Randone: non ne faccio un discorso (solo) di verginità fisica, ma anche e soprattutto mentale ed emozionale. Non avere mai avuto esperienze sessuali con una donna penso voglia anche dire non avere condiviso un aspetto fondamenatle della vita e tutta una serie di emozioni.. C'è una differenza tra il prima e il dopo tale esperienza e quindi chi, come me, non ne ha conoscenza si può ritenere, da quel punto di vista, esattamente vergine. Sul discorso del sesso mercenario, in linea ideale, sono d'accordo con lei, però non posso negare che approcciare tale paura con una donna "normale", alla mia età, mi sembra un ostacolo insormontabile.

In ogni caso non posso dire che questi 10 anni di terapia siano stati un fallimento perchè non penso affatto sia così : mi sono serviti a risolvere tante altri dolori e difficoltà della mia vita.
Certo adesso la problematica "verginità" si sta facendo pressante.

Cordiali saluti.
[#4]
Dr.ssa Angela Pileci Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 19.8k 506 41
"direi che non approccerò mai una donna che mi interessa finchè sono vergine. Come posso fare?"

Gentile Utente,

a me pare di capire che OGGI Lei sia particolarmente preoccupato per l'aspetto "verginità", ma il nocciolo del problema è probabilmente la Sua paura di avvicinarsi ad una donna. Intendo dire la paura dell'intimità (non fisica, o non solo) ma di farsi conoscere per chi è davvero, la Sua insicurezza...

E sono sorpresa, perchè Lei nella Sua replica ha ben descritto che cosa Le servirebbe: non tante parole (ormai credo che in 10 anni di parole e analisi di dinamiche ne abbiate fatte tante...^___^), ma di agire per imparare a FARE e sapere COME risolvere il problema.
In altre parole il problema "verginità" è strettamente legato con il problema relazionale che a sua volta nasce dai Suoi timori.
Ritengo che qui potrebbe cominciare a lavorare seriamente con un terapeuta.

Se poi Lei ritenesse di aver bisogno di una terapia più attiva e prescrittiva, potrebbe discutere di questo bisogno con la psicoterapeuta e con lo psichiatra e provare a cambiare.

Ad ogni modo, ne parli coi curanti, insistendo sul peso che ha per Lei questa situazione.

Un cordiale saluto,

Dott.ssa Angela Pileci
Psicologa,Psicoterapeuta Cognitivo-Comportamentale
Perfezionata in Sessuologia Clinica

[#5]
Dr.ssa Valeria Randone Psicologo, Sessuologo 17.4k 317 528
Nessuno ha screditato o messo in dubbio il suo percorso.
Non ho ben capito cosa volesse intende per verginità mentale ed emozionale....
Forse il percprso da lei intrapreso è giunto ad un vicolo cieco, a volte succede, dovrebbe ridiscutere con chi ha il piacere di occuparsi di lei, le sue perplessità, dubbi e desideri non ancora realizzati..al fine di poter provare il piacere di vivere una relazione d' amore, sessualità inclusa
[#6]
Dr. Giuseppe Santonocito Psicologo, Psicoterapeuta 16.3k 372 182
>>> non posso negare che approcciare tale paura con una donna "normale", alla mia età, mi sembra un ostacolo insormontabile
>>>

Esatto, le *sembra* un ostacolo insormontabile.

Solo che non è parlandone che potrà risolvere il suo problema. Per risolvere la paura dell'approccio, del rifiuto, dell'altro sesso insomma, non c'è altro modo che ingoiarla insieme all'orgoglio e approcciare comunque. Non ci sono scorciatoie. Non c'è un modo per riprogrammarsi prima il cervello, per poi uscire di casa e trovare la felicità. Tutto parte dall'azione, soprattutto nel caso dell'ansia.

Ogni risultato degno di questo nome lo si conquista sporcandosi le mani. A questo proposito, come mai ha interrotto la terapia comportamentale e come mai il terapeuta ha ritenuto di mandarla da una collega di approccio diverso?

Quanto al concetto di verginità, se posso permettermi di parafrasare quanto detto dalla collega, effettivamente dovrebbe evitare di definire se stesso come "vergine". La verginità è una prerogativa femminile, usandola per sé sta contribuendo ad alimentare un'idea di sé inutilmente femminilizzata. Le parole hanno un peso.

[#7]
dopo
Attivo dal 2013 al 2015
Ex utente
Sfogliando il dizionario trovo che vergine, aggettivo, significa "che non ha avuto rapporti sessuali completi" o anche "puro, incontaminato".

Potrei definirmi inesperto, non so. Secondo me vergine dà bene l'idea, perchè voglio proprio sottolineare questa caratteristica di non aver sperimentato questo aspetto della vita. E che purtroppo sono anche "puro, incontaminato" nel senso che certe esperienze, ripeto purtroppo, non mi hanno "contaminato".

Non è necessario avere l'imene per sentirsi "vergine", anche perchè, appunto, ne faccio una questione emozionale e di vissuto; nessuno può negare che dopo la prima esperienza sessuale e amorosa ci si senta un po' più completi e più adulti rispetto a prima. Io non posso testimoniarlo, ovviamente, perchè non ce l'ho mai avuta quest'esperienza, però è chiaro che non posso totalmente dirmi uomo finchè non ce l'ho, o no?

Il mio vecchio terapaeuta mi indirizzò verso un approccio transazionale, perchè riteneva che avessi problemi a livello relazionale e ci dovessi lavorare.
[#8]
Dr. Giuseppe Santonocito Psicologo, Psicoterapeuta 16.3k 372 182
>>> è chiaro che non posso totalmente dirmi uomo finchè non ce l'ho, o no?
>>>

È proprio ciò che le stavo dicendo. E definirsi "vergine" contribuisce a mantenerla distante dall'obiettivo.

"Contaminato", purtroppo, lei lo è eccome: dalle sue paure. Forse per lei definirsi vergine è un modo per cercare di vedere ad ogni costo aspetti positivi in una situazione indesiderabile: puro, incontaminato... preferisce definirsi così forse per indorarsi un po' la pillola.

Ma la definizione di vergine, se vogliamo essere tradizionalisti, è inappropriata per un uomo perché al femminile essere vergine vuol dire essere un frutto non ancora "colto". Per un uomo è proprio il contrario: non è ancora riuscito a cogliere nessun frutto.

Perciò, volendo essere un po' più precisi e realisti, la sua andrebbe definita non verginità, ma impotenza relazionale.

>>> Il mio vecchio terapaeuta mi indirizzò verso un approccio transazionale, perchè riteneva che avessi problemi a livello relazionale e ci dovessi lavorare.
>>>

Si tratta senz'altro di un problema che si manifesta nella relazione, ma ogni terapeuta dovrebbe essere attrezzato per trattare i problemi relazionali.

Comunque, se 10 anni di terapia non sono riusciti a sbloccarla potrebbe essere opportuno provare una terapia diversa con un diverso terapeuta.

[#9]
dopo
Attivo dal 2013 al 2015
Ex utente
Dottor Santonocito, grazie della risposta. Ho riflettuto sulle sue parole: francamente questo schema in cui la donna è un frutto che l'uomo si sforza di cogliere mi crea qualche disagio. Anche se capisco che è un'interpretazione comprensibile, ammetto che non riesco a condividerla. Probabilmente è un mio problema.

Grazie.
Saluti.
[#10]
Dr. Giuseppe Santonocito Psicologo, Psicoterapeuta 16.3k 372 182
Beh, ragionando al contrario e supponendo che lei non avesse il problema dell'approcciare le donne, probabilmente le creerebbe meno disagio.

Però, a parte il fatto che ho premesso che è un'interpretazione un po' tradizionalista, non si fermi solo alla questione vergine/non vergine. Rifletta anche sul resto della risposta che le ho dato.

[#11]
Dr. Magda Muscarà Fregonese Psicologo, Psicoterapeuta 3.8k 149 11
Alle giuste e illuminanti parole dei Colleghi aggiungo uno sguardo ..concreto.. sicuro che il suo aspetto fisico non possa essere migliorato ? dieta, lampade palestra ..' il tempo libero.. come lo passa..?si iscriva a qualcosa in cui ci sono persone diverse legate da un obbiettivo per cui parlare, scherzare è più facile..
Ma soprattutto rifletta sul fatto che anche le donne, pure carine, si sentono insicure, mai abbastanza belle, abbastanza magre, abbastanza sexy e che molte non chiedono di meglio che essere " viste" nella loro complessità, nella loro fragilità, nel loro coraggio.
Deve spostare lo sguardo, glielo avranno detto i suoi terapeuti, spostare lo sguardo dal sè, dalle sue paure, ansie, insicurezza e allora scoprira' che qualcuna di interessante, simpatica, che non se la tira.. c'è..
Lei deve solo osare mi creda...

MAGDA MUSCARA FREGONESE
Psicologo, Psicoterapeuta psicodinamico per problemi familiari, adolescenza, depressione - magda_fregonese@libero.it

[#12]
Dr. Magda Muscarà Fregonese Psicologo, Psicoterapeuta 3.8k 149 11
Alle giuste e illuminanti parole dei Colleghi aggiungo uno sguardo ..concreto.. sicuro che il suo aspetto fisico non possa essere migliorato ? dieta, lampade palestra ..' il tempo libero.. come lo passa..?si iscriva a qualcosa in cui ci sono persone diverse legate da un obbiettivo per cui parlare, scherzare è più facile..
Ma soprattutto rifletta sul fatto che anche le donne, pure carine, si sentono insicure, mai abbastanza belle, abbastanza magre, abbastanza sexy e che molte non chiedono di meglio che essere " viste" nella loro complessità, nella loro fragilità, nel loro coraggio.
Deve spostare lo sguardo, glielo avranno detto i suoi terapeuti, spostare lo sguardo dal sè, dalle sue paure, ansie, insicurezza e allora scoprira' che qualcuna di interessante, simpatica, che non se la tira.. c'è..
Lei deve solo osare mi creda...e magari comprarsi anche qualche bella camicia..e stare in pista..
[#13]
Dr.ssa Valentina Sciubba Psicologo, Psicoterapeuta 1.6k 38 9
Gentile utente,
presumo che i suoi terapeuti abbiano trovato delle motivazioni di base ai suoi comportamenti che l'hanno portata a vivere questa situazione.

Sono del parere, come il mio collega Santonocito, che probabilmente le convenga cambiare terapeuta e optare per una terapia breve. In particolare la TBS dovrebbe avere delle strategie opportune e già collaudate per casi che hanno delle similitudini con il suo.

Le Terapie Brevi sono focalizzate sull'obiettivo e sono più direttive rispetto ad altre in particolare di orientamento psicoanalitico. La libertà del paziente comunque resta sempre salvaguardata, il terapeuta non ha il potere di obbligare il paziente a seguirlo.
Cordiali saluti

Valentina Sciubba Psicologa
www.valentinasciubba.it Servizi on line
Breve Strategica-Gestalt-Seduta Singola
Disturbi psicologici e mente-corpo

[#14]
Dr. Emanuele Petrachi Psicologo 32 2
Caro utente,
Sembra chiaro che il percorso con il suo attuale terapeuta sia giunto ad un punto morto.
Io le consigliere un percorso con un terapeuta sistemico-relazionale che metterà in evidenza le criticità relazionali della sua vita e darà un senso al suo modo di funzionare, al sistema operativo interno che ha installato dentro di lei.
Capire perché ci comportiamo in un determinato modo è il punto di partenza per scardinare le nostre incrostazioni.

Dr. Emanuele Petrachi
Psicologo (Lecce)

[#15]
dopo
Attivo dal 2013 al 2015
Ex utente
Grazie a tutti per le risposte.

La psicoterapia che ho seguito finora mi ha aiutato in altri ambiti della vita, perchè, come detto, negli ultimi 8 anni sono sorti dei problemi lavorativi e familiari che ho dovuto affrontare, per cui ho chiesto alla mia terapeuta di aiutarmi con queste difficoltà, nonostante il mio iniziale obiettivo fosse quello di risolvere le mie paure con le donne.
Infatti dopo i primi due anni, ho dovuto virare e pensare prima di tutto a dotarmi di strumenti in grado di procurarmi un reddito sicuro con cui, tra l'altro, potevo pagare la terapia stessa.
Ora forse una certa stabilità lavorativa l'ho trovata (mi auguro!) e quindi sta riemergendo forte la problematica iniziale che mi aveva portato in terapia. Cambiare terapia adesso è molto complicato: con la mia terapeuta ho un debito di riconoscenza perchè mi ha tanto aiutato in questi anni e, inoltre, lei stessa non ha mai fatto cenno alla possibilità che possa cambiare approccio terapeutico. Io penso che se non me lo dice lei, allora non posso prendere l'iniziativa io: alla fine è lei che mi cura ed è lei la professionista, mi devo fidare. Certo qualche dubbio ce l'ho, però è anche vero che di fatto non ho mai affrontato veramente il problema iniziale.
Per quanto riguarda un eventuale cambio di terapia, vedo inoltre che anche tra gli esperti terapeuti non c'è un accordo. Ci sono tanti approcci e onestamente non ho nè il tempo nè i soldi per tentare varie terapie.

Saluti.
[#16]
Dr. Emanuele Petrachi Psicologo 32 2
Caro utente,
Il fatto che lei dica di non aver, in tanti anni, affrontato mai il problema cruciale che l'ha portata in terapia è un sintomo che deve farla riflettere su quanto sia stato utile realmente il percorso che ha seguito. Probabilmente per mancanze sue, probabilmente della terapeuta (anche lei un essere umano), probabilmente non si è solo creata la giusta alchimia che s'instaura in una vera alleanza terapeutica.

Capisco la sua confusione in merito ai diversi approcci da seguire, è una giungla in effetti, ma stia sicuro che tutti mirano al suo benessere. In diversi modi, con diversi agiti, ma con un unico obiettivo. Non esiste un orientamento giusto o sbagliato, esiste solo un metodo che più si può avvicinare alle sue richieste.

Il consiglio che mi sento di darle oggi è di parlare alla sua terapeuta, dirle cosa ha esposto qui: con onestà intellettuale e professionale, saprà consigliarla al meglio.

Saluti.
[#17]
dopo
Attivo dal 2013 al 2015
Ex utente
Buona sera,

proprio mezz'ora fa mi è venuta una specie di illuminazione... (forse è un po' esagerato).

Mi ero dimenticato di specificare una cosa importante! Io sono un depresso cronico, assumo farmaci ssri da quasi vent'anni, senza i quali non sarei potuto andare avanti e ora forse sarei una specie di barbone... Tutto questo per dire che la mia riluttanza ad instaurare relazioni con le donne nasce dal mio timore di cadere in una profonda depressione, debilitante e dolorosa. Durante l'adolescenza ho sofferto molto la mia depressione e posso dire di aver passato anni veramente bui. In effetti circa 10 anni fa provai ad approcciare una ragazza e lei mi respinse, denigrando un mio difetto fisico. Ecco, quell'episodio mi provocò il riemergere di una forte depressione che sono riuscito a tamponare sempre coi farmaci... ma mi resi conto di quanto fosse per me pericoloso provare ad approcciare o addirittura creare una relazione con una donna. Insomma il mio blocco è preventivo: non mi espongo per non cadere in uno stato depressivo che potrebbe farmi perdere il lavoro, la salute, la mia vita.

Mi ero dimenticato di quest'aspetto.

Grazie,

Saluti.


[#18]
Dr.ssa Angela Pileci Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 19.8k 506 41
Gentile Utente,

ciò che ha aggiunto mi pare non sposti molto il problema che ha portato qui, nel senso che ritengo che parlarne a lungo e analizzando a fondo il problema potrebbe essere un altro modo per sfuggire dal problema stesso, evitandolo, come Lei stesso asserisce di fare: "...il mio blocco è preventivo: non mi espongo per non cadere in uno stato depressivo che potrebbe farmi perdere il lavoro, la salute, la mia vita. "

Non crede che in questo modo, non esponendosi ed evitando, non farà altro che alimentare il problema e tutte le Sue paure e difficoltà?

Al contrario potrebbe decidere di farsi aiutare cambiando ad esempio tipo di terapia per quello che parrebbe essere un problema non solo depressivo, ma anche d'ansia.

Ci pensi.
Saluti,
[#19]
dopo
Attivo dal 2013 al 2015
Ex utente
Dott.ssa Pileci,

non mi sembra che quello che ho aggiunto sposti di poco il problema. Io penso che lo sposti di molto. Avere la spada di Damocle della depressione ti cambia la vita. Quando sono depresso penso anche al suicidio, quindi non capisco come un'eventuale esperienza traumatica con una donna possa essere considerata un rischio da poco. L'ho già vissuta la depressione e non ci tengo a riviverla. Non mi posso permettere di rischiare, tutto qui. Lei lo farebbe? Rischierebbe di esporsi sapendo che potrebbe finire nel tunnel di una bella depressione invalidante?

Saluti.
[#20]
Dr.ssa Angela Pileci Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 19.8k 506 41
Gentile Utente,

il fatto è che il rifiuto di chicchessia non è un trauma, è semplicemente un'esperienza stressante (che comunque non piace a nessuno, sia chiaro) che la persona depressa in particolare elabora e vive in maniera molto forte, perchè si attivano significati legati alla perdita, all'abbandono, al rifiuto, all'inadeguatezza, alla bassa autostima, all'amabilità personale, ecc...

Quindi ciò che rende estremamente doloroso il rifiuto per il depresso è lo schema cognitivo e il significato che si attivano.

Questo schema deve essere visto e modificato in terapia per potre generare un cambiamento significativo, in maniera tale che un eventuale rifiuto in qualunque ambito della vita venga visto per ciò che è davvero: un rifiuto NON alla persona in quanto non meritevole d'amore, ecc...

E' quindi possibile che, sia durante una psicoterapia sia dopo averla conclusa, tale schema possa attivarsi ancora, ma a quel punto il pz ha imparato a gestirlo e a dare il giusto peso, distanziandosene.

Se così non fosse, è chiaro che ogni minimo gesto che per il pz ha il significato di rifiuto attiva un dolore profondissimo che spinge anche a pensare a soluzioni drastiche di gestione del dolore.

Legga qui: https://www.medicitalia.it/blog/psicologia/1583-depressione-patologia-o-poca-forza-di-volonta.html

Mi domando solo come mai in una lunghissima terapia come quella che ha fatto questo aspetto non sia stato visto e risolto...
Forse il solo farmaco non basta e cambiare orientamento terapeutico potrebbe essere una buona idea, lavorando sugli aspetti che ho descritto sopra.

Un cordiale saluto,
[#21]
Dr. Giuseppe Santonocito Psicologo, Psicoterapeuta 16.3k 372 182
>>> la mia riluttanza ad instaurare relazioni con le donne nasce dal mio timore di cadere in una profonda depressione, debilitante e dolorosa
>>>

Infatti lei ha bisogno esattamente del contrario di ciò che sta facendo: abituarsi alla sofferenza in amore, per diventare più resiliente.

La riluttanza a instaurare relazioni per paura di soffrire è una forma di evitamento, ossia la tentata soluzione (che però alimenta il problema) più comune dell'ansioso. Finché continuerà a evitare, continuerà a soffrire nel modo peggiore, perché le rimarrà la convinzione che evitare sia la cosa migliore. E invece è ciò che la farà infossare ancora di più.

Oppure abbracci in pieno la sua scelta e faccia come ha detto qualcuno: se non sei forte abbastanza, lascia stare l'amore.
[#22]
dopo
Attivo dal 2013 al 2015
Ex utente
Gentile d.ssa Pileci,

la depressione che mi prende se vengo rifiutato, denigrato o svalutato, come già mi è successo, non è gestibile a livello cognitivo, almeno non per me. Ho già provato a modificare il modo di vedere questi eventi, ma non ne ho tratto alcun beneficio. L'unica cosa che mi salva sono i farmaci. Non mi sono d'aiuto nè i cosiddetti ABC nè gli ABCD o cose simili. Quegli approcci con me non finzionano.
Se una ragazza mi rifiuta o mi denigra non esiste nessuna ricostruzione cognitiva che potrà alleviare la mia depressione, perchè un rifiuto è un rifiuto. Non ci vedo nessuna differenza tra un rifiuto di me, alla persona, ad una parte di me, a me in quel momento ecc... E' un rifiuto e basta e mi crea una forte depressione. Soprattutto se questi episodi di svalutazione e rifiuto si ripetono nel tempo.

Faccio un esempio: poniamo a causa di un grave difetto fisico venga rifiutato una volta... a quel punto automaticamente vado in depressione ma cerco di mettere in discussione i miei pensieri e mi dico:"non vuol dire che se una persona ti rifiuta tu non sia degno di amore in generale" ok va bene... la vita prosegue; di seguito vengo rfiutato una seconda volta e anche qui mi dico " sì è la seconda volta ma non vuol dire che tu sia stato rifiutato in quanto persona non meritevole d'amore" ecc... e così via... alla terza volta che capita sa che cosa mi viene da pensare? Che la ristrutturazione cognitiva e il dialogo interno sono solo un raccontarsi una realtà che non esiste. La realtà è che vengo rifiutato e che se non ci fossero i farmaci cadrei in una depressione profonda e invalidante.

Saluti.
[#23]
Dr. Giuseppe Santonocito Psicologo, Psicoterapeuta 16.3k 372 182
>>> cosa mi viene da pensare? Che la ristrutturazione cognitiva e il dialogo interno sono solo un raccontarsi una realtà che non esiste
>>>

Se ne fosse davvero convinto, dovrebbe specificare meglio come mai sta continuando ad alimentare una discussione con degli psicologi, per non cadere nel paradosso descritto qui:

https://www.medicitalia.it/blog/psicologia/2109-ansia-depressione-problemi-sessuali-relazionali-c-posso-farcela-da-solo.html

In ogni caso esistono altre forme di terapia, come la breve strategica, che insistono meno sull'aspetto cognitivo e più su quelli suggestivi e comportamentali, in modo tale che la cognizione cambi come conseguenza a ciò che il terapeuta prescrive di fare.
[#24]
dopo
Attivo dal 2013 al 2015
Ex utente
Dott. Santonocito,

riconosco che in me la confusione è tanta... devo capire che strada prendere; della psicologia mi fido, però non penso che possa risolvere tutto. Devo appunto capire se il mio caso è risolvibile, se vale la pena investire ancora anni, soldi ed energie in una tematica su cui mi sembro troppo resistente. Cioè devo capire se forse non valga la pena concentrarsi di più sulla gestione della mia depressione, del mio funzionamento giornaliero e lasciare stare la tematica delle relazioni amorose. Non siamo fatti tutti uguali, c'è chi, su certi aspetti della vita, per vari motivi non ce la fa.

Ma la mia vita può essere piacevole ugualmente, no? Io lo spero...

Grazie,

Saluti.
[#25]
Dr.ssa Angela Pileci Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 19.8k 506 41
Gentile Utente,

come ha riportato nel Suo primissimo post anche la terapeuta Le ha detto che deve fare qualcosa per risolvere il problema o lasciar perdere... in altre parole deve scegliere che cosa fare se vuole risolvere il problema.

Mi pare poi che Lei non abbia mai fatto una terapia di tipo cognitivo-comportamentale o comunque più attiva e prescrittiva, quindi i vari ABC senza poi iniziare sistematicamente a FARE una bella inversione a U certamente non Le servono... Il cambiamento deve avvenire a livello cognitivo, ma anche comportamentale. Se Lei anche fosse consapevole di tutto ciò che riguarda la Sua vita, questo -pur essendo in parte d'aiuto- non sarebbe risolutivo di un problema che La spinge a chiudersi: ogni volta che c'è il rifiuto Lei soffre e si chiude a riccio pensando a soluzioni drastiche.

Un ABC condotto da un terapeuta esperto, al contrario, Le permette di vedere certamente questo copione disfunzionale e di cambiarlo.
Cambiarlo non vuol dire fare un timido tentativo una volta sola, ma fare in modo che questo comportamento sia messo in atto sistematicamente per produrre un cambiamento anche a livello cognitivo.
Inutile dire che emozioni, cognizioni e comportamenti si influenzano reciprocamente.

Che cosa viene da pensare se uno viene rifiutato più volte per un difetto fisico?
Beh, bisognerebbe capire se davvero viene rifiutato per il difetto fisico (cosa probabile) ma... tutte le volte?
Oppure poichè Lei sa di avere questo difetto fisico e di esser già stato rifiutato a causa di tale difetto (o così crede) La fa andare in giro nel mondo con l'IDEA di essere una persona che certamente sarà rifiutata? Vede, se Lei si pone in questa maniera (inconsapevolmente) nelle relazioni, farà di tutto per attuare quella che noi definiamo profezia che si autodetermina.
Metterà cioè in atto tutta una serie di strategie che La porteranno alla conferma di ciò che teme maggiormente.

Per questa ragione la terapia dovrebbe a mio avviso (pur con tutti i limiti del mezzo telematico) riguardare questi aspetti.

Lei stesso ha confermato che non ne avete parlato granchè, dico bene?

Un cordiale saluto,
[#26]
Dr. Giuseppe Santonocito Psicologo, Psicoterapeuta 16.3k 372 182
>>> Devo appunto capire se il mio caso è risolvibile
>>>

Non è possibile saperlo in anticipo, in astratto, purtroppo. Le persone - ma non mi sembra il suo caso - che si ostinano a voler sapere se un lavoro psicologico adeguato possa tornare loro utile *prima* di farlo, tradiscono una tendenza ossessiva. Che è appunto un problema da risolvere. In altre parole è una rigidità, un modo in cui il problema mantiene in vita se stesso.

>>> Cioè devo capire se forse non valga la pena concentrarsi di più sulla gestione della mia depressione, del mio funzionamento giornaliero e lasciare stare la tematica delle relazioni amorose
>>>

Gliel'ho detto sopra: può sempre abbracciare in pieno la sua scelta e fare come diceva qualcuno: se non sei forte abbastanza, lascia stare l'amore.

>>> Ma la mia vita può essere piacevole ugualmente, no?
>>>

Questo soltanto lei può scoprirlo. Non via web, però.
[#27]
dopo
Attivo dal 2013 al 2015
Ex utente
Buon giorno a tutti,

negli ultimi mesi ho pensato e ripensato all'eventualità di cambiare terapeuta e terapia. Non sono arrivato ad una conclusione perchè le variabili da considerare sono tante e discordanti.

Di fatto 10 anni di terapia non hanno risolto il mio problema e il tempo comincia a non essere più così dalla mia parte. A 30 anni ero anche convinto che la mia situazione si sarebbe risolta, al massimo in 5 anni. A 40 anni sono più determinato che mai, ma capisco che gli anni buoni cominciano a diminuire. Se sbaglio decisione sulla terapia, adesso, può essere un errore più costoso.
Perchè non cambio terapia da subito. Il motivo prinicipale, al momento, è che la mia condizione è attuale è influenzata da un serio problema andrologico (ehehe ce le ho tutte...). Questo problema mi impedisce di avere rapporti sessuali e mi crea una forte inibizione nell'approcciare qualsiasi donna. Di fatto sono bloccato. La mia terpaeuta mi ha molto confortato nell'ultimo periodo e mi ha spronato a curare questa malattia, tanto che adesso mi sto curando molto, anche se non è detto che potrò mai avere rapporti sessuali (e quindi una relazione). In questo quadro non so quanto possa essere utile cambiare terapeuta. Un nuovo terapeuta ben poco potrebbe fare di fronte al mio blocco che, al momento, è dovuto a tale problema fisico, forse irrisolvibile. Io penso che al momento mi convenga continuare con l'attuale terapia, anche perchè una terapia più attiva e prescrittiva con esercizi di disibinizione, penso potrebbe giovarmi solo in condizioni fisiche normali. In sostanza credo che l'attuale terapeuta mi serva come supporto nella gestione di tale malattia che potrebbe rivelarsi precludente a qualsiasi relazione.

Mi piacerebbe avere un'opnione dai dottori psicologi.

Grazie,
Saluti.
[#28]
Dr. Giuseppe Santonocito Psicologo, Psicoterapeuta 16.3k 372 182
Con la sua attuale terapeuta sembra si sia venuta a creare una situazione più di sostegno psicologico che di terapia.

Ossia, forse lei si sta accontentando di ricevere conforto, rassicurazioni e "coccole", che la fanno sentire meglio quando va in seduta, ma che di fatto non incidono assolutamente sul suo problema.

È possibile che lei abbia bisogno di una terapia più attiva e direttiva, che le assegni compiti e prescrizioni specifiche. Probabilmente una parte di lei lo ha capito benissimo, ed è proprio per questo che è riluttante a cambiare: non vuole perdere il conforto che sta ricevendo attualmente, anche se questo significa mantenere in vita il problema.

Insomma, forse sta barattando la stagnazione per la sicurezza.

Succede più frequentemente di quanto si pensi.
[#29]
dopo
Attivo dal 2013 al 2015
Ex utente
In effetti sto cercando di capire, interpretare la situazione. E uno dei motivi per cui non cambio terapeuta è questa considerazione: poichè tale problema andrologico mi è comparso 5 anni fa e solo adesso ho deciso di affrontarlo, può essere che gli ultimi 5 anni non siano da considerare ai fini di una valutazione dell'efficacia della terapia? Si potrebbe controbattere: ok, ma se sei stato 5 anni con un problema fisico e non l'hai affrontato vuol dire che la terapia non è riuscita per lungo tempo a farti prendere in carico tale malattia. E' vero anche questo.
Adesso, però, in questa fase, considerando la malattia, non sono sicuro che un cambio di terapia sia opportuno. Se fossi in condizioni fisiche normali, allora forse sarei più determinato a cambiare terapeuta. Solo che in questa fase non ce la faccio... non sarebbe facile nemmeno in condizioni normali, ma adesso è ancora più difficile.
In questa fase credo di avere bisogno di conforto anche perchè il problema andrologico potrebbe non essere risolvibile e a quel punto credo che la terapia debba essere più di conforto e accettazione/elaborazione dell'esito medico.
[#30]
Dr. Giuseppe Santonocito Psicologo, Psicoterapeuta 16.3k 372 182
>>> In effetti sto cercando di capire, interpretare la situazione
>>>

In effetti, probabilmente il problema è proprio questo: che lei è tutto preso nel capire e dimentica la necessità di agire.

Non si esce dalla disabilità sociale capendo e interpretando, se lo ricordi.

>>> non sono sicuro che un cambio di terapia sia opportuno
>>>

Bene, quindi qual è il senso di chiedere un parere a noi? Solo per sentirsi dire ciò che desidera sentirsi dire?

Dovrebbe iniziare a rendersi conto che i pannicelli caldi sulla fronte non solo non l'aiutano, ma la danneggiano.

Si dia una mossa e trovi il modo di affrontare ciò di cui ha paura.

Oppure, come le è già stato suggerito, se ne faccia una ragione e abbandoni ogni pretesa.
[#31]
dopo
Attivo dal 2013 al 2015
Ex utente
Ok. Ho capito. Per lei, dott. Santonocito, è primario che io cambi, che mi dia una mossa. E' vero. Ognuno ha i suoi tempi... io sono un tipo rimuginoso e "pensoso", molto portato alla teoria e poco alla pratica. Quello che mi colpisce è che anche con l'ulteriore informazione di questo mio serio problema andrologico, il suo parere non cambia. Il problema, secondo lei, è tutto nella mia staticità e resistenza e nelle mie paure.

Penso che cambierò terapeuta. Prima di cambiare terapia però voglio verificare se e quando i miei problemi di salute avranno una soluzione.

Grazie.
[#32]
Dr. Giuseppe Santonocito Psicologo, Psicoterapeuta 16.3k 372 182
>>> Il problema, secondo lei, è tutto nella mia staticità e resistenza e nelle mie paure
>>>

Non ho detto questo.

Ma il suo evitare di agire è almeno una GRAN parte dei suoi problemi, evidente come una casa.

Risolva intanto quello, e non prenda gli altri "gravi" problemi come alibi per rimanere fermo dov'è.
[#33]
dopo
Attivo dal 2013 al 2015
Ex utente
Con i miei tempi (lunghi, lo so), ho parlato oggi alla mia terapeuta della possibilità di cambiare approccio. Lei è stata disponibile e aperta e mi ha detto che quello che le interessa è la mia salute psicologica. Quindi ha prospettato due possibilità: o continuo la terapia con lei che mi proporrà alcuni compiti più pratici da svolgere, oppure mi consiglierà qualcun altro per un approccio cognitivo comportamentale. Sta a me. Mi ha avvisato di una cosa tuttavia: la mia resistenza potrebbe comunque vanificare il tutto. E in effetti io sono molto resistente. Cerco aiuto, ma poi non credo pienamente nelle terapie, mi scoraggio e non le seguo. In fondo dentro di me sono convinto che niente possa risolvere i miei problemi. Se un terapeuta mi prescrivesse dei compiti pratici farei resistenza. Se un terapeuta mi prescrivesse di approcciare delle donne temo che rifiuterei. La vergogna e la timidezza sarebbero enormi. Ma anche l'attuale mia condizione è insopportabile, a lungo andare ho paura che possa portarmi a gravi conseguenze sul mio stato psicologico. Sono confuso.
[#34]
Dr.ssa Angela Pileci Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 19.8k 506 41
Sull'utilità di eseguire le prescrizioni del terapeuta legga qui:
https://www.medicitalia.it/blog/psicologia/4335-la-psicoterapia-cognitivo-comportamentale-non-rimuove-le-cause-del-problema.html

Lei parla di resistenza, ma è chiaro che c'è: se Lei fosse già capace di fare tutto ciò, non si sarebbe rivolto ad una psicoterapeuta.
Tuttavia è compito del terapeuta aiutare il pz. a superare tali "resistenze" o difficoltà e ad aiutarlo nell'eseguire le prescrizioni comportamentali.

Cordiali saluti,
[#35]
dopo
Attivo dal 2013 al 2015
Ex utente
Dott.ssa Pileci, capisco le sue spiegazioni. Le osservazioni della mia attuale terapeuta mi sembrano tutavia legittime. Penso che quello che mi voglia dire è che le mie resistenze potrebbero essere più forti della capacità del terapeuta. In fondo la mi storia con la psicoterapia parla da sola. Ho già fatto in totale quasi 20 anni di terapia, con 2 diversi terapeuti, ho speso in totale circa 50 mila euro ma i miei problemi con le donne sono sempre lì, con zero miglioramenti nel mio rapporto con le donne. Non è che ho affrontato solo quella tematica in terapia, ma le cifre sono quelle. Insomma, la mia terapeuta mi sta dicendo che posso cambiare approccio e curante, ma il rischio che non cambi niente è molto alto. Penso che anche lei dottoressa si sia imbattuta in pazienti così resistenti da non ottenere miglioramenti dalla psicoterapia.
[#36]
dopo
Attivo dal 2013 al 2015
Ex utente
Alla fine ho deciso di lasciare la mia storica terapeuta, da circa un mese. Ammetto che non l'ho fatto volentieri, soprattutto perchè ci tenevo a superare il mio annoso problema sotto la sua guida, ma non c'era alternativa. Ormai andare da lei mi procurava rabbia e alla fine delle sedute mi sentivo più triste. Purtroppo non mi ha aiutato molto a trovare un altro terapeuta e anch'io non mi sto impegnando un granchè in tal senso. Non so che tipo di terapia intraprendere e soprattutto a chi rivolgermi. Nell'ultimo periodo ho maturato una certa sfiducia nella psicoterapia ed in particolare nella possibilità di un comportamento imparziale dei terapeuti. Mi spiego: ho l'impressione che ormai ci sia una caccia al paziente e al suo denaro. La mia sensazione è che troppi terapeuti vogliano curare tutto e tutti a prescindere, principalmente per incamerare un reddito. Troppe decisioni sono inquinate dalla variabile economica a scapito delle effettive necessità del paziente. Vedo sui siti che ogni terapeuta vuole curare: ansia, depressione, disturbi alimentari, disturbi sessuali, lutti, mancanza di autostima, attacchi di panico, fobie... Ma come è possibile fare un simile minestrone? Nessuno è in grado di curare tutte queste cose con efficacia! Ecco, in sostanza voglio un terapeuta che sia BRAVO a curare i miei problemi (in ambito sessuale, di autostima e correlati) e che non mi prenda in carico ad ogni costo, con lo scopo di avere un paziente in più. Scusate lo sfogo, ma ormai la psicoterapia come professione mi sembra una giungla.
[#37]
dopo
Attivo dal 2013 al 2015
Ex utente
Come mai questo silenzio? I dottori psicologi preferiscono ignorarmi? Pensavo che alneno qualcuno provasse a convincermi a credere ancora nella psicoterapia. O le mie osservazioni sono davvero giuste? La cosa triste è che sono stufo della psicoterapia, ma temo di non poterne fare a meno, sono troppo fragile.
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