Aborti ripetuti e rapporto con la figlia del mio compagno

Buonasera,
sono una donna divorziata senza figli che attualmente convive da 2 anni e mezzo con un nuovo compagno, pure lui divorziato con una figlia nata dal precedente matrimonio, finito quando la bimba aveva 2 anni.
Attualmente, mi trovo ad affrontare due difficoltà, credo strettamente collegate tra loro, che mi stanno provocando un forte malessere ormai continuo e insistente.
Stiamo cercando di avere un figlio, nell'ultimo anno purtroppo ho iniziato 4 gravidanze che si sono purtroppo interrotte spontaneamente entro il 2°mese a causa di un mio problema, attualmente in cura, nella speranza di riuscire a portare a termine una ulteriore gravidanza.
Il problema sta nel fatto che nelle prime 3 gravidanze (per la 4° è stato più presente), mi sono trovata ad affrontare la "perdita" senza il sostegno psicologico e concreto del mio compagno in quanto "l'evento" è sempre avvenuto in momenti in cui era presente con noi sua figlia e lui non ha ritenuto opportuno allontanarla per vivere con me, nella nostra intimità, quello che è stato per me un dolore devastante.
Essere stata costretta ad assistere a giochi ed effusioni tra il mio partner e sua figlia, quando stavo perdendo nostro figlio è stato a dir poco devastante. Abbiamo discusso, litigato e parlato molto in merito a questa cosa, ma nonostante lui abbia ammesso di aver sbagliato e si sia scusato, tentando di essere più presente almeno nell'ultimo caso, io non riesco a superare questa cosa. Non riesco a dimenticare la prima ecografia in cui avremmo visto per la prima volta nostro figlio, e invece mi è stato detto che la camera gestazionale era vuota e lui non era con me in quanto se fosse stato con me, avrebbe dovuto rinunciare per impegni di lavoro a prendere la figlia nel w-e.
Veniamo alla bambina. L'ho conosciuta quando aveva appena 4 anni, al momento il rapporto è iniziato serenamente e tranquillamente, dopo di che giunta alla soglia dei sei anni ho iniziato a percepire un inasprimento dei rapporti e un tentativo da parte della bambina di imporci regole ed abitudini derivanti dall'altra famiglia (la madre convive con un altro uomo e ha un'altra figlia). Educazione che né io né il mio compagno condividiamo.
Fortunatamente, almeno per il 90%, il mio compagno concorda sulla mia percezione della situazione, anche se su determinati comportamenti tende a tollerare. Io credo che la bambina non lo veda come genitore, ma vive la nostra famiglia, come il "parco giochi" del w-e, diventando intollerante quando è costretta a vivere la nostra quotidianità in quando il padre ha sempre reso il tempo con lei, esclusivamente improntato al divertimento e gioco. Non sto a dilungarmi ulteriormente sui comportamenti della bimba, piuttosto sui miei sentimenti nei suoi confronti che da iniziale affetto si sono trasformati in profonda insofferenza e disagio quasi fisico alla sua presenza.
Cosa influisce sul mio malessere (gli aborti)?
Sono cambiata io o lei semplicemente sta palesando un carattere che non mi piace?
[#1]
Dr. Giuseppe Del Signore Psicologo, Psicoterapeuta 4.6k 51
Gentile Utente,

non possiamo sapere cosa influisce maggiormente sul suo stato di malessere, ma sicuramente 4 aborti sono esperienze importanti da rielaborare, proprio come se fossero dei lutti. Ogni donna che rimane incinta fa delle fantasie sul piccolo e si crea delle aspettative anche rispetto al proprio ruolo di futura mamma.
Il desiderio di avere un figlio quanto influisce sul suo rapporto di coppia?
Quanto è importante per lei avere un figlio? Queste sono le domande più importanti.

Tutte le famiglie ricostituite hanno una loro complessità, soprattutto nella gestione dei figli che devono necessariamente essere condivisi tra i genitori biologici e quelli acquisiti (la cui funzione genitoriale deve comunque avere luogo).


Dott. Giuseppe Del Signore Psicologo, Psicoterapeuta
Specialista in Psicoterapia Psicodinamica
www.psicologoaviterbo.it

[#2]
Dr.ssa Angela Pileci Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 19.7k 506 41
Gentile signora,

mi dispiace per la perdita dei Suoi figli; immagino quanta sofferenza Le abbiano causato tali eventi.

E trovo anche sensato che Lei si sia sentita sola, senza il Suo compagno in un momento così difficile e doloroso.

Lei è infastidita dalla presenza di questa bambina e dalle modalità relazionali da quando si è verificato il primo aborto oppure rileggendo gli eventi adesso, oppure c'era già qualcosa anche prima che La infastidiva ma non se la sentiva di esternare tali sentimenti?

Da una parte c'è un problema educativo: "...vive la nostra famiglia, come il "parco giochi" del w-e, diventando intollerante quando è costretta a vivere la nostra quotidianità in quando il padre ha sempre reso il tempo con lei, esclusivamente improntato al divertimento e gioco..."
Se la bambina ha memorizzato questo, anche Lei e il Suo compagno avete una certa responsabilità e dovete fare capire alla bimba che così non va bene. In che modo? Cambiando voi per primi. Mettendo ad esempio delle regole e dei paletti.

Dall'altra ritengo che la risposta alle Sue domande debba trovarle Lei: ci dice che ad un certo punto ha iniziato a percepire la bimba in modo diverso, evidentemente crescendo la bambina diventa più difficile da gestire.

E c'è anche un altro aspetto: la difficoltà ad elaborare il lutto, avendo davanti a sè l'immagine del Suo compagno con sua figlia, mentre Lei sta cercando di trovare un senso all'accaduto e di alleviare il dolore...

Tutti questi aspetti non sono da trascurare.

Attorno a sè ha un supporto sociale e una rete di sostegno, persone che Le vogliono bene?

Dott.ssa Angela Pileci
Psicologa,Psicoterapeuta Cognitivo-Comportamentale
Perfezionata in Sessuologia Clinica

[#3]
dopo
Utente
Utente
Rispondo al dott. Del Signore.
Nel nostro rapporto di coppia sicuramente avere questo figlio è importante, lo desideriamo entrambi.

Io non sono mai stata una donna con uno spiccato istinto materno, insomma non sono una di quelle che se vedono un bambino piccolo si inteneriscono oppure hanno esternazioni particolarmente affettuose.
Nei precedenti rapporti di coppia non ho mai avuto il desiderio di avere un figlio, forse perché non mi ritenevo pronta, forse perché non ritenevo la persona che avevo vicino quella giusta.
Con il mio attuale compagno è arrivato, forse quasi da subito, il desiderio di condividere questo progetto di vita.
I 4 aborti, sono stati per me uno shock dal quale non credo di essermi ancora ripresa, l'averli dovuti affrontare da sola, non per un qualsiasi altro impegno da parte del mio compagno, ma proprio per il fatto che ha preferito dedicarsi alla figlia, è stato per me una sorta di "tradimento".

Credo che ogni essere umano facente parte di un nucleo abbia il suo posto e il suo ruolo, e credo che in qualsiasi situazione ci siano delle priorità e dei doveri ai quali non ci si può sottrarre.

Il mio compagno, in queste situazioni, perseverando in questo atteggiamento, nonostante glielo avessi fatto presente più volte, è venuto meno al suo ruolo e alle sue responsabilità nei miei confronti. La cosa peggiore e forse quella che mi rende il tutto più difficile nel metabolizzare questi "lutti" è il fatto che non sia avvenuto per distrazione, per impegni improrogabili o di lavoro, ma piuttosto per non voler sottrarre tempo e attenzioni all'altra figlia, dimenticando che ciò che in quei momenti stavo perdendo era qualcosa tanto suo quanto l'altra bambina.

Quello che non capisco è questa forma di intolleranza che provo verso la bambina, non riesco più a capire quanto sia dovuto alla mia sofferenza interiore e quanto sia dovuto all'indiscutibile cambiamento che sta avvenendo in lei.
Gli atteggiamenti della bambina sono iniziati a cambiare qualche mese prima della mia prima gravidanza e del mio primo aborto, ma nonostante il disappunto provato sul momento, i suoi comportamenti non mi toccavano più di tanto e/o non scalfivano la serenità e l'equilibrio mio personale, né tanto meno quello di coppia e familiare.
[#4]
dopo
Utente
Utente
Rispondo alla dott.ssa Pileci :

"...Lei è infastidita dalla presenza di questa bambina e dalle modalità relazionali da quando si è verificato il primo aborto oppure rileggendo gli eventi adesso, oppure c'era già qualcosa anche prima che La infastidiva ma non se la sentiva di esternare tali sentimenti?..."

Come scrivevo al suo collega, già da qualche mese avevo notato dei cambiamenti nel comportamento della bambina, che comunque avevo esternato e ai quali, insieme al mio compagno, avevamo cercato di porre rimedio. Questi comportamenti però mi toccavano in modo relativo, non andavano a toccare la mia serenità interiore e la mia sicurezza riguardo alla solidità del rapporto. Dopo il primo aborto e a seguire, con il perseverare dell'assenza del mio compagno nei miei confronti in favore della figlia, si è andata accentuando.
Dopo gli aborti mi sento molto più fragile, soffro nel vedere il mio compagno insieme alla figlia, soffro nel vedere una mamma in giro con una carrozzina o un passeggino. Mi sento una specie di macchina rotta che non riesce a portare a termine il tragitto che dovrebbe intraprendere. Il mio compagno ha difficoltà a comprendere questo mio stato d'animo, cerca di consolarmi e farmi capire che non ho responsabilità nell'accaduto, ma alle mie richieste di "non impormi" la presenza costante o la "responsabilità educativa" della figlia, anzichè lasciarmi lo spazio mentale e fisico per elaborare questa situazione, tende ad impormi la sua presenza con le problematiche che ne conseguono e soprattutto un ruolo educativo che in questo momento non mi sento in grado di sostenere.
Purtroppo lui, pur concordando con me su principi morali, educativi e paletti da applicare, all'atto pratico non riesce ad imporsi con la figlia, forse per tenerezza o forse per paura di perderla e all'atto pratico mi trovo io a dover intervenire, qualche volta anche in modo piuttosto incisivo per rimettere la bambina nei giusti binari.


".....Da una parte c'è un problema educativo: "...vive la nostra famiglia, come il "parco giochi" del w-e, diventando intollerante quando è costretta a vivere la nostra quotidianità in quando il padre ha sempre reso il tempo con lei, esclusivamente improntato al divertimento e gioco..."
Se la bambina ha memorizzato questo, anche Lei e il Suo compagno avete una certa responsabilità e dovete fare capire alla bimba che così non va bene. In che modo? Cambiando voi per primi. Mettendo ad esempio delle regole e dei paletti...."

Questo è un grosso problema. Il mio compagno lavora su turni, quindi, quando prende la bambina nei w-e ha 2 giorni di riposo e quindi non lavora.
Quando la prende per una settimana o 15 giorni lui è in ferie e quindi è al 100% a disposizione della piccola desposta che reclama prepotentemente la sua e la mia disponibilità ed attenzione.
La separazione è avvenuta che la bimba aveva poco più di due anni, il tempo che il padre ha passato con la figlia è stato al 100% dedicato a far superare lo stress psicologico del distacco forzato di 2 giorni dalla madre, inventando ogni sorta di divertimento e diversivo.
A mio avviso il mio compagno non ha e non "rivendica" il ruolo educativo e genitoriale che spetterebbe a rigor di logica ad un padre e di questo la bambina è perfettamente conscia al punto di approfittarsene.
Questo porta ad uno stravolgimento totale della nostra vita di coppia/famiglia in quanto nelle giornate in cui è presente sua figlia è praticamente impossibile compiere qualsiasi impellenza quotidiana.
La cosa più fastidiosa e che mi crea oltre che disaggio anche rabbia e risentimento, è il fatto che la bambina non mostra nei confronti del padre (come nei miei) alcun sentimento sinceramente gratuito, ma piuttosto lo stesso tipo di affetto che un qualsiasi bambino riserverebbe all'animatore di miniclub o alle maestre.
Questa situazione il mio compagno sembra volersela negare, o comunque essendone il padre, riesce ad amarla incondizionatamente nonostante gli atteggiamenti palesemente "opportunistici" che manifesta, mentre per quel che mi riguarda diventa un comportamento intollerabile, in primis perché per me credo sia impossibile provare un sentimento gratuito di alcun tipo nei confronti di una persona che alla fin fine mi è estranea e in secondo luogo perché questo "sentirmi usata" o comunque "stravolta nelle mie abitudini e nella mia quotidianità", specialmente in un periodo così difficile per me (2 settimane fa, tra l'altro è venuta a mancare anche mia madre), mi innervosisce e la rende ai miei occhi insopportabile.

Quello che provo in questo momento è la necessità che questa bambina mi venga tenuta lontana, che non mi si faccia carico di problematiche e difficoltà che non dovrebbero appartenermi, perché non ho la lucidità e la serenità sufficienti per affrontarli.
Non voglio negare al padre di vedere la figlia o di frequentarla, semplicemente desidererei che questo avvenisse escludendo me da questo triangolo al momento troppo pesante da sostenere.
Non so però se questa mia necessità mi possa portare verso una soluzione del problema, soprattutto considerando che a questa mia richiesta il mio compagno risponde inconsciamente aumentando la pressione psicologica su di me nel tentativo di accellerare i tempi di "ritorno alla normalità".

"...Attorno a sè ha un supporto sociale e una rete di sostegno, persone che Le vogliono bene?..."

Si ho persone che mi vogliono bene, ma non credo di poter trovare in loro alcuna soluzione né un aiuto concreto.

Quello che mi domando in questo momento è quanto, questa spirale di sentimenti e turbamenti stia toccando e scalfendo la mia forza interiore e se, nel momento in cui non dovessimo riuscire ad avere un figlio nostro, riuscirò a trovare la forza per portare avanti questo rapporto.
[#5]
Dr.ssa Paola Scalco Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 4.3k 101 45
<<nel momento in cui non dovessimo riuscire ad avere un figlio nostro, riuscirò a trovare la forza per portare avanti questo rapporto.>>

Gentile Signora,
proprio in virtù della difficoltà di vivere un rapporto di coppia quando ci sono dei bambini in casa (e d'altro canto dei doveri dei genitori nei confronti dei figli), credo che dovrebbe rivedere la tempistica di questo suo ragionamento. Se ha dei dubbi, prima di tutto penso sarebbe opportuno che si chiarisse le idee rispetto alla sua volontà di proseguire questo vostro rapporto indipendentemente dalla presenza di figli vostri e, solo quando avrà preso una decisione in merito, pensare ad un bambino.

Questa bimbetta a soli 6 anni ha già anche lei tutti i suoi problemi, che le derivano da imposizioni degli adulti (sommati ai suoi di personcina che sta crescendo) : da un lato la convivenza con un uomo che non è suo padre e una sorellina di cui magari è comprensibilmente gelosa, dall'altro il suo papà che forse non sa come ricoprire al meglio il suo ruolo e dunque non sa darle sicurezza e solidità e che per di più cerca di fare un figlio con la nuova compagna....qual è "il posto" di questa bambina? Dov'è il suo "nido"?
In ogni modo, questa non è sua figlia e, tutto sommato, quando qualcosa non va Lei può sempre schermarsi dietro a questo fatto. Sebbene ci siano divergenze di opinione col suo compagno rispetto ai metodi educativi utilizzati, arrivati ad un certo punto, può sempre dirsi che in fondo quella non è figlia sua. Ma le cose assumerebbero una prospettiva molto diversa nel momento in cui queste divergenze riguardassero un figlio vostro, perché a quel punto non ci sarebbero alibi e bisognerebbe comunque procedere.

Nel momento in cui si diventa genitori, lo si è PER SEMPRE.
Il suo compagno sarà per sempre il papà di questa bambina, la quale invece non sarà per sempre bambina e quindi sarebbe importante stabilire un buon rapporto con lei ora per poterselo ritrovare in un prossimo futuro, quando sarà adolescente e poi donna.
Il suo compagno sarà per sempre il papà di questa bambina anche se avrete dei figli vostri e se non si parte col piede giusto si rischia di farsi e di fare del male intorno a sé.

Molte potrebbero essere le motivazioni per fare un figlio, ma penso che decidere di avere un figlio dovrebbe essere il coronamento di una storia d'amore: "Ci amiamo così tanto che vogliamo introdurre in questa storia un nuovo personaggio, frutto e personificazione del nostro amore".
Non so se è la sua situazione, ma nella mia esperienza, le coppie che hanno fatto un figlio per cercare di ricucire un rapporto sfilacciato, non han fatto altro che peggiorare le cose, con l'aggravante che ora hanno un figlio in comune.

Questo è senz'altro per Lei un periodo molto delicato, costellato di esperienze che metterebbero a dura prova chiunque.
Le consiglierei di prendersi del tempo per prendersi cura di sé e per far luce su quali siano i suoi veri desideri e le sue aspettative reali rispetto a ciò che la vita le può offrire. Può essere che con pochi e mirati cambiamenti la situazione si modifichi in modo da restituirle serenità: l'importante è sapere in che direzione si vuole andare. Provi magari ad effettuare una consulenza psicologica che l'aiuti a comprendere a che punto è la sua relazione e quali suoi (e vostri) bisogni soddisferebbe l'arrivo di un figlio.


Auguri.



Dr.ssa Paola Scalco, Psicoterapia Cognitiva e Sessuologia Clinica
ASTI - Cell. 331 5246947
https://whatsapp.com/channel/0029Va982SIIN9ipi00hwO2i

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Dr.ssa Valeria Randone Psicologo, Sessuologo 17.4k 317 528
Gentile Signora,
La sua richiesta di consulenza è abitata dal dolore e dallo sconforto......

L’esperienza dell’aborto, rappresenta il fallimento degli antichi desideri inconsci di maternità ed è un evento fortemente destabilizzante per la psiche di una donna, ancor di più se gli aborti sono ripetuti e se non ci sono altri figli pregressi.....

Credo che il suo disagio, sia correlato alla non elaborazione in termini simbolici all' accaduto ed al legame con la bambina.

Solitamente, dopo un aborto, nella donna insorge una sintomatologia ansiosa/ depressiva, che ha caratteristiche simili al “disturbo post traumatico da stress” .

I disturbi possono insorgere subito dopo la perdita o dopo un lungo periodo di incubazione psichica a livello inconscio.

A mio avviso, all' interno di un setting protetto, dovrebbe elaborare dal punto di vista simbolico ed emozionale gli aborti.....
Il processo riproduttivo e procreativo deve essere considerato in tutta la sua complessità, senza trascurare soprattutto il “valore dell’elaborazione simbolica”, oltre che dell’evento biologico.
Uno psicologo potrà aiurtarla in questo difficile percorso.
Carissimi auguri

Cordialmente.
Dr.ssa Valeria Randone,perfezionata in sessuologia clinica.
https://www.valeriarandone.it

[#7]
dopo
Utente
Utente
Rispondo alla dott.ssa Scalco.

"...Molte potrebbero essere le motivazioni per fare un figlio, ma penso che decidere di avere un figlio dovrebbe essere il coronamento di una storia d'amore: "Ci amiamo così tanto che vogliamo introdurre in questa storia un nuovo personaggio, frutto e personificazione del nostro amore".
Non so se è la sua situazione, ma nella mia esperienza, le coppie che hanno fatto un figlio per cercare di ricucire un rapporto sfilacciato, non han fatto altro che peggiorare le cose, con l'aggravante che ora hanno un figlio in comune..."


Credo di non essere riuscita a spiegarmi.
Il "nostro" desiderio di avere un figlio è la volontà di entrambi di coronare una storia d'amore ancora oggi bellissima, se pure dopo aver attraversato e attraversando ancora momenti di profondo dolore e difficoltà, proprio con l'introduzione di qualcosa di nostro e di importante.
Non ho mai parlato di coppia in crisi o storia sfilacciata che possa far pensare all'idea di mettere al mondo un figlio per ricucire alcunché, piuttosto di un mio disagio e malessere personale.

La mia preoccupazione è che il perdurare di questo mio malessere, insieme all'eventualità che non riesca a mettere al mondo un figlio nostro, possa condurmi ad uno stato di prostrazione tale da non riuscire più ad accettare che il mio compagno E' e RESTI PADRE per sempre, mentre io/noi non potrò/potremo avere la gioia di essere GENITORI INSIEME.

Come ho già specificato sopra, non ho mai avuto uno spiccato istinto materno e non ho mai desiderato, né desidero essere "madre" a prescindere. Io voglio essere madre e genitore insieme al mio attuale compagno.

Mi domando semplicemente se la sofferenza che è così forte adesso, che ho ancora speranze di poter coronare il nostro sogno, come potrà essere in futuro se dovesse accadere il peggio e nel frattempo non fossi riuscita a riacquistare la mia serenità e la mia stabilità emotiva?
Spero di essere stata più chiara in merito.

Riguardo alla bambina.
La bambina fa chiaramente parte di un nucleo familiare che NON è il nostro, è perfettamente integrata e non soffre di alcuna difficoltà nell'accettazione del compagno della madre né della sorella. Ha intorno un tessuto sociale solido e compatto, nonni, zii, cugine, tanto da chiamare nonna addirittura anche la madre del compagno di sua madre.
Il compagno della madre è entrato in casa, e nel letto della madre, il giorno dopo che il padre della bambina e mio attuale compagno è uscito di casa, quando la bambina aveva appena 2 anni, ed è stata educata e cresciuta "quotidianamente" da quest'uomo.
Lei ha un nido: è quello della madre con il nuovo compagno e la sorella, eventualmente se c'è una sofferenza o una difficoltà è quella del mio compagno che si è visto (non voglio dire senza SUE responsabilità o colpe) "defraudato" del suo ruolo di genitore e padre.
La responsabilità del mio compagno è stata quella di NON impedire che avvenisse tutto questo, non per poco interesse o poco amore per la figlia, ma per difficoltà oggettive derivanti dalle attuali leggi in materia di separazioni e divorzi in presenza di figli minori.

Purtroppo, gentile dottoressa, nelle separazioni odierne, nonostante l'affido condiviso, il ruolo del padre viene comunque penalizzato, tanto che il mio compagno ha avuto la possibilità di avere il pernotto con la bambina nel w-e a lui spettante soltanto dopo 6 mesi dalla separazione.
Possiamo pure ritenere il mio compagno "fortunato", in virtù del ruolo lavorativo che svolge e quindi dell'affidabilità che ne deriva il giudice ha deciso di affidargli il pernotto della bambina appena dopo 6 mesi dalla separazione, quando la bambina non aveva ancora 3 anni...quando la legge italiana prevede il pernotto con il genitore non residente in età scolare.
(Non voglio discutere sull'opportunità o meno che la legge non ritenga lesivo per il minore ritrovarsi dentro casa e nel letto della madre un uomo estraneo, ma ritenga lesivo che il padre naturale possa tenere con se il proprio figlio per 48 ore di seguito, preferisco sorvolare!!!!)
Forse il mio compagno ha sbagliato in tal senso, avrebbe dovuto lottare e fare in modo che l'ex moglie non mettesse la figlia a contatto diretto con il nuovo compagno da subito, che non creasse confusione nei ruoli sostituendolo con il padre, ma tutto questo avrebbe significato un'ulteriore battaglia legale da sostenere, con costi importanti in termini economici e non da meno emotivi (specialmente per la bambina che si sarebbe trovata tra due fuochi), che non tutti purtroppo possono permettersi di sostenere.

Torniamo al problema di gestione della bambina.
Il disagio reale dipende dal fatto che la bimba non condivide con il padre alcunché, né educazione, né abitudini, né interessi. Vive in una famiglia diametralmente opposta alla nostra e, a mio avviso, l'unica motivazione che la spinge a venire da noi volentieri, è il fatto che il tempo trascorso con noi è interamente dedicato a giochi e divertimento.
Quando questo non avviene infatti, scattano i malumori e le lamentele.

Tra me e il mio compagno non ci sono opinioni divergenti sui principi educativi di un figlio, piuttosto c'è l'immobilità e l'incapacità di lui di agire "concretamente" nei confronti della figlia, facendo in modo che almeno "rispetti" (non voglio pretendere che accetti) le nostre abitudini e il nostro modo di vivere, senza pretendere di stravolgerlo.

Perché, gentile dottoressa, una bambina che entra dentro casa tua con l'intento di imporre il modo di vivere e pensare di un altro nucleo familiare, ti stravolge la vita, se non addirittura te la rende un inferno.
E credo che, tutto ciò, non possa essere giustificato dal semplice fatto che "lei" poverina è figlia di separati. Con questo buonismo "moralmente corretto" cresciamo soltanto dei bambini viziati, arroganti, prepotenti e maleducati, nonché abituati ad aggirare difficoltà ed ostacoli in virtù di un presupposto status giustificativo, che nella vita reale non ha e non avrà riscontro, esponendoli in seguito alla dura realtà comune a tutti...figli di separati e non.

Il problema reale è l'incapacità del padre di mettere in atto i suo principi educativi per paura di allontanare o peggio perdere la figlia, la sua incapacità di inserirla nella nostra routine quotidiana e peggio ancora e non ultimo la sua tendenza e/o quasi pretesa più o meno inconscia di riversare su di me questo onere e questa responsabilità.
Oneri e responsabilità che non ritengo mi competano in ogni caso, ma che comunque in questo particolare momento non sono in grado, anche volendo, di potermi sobbarcare.
Mi domando inoltre, nel caso in cui nasca un figlio nostro, se il perseverare del suo atteggiamento nei confronti della figlia, possa renderlo coerente o credibile agli occhi di un nostro eventuale figlio, nel momento in cui userà due pesi e due misure.


[#8]
dopo
Utente
Utente
Gentile Dott. Randone,
mi può spiegare in termini più semplici e comprensibili per me cosa intende con questa frase?

..."A mio avviso, all' interno di un setting protetto, dovrebbe elaborare dal punto di vista simbolico ed emozionale gli aborti.....
Il processo riproduttivo e procreativo deve essere considerato in tutta la sua complessità, senza trascurare soprattutto il “valore dell’elaborazione simbolica”, oltre che dell’evento biologico..."

Cosa intende per un setting protetto?
Cosa intende per elaborazione in termini simbolici di un aborto?

La ringrazio vivamente.
[#9]
Dr.ssa Valeria Randone Psicologo, Sessuologo 17.4k 317 528
Gentile Signora,
Siamo online e non è possibile dilungarsi nell' elaborazione del suo vissuto, delle dinamiche della sua coppia, famiglia.....

Soltanto al' interno di un setting protetto( il rapporto tra clinico e paziente, in uno studio) , con parametri spazio/ tempo, segretezza, riservatezza ed un progetto terapeutico, lei potrà essere aiutata a dipanare questa matassa emozionale in cui verte.

L' aborto, corrisponde ad una " morte", passare da un aborto al' altro, di certo non aiuta.....

Non passa da una frattura di un piede ad un altro, ma da una morte ( incapacità a generare e contenere in utero...), all'altra....
[#10]
dopo
Utente
Utente
La ringrazio per la gentilezza e velocità nel rispondere, ora mi è più chiaro.
Mi consiglia di affrontare questo percorso da sola?
Oppure è opportuno che venga affrontato come condizione di coppia?

[#11]
Dr. Giuseppe Del Signore Psicologo, Psicoterapeuta 4.6k 51
Gentile Utente,

>>Quello che non capisco è questa forma di intolleranza che provo verso la bambina, non riesco più a capire quanto sia dovuto alla mia sofferenza interiore e quanto sia dovuto all'indiscutibile cambiamento che sta avvenendo in lei.<<

questa intolleranza nei confronti della bambina potrebbe essere dovuta al fatto che forse lei si sente in un certo senso "messa in secondo piano" rispetto alla relazione con il suo compagno.

Queste dinamiche potrebbero innescare una sorta di "competizione" che si traduce appunto nei sentimenti che prova verso al bambina.

Si comprende bene il bisogno di avere un figlio vostro, questo chiaramente attiva un senso "evolutivo" e per certi aspetti rinsalda il legame.



[#12]
Dr.ssa Angela Pileci Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 19.7k 506 41
"Dopo il primo aborto e a seguire, con il perseverare dell'assenza del mio compagno nei miei confronti in favore della figlia, si è andata accentuando..."

Gentile signora,

è probabile che gli aborti subiti, proprio perchè il desiderio di un figlio è forte e perchè coinvolgono anche il corpo di una donna, abbiano accentuato una insofferenza verso la bimba.
E probabilmente lo hanno fatto perchè Lei si è trovata in una condizione di vulnerabilità tale da aver bisogno a Sua volta di cure e di premure da parte del Suo compagno.

A mio avviso non c'è nulla di male se Lei è insofferente verso la bambina e la prima famiglia del Suo compagno.
La cosa importante è esserne consapevoli e capire come relazionarsi con loro, dal momento che fanno comunque parte della Sua vita e di quella del Suo uomo.

Solamente, adesso non si faccia prendere da preoccupazioni eccessive riguardo al futuro: chi Le dice che il Suo compagno userà due pesi e due misure? Questo Lei non può saperlo.

Perciò si occupi di sè e chieda aiuto, magari con modalità diverse se quelle usate fin qui non hanno avuto successo.

Buona giornata,
[#13]
Dr.ssa Paola Scalco Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 4.3k 101 45
Gentile Signora,
la ringrazio per i chiarimenti: il mio fraintendimento sulla solidità del vostro rapporto derivava dalla sua conclusione, in cui mi era in parte sembrato che la condizione per stare insieme fosse l'avere un figlio....

In ogni modo, non intendevo affatto giustificare il comportamento della bambina che, anzi, ritengo assolutamente non consono, soprattutto pensando a come potrà evolversi, continuando in questa direzione, quando arriveranno la pubertà e l'adolescenza. Questo sia per quanto riguarda la ragazzina come individuo (e quelli che saranno i suoi principi e i suoi valori), sia per quanto riguarda il suo rapporto con il papà e con Lei.
Però, se una bambina di sei (solo 6!) anni si permette di fare così, è perché ci sono degli adulti che glielo concedono, fosse anche solo per non essere costretti a tollerare i suoi capricci o i suoi musi lunghi. Ma se nel presente tutto questo lassismo e questo "parco del divertimento" può essere visto positivamente dalla piccola (con il metro di giudizio che può avere un bambino di quell'età!), mi domando cosa penserà di suo padre a lungo termine. E che tipo di autorità potrà lui avere su di lei se e quando ce ne sarà bisogno.
Di fatto il modo di (non) educare che il suo compagno sta portando avanti da tempo non mi pare collimi con l'idea che ha Lei di educazione e regole (da me condiviso in pieno). Qualunque sia la causa, di fatto lui non sta facendo il papà, ma come Lei ha scritto, l'amico o al più l'animatore.
So bene quanto siano difficili i percorsi che portano ad una separazione, tanto più quando ci sono anche dei figli e comprendo che ci siano state/ci sono responsabilità esterne su quando e per quanto tempo vedere la figlia. Adesso però sta al papà fornire qualità al tempo che la bambina trascorre con lui, anche per non sottrarsi al suo compito educativo di genitore che permane nonostante la separazione. Sono gli adulti che hanno la responsabilità di costruire un giorno dopo l'altro un certo tipo di rapporto con i figli e non viceversa.
Certo che a Lei non compete sostituire nessuno: sostenere, consigliare, aiutare, ma non fare "al posto" del suo compagno. I vostri ruoli nei confronti della bambina sono assolutamente diversi.
A livello teorico avete i medesimi principi educativi, ma poi la realtà che descrive si rivela differente. Sono molto significativi e importanti i dubbi e i quesiti che si pone al termine della replica #7. Sarebbero tante le cose da dire....
Naturalmente a distanza non è possibile sviscerare a fondo ed efficacemente i problemi, per questo la invitavo più sopra ad effettuare una consulenza di persona in modo da cercare di capire quali possano essere i cambiamenti da apportare (da parte sua e del suo compagno) a questa situazione che così com'è la fa stare male.

Cordialmente,
[#14]
dopo
Utente
Utente
Rispondo al dott. Del Signore :

"....questa intolleranza nei confronti della bambina potrebbe essere dovuta al fatto che forse lei si sente in un certo senso "messa in secondo piano" rispetto alla relazione con il suo compagno...."

Riflettendo su queste sue parole credo che più che sentirmi messa in secondo piano, mi sia sentita prima "abbandonata" e poi "tradita".
Abbandonata in un momento in cui avevo necessità di aiuto, comprensione e sostegno, riguardo ad una scelta e ad un percorso che avevamo deciso di intraprendere insieme : mettere al mondo un figlio nostro.
Tradita perché ha trascurato il mio dolore e la mia difficoltà nei momenti in cui ho perso i figli che NOI tentavamo di mettere al mondo in virtù di esigenze SUE personali relative a SUA figlia.
[#15]
Dr. Giuseppe Del Signore Psicologo, Psicoterapeuta 4.6k 51
Gentile Utente,

potrebbe essere utile anche una consulenza di coppia (con un'eventuale psicoterapia). Evidentemente ci sono delle dinamiche del vostro rapporto che andrebbero riviste insieme ad un professionista, senza aspettare che si incistino.




[#16]
dopo
Utente
Utente
Rispondo alla dott.ssa Scalco.

La ringrazio per l'esaustiva risposta inviata.
Concordo sull'opportunità di affrontare un percorso di sostegno psicologico, che non so ancora bene se sia opportuno che intraprenda da sola o insieme al mio compagno.

Debbo dire che l'intrecciarsi dei vostri commenti ai miei scritti, mi sta chiarendo, almeno dal punto di vista "emozionale", cosa mi infastidisce maggiormente tra le varie problematiche inerenti questa situazione e chi ne è in qualche modo coinvolto.

Quando leggo le vostre risposte, ho delle reazioni emotive diverse, più o meno intense e più o meno indirizzate verso una o l'altra persona.

Leggendo ad esempio l'intervento n. 10 del dott. Del Signore, ho percepito abbastanza distintamente una forma di risentimento indirizzata più verso il mio compagno che mi ha lasciata sola in momenti in cui avrei avuto bisogno di lui e del suo sostegno, che nei confronti della bambina, soggetto marginale e alla fine passivo nell'accaduto.
Credo di non essere ancora riuscita a metabolizzare la delusione e la rabbia provate nei suoi confronti e ad elaborare e a "perdonare" (non so se è questo il termine giusto) per il torto che sento di aver subito. Debbo dire che è presente fortemente la paura che tutto ciò possa ripetersi.

Ho provato invece un forte sentimento di intolleranza verso ciò che è la bambina adesso e verso ciò che diventerà, quando ho letto le parole scritte da lei nella replica 12. E' brutto da dirsi, ma mi rendo conto che la bambina (che adesso ha 8 anni e non 6) è e sta diventando tutto ciò che non vorrei in un figlio nostro.
Ciò che non sopporto è l'intromissione violenta e costante della bimba e dei suoi modi di fare nella nostra vita, non contrastata in modo adeguato dal mio compagno.
Ripeto, sono certa che il problema siano i sensi di colpa che prova (e sui quali la bambina fa leva pesantemente) e la paura di risultare troppo severo e quindi di perderla (la sua minaccia ripetuta è : riportami da mamma)
Come ripeto, abbiamo stessi principi morali ed educativi, ma noto che lui è molto disorientato e spaventato nell'applicarli o doverli applicare in modo "autoritario" e "indiscutibile", tanto dall'essermi trovata io a dovermi sostituire a lui.
Nei casi in cui è accaduta questa cosa, non ci sono mai stati contrasti tra me e lui, mai mi ha contraddetta davanti alla bambina, né ciò è avvenuto in seguito. Ho semplicemente dovuto sobbarcarmi io la responsabilità di fare ciò che lui avrebbe dovuto.

Personalmente sono convinta che il mio compagno sarà un buon padre per gli eventuali nostri figli, o almeno lo sarebbe se non dovessimo averne.
Con sua figlia purtroppo, non riesce proprio ad acquisire il ruolo di padre e di educatore che gli competerebbe e credo che, più o meno giustamente o più o meno egoisticamente, si accontenti di godere della presenza di lei, senza doversi scontrare e imporre come avviene in un menage familiare "normale".

Il problema del mio malessere però resta ed è reale ed attuale.
[#17]
Dr.ssa Angela Pileci Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 19.7k 506 41
Gentile signora,

evidentemente il Suo compagno fa fatica a fare il papà anche per le condizioni in cui si trova a farlo. Le famiglie allargate talvolta fanno più fatica, la bimba poi utilizza le modalità tipiche di una bambina di 8 anni, anche quando dice di voler tornare dalla mamma: credo abbia compreso che il papà a questo punto fa di tutto per accontentarla e reagisce dunque a questa "minaccia" secondo lo schema desiderato dalla bambina (che è molto furba, altrimenti non lo utilizzerebbe! ).

Ma a parte queste situazioni, credo dovrebbe ripartire ad occuparsi di se stessa, elaborando le perdite subite e anche capire come relazionarsi meglio con il Suo compagno quando Lei ha bisogno.

Una ipotesi infatti è che forse Lei, che stava soffrendo molto, non ha immediatamente comunicato e fatto capire al Suo compagno quali fossero i reali bisogni di accudimento e di vicinanza in un momento molto doloroso e difficile.

Saper chiedere aiuto nel modo giusto a volte non è così semplice e c'è comunque il rischio di essere fraintesi o non compresi con il risultato di sentirsi feriti.

Un cordiale saluto,
[#18]
dopo
Utente
Utente
Gent. Dott.ssa Pileci, le rispondo riguardo a questa frase :

"...Una ipotesi infatti è che forse Lei, che stava soffrendo molto, non ha immediatamente comunicato e fatto capire al Suo compagno quali fossero i reali bisogni di accudimento e di vicinanza in un momento molto doloroso e difficile.
Saper chiedere aiuto nel modo giusto a volte non è così semplice e c'è comunque il rischio di essere fraintesi o non compresi con il risultato di sentirsi feriti...."

Credo che all'inizio questo sia in effetti avvenuto, sono una persona che tendenzialmente non chiede aiuto, preferisco risolvere i problemi da sola.
Al primo aborto infatti, il mio compagno non si è proprio posto il problema di starmi vicino, di accompagnarmi a qualche visita o chiedermi semplicemente se avevo bisogno di qualcosa....ha pensato che non ne avessi bisogno.
Questa cosa è stata poi in seguito discussa, tanto che lui mi ha chiaramente fatto presente che "mi ha sempre visto molto forte e combattiva, non pensava avessi bisogno di aiuto".
Il problema è che lo stesso comportamento si è ripetuto altre volte, ed altre volte invece ho chiaramente fatto presente che avevo l'esigenza di avere lui presente, e in questa specifica situazione non gradivo la presenza della figlia.

Siamo dovuti arrivare allo scontro, perché finalmente, almeno nell'ultimo caso è riuscito a starmi vicino e comprendere (più o meno) le necessità di quel momento.

Credo comunque che l'elaborazione del lutto per un aborto sia diversa tra la donna che la vive sulla propria pelle e l'uomo che viene toccato solo di riflesso.

Il problema sta nel fatto che ancora oggi, non penso di essere riuscita a passare sopra a ciò che è accaduto né a superare la ferita che mi ha provocato.
[#19]
Dr.ssa Angela Pileci Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 19.7k 506 41
Se provasse a mettersi nei panni del Suo compagno, potrebbe capire la sua reale difficoltà a capire, avendola sempre vista come una donna forte e inossidabile... Aggiunga anche il fatto che gli uomini fanno più fatica ad investire su un essere che non solo non hanno visto e che non hanno portato in grembo, anche se per poco tempo. Non vedere e non vivere sulla propria pelle la gravidanza potrebbe non essere pienamente un dato di realtà nella mente del Suo compagno.

Lei non è mai stata abituata a chiedere aiuto. Va bene, ma ora si sta rendendo conto che ci sono situazioni in cui è necessario. E' per questa ragione che s'impara anche a chiedere aiuto nella vita.

Condividere anche questi aspetti nella coppia non potrà fare altro che avvicinarvi.

Buona giornata,
[#20]
dopo
Utente
Utente
Ha ragione. devo imparare a chiedere aiuto e anche ad "affidarmi".
Nonostante ciò che è accaduto, sono conscia del fatto di avere al mio fianco un uomo disposto ad ascoltare e capire.
Mi rendo conto che l'accaduto è frutto di una percezione diversa del dolore in questa specifica situazione, perché ad esempio in questi giorni, durante la malattia di mia madre e poi la sua morte, è stato capace di starmi vicino e sostenermi.
Così come mi rendo conto che lui stesso è capace di chiedermi aiuto e di affidarsi a me incondizionatamente, al punto di fidarsi ciecamente e "delegarmi" anche in situazioni e fatti concernenti l'educazione di sua figlia (magari in questo momento ne farei volentieri a meno...).

La ringrazio dottoressa, e ringrazio tutti i medici che sono intervenuti, mi ha avete offerto degli spunti importanti di riflessione.
Credo comunque che avrò la necessità di affidarmi comunque ad un professionista, quanto meno per ritrovare quella stabilità emotiva di cui avrò bisogno probabilmente in futuro, che il nostro sogno di allargare la famiglia abbia un riscontro positivo o meno.

Buona giornata.
[#21]
Dr.ssa Angela Pileci Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 19.7k 506 41
Va bene, se vuole ci faccia sapere e Le auguro di realizzare i Suoi sogni :-)

Un cordiale saluto,
[#22]
dopo
Utente
Utente
Vi terrò aggiornati molto volentieri, sia per ciò che riguarda me stessa e la mia eventuale gravidanza, che per avere qualche consiglio su come gestire la situazione con la figlia del mio compagno.
Siete stati, anche se a distanza, di grande aiuto, almeno nel focalizzare e contestualizzare i miei disagi e soprattutto dandomi una chiave di lettura diversa della situazione che sto vivendo.

Grazie ancora e a presto.

:-)

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