Ansia esistenziale

Salve. Sono insidiato da ansia esistenziale ovvero non collegata a questioni pratiche: ho ottima forma e salute fisica, tranquillità economica, relazioni affettive, lavoro e hobby e sport comunque dinamici e molto soddisfacenti, ma il passato e il futuro mi opprimono, ciclicamente in maniera dolorosa con pensieri ossessivi che maschero con efficacia "annegandoli" nelle mie attività: ricordi di abbandoni sentimentali (soprattutto di uno subìto che mi ha devastato qualche anno fa) e paura del futuro (se così si può chiamare dopo i cinquanta), anticipazioni dell'ineludibile terribile destino mio e di tutti.

La vita la vedo sempre come una lotta inutile contro la fine: quando sto bene ci scherzo, diciamo, quando affondo questo pensiero si trasforma in nausea che fa Impazzire.

Si può trattare una roba del genere? A me pare impossibile. Nel passato, durante crisi intense, ho provato psicoterapia e farmacologia (ssri) ma con effetti discutibili oltre a quelli collaterali.

Grazie.
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Dr. Alessio Congiu Psicologo, Psicoterapeuta 83 6 16
Gentile utente,

più che di trattamento, sarebbe opportuno parlare di definizione del problema. Come un medico non si impegnerebbe in un intervento senza avere in mente una possibile strada da seguire, allo stesso modo un terapeuta potrebbe non riuscire ad assolvere le sue funzioni di supporto psicologico in assenza di una chiara definizione del caso.

Il parlare di disagio in termini vaghi e poco definiti nella pratica, infatti, non aiuta né a definire gli obiettivi specifici che si vorrebbe raggiungere, né tanto meno a definire la possibile metodologia che potrebbe essere utilizzata in vista del loro raggiungimento.

Stando a quanto ci riporta, quanto al momento la starebbe portando a vedere la vita come una "lotta inutile contro la fine" sarebbe:

a) il riemergere di ricordi dolorosi di una pregressa esperienza affettiva relazionale;

b) la presenza di un'ansia "esistenziale" per quello che immagina essere il suo futuro.

Volendo provare ad ipotizzare un possibile collegamento tra questi due temi, si potrebbe affermare che il disagio esistenziale che starebbe provando possa dipendere dalla convinzione dell'impossibilità di raggiungere alcuni obiettivi di vita per lei particolarmente rilevanti (es., relazione sentimentale?). La frustrazione di questi temi di vita la starebbe quindi mantenendo in un vissuto costante di vuoto esistenziale e di apprensione per il futuro, derivante presumibilmente da un blocco nel processo di elaborazione della perdita che avrebbero subito, sia essa di natura fisica (es., relazione affettiva) o astratta (es., scopo di vita).

Il tutto potrebbe quindi tradursi in un piano d'intervento volto a ridefinire il proprio piano esistenziale, riscoprendo i fattori che le starebbero impedendo di andare avanti nel suo progetto di vita o di riformularlo in virtù delle nuove esperienze che avrebbe maturato negli ultimi anni.

Naturalmente la concettualizzazione del problema così come è stata appena presentata, come pure la definizione del possibile piano d'intervento proposto, hanno un valore puramente orientativo, utile più che altro per mostrarle il modo con cui sarebbe possibile procedere qualora volesse rivolgersi ad uno specialista per vedere migliorato il proprio livello di benessere e di salute psico-emotiva.

Dr. Alessio Congiu
Psicologo-Psicoterapeuta
T. +39 345 465 8419
alessio.congiu@hotmail.it
alessiocongiupsicologo.it

[#2]
dopo
Utente
Utente
Grazie per la risposta.
In realtà da alcuni anni sono impegnato in una nuova relazione, molto bella ma ovviamente il trauma da separazione non è stato superato appieno: in amore -1+1 non fa zero ma fa un numero ancora negativo. Ma questo è vero nella vita in generale, il dolore ha un peso specifico più alto del piacere (scambierebbe mai un minuto di torture fisiche estreme per un'ora di piacere estremo? E 10 ore invece?). La perdita si è materializzata in una rottura definitiva, cosa che mi ha fatto assaggiare, per analogia, l'orrore della morte. Questo contatto mi ha infettato. Non mi ha fatto "crescere", come si suol dire nella vulgata comune di una difficoltà, ma mi ha reso più debole e ansioso. Ora vedo l'ombra e il presagio della fine, di qualsiasi cosa e quasi sempre, e anche la vacuità di ogni cosa e sforzo, sforzo che faccio comunque ogni giorno: non sono un depresso che si è seduto, faccio di tutto e di più e anche benone, ma sempre cosciente di farlo malgrado si tratti di palliativi, visto che non posso uscire da questa prigione se non con la morte, e non ho certo istinti suicidi, altrimenti non starei a cercare una soluzione. Un caro saluto.
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